Serie TV > Violetta
Segui la storia  |       
Autore: _Trilly_    31/07/2014    10 recensioni
Violetta, Angelica, Angie, Pablo, Leon, Diego, Francesca, Marco. Ognuno di loro ha un passato che vorrebbe cancellare, dimenticare. Si sa però, che per quanto si possa fingere che non sia mai esistito, esso è sempre là in agguato, pronto a riemergere nei momenti meno opportuni, portando con se sgomento e profondo dolore. Tutto questo perchè il passato non può essere ignorato per sempre, prima o poi bisogna affrontarlo. Ognuno di loro imparerà la lezione a sue spese.
Leonetta-Diecesca-Pangie
Genere: Drammatico, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Diego, Francesca, Leon, Pablo, Violetta
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A



“Ancora non ci posso credere,” mormorò Angie, stringendo forte il marmo del davanzale della finestra e scuotendo il capo. Pablo, accanto a lei, sospirò. “Nemmeno io. Credevo che ormai fosse tutto finito.”
I coniugi Galindo erano all'ospedale della città da circa un'ora, ossia da quando Marco aveva ritrovato Thomas Heredia nei bagni in stato di incoscienza. A pochi metri da loro, c'era proprio Marco, seduto su una delle sedie di plastica dalla sala d'aspetto e ovviamente i genitori del giovane spagnolo, che camminavano nervosamente avanti e indietro, in attesa di notizie sullo stato del loro figlio.
“Tu credi davvero che sia stato lui?” Si azzardò a sussurrare la Saramego, guardando attentamente il marito e quasi temendo la sua risposta.
Pablo però non rispose, perdendosi a fissare il vetro un po' macchiato della finestra, mentre qualcosa si agitava nel suo stomaco, una sorta di sensazione. Avrebbe voluto che non fosse così, ma non poteva fare a meno di pensare che purtroppo fosse la verità, Leon Vargas in qualche maniera aveva lasciato il carcere e aveva aggredito Thomas. Istintivamente allungò la mano verso quella di Angie e gliela strinse, sperando di infondere ad entrambi un po' di forza per affrontare quella situazione. “Quello che non capisco,” iniziò, confuso. “Perché avrebbe aggredito Thomas? Cosa può avergli mai fatto?”
“è colpa mia, l'ho convinto a provarci con Violetta.” I due si voltarono di scatto verso Marco, che li aveva raggiunti con le lacrime agli occhi. “Lui aveva una cotta e lei aveva bisogno di dimenticare e ora... è tutta colpa mia,” aggiunse, mentre Angie lo stringeva forte tra le sue braccia e gli accarezzava il capo. “Non è vero, tesoro mio, non è così. Tu non lo potevi sapere,” gli sussurrò dolcemente la donna, mentre i pezzi del puzzle nella testa di Pablo finalmente si univano. Gelosia, Thomas era stato picchiato per gelosia. Vargas non aveva rinunciato a Violetta, ma sua nipote? Lei cos'avrebbe fatto?
Quasi l'avesse chiamata, la Castillo arrivò tutta trafelata, seguita da Diego e Angelica. Appena era uscito fuori quel nome, Pablo aveva chiamato i tre e non solo per informarli, ma anche per assicurarsi che stessero bene.
“Cos'è successo? Chi è che sta male? Thomas?” Aggiunse Violetta, notando solo in quel momento i signori Heredia.
Pablo annuì, affrettandosi poi a spiegare ciò che era successo ai nuovi arrivati, mentre Angie continuava a consolare Marco.
“Pablo,” mormorò Angelica, facendogli segno di seguirla in un angolo del corridoio. Probabilmente voleva chiedergli qualcosa, ma non voleva farlo di fronte ai nipoti e dovettero capirlo anche loro, difatti Diego mormorò: “C'è qualcos'altro che dobbiamo sapere, immagino.”
Galindo fece per dire qualcosa, ma...
“è colpa di quel maledetto!” Esplose Marco, spintonando il fratello. “Il tuo socio delinquente è tornato,” aggiunse, lasciandolo a bocca aperta. Leon era tornato? Diego guardò il padre e ciò che lesse nei suoi occhi, fu più che una conferma.
