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Autore: ValentinaRenji    30/07/2014    1 recensioni
Ichigo cammina lentamente lungo la strada di ritorno, imboccando la via più breve per tornare a casa; attraversa il cospicuo muro di nebbia, tagliandolo come la punta di una barca fra le onde del mare. L’umidità aderisce alla chioma ramata, appesantendone le ciocche ribelli che ricadono dolcemente su parte della fronte e lungo il volto delicato. Le iridi nocciola fissano mestamente l’asfalto proteso di fronte a sé, la mente vaga fra i recenti ricordi di quanto accaduto quella mattina: non ripensa più al calore rassicurante delle coperte, alla comodità del sofà, al piacere di dormire fino a tardi il giorno seguente e svegliarsi quando il pranzo è già servito sulla tavola. Si maledice, mordendosi un labbro per lo stato pietoso in cui è caduto da quando quel ragazzo, di cui conosce a malapena solo il nome, ha fatto irruzione nella sua classe e, ora è possibile affermarlo, anche nella sua vita: Grimmjow Jeagerjaques.
(TEMPORANEAMENTE SOSPESA PER MOTIVI DI STUDIO)
Genere: Comico, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Yaoi, Crack Pairing | Personaggi: Espada, Jaggerjack Grimmjow, Kurosaki Ichigo, Szayel Aporro Grantz, Un po' tutti
Note: AU, Lemon, OOC | Avvertimenti: nessuno
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CAPITOLO 1
 
Quella mattina la foschia autunnale riga flebilmente le strade semideserte della città di Karakura. Il loro asfalto grigiastro ed umido è solcato dalle ruote di poche vetture veloci, frecce saettante in un’algida giornata d’inizio novembre. Gli alberi spogli protendono i loro rami scarni e scuri verso un cielo plumbeo, affollato da nubi biancastre, una densa coltre fitta ed opprimente che cela agli occhi un pallido sole sfocato, dai raggi malati ed effimeri.
L’aria fredda profuma di terra bagnata, di pioggia, essenza di un inverno oramai prossimo e della brina alle porte. Le acque del fiume sono avvolte da vapore fumante, che si dirama come uno spettro fra i brandelli di nebbia densa, le cui goccioline aderiscono alle vesti dei passanti, ai volti assonnati, agli zaini pesanti.
Dalla finestra della classe Ichigo osserva pigramente il piazzale esterno ancora brulicante di studenti intenti a chiacchierare in piccoli gruppi; le iridi nocciola vagano sugli alberi che delimitano la zona, sul grande cancello, sulla strada poco lontana, per poi tornare ai banchi vuoti accanto al suo, la superficie lisca e pulita, ancora profumata di detersivo. La lavagna linda, simile ad una lastra d’ossidiana, regna padrona del silenzio, accompagnato di tanto in tanto dal rumore di passi veloci nel corridoio ancora semi vuoto.
Inspira profondamente, assaporando la calma e la tranquillità di quell’aula ancora priva di studenti in quella mattina di venerdì, mentre il suo pensiero già pregusta un tranquillo pomeriggio da trascorrere sul proprio divano, davanti alla televisione, magari con una cioccolata calda, a meno che la sua migliore amica Rukia non si faccia venire in mente la strana idea di andarlo a trovare: in tal caso i suoi progetti di relax svanirebbero come una boccata di fumo, frantumandosi sonoramente, per lasciare spazio a chissà quale inusuale attività o, nella migliore delle ipotesi, ad intere ore trascorse a passeggiare per le vie del centro e chiacchierare animatamente.
Socchiude leggermente le palpebre, portando le dita sottili fra le ciocche ramate e ribelli, giocandovi distrattamente, intento a coccolarsi nell’idea delle coperte avvolgenti di pile, della sua stanza, del weekend alle porte fortunatamente non troppo colmo di compiti. Sorride, immaginando con felicità il non dover puntare la sveglia alle sei e mezza, il non doversi vestire in fretta e, soprattutto, evitare di uscire dalla propria casa con quel freddo pungente che arrossa la punta del naso ed indolenzisce le mani.

