Fanfic su artisti musicali > One Direction
Segui la storia  |       
Autore: allyourlittlethings_    31/07/2014    0 recensioni
Una ragazza insicura. Una vita davanti.
L'amore -diceva- arriva all'improvviso e non lentamente. Non arriva a corroderti le membra, a bruciarti l'anima come una lenta ma piacevole agonia. È una cosa che è effimera quando ti capita, ma che poi ti penetra l'essenza e vive dentro di te almeno quanto l'anima. E fa male. Ma se dicono che l'amore sia felicità, per guadagnarselo bisogna soffrire. Se da una parte acquisti una cosa, dall'altra perdi. Così è l'amore.
'Ti prego, Louis, fa' che sia tutto un errore, uno stupido sbaglio. Dimenticati di me. La verità è che io non sopporto
queste frasi mai dette e segreti non confessati, questa attesa così lunga vissuta nell'illusione, nella speranza di trovare un equilibrio irraggiungibile. Siamo come due equilibristi su un filo sottile che si tengono per mano. Se uno dei due cade, cade anche l'altro. Lo so che sarà difficile rialzarsi, ma credo che per farlo dobbiamo farlo da soli. Nessuno salva qualcuno che non vuole cambiare.
Genere: Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti
Note: Lime | Avvertimenti: Incompiuta
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
ROSE’S pov “Bip-Bip” A quel suono impreco sottovoce rompendo il muto silenzio della stanza, ricordandomi della scuola. Avevo passato una notte insonne e no, non possono essere già le sette. Tasto ad occhi chiusi nel buio la superficie del comodino, in cerca del mio cellulare facendo cadere la lampada con un tonfo, attutito dal tappeto sottostante. “Merda.”-sospiro, la giornata non era iniziata nel modo giusto. Apro gli occhi con molta fatica, come se fossero di metallo e osservo la stanza invasa dai raggi di sole che filtrano dalle piccole fessure della tapparella, disegnando nella parete una sottile striscia di luce, come per delinearne il perimetro. Per evitare altri danni accendo la luce e afferro il cellulare visualizzando l’ora sul display e sbuffo, nel vedere che sono realmente le sette. Mi alzo e mi trascino pigramente in cucina per la colazione. Appena mi vede, mia madre Margaret mi urla che sono inutile e potrei starmene a letto, ma non bado alle sue parole, ormai ci ho fatto l’abitudine dal momento che si è separata da mio padre e sicuramente questo periodo non è dei migliori. Anche il mio umore è pessimo e ingurgito controvoglia un paio di biscotti e latte freddo. In realtà non vedo l’ora di uscire da questa casa: dopo che mio padre se n’era andato improvvisamente è diventata inospitale e squallida, priva della vitalità di un tempo e mia madre non fa altro che peggiorare la situazione. Si sa, il primo giorno di scuola non è come tutti gli altri, si cerca sempre di dare una svolta, di cambiare. E questo non è il momento adatto a perdersi in depressioni varie, e corro in bagno per prepararmi al meglio. Per quest’anno mi ero preposta un cambiamento radicale rispetto all’anno precedente: andrò in una nuova scuola e non ho intenzione di essere presa in giro anche lì dai bulli. Osservo la mia immagine riflessa nello specchio sfiorandone la superficie, compiacendomi della tinta rossa che avevo applicato ai miei capelli qualche settimana fa. Il rosso mi piace, mi fa sentire forte come non mai. Do una sistemata ai capelli, mi trucco mascherando tutte le imperfezioni, tanto da assomigliare a una bambola e sorrido soddisfatta: ora mi sento più sicura, più bella e convinta di non essere l’ultima fra le ragazze come invece accadeva l’anno scorso. E’ come se il trucco e la finzione fossero la mia arma segreta, il mio scudo, la mia corazza contro i giudizi degli altri che sono la cosa che temo di più al mondo. Anche se sono la prima a dire di essere sè stessi, in fondo avverto anch’io quel desiderio impellente di mostrarsi agli altri facendo emergere una parte di me stessa che non mi appartiene. “Tanto ormai vivo in una società di travestiti, io che aspetto?” – finisco sempre col dire così, ma nel profondo avverto comunque dei sensi di colpa per quello che sto facendo. Ritorno in camera e apro l’enorme guardaroba che nelle ultime settimane avevo