Violetta nel frattempo era ancora più sconvolta. Leon aveva aggredito Thomas ed era sicura che non lo avesse fatto senza motivo, soprattutto se era uscito da poco dal carcere. Il modo in cui Marco e Angelica la guardavano, quel velo di accusa che tentavano di nascondere, sapevano che era tutta colpa sua. Onestamente non sapeva che pensare, se non sentirsi terribilmente in colpa per ciò che era accaduto a Heredia. L'unica colpa del ragazzo era stata quella di essersi invaghito della ragazza sbagliata. Leon doveva averli visti insieme, forse proprio nell'aula di danza e subito si era vendicato. Quindi lui la considerava ancora la sua ragazza e probabilmente di lì a poco l'avrebbe cercata, ma lei in quel caso cos'avrebbe fatto?
“Era conciato tanto male?” Si azzardò a chiedere, guardando Marco. Lui rise, incredulo. “è una fortuna che non lo abbia ucciso, ma puoi chiederlo a Diego, lui è un esperto in queste cose.”
“Basta Marco!” Sbottò Pablo, agitando le braccia, esasperato e lasciando tutti a bocca aperta. “Smettila con queste frecciatine, Diego non c'entra nulla con le azioni di Vargas.”
“Ma papà,” provò a protestare sconvolto, il giovane Galindo, mentre Diego sghignazzava, ma l'uomo lo interruppe. “Niente ma. Diego era a lezione quando è avvenuta l'aggressione e non sapeva di Vargas fino a pochi minuti fa.”
“Tuo padre ha ragione,” concordò Angie. “Non puoi continuare ad accusarlo per ogni cosa solo perché in passato ha sbagliato.”
Marco ruotò gli occhi e borbottò qualcosa tra i denti, ma alla fine si zittì, sforzandosi di ignorare il ghigno beffardo del fratello.
“State tranquilli,” riprese Pablo, spostando lo sguardo su tutti i presenti. “Ora vado ad informarmi sulla questione Vargas, voi tornate tutti a casa e non aprite a nessuno.”
“Esagerato,” ghignò Diego, beccandosi un'occhiataccia da parte di Angelica e Marco. “Leon non è un serial killer e se lo conosco, dopo quello che ha fatto a Heredia, se ne starà buono.”
“Questo lo so,” convenne Galindo. “Quello che voglio evitare è che si avvicini a te o a Violetta, il perché lo sapete bene.”
Il moro e Violetta non poterono fare a meno di annuire. Dopo tutto quello che era accaduto, era normale che ora volesse tenere loro due sotto controllo.
“Andiamo a casa, Violetta,” disse Angelica, prendendo sotto braccio la nipote. Era molto agitata, segno che probabilmente non le avrebbe permesso di uscire di casa nemmeno per buttare la spazzatura. Poteva anche dire addio alle uscite con le amiche e alla sua ora di jogging giornaliera. Sospirò, rassegnata, poi si incamminò insieme alla nonna.
“Io e Marco restiamo qui ad attendere notizie di Thomas,” disse Pablo, rivolgendosi alla moglie. “Tu vai a casa con Diego.”
Angie annuì, facendo poi segno al figlio di seguirla. “Tienimi informata.”

Durante il viaggio di ritorno, i due non dissero una parola, troppo concentrati sui propri pensieri. La Saramego lanciava di tanto in tanto delle occhiate verso il figlio, chiedendosi se sarebbero riusciti a tenerlo lontano da Vargas. Il solo pensiero che potesse farsi trascinare di nuovo nel tunnel la terrorizzava, non voleva che suo figlio si mettesse nei guai.
Diego nel frattempo, fissava la strada oltre il finestrino, sentendo addosso lo sguardo della madre. Poteva immaginare quali fossero i suoi timori e non poteva darle torto, in fondo aveva causato ai genitori parecchi grattacapi a causa degli atteggiamenti irresponsabili e delle cattive compagnie che aveva frequentato. Ora però si stava comportando bene e sapere che Leon fosse tornato in libertà, un po' lo destabilizzava. Da una parte avrebbe voluto cercare il suo amico, parlare con lui, ma dall'altra si rendeva conto che non poteva, soprattutto dopo che i suoi genitori gli avevano mostrato tutta quella fiducia.