“Kurosaki kun!”

Una ragazza dai lineamenti dolci e i lunghi capelli color caramello si avvicina sorridendo, sventolando la mano in cenno di saluto all’amico, già accomodato al proprio posto.

“Ciao Inoue. Come stai?”

Lei arrossisce, abbassando appena le meravigliose perle grigie incastonate in due occhi da cerbiatto dalle lunghe ciglia.

“B.. bene … grazie. E tu?”

“Anch’io, grazie.”

Si scambiano un sorriso timido, iniziando a parlare delle rispettive intenzioni per il sabato, dello studio, delle non troppo lontane vacanze di Natale.
Ben presto la stanza dalle pareti bianche e le grandi finestre si riempie d’alunni ed il loro chiacchiericcio echeggia allegramente, sancendo l’inizio della mattinata scolastica. Piccoli gruppetti di giovani appoggiano il loro zaino sul rispettivo banco, chi sbadigliando, chi scartando furtivamente una merendina e chi ancora, come Renji Abarai, bisticciando con Rukia, come d’altronde ogni mattina. La ragazza dai capelli neri stringe i pugni furibonda, puntando i piedi stizzita ed irrigidendo la sua piccola ed esile figura, minuscola in confronto a quella alta e massiccia dell’amico dai lunghi capelli rossi carminio raccolti in una coda di cavallo.
Il loro litigio si placa solamente appena l’insegnante varca la soglia tranquillamente,salutando il gruppo di studenti indaffarati ed appoggiando la borsa sulla cattedra spaziosa, preparando i materiali per la lezione di matematica.
Sinceramente, il pensiero di trascorrere le prime due ore concentrandosi nell’eseguire lunghissime operazioni di trigonometria non alletta in modo particolare Ichigo, né lo entusiasma come  a tal punto da precipitarsi alla lavagna per risolvere lui quelle complesse questioni eppure, nonostante ciò, una strana sensazione nel petto gli suggerisce che la lezione di oggi si rivelerà interessante anche se non ne conosce il motivo, il fondamento. Estrae il quaderno a quadri dalla copertina violacea, aprendolo sui compiti per casa svolti ordinatamente, seppur con qualche cancellatura qua e là, sfogliandolo pigramente per lasciar scorrere quei brevi minuti che lo separano dall’inizio delle spiegazioni vere e proprie.

“Buongiorno ragazzi, prendete posto per favore.”

Tutti si siedono velocemente, il silenzio cala nella vasta stanza; lo sguardo castano del giovane cade su due banchi vuoti, inseriti in una nuova fila accanto al muro, poco lontano da lui.
Ci sono sempre stati?
Mentalmente conta i presenti, assicurandosi di non aver scordato qualcuno, ma la sua domanda riceve immediatamente risposta non appena viene completato l’appello e nessuno risulta assente.

“Che sbadata!”

La professoressa porta una mano alla fronte, sbattendovi le dita dolcemente, affabile. Le dita scostano le lunghe trecce corvine, che ricadono amabilmente sulle spalle esili.

“Mi sono scordata di informarvi di una cosa importante!”

Impugna delicatamente la penna nera, lasciandola scorrere sulla pagina aperta di fronte a sé:

“Da oggi si uniranno a noi due nuovi studenti. Siate gentili con loro, si sono appena trasferiti, d’accordo?”

La classe mormora un sì poco deciso, euforica per l’improvvisa notizia; inutile dire che i bisbigli ed i sussurri strisciano fra astucci e borse come sibili di vento, trepidanti per l’emozione e la curiosità.

“Pss Orihime! Tu lo sapevi?”

Rukia si sporge verso l’amica, cercando di non farsi vedere dalla professoressa Unohana. Le grandi iridi blu brillano indomite, piene di vita:

“No Rukia, non ne avevo davvero idea. E tu?”

“Avevo sentito delle voci di corridoio, ancora ieri pomeriggio. Ma non credevo fossero vere!”

“Davvero? Che cosa, che cosa?”

“Dicono che sono due teppisti. Uno di loro pare che abbia già causato qualche rissa da quando è arrivato a Karakura.”

Deglutisce, ridacchiando per il divertimento e la felicità data dalla fervida immaginazione.

“E l’altro?? Ishida kun, tu sai qualcosa?”

Il giovane si volta indispettito, sistemando gli occhiali con l’indice per poi schiarirsi la voce con un colpetto di tosse. I capelli scuri dai riflessi lapislazzuli oscillano insieme al suo movimento, regalandogli un aspetto decisamente formale ed elegante, nonostante sia solo uno studente del liceo.

“Non ne ho idea Inoue. Anche se non mi interesso molto a queste chiacchiere.”

La ragazze nasconde un risolino dietro le dita pallide e sottili, le unghie smaltate di un tenue rosa. Scosta una ciocca ramata dal volto dolce, lanciando un’occhiata ad Ichigo, rimasto serio ed accigliato fino a quell’istante.

“Tu cosa ne pensi, Kurosaki kun?”

L’arancione aggrotta le sopracciglia della medesima tinta, assumendo quell’espressione perennemente imbronciata, quasi arrabbiata, che lo caratterizza.

“Mentre venivo a scuola ho sentito delle ragazze blateravano qualcosa di simile.”

“Cosa? cosa?”

Rukia le iridi profonde come l’oceano su quelle mielate di lui, supplicandolo di risponderle.

“Non sono stato ad ascoltarle, erano discorsi da femmine inferocite”
Il rosso, intento a masticare una merendina, annuisce cospicuamente, dandogli ragione.

“E’ vero! Le ho sentite anch’io.”

Ingoia il boccone soddisfatto, pulendo le briciole agli angoli della bocca con il dorso della mano.

“Silenzio, per favore. Vi presento i vostri due nuovi compagni.”

Unohana si alza pacata dalla sedia, avvicinandosi alla porta chiusa, aprendola, attirando sulla propria figura lo sguardo di tutti i presenti.

“Prego ragazzi, entrate pure.”

I due alunni varcano la soglia ed il silenzio cala  nell’aula, tombale, inumano, inimmaginabile.
Una ventina di iridi si posa sui due ragazzi, entrambi molto alti, anche decisamente diversi l’uno dall’altro: il primo ha un fisico massiccio, muscoloso, palesemente dedito alla palestra, sportivo. La chioma azzurra come il cielo estivo risalta come un fiore nella neve, contrastando la bianca camicia della divisa scolastica , leggermente stretta sui pettorali pronunciati. I suoi occhi turchesi risaltano proprio come la chioma sbarazzina, ed oscillano spavalde, arrogante, feline, fra i banchi e i compagni; paiono sfidarli uno ad uno, impavidi, guerreschi, in loro brucia il fuoco del caos, l’intensità dell’oblio.
Incrocia lo sguardo di Kurosaki, soffermandosi su di lui qualche secondo, sgranando impercettibilmente quelle perle cerulee, lasciando infine spazio ad un ghigno poco salubre dal quale emergono due appuntiti canini.
Il giovane accanto a lui sembra invece una creatura ancora più inquietante, se possibile. È molto altro, decisamente più magro e meno muscoloso, tanto da risultare maggiormente slanciato. Indossa una paio d’occhiali bianchi, dalla montatura bizzarra, che incorniciano due iridi ambrate e folli, simili a quelle di uno scienziato pericolosamente instabile pronto ad utilizzare chiunque come cavia da laboratorio. Le labbra sottili sono dischiuse in una smorfia sprezzante, disgustata, accentuata da un sopracciglio sollevato in un’espressione di contrariato stupore. Ciocche rosa ricadono soffici sulle spalle magre, scostato con gesto sinuoso dalla sua mano affusolata, che certo gli conferisce un aspetto poco mascolino. Il volto ha lineamenti quasi androgini, ciglia lunghe abbelliscono le iridi dorate leggermente celate da ciuffi pastello.

“Benvenuti nella nostra classe. Vi va di presentarvi?”

L’azzurro ride sguaiatamente, prendendo la parola:

“Sono Grimmjow  Jeagerjaques.”