ingrandito utilizzando i soldi che mi aveva lasciato mio padre prima di partire. Rimango a fissare la grande quantità di vestiti per qualche minuto, senza però venirne a capo. E’ in questi momenti che risento della mancanza di un’amica alla quale chiedere consigli, un appoggio per qualsiasi situazione e mi rendo conto di quanto io sia dannatamente sola. Soprattutto in questo periodo, in cui persino mia madre sembra non accorgersi di me, quasi fossi trasparente. Ma la realtà è che sono sola come un granello di sabbia in mezzo al deserto ed è inutile cercare di non crederci, tanto è così. Da qualche tempo inoltre, cerco di distruggere l’oppressione della solitudine con l’autolesionismo. E’ il mio sfogo. “Everything that kills me makes me feel alive” canticchio le parole della mia canzone preferita che turbina in testa come un tormentone, mentre faccio scivolare le mani fra gli ometti dei vestiti. Non trovo parole più giuste di queste per esprimere ciò che penso. Infatti l’autolesionismo è un po’ come uccidersi, ma questo mi fa sentire particolarmente viva. Quando incido il mio polso, per un attimo il dolore provocato fa scomparire tutto il dolore che ho dentro facendomi percepire che non sono vuota ed inutile come penso. Lo so, dovrei smetterla, ma ne ho dannatamente bisogno. Finalmente trovo un paio di jeans stretti che potrebbero andare bene abbinati a una felpa degli Arctic Monkeys, band che ho iniziato ad adorare da quest’estate perché riflette il mio stato d’animo, il mio carattere un po’ ribelle. Infilo le mie doctor martens dall’aspetto un po’ vissuto ed esco richiudendo violentemente la porta di casa, come per voltare le spalle alla sofferenza. Piove. La pioggia mi piace, rende l’atmosfera più familiare, più simile alla mia condizione e questo mi infonde nel corpo un brivido di piacere. Salgo sulla bici e mi dirigo verso la scuola, incurante del fatto che mi sarei bagnata. Adoro le gocce che picchiettano incessanti sulle mie braccia, il loro rumore estremamente tranquillizzante, i capelli bagnati che si appiccicano al viso fino ad oscurare la vista. Inizio a scorgere la scuola in fondo al vialetto e le folle di studenti che continuano ad arrivare. Una volta giunta, mi limito a rifugiarmi ai bordi del piazzale tenendo saldamente il manubrio della bici, quasi per non lasciarla scappare e cercare sostegno in mezzo a questa moltitudine di persone che non conosco. Mi sento a disagio. I miei occhi all’improvviso si bloccano su una figura in mezzo alla folla simile a una scultura greca, perfetta. Mi avvicino un po’ strizzando gli occhi per vedere meglio e sì, è un ragazzo in carne ed ossa, che ride e scherza con i suoi amici. Si gira verso la mia direzione. Non sento più il battito del cuore. Una frazione di secondo, ma abbastanza per delinearne tutta la sua bellezza. Morbidi riccioli castani gli ricadono sul viso incorniciando un viso splendido dove spiccano occhi di un verde magnetico, quasi surreale. Indossa una polo con il collo ripiegato all’insù che lo fa apparire incredibilmente sexy, dei pantaloni stretti che evidenziano il fisico asciutto e muscoloso al punto giusto. Un dio. Rimango incantata per non so quanto tempo a guardarlo. Una ragazza, probabilmente vedendomi cosi persa e sotto la pioggia si avvicina a me preoccupata, ma la ignoro completamente. -Hey, che fai lì, sotto la pioggia? S-stai bene? Svegliaaa- mi domanda, facendomi risvegliare da quella specie di torpore mentale in cui sono immersa. Annuisco distrattamente continuando a fissare quel ragazzo. Mi porge l’ombrello, ma la respingo malamente dimenticandomi di nascondere il lato del mio carattere brusco e maleducato. La mia testa ora è come un groviglio che mi impedisce di ragionare, capisco solo di essere innamorata di quel ragazzo, questo è certo. Suona la campanella,tutti si precipitano all’ingresso e il ragazzo sparisce tra la folla. Lascio la bicicletta accasciata ad un albero che costeggia il viale e salgo titubante per le scale che accedono al piano terra. Sono smarrita, non conosco nessuno ne' tantomeno l'aula dove si terrà il mio corso. Faccio scorrere velocemente il dito sui tabelloni appesi sulle