Giunti a casa, Angie corse in cucina a preparare un tè e al contempo recuperò il telefono per chiamare Angelica, mentre Diego si gettò a peso morto sul divano e accese la tv. Distrattamente, scorreva i canali, alla ricerca di nemmeno lui sapeva cosa. La verità era che non riusciva a concentrarsi su nulla, il suo unico pensiero era Leon. Perché non si era ancora fatto vivo con lui? Lo avrebbe fatto prima o poi? Esasperato da tutti quegli interrogativi, accese la play station e si immerse in una bella corsa di auto, chissà, così almeno si sarebbe distratto. Era nel bel mezzo della corsa, quando sentì bussare alla porta. Fece per alzarsi, ma Angie gli passò davanti come un fulmine. “Vado io, tu continua a giocare.” Diego annuì distrattamente, armeggiando con il joystick e sogghignando tra se e se. Se sua madre pensava che Leon bussasse alla porta come un comune mortale, si sbagliava di grosso.
Poco dopo, la donna tornò in compagnia di una ragazza, Francesca. Appena la vide, Diego si ritrovò a fissarla, dimentico della gara alla play station che stava facendo. Era una sua impressione, o ogni volta che la vedeva si faceva più bella?
“Marco è ancora in ospedale,” stava dicendo Angie, facendo strada alla ragazza in salotto. “Ci siamo solo io e Diego, ma lo puoi aspettare qui.”
Francesca annuì, mordendosi nervosamente il labbro e il suo nervosismo crebbe quando notò il maggiore dei Galindo, seduto sul divano e che la fissava con fin troppa insistenza.
“Ciao Diego,” balbettò, affrettandosi a seguire la bionda in cucina. Il ragazzo sogghignò, rivolgendole un lieve cenno del capo. Francesca era a casa sua e Marco non c'era, non poteva lasciarsi scappare quell'occasione. Convinto di ciò, mise il gioco in pausa e raggiunse le due donne, impegnate a bere il tè appena fatto dalla bionda.
“Ce ne è un po' anche per me?” Chiese, sedendosi di fronte alla fidanzata del fratello, che però evitava accuratamente di guardarlo.
“Ma certo,” sorrise Angie, affrettandosi a riempire una tazza anche per lui. “Ecco qui, tesoro.”
“Grazie mamma.” Spostò poi lo sguardo su Francesca e chiese: “Si sa qualcosa di Heredia?”
La Saramego sospirò, mentre la mora fissava il ragazzo, sorpresa da quella domanda. Pensava che lui avrebbe gioito per le condizioni di Thomas e invece sembrava preoccupato. “Tuo padre ha detto che si è svegliato e a parte qualche livido e qualche costola ammaccata, sta bene ed entro un paio di giorni potrà anche tornare a casa.”
Diego annuì distrattamente, bevendo un lungo sorso di tè. Almeno il danno non era grave e quindi a Leon era andata bene. “Thomas però non ha voluto sporgere denuncia e per questo tuo padre ha dovuto mettere pace tra lui e i suoi genitori,” proseguì Angie e la cosa non stupì il giovane più di tanto. Nessuna persona sana di mente avrebbe denunciato Leon, se poi aveva subito una simile aggressione, era ancora più comprensibile.
“Proprio non capisco perché non ha denunciato quel delinquente,” commentò Francesca tra se e se. La donna scrollò le spalle, Diego invece ghignò. “Ve lo dico io, mie belle signore,” iniziò, sotto lo sguardo scettico delle due. “Con Leon non si scherza e lo ha dimostrato più di una volta. Se Heredia lo avesse denunciato, gliel'avrebbe fatta pagare. Altro che farlo finire in ospedale con qualche livido, la sua vendetta sarebbe stata di gran lunga peggiore. Vado a continuare la mia partita,” aggiunse, mollandole lì con delle facce da pesci lessi. Era sicuro di averle colpite, soprattutto Francesca e così avrebbe passato un bel po' di tempo a pensarlo. Calcolando accuratamente i gesti e le parole, sarebbe riuscito a cambiare l'opinione che lei aveva di lui e una volta aver conquistato la sua fiducia, farla innamorare sarebbe stato un gioco da ragazzi.