“Ti va di raccontarci qualcosa di te, Grimmjow?”

Si gratta il mento pensieroso,  stizzito dal trovarsi di fronte a quelle facce sconosciute obbligato a parlare di sé.
Come se ci fosse qualcosa di interessante da dire, poi!
Digrigna i denti innervosito, biascicando il proprio discorso:

“Non credo di aver molto da dire. Mi sono trasferito da poco, ecco.”

“Ti ringrazio, vai pure a sederti in quel banco vuoto laggiù.”

Unohana sorride teneramente, indicandogli i posti notati da Ichigo poco prima. Il ragazzo si avvia verso la destinazione, lanciando un’ulteriore occhiata a Kurosaki, carpendone il manto caramello, le iridi sfuggenti, l’espressione imbronciata.

“E tu chi sei invece?”

“Szayel Aporro Grantz.”

Senza sprecare altro tempo segue il compagno, adagiandosi nell’angolo aderente alla parete, esattamente sotto al grande planisfero geografico appeso poco sopra la sua testa.
Il cuore di Ichigo perde un battito.
Non sa perché,  ma non riesce a staccare lo sguardo dal nuovo arrivato dal manto anice. Lo fissa senza sosta dalla sua ultima fila , pungendogli le spalle con insistenza, carezzandone i contorni, imprimendo il colore della sua pelle. I palpiti aumentato all’impazzata non appena egli si volta, rischiando ogni istante di venire colto in flagrante mentre si bea di quella figura incredibilmente magnetica. È una calamita, non c’è altra spiegazione.
Gli manca il respiro, i polmoni sembrano essere compressi da una morsa terribile, la schiena è percorsa da un brivido graffiante, algido: perché queste sensazioni? Perché si sente legato da catene che gli impediscono qualsiasi movimento?
Le spiegazioni dell’insegnante scorrono come gocce di pioggia su un vetro spoglio, scivolandogli addosso senza lasciare alcuna traccia del loro passaggio. La pagina del quaderno rimane bianca, pulita, spoglia, la mano impugna mollemente la matita ma non accenna a muoversi per imbrattare di numeri quel quaderno quadrettato.
Il nome del nuovo compagno riecheggia nella mente, risuona come campane, attutito solo da una stanchezza crescente, un intorpidimento donato dal calore della stanza e dallo stato catatonico in cui è crollato.  Fruga nella tasca degli aderenti pantaloni grigi senza nemmeno accorgersene, afferrando un piccolo cioccolatino, scartandolo e portandolo infine fra le labbra, assaporandone il dolce aroma, lasciandolo sciogliere piano nel palato.
Grimmjow … Jeagerjaques.
 
* * *
 
Ichigo cammina lentamente lungo la strada di ritorno, imboccando la via più breve per tornare a casa; attraversa il cospicuo muro di nebbia, tagliandolo come la punta di una barca fra le onde del mare. L’umidità aderisce alla chioma ramata, appesantendone le ciocche ribelli che ricadono dolcemente su parte della fronte e lungo il volto delicato. Le iridi nocciola fissano mestamente l’asfalto proteso di fronte a sé, la mente vaga fra i recenti ricordi di quanto accaduto quella mattina: non ripensa più al calore rassicurante delle coperte, alla comodità del sofà, al piacere di dormire fino a tardi il giorno seguente e svegliarsi quando il pranzo è già servito sulla tavola.  Si maledice, mordendosi un labbro per lo stato pietoso in cui è caduto da quando quel ragazzo, di cui conosce a malapena solo il nome, ha fatto irruzione nella sua classe e, ora è possibile affermarlo, anche nella sua vita : Grimmjow  Jeagerjaques.
Ad essere sinceri, nonostante non gli abbia staccato gli occhi di dosso per l’intera mattinata, non è riuscito ad avere un dialogo con lui degno di tale definizione eppure ha più volte avuto la sensazione di sentire il peso di quelle perle turchesi sulle proprie spalle, non appena si voltava a chiacchierare con Inoue o quando si è allontanato con Rukia e Renji durante la ricrezione.
L’azzurro, infatti, aveva deciso di non scendere in cortile anche se diverse ragazze della classe l’avevano invitato senza celare il loro apprezzamento, probabilmente fisico, nei suoi confronti. Aveva evidentemente deciso di rimanere al proprio posto con l’amico bizzarro dal manto rosa, tranquillamente sbracato sulla sedia, impegnato nella magnifica attività d’ignorare chiunque.
 
