Anime & Manga > L'Attacco dei Giganti
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Autore: Costy_JC    30/07/2014    1 recensioni
E se ci fosse un'altra colonia di umani?
E' questa la storia di Nova Humus, una colonia di uomini circondata da mura e costruita sopra antichi tunnel sotterranei, scavati da persone di cui ormai si è persa la memoria.
Jennifer Crimson è una dei pochi soldati donna presenti nell'esercito, una donna da un passato oscuro immerso nei segreti.
Quel giorno fuori le mura, la sua vita cambierà
Genere: Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Sorpresa
Note: Missing Moments, Otherverse, What if? | Avvertimenti: Spoiler!, Tematiche delicate
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Il giorno prima
 
 
Le 5.30 del mattino. Per l’ennesima notte non aveva chiuso occhio.
Guardò fuori dalla finestra:il Sole era da poco sorto e i suoi raggi illuminavano dolcemente la stanza. Era una splendida giornata primaverile.
Si alzò dal letto con aria stanca e si diresse verso il bagno. Lavò il viso con acqua fredda e rimase per un po’ ad osservarsi allo specchio, senza nessun particolare motivo.
Tornò poi in camera e dall’armadio prese la sua uniforme. La detestava, quei colori cupi di certo non erano di grande aiuto. Si sedette e infilò il pantalone nero, munito di tasche di ogni dimensione, poi si mise la maglia: le maniche le arrivavano al gomito ed era abbastanza consumata, di un colore che una volta si sarebbe potuto definire grigio, ora diventato più scuro.
Con grande pazienza allacciò tutte le cinture che le servivano per il meccanismo di movimento in aria (erano più di 30, se fosse stato per lei avrebbe preferito dormirci, piuttosto di toglierle ogni sera e riallacciarle nuovamente la mattina seguente) poi infilò gli anfibi: erano di pelle marrone scura, lucidi. L’unica cosa che amava della sua uniforme era il gilè: di un bel rosso cremisi, con il colletto rialzato; sulla schiena era ricamata la scritta “La libertà rende vivi”.
Aprì la porta, ma non fece in tempo a mettere un passo fuori che tornò dentro, aveva dimenticato i rapporti scritti ieri sera, da consegnare al comandante.
Finalmente oltrepassò l’uscio. Inizialmente non incontrò nessuno per i corridoi della caserma, ma vicino ai dormitori delle reclute, erano sparse un po’ di persone, che discutevano allegramente. Al suo passaggio si zittirono, posarono una mano sul cuore e strinsero in un pugno quella lungo il fianco –Buongiorno tenente Crimson!- intonarono all’unisono al passaggio della giovane donna –Riposo- disse lei con voce priva di emozione, poi guardò uno di loro dritto negli occhi, il che parve turbare la recluta –Loyns, consegna questi da parte mia al comandante- e gli porse i fogli –Si signore- rispose lui mettendosi nuovamente sull’attenti. Il maggiore sbuffò e se ne andò. Mentre percorreva il corridoio riusciva a sentire i commenti dei cadetti –Quindi QUELLA sarebbe il tenente Crimson?-
-Io ho sentito che è spietata-
-Dicono anche sia uno dei migliori soldati della caserma-
-Una donna? Scherzi vero?!-
-Sono serissimo-
Finse di non aver sentito nulla e continuò a camminare. Ogni qual volta incrociava qualcuno questi si metteva sull’attenti e a lei dava abbastanza fastidio, ma dicendola tutta: era stranamente divertente intimorire con lo sguardo i nuovi arrivati nell’esercito per poi dirgli di rilassarsi con un leggero sorriso sulle labbra.
Nessuno la “odiava” né tantomeno “adulava”, semplicemente la rispettavano, pur essendo una donna. Quel rispetto se lo era guadagnato dopo anni, perché detto chiaramente di certo non era una mentalità aperta quella della gente di Nova Humus. Fu, infatti, lei la prima ragazza a entrare nell’esercito.
Aveva fatto l’abitudine a battute maschiliste e insulti al genere femminile. Per i primi mesi la isolavano completamente, semplicemente la fissavano. Poi era arrivato il giorno della spedizione fuori dalle mura della colonia e lì aveva fatto capire chi fosse veramente. Uccise oltre una decina di titani, più di tutti gli altri. Da quel giorno cominciarono a rispettarla e a trattarla come un vero soldato.