“Quel modello di macchina è scadente, io non lo avrei scelto.”
Diego sussultò, al suono di quella voce. Francesca si era seduta sul divano accanto a lui, lo sguardo fisso sullo schermo della tv e sulla gara che stava disputando.
“Ah si?” Le chiese, sollevando un sopracciglio. “E cosa ne capisce una ragazza di motori?” La provocò, ottenendo l'effetto di farle fare una smorfia di disappunto. “Solo perché sono una ragazza, non vuol dire che penso solo ad unghie e capelli.” Incrociò le braccia al petto, offesa e lui non poté fare a meno di sorridere. Francesca ne capiva davvero qualcosa, o si trattava di una reazione di orgoglio? Per togliersi ogni dubbio, interruppe la partita e tornò nel menù. “Quale auto avresti scelto allora?” Le chiese, scorrendo le varie macchine a disposizione. “Mmm,” mormorò la ragazza pensierosa. “Vai ancora avanti...quella, no quella di prima...si, questa.”
Diego fischiò, ammirato. Si aspettava che lei scegliesse quella più colorata o imponente e invece no, aveva scelto l'auto in base alle caratteristiche del motore, che appunto apparivano in una piccola didascalia. Non credeva che Francesca conoscesse quelle cose, non aveva mai incontrato una ragazza che ne capisse di auto. “Interessante,” ammise e lei sorrise soddisfatta. “Hai visto? A volte l'apparenza inganna.”
Annuì, sorridendo a sua volta. “Sai anche giocare? Che ne dici di una sfida?”
La mora ci pensò per alcuni istanti, poi però annuì. “Per me va bene, però quell'auto è mia.”
Lui ghignò, porgendole l'altro joystick. “Nessun problema, bambolina.”
“Mi chiamo Francesca,” mormorò lei, storcendo il naso. “Odio i soprannomi, soprattutto se sono da presa in giro.”
“Presa in giro?” Ripeté confuso, ma Francesca lo interruppe con un gesto della mano. “Abbiamo una gara da fare, su.”
Con stupore, Diego dovette ammettere che la ragazza gli stesse dando del filo da torcere, era brava e non poco. Più accelerava e più lei faceva lo stesso, socchiudendo gli occhi, concentrata. Utilizzò tutti i trucchetti che conosceva, tentando persino di sabotare la sua auto, ma Francesca se la cavò in maniera eccezionale e se non vinse, fu perché si distrasse un secondo per fargli una pernacchia. “Ho vinto!” Esultò, soddisfatto. “E Diego Galindo si conferma ancora una volta il migliore. Inchinati a me, bambolina,” aggiunse, restituendole la pernacchia di poco prima. La ragazza storse il naso. “Ti ho detto che non devi chiamarmi così e se hai vinto è stato solo per fortuna. Se non mi fossi distratta, ti avrei stracciato.”
“Forse,” sogghignò lui. “Ma lo hai fatto, perciò... I'm the best.” Gonfiò il petto con fierezza e arroganza, tanto che lei si innervosì ancora di più. “Ci vuole classe anche per vincere e tu non ce l'hai per niente,” sbuffò, incrociando le braccia al petto.
Diego scoppiò a ridere. “Se per questo, nemmeno tu sai perdere, Francesca. Ne stai facendo una tragedia e ancora non ti ho chiesto nulla.”
Lei si voltò di scatto, accigliata. “Che significa che ancora non mi hai chiesto nulla?”
Il moro si finse pensieroso, ma in realtà aveva tutti i sensi allerta, per verificare che sua madre fosse impegnata al cellulare e che quindi non potesse sentirli. Accertatosi di ciò, tornò a guardarla con un sorrisetto beffardo. “Visto che ho vinto, dovresti fare qualcosa di carino per me e...”
“Scordatelo!” Lo interruppe lei, scattando in piedi, indispettita. “Non so cosa ti sei messo in testa, ma io sto con tuo fratello, perciò le tue disgustose proposte indecenti valle a fare a qualcun altro!” Fece per tornarsene in cucina, ma Diego la raggiunse, afferrandole il polso. “Ma che hai capito, non intendevo dire quello.”
Francesca lo fissò, scettica. “Ah no? E cosa intendevi allora? Mi hai presa per stupida per caso?”