enormi vetrate dell'ingresso fermandomi al nome Rose Chifford. Il primo corso sarà di biologia, in un'aula al terzo piano. Sbuffo, un po' per la mia sensazione di essere un po' disadattata a tutto questo e anche per l'ansia di conoscere i nuovi compagni. Do un' occhiata fugace alla lista dei miei compagni di corso pur sapendo di non riconoscere nessuno e inizio a salire le scale fino al terzo piano. Arrivata lì scorgo la scritta a caratteri cubitali appena sulla sinistra: " AULA DI BIOLOGIA" E' proprio quella. Faccio un sospiro, devo mantenere il mio atteggiamento che ho preparato con tutte le mie forze, non posso permettere che il mio vecchio atteggiamento riemerga distruggendo tutto ciò che ho conquistato a fatica. So di essere in ritardo ma preferisco farmi qualche piccolo esame di coscienza prima di buttarmi in una nuova 'avventura'. 'Fingi Rose, sii tutto quello che hai sempre desiderato' mi ripeto mentalmente, e dopo essermi sistemata i capelli spettinati per via della pioggia e del vento, busso. -toc,toc- -avanti- risponde una voce maschile dal tono deciso. Apro timidamente la porta mettendo in mostra uno dei più grandi sorrisi (e anche dei più finti) che io abbia mai avuto. - Buongiorno- riesco a spiaccicare un saluto seppur con la voce strozzata-sono Rose Clifford, scusi per il ritardo- Non riesco a guardare in faccia nessuno, sebbene mi sforzi, la timidezza è più forte di me. Ho sempre odiato le situazioni in cui si è al centro dell'attenzione. -Buongiorno Rose. La prossima volta cerca di essere puntuale, siediti pure accanto a Louis la' in fondo - Vado al posto indicatomi dal prof dando un'occhiata in giro per la classe cercando invano quel ragazzo stupendo che avevo visto poco prima, ma mi accorgo che il Louis citato dal prof e' nientemeno che uno degli amici con cui scherzava il ragazzo. Brividi di gioia. Mi siedo accanto a Louis, che si presenta stringendomi la mano terribilmente fredda accompagnando il tutto con un sorriso sincero. Dopotutto è un bel ragazzo, amo già i suoi capelli un po' spettinati che gli danno un'aria originale e ribelle. Indossa una canotta nera un po' scollata che mette in evidenza i tanti tatuaggi che ricoprono le sue braccia e il petto, a dire il vero un po' bizzarri e curiosi che non ho mai visto prima. La lezione scorre veloce ed è come se fossi in aula solo fisicamente, la mia mente infatti è da tutta altra parte, a sognare il ragazzo fuori da scuola, le sue linee perfette e il suo sorriso mozzafiato. < Signorina Rose! Svegliaaa!> ad un tratto sento gridare il prof e io, con la faccia di chi si è appena svegliato mi guardo in giro smarrita e sento Louis che mi richiama afferrandomi il braccio. < Rose, qui > mi indica Louis le righe sul libro con aria incredibilmente paziente mormoro con le guance rosse dalla vergogna. Avrei preferito sparire in quel momento. Inizio a leggere sforzandomi invano di capire, ma continuo a distrarmi. < Allora Rose dimmi, con quale strumento si può osservare i fenomeni citati?> "Oh sono nella merda" mi dico. Louis mi sussurra la risposta senza farsi notare ma è un nome incomprensibile, del quale apprendo solo la prima parte. Non faccio in tempo ad aprire bocca che suona la campanella. Tiro un sospiro di sollievo. -Che fortuna ahah- mi dice Louis -eh già-rispondo io sorridendo -vedo che ti piacciono gli arctic Monkeys- dice osservando la mia maglietta -si!- -anche a me piacciono sai? Adoro quel tipo di rock, è bestiale- - wow non pensavo piacessero anche ai ragazzi di qui- - ah si? Vieni da fuori allora- - si, vengo dal cheshire però ora abito qui- - ho un amico che viene pure lui dal Cheshire, all'uscita te lo presento - -oh con piacere- dico, sperando con tutto il cuore che sia quel ragazzo. La mattinata passa veloce ed è già ora di tornare a casa. All'uscita vado da Louis e aspettiamo insieme che esca il suo amico. Sono impaziente, continuo a tamburellare le dita sui fianchi. - Harry!- grida Louis facendo cenno con la mano. Alzo lo sguardo e fremo.
  
Leggi le 0 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Fanfic su artisti musicali > One Direction / Vai alla pagina dell'autore: allyourlittlethings_