Chissà.
 
Si domanda Kurosaki, portando l’indice sul mento, dubbioso.
 
Forse non sono usciti perché non conoscono ancora bene l’edificio. O forse fanno fatica ad instaurare un legame con gli altri della classe … è comprensibile. In fondo sono nuovi, dev’essere difficile per loro abituarsi proprio ora.
 
Sospira, rimuginando, afferrando nel contempo il cellulare vibrante riposto in una tasca del giubbotto.
Lo schermo lampeggia, mostrando una piccola busta ed il nome del mittente: Rukia.
“Ciao Ichigo! Che ne dici di uscire con me e Renji questa sera? Andiamo al cinema. Ci sono anche Inoue e Ishida. Non fare il guastafeste!”
 
Sorride, ascoltando quel messaggio nella propria mente con la voce della ragazza, probabilmente alterata come il suo usuale scaldarsi per qualsivoglia ragione.
Eppure, questa volta, non può davvero accettare. Certamente, lui stesso è consapevole di non essere spesso dell’umore giusto per uscire con gli amici come tutti gli altri giovani della sua età; spesso si chiude nel proprio mondo, isolandosi dal gruppo per vivere in solitudine un dolore che cela nel cuore da anni ed anni. Si stende sul letto, lo sguardo rivolto al soffitto, le braccia incrociate dietro la nuca, le labbra schiuse in una smorfia di fredda sofferenza. Non vuole vedere nessuno, non vuole estendere la tristezza alle persone che ama.
Questo venerdì, però, il motivo del suo diniego è di tutt’altra origine: infatti, poche ore prima, gli è stato comunicato dal temibile professore di chimica, il signor Kurotsuchi, di dover presenziare anche sabato mattina, nonostante non vi sia alcuna lezione.
 
Maledetto Kurotsuchi …
 
Sbuffa sonoramente, aprendo il cancello del piccolo giardino con un sommesso cigolio. Si avvia con tutta calma verso l’ingresso, appoggiando le scarpe all’uscio della porta per entrare infine nell’abitazione accogliente: il profumo dei ravioli preparati dalla sorellina ed il calore della stufa lo avvolge subito in una sensazione di benessere, aiutandolo ad ingoiare il malumore e sorridere di fronte alla sua famiglia.
 
“Com’è andata oggi a scuola fratellone?”
 
Cinguetta Yuzu, facendolo accomodare sulla sedia per poi presentargli un magnifico piatto ricolmo di cibo bollente. L’espressione triste di Ichigo, però, le fa intuire che qualcosa è andato storto:
 
“Hai preso un brutto voto?”
 
“No Yuzu non è questo … dove sono Karin ed il vecchio?”
 
“Sono alla clinica … cos’è successo?”
 
“Non ti preoccupare, niente di importante. Per un’incomprensione devo andare a scuola anche domani mattina a sistemare tutti gli sgabuzzini.”
 
Infatti era proprio quello quanto deciso da quel sadico di Mayuri: per lui ogni occasione è buona per accalappiare qualche studente e divertirsi a vederlo faticare o sudare freddo di fronte alle sue insane richieste, di certo poco professionali. Certo, a meno che farsi cucire un vestito da girasole non sia qualcosa usuale per i professori (per fortuna quella volta è stato scelto il bravissimo Uryu, un asso dell’ago e filo).
Aveva condotto la classe nel laboratorio al terzo piano, quello dalle grandi vetrate ed i faretti a neon incastrati nel soffitto bianco: lo scopo era mostrare attraverso l’esercizio pratico le numerose reazioni chimiche da lui spiegate nelle lezioni precedenti.
 
“Bene, vi dividerò in gruppo ed ognuno di voi ne eseguirà una.”
Aveva scelto le coppie in modo puramente casuale ed Ichigo è sobbalzato non appena ha sentito il proprio nome affiancato a quello dell’azzurro. Si sono fissati per una frazione di secondo e poi hanno distolto lo sguardo fuori dalla finestra, puntandolo sulla coltre di nubi plumbee.
Senza nemmeno presentarsi hanno raggiunto la stanza in silenzio, indossando i rispettivi camici e leggendo la traccia dell’esercizio ognuno per conto suo, senza collaborare, chiudendosi in un insensato mutismo privo di alcuna spiegazione, finchè Grimmjow, con l’aria di chi sa con certezza ciò che fa, ha afferrato una provetta, posandola sotto al naso del più piccolo:
 
“Dobbiamo usare questa.”
 
“In base a cosa lo deduci?”
 
L’altro contrae il volto per qualche istante, nella morsa del dubbio, per poi ghignare spavaldamente afferrando una bustina contenente della strana polvere bianca.
 
“Tsk, lo so e basta.”
 
A differenza loro, il nuovo compagno dalle ciocche rosate, sembra nato per quel ruolo: il camice protettivo gli calza a pennello, accordandosi perfettamente con quella sua aria da scienziato; in silenzio esegue meticolosamente la propria consegna, snobbando l’aiuto altrui, dedicandosi totalmente ad una lunga serie di calcoli impegnativi, comprensibili solo ad uno sconvolto e ghignante Kurotsuchi, che pare aver appena trovato il suo erede.
 
“Senti …. Io davvero non credo sia il caso di unire gli ingredienti a caso. Dev’esserci una logica.”
 
Ed in effetti una logica c’era, se solo entrambi avessero seguito le spiegazioni scritte alla lavagna.
Ma erano troppo concentrati a spiarsi a vicenda per prestarvi anche solo un minimo d’attenzione.
Chiamatelo dunque destino , o sfortuna, ma è stato proprio quello lo sbaglio essenziale che li ha indotti alla furia del professore.
 
È bastato unire due tipi diversi di polveri, piccole quantità, e la provetta di vetro è esplosa sonoramente fra le loro mani, invadendo la stanza  con un odore acre. Le divise, smembrate e fumanti,  sembrano gli abiti di un naufrago reduce dalla tempesta.
 
“Kurosaki. Jeagerjaques. Cos’è questo casino? Interessante.”
 
A nulla sono servite le scuse del ramato, né risata isterica nell’azzurro.
A niente è fruttato il loro iracondo bisticcio nel bel mezzo del laboratorio, dandosi la colpa a vicenda.
 
“Voi due … per punizione domani alle 7 in punto sarete qui. E sistemerete tutti gli sgabuzzini. Dovranno brillare talmente tanto da potersi specchiare. Capito?”
 
Sgrana gli occhiacci gialli, mentre sul volto malevole si apre un sorriso beffardo che non promette nulla di buono.
A Mayuri Kurotsuchi è vietato dire di no.
 
Chissà cosa succederà domani …
 
Pensieroso Ichigo afferra un raviolo con le bacchette, dandogli un morso distratto.
 
Una cosa è sicura: rivedrò Grimmjow.
 
Che sia un bene o un male ancora non lo sa, ma il battito feroce del suo cuore e le fitte allo stomaco gli suggeriscono che sarà una mattina sicuramente diversa dalle altre.






Ciao lettori! Grazie a chi è arrivato fin qui ^_^

Avevo questa storia in mente da un pò di tempo e alla fine mi sono decisa a scriverla, incominciando da questo primo capitolo. 
Mi auguro possa piacervi, mi farà piacere conoscere il vostro parere :)
E se state pensando: è una Grimmjow x Ichigo? La risposta è .... beh lo scoprirete :D

Spero di sentirvi presto,

un bacino :*

Valentina

PS: Chiunque segue l'altra storia, "Seasons" , non deve proccuparsi, la porterò avanti insieme a questa :)

 
   
 
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