Lui scosse la testa. “Canta con me,” sussurrò, lasciandola basita. “Come?”
“Violetta mi ha detto che sei un'ottima cantante e quello che mi piacerebbe, è che qualche volta mi permettessi di accompagnarti con la chitarra, tutto qui. Nessun doppio fine,” aggiunse, portandosi la mano destra al petto a mò di giuramento.
Francesca lo fissò a lungo, sicura di aver capito male. “Vuoi davvero cantare con me?” Gli chiese, scettica.
Diego annuì, ostentando un sorriso innocente. “Perché, cosa c'è di strano? Mi hai visto, canto sempre con Vilu e a volte lo facevo anche con Leon, perciò...”
“Vargas canta?” Esclamò la ragazza, sgranando gli occhi. “Non ce lo vedo proprio.”
Lui rise, divertito. “In realtà l'ho sentito cantare solo da ubriaco, però devo ammettere che è bravo. Vilu mi ha detto che con lei cantava sempre, ma è un caso a parte visto che stavano insieme.”
Francesca annuì, tornando a sorpresa a sedersi sul divano e facendogli gesto di raggiungerla. “Tu credi che Vargas abbia aggredito Thomas per Violetta? Per gelosia, insomma,” sussurrò, dopo alcuni istanti di silenzio, guardandolo con la coda dell'occhio. Sembrava un po' nervosa, ma allo stesso tempo desiderosa di conoscere il suo parere e Diego pensò che non ci fosse nulla di male nel dirglielo. “Si,” ammise perciò. “Leon è innamorato di Violetta, la considera una cosa sua e quando ha visto Heredia girarle intorno, sono sicuro che ha perso la testa. Si dice che l'amore sia così, irrazionale, folle e tutte quelle cose lì,” aggiunse, elencandole con le dita e lasciandosi andare anche a una smorfia di disgusto. Non c'era niente da fare, nonostante il chiaro esempio dei suoi genitori, che si amavano ancora come il primo giorno e quello di Leon e Violetta che sembravano essere legati a doppio filo, lui continuava a non credere nell'amore. Pensava che esso fosse solo una fantasia, un qualcosa di raro, un po' come una predisposizione, che lui di certo non aveva. All'alba dei suoi vent'anni, Diego Galindo poteva dire di non essersi mai innamorato, di non sapere cosa significasse non riuscire ad addormentarsi a causa di una ragazza che gli ossessionasse la mente, di non sapere cosa significasse avere le farfalle nello stomaco e tutte quelle altre cose tipiche degli innamorati. Lui aveva provato sempre e solo attrazione fisica, che poi andava scemando dopo il sesso, perciò era convinto di non essere predisposto per l'amore. Al massimo sarebbe rimasto scapolo e pieno di amanti, oppure si sarebbe sposato per interessi, chissà.
“Tu non ti sei mai innamorato, vero?” Si azzardò a chiedere Francesca, stupita dalla sua stessa domanda, o più semplicemente le sembrava assurdo che lui le avesse lasciato intendere una cosa così personale. Sorprendendola ancora di più, Diego sorrise e annuì. “Io non credo nell'amore, è solo una fantasia per i folli sognatori.”
Lei scosse la testa, divertita. “Ne riparleremo quando incontrerai la ragazza che ti farà perdere la testa.”
A quelle parole, Diego scoppiò a ridere. “Si, come no. È più facile che io e Leon diventiamo dei secchioni come il tuo ragazzo. L'amore non è per me, Francesca.” Si alzò poi in piedi e spense la play station, inconsapevole che lei lo avesse seguito fino alla tv. “Che ne dici di domani?” Sussurrò, facendolo sussultare. “Eh?” Chiese confuso, grattandosi il capo.
Francesca arrossì e si morse il labbro, ma continuò a sostenere il suo sguardo. “Hai detto che vuoi cantare con me. Domani allo Studio abbiamo un'ora libera e se ti va, possiamo approfittarne per cantare qualcosa.”
Diego strabuzzò gli occhi, sicuro di aver capito male. “Non è un appuntamento, sia chiaro,” si affrettò ad aggiungere, quando lo vide ghignare. “Ho perso e devo pagare pegno, tutