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Autore: saccuz    31/07/2014    1 recensioni
In un sogno la nostra mente lo fa di continuo, senza interruzioni. Noi creiamo e percepiamo il nostro mondo simultaneamente e la nostra mente lo fa così bene che neanche ce ne accorgiamo. Questo ci consente di inserirci nel mezzo di quel processo. (Cit. Inception) e se invece di un estrattore, nel mezzo del processo, si inserisse qualcos'altro? (la citazione di inception l'ho inserita perchè ci stava bene, non c'entra niente il film con il mio racconto)
Questo racconto nasce da un'idea di AleSunrise, che mi ha gentilmente concesso di sfruttarla per scrivere questa storia. Spero vi piaccia, altrimenti potete sempre prendervela con lei! :P
Riveduta e corretta il 11/06/2015
Genere: Avventura, Mistero, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Cap I
 
Jimmy era in una vasta distesa di grano, così vasta che non riusciva a vederne la fine, ai lati del campo si ergevano imponenti tronchi di quercia, che proteggevano le delicate spighe dal vento esterno; qua e là sbucavano leggeri papaveri, che risaltavano con il loro rosso acceso in quel mare sterminato giallo scuro.
Il ragazzo aveva indosso una camicia a quadri rossi e neri, un paio di jeans scoloriti e in testa un cappello di paglia; intorno a lui sbattevano le ali multicolore una moltitudine di farfalle e, su nel cielo, volavano due rondini, che intrecciavano le loro traiettorie come in una danza segreta, delle cui regole soltanto loro erano a conoscenza. Istintivamente Jimmy si mise a correre verso il centro del campo, con le spighe alte e ormai mature che gli sbattevano delicatamente contro le braccia spalancate. Correva, correva a rotta di collo, felice come non mai, senza che una goccia di sudore gli scendesse dalla fronte, senza che un briciolo di stanchezza si insinuasse nelle sue gambe. Correva ridendo forte nell’aria frizzante, che gli si insinuava nei vestiti, nelle narici, che gli scrosciava sul volto, introducendosi delicatamente nelle orecchie, ovattando così il tenue e allegro frinire dei grilli, che nonostante fosse primo pomeriggio, intonavano a pieno fiato una maestosa sinfonia di suoni meravigliosi.
 
Improvvisamente, al centro del campo, comparve una sfera bianca, sospesa in aria. Era alta almeno quanto lui, ma decisamente più grossa, di un bianco opaco, regolare, come se ogni colore vi si fosse fuso all’interno. Era lì, perfettamente immobile, apparentemente non cosciente di se stessa. Rimaneva fissa, sospesa in aria. Jimmy la osservò da tutte le direzioni, ci girò intorno, le parlò, provò a lanciarle un fiore, ma non ottenne alcuna reazione.
Lentamente un alone bianco, bianco come un foglio di carta, iniziò a spandersi dalla sfera, cancellando progressivamente tutto il paesaggio circostante, e lasciando dietro di se solo un abbacinante e tremendo bianco.
Jimmy vide lentamente sparire il mondo intorno a se; il bianco si diffuse sempre di più, finché il ragazzo non si ritrovò da solo, sospeso nel bianco, insieme alla sfera. Indossava ancora i suoi vestiti, eppure era come se si fossero sbiaditi. «Chi sei?» urlò alla sfera «Cosa vuoi da me?» «Perché è tutto così?» non ricevette risposta.
La sfera, lentamente, iniziò a rimpicciolirsi, sempre di più, era diventata così piccola che Jimmy avrebbe potuto tranquillamente tenerla nella sua mano di bambino di dieci anni; tuttavia non si fermava, continuava a ridursi, finché non divenne così minuta da non potersi più distinguere dal resto dello sfondo. Eppure era ancora lì, Jimmy ne avvertiva la presenza, non c’erano dubbi, non si era mossa, si era solo nascosta. Poi si accorse di una cosa, i suoi vestiti, non erano più solo opachi, stava scomparendo! Lentamente vide affiorare da sotto la camicia il petto, poi le gambe, i piedi, anche il cappello era scomparso… Era nudo, nudo e solo, sperduto in quella immensità senza colori. Gli venne da piangere, era solo un bambino dopotutto. Provò a piangere; ma neanche una lacrima rigò la sua guancia, provò a urlare; ma non riuscì ad emettere nessun suono. Cercò allora di darsi un pizzicotto; ma non riusciva a muovere un muscolo. Era immobilizzato, non aveva più nessun controllo sul suo corpo. Il terrore iniziò a propagarsi in lui, un terrore sempre più profondo, finché non desiderò di poter tremare, almeno  quello, ma niente, era fermo, come un blocco di ghiaccio, una statua, un monolite …
 
Jimmy si svegliò all’improvviso, madido di sudore. Non aveva più dieci anni, né indossava una camicia a quadretti, non si trovava più in un campo di grano, né in quella specie di limbo bianco; ma aveva diciassette anni, era disteso nel suo letto, in camera sua, con indosso il suo pigiama… andava tutto bene, era stato tutto solo un sogno.
Guardò la sveglia, le sette, tanto valeva alzarsi.
Molto lentamente, con un grugnito, spostando da parte le coperte, si alzò dal letto. Sempre molto lentamente, con gli occhi ancora cisposi per il sonno, si diresse in bagno, dove gettò via la stanchezza con un’abbondante fiotto d’acqua fredda sulla sua faccia, che lo fece rabbrividire dalla testa ai piedi, svegliandolo del tutto.
Tornato alla vita dopo la tappa in bagno si rivestì, pescando come al solito vestiti a caso dall’armadio, e scese le scale, entrando in cucina. Dopo colazione si diresse senza fretta alla fermata del pullman. Una volta a bordo, mentre imprecava cercando di indossare quelle che, in un diverso momento, in tempi remoti e felici, erano state le sue cuffie e non quel groviglio informe di cavi che non riusciva a districare, un pensiero prese forma nella sua mente. Un pensiero che, ragionandoci sopra, non lo aveva abbandonato da quando aveva aperto gli occhi.
E per quanto cercasse di distrarsi guardando il paesaggio, concentrandosi sulla canzone metal sparata a tutto volume nelle orecchie, osservando gli altri studenti del pullman (alcuni dei quali stavano raggiungendo nuovi abissi di perversione nel vestirsi) la sua mente ritornava sempre, con maniacale precisione, a quell’unica e inamovibile sfera bianca, sospesa in quel limbo dello stesso colore. Per qualche strano motivo quel sogno lo inquietava, lo inquietava profondamente, e non riusciva a spiegarsi il perché.
   
 
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