Ormai quei tempi erano lontani, era cresciuta in tutto: età, pensiero, ma non in altezza ed era una cosa che non sopportava. Si era arruolata a 12 anni e da quel momento non si era alzata di un centimetro, era rimasta 1 metro e 50. Era veramente bassa. Molti venivano ingannati dal suo aspetto, ma bastava un’occhiata e si afferrava immediatamente il concetto: aveva un carattere decisamente forte.
Intanto aveva percorso 7 corridoi e ora stava scendendo una strettissima scala a chiocciola, diretta all’officina.
Svoltò a destra e si ritrovò in una grande sala con lunghi tavoli in mogano. Da ogni lato guardasse si vedevano meccanismi, pezzi di metallo, bombole del gas, attrezzi. Tutto era nella confusione più totale –Buongiorno Jenny- disse un ragazzo seduto al tavolo. Era abbastanza muscoloso con i capelli neri raccolti in un’improvvisata coda e gli occhi di un bel verde smeraldo. Aveva tratti orientali, cioè di quelle persone che una volta provenivano dall’oriente del mondo, i quali facevano contrasto con il colore degli occhi, lo stesso della madre che invece aveva discendenze tedesche.
-Ciao Kotomo- lo salutò Jenny –Ti prego dammi buone notizie-
il ragazzo si alzò dal tavolo, doveva essere più di un metro e settanta
-Ti sei alzato nella notte?!- chiese lei alzando un sopracciglio. Kotomo sorrise
-Magari sei tu che ti abbassi, in fondo stai diventando vecchia, tra un po’ ti metterai gli occhiali e avrai i capelli grigi come la signora Mond!-
-SMETTITELA!- ringhiò lei
se c’erano delle cose che la tormentavano erano proprio queste due: l’altezza e il tempo. Pur avendo 28 anni si sentiva già vecchia in un certo senso e aveva paura che in un battito di ciglia si sarebbe ritrovata con i capelli bianchi e la schiena ricurva. Forse era cresciuta troppo in fretta.
Suo padre aveva abbandonato lei e la madre quando Jenny aveva solo 8 anni. Da quel giorno vedeva sua madre rientrare ogni giorno dal lavoro stanchissima, per poi mangiare un boccone e uscire di nuovo. Purtroppo la signora Crimson si ammalò.
C’è chi dice per il troppo affaticamento o come la pensava Jenny “papà le aveva spezzato il cuore”. La signora continuò a lavorare, ma la piccola Crimson decise di aiutarla come poteva e cominciò a dilettarsi nell’arte del borseggio. Nulla di grosso ovviamente.
Quando un signore sorprese Jenny mentre gli sgraffignava il portafogli la portò dalla polizia dove fu convocata anche la madre. Era giovane per essere messa in prigione o svolgere “lavori utili” fu chiesto quindi alla madre di proporre una soluzione. Lei disse che era pronta per arruolarsi, che era forte e in buona salute.
Di certo l’idea non fu accettata subito, una ragazzina nell’esercito…ma alla fine il capitano accettò.
Tutto ciò che la signora Crimson aggiunse fu: “Almeno avrà un pasto caldo a pranzo e a cena”.
Purtroppo la salute della madre peggiorò e nel giro di appena un anno da quando Jenny si era arruolata, e venne a mancare.
Perciò, Jennifer non aveva avuto ciò che si può definire un’infanzia, nemmeno un’adolescenza. Per lei l’età adulta iniziò presto.
Kotomo rise-Ti sto prendendo in giro- disse sorridendo
Jenny ricambiò il sorriso anche se un po’ irritata-Allora?- chiese con trepidazione
-E’ fattibile- disse Kotomo pulendosi le mani sporche di grasso e olio in uno strofinaccio, per poi prendere un foglio sepolto sotto un mucchio di lame smussate.
-Tempo?- chiese ancora più impaziente
-Appena ne ho- rispose lui con un tono leggermente sarcastico e indicando con il capo tutti gli oggetti sul tavolo, evidentemente rotti.
Un rumore mise sull’attenti Jenny -Ciao JC!-
Disse una voce acuta e vivace
-Come va Sue?- rispose avendo riconosciuto la voce
Sue Fox emerse da dietro una pila di ferraglia. I capelli biondi e corti erano stati raccolti in due codini, indossava una canotta lilla e dei pantaloni, i quali erano stati frettolosamente avvoltolati fino al ginocchio, completi di bretelle (una giù e l’altra in procinto di raggiungere la gemella)
-Tutto bene, andrebbe meglio se il qui presente Yamatsuji mi aiutasse -
disse guardando con aria scocciata il ragazzo che per tutta risposta si limitò a ridere.
Jenny guardò la pendola
-Mi piacerebbe restare a parlare ma devo andare-
-Si ad allenarti, lo sappiamo, domani c’è la missione e vuoi essere in splendida forma-
disse Kotomo
-MISSIONE?! Nessuno mi ha detto nulla!-
sbottò Sue
-Calma, è più che altro esplorativa, nella scorsa ci siamo avvicinati ad una foresta, vogliamo semplicemente delineare il territorio-
parlò Jenny cercando di tranquillizarla.
-Yama…tu andrai?-
-Devo, pensa se qualche attrezzatura si rompesse…-
Intanto Jenny era uscita dalla stanza. Poteva ancora sentire le voci di quei due che discutevano. Che strana coppia erano. Li conosceva fin da bambini.
Kotomo doveva avere sui 17 anni, Sue era più piccola, sui due anni di meno.
Un pensiero le attraversò la mente: persino Sue era più alta di lei, di almeno una quindicina di centimetri.
 
 
Rimase nella palestra fino all’ora di pranzo, poi si avviò verso la mensa.
Trovò tutti i cadetti a mangiare una minestra (se era una minestra) e a parlare, immergendo di tanto in tanto un po’di pane nel liquido. Erano divisi in una ventina di tavolate. Poi verso sinistra nell’angolo c’era un tavolo più piccolo dove i soldati di grado maggiore si riunivano per mangiare: bevevano vino, rimpinzandosi di affettati e formaggio. C’era un posto vuoto al tavolo, il suo.
-WEEE eccola la nostra Crimson!Volevamo aspettarti, ma…nahh non è vero-
e scoppiarono in una fragorosa risata.
Jenny prese un tozzo di pane
-Ha ricevuto i documenti, comandante Ritrold?-
un uomo dalla folta barba castana con qualche striatura grigia e dalla evidente pelata parlò
-Si certo, la ringrazio molto tenente-
Jenny strappò un pezzo di pane e lo mangiò per poi allontanarsi dalla sala.
Perché doveva mangiare così tanto ben di Dio quando il cibo scarseggiava nella colonia e molti morivano di fame? Quando alle reclute era concessa solo una disgustosa minestra? No, non poteva.
Filò dritta di nuovo nella palestra, dove concluse il suo addestramento.
Nel tardo pomeriggio tornò nella sua stanza, si fece un bagno e poi si slacciò tutte le cinture, una ad una. Quanto le odiava.
Poi prese un libro dallo scaffale più vicino, per soffermarsi inseguito con lo sguardo sulla libreria. Era fiera di quella parete: era interamente coperta di libri, poi al centro c’era un piccolo arco dove era incassata la sua scrivania.
Molti libri erano sul mondo esterno, altri erano ricerche scritte da lei (biologia del corpo umano, fauna e flora della colonia…) ma il suo preferito era solo uno: un romanzo d’avventura, regalatole dal padre al suo sesto compleanno “Storia del bambino che scoprì la via per il mare”
Ne accarezzò lievemente il dorso.
Sinceramente le dispiaceva un po’, non ricordava nulla di suo padre. Aveva scoperto parlando con le persone che era un medico, il dottor Simons, e poco altro.
Sembrava che nessuno lo conoscesse bene, ad alcuni era totalmente sconosciuto. Forse perché avevano vissuto in un piccolo paesino, a ridosso della grande città di Lottinger.
Eppure…
Scosse la testa. Non era un vero padre, quello. Lei nemmeno portava il suo cognome.
Si sedette alla scrivania e cominciò a leggere. Era un libro che avevano scoperto trattare del territorio intorno a Nova Humus.
Diceva che vi erano diverse foreste e una, in base alle coordinate, sembrava essere quella da loro avvistata. Ancora più lontano da quella, doveva essercene un’altra, con alberi che raggiungevano gli 80 metri.
Doveva mettersi l’animo in pace: di sicuro non l’avrebbe mai vista.
Era tardi, non aveva nemmeno cenato, aveva lo stomaco chiuso.
Si sdraiò sul letto cercando di dormire.
Non sapeva il motivo, ma sentiva che quella di domani sarebbe stata una missione diversa, un’esplorazione che avrebbe radicalmente cambiato la colonia di Nova Humus.
E soprattutto, lei.

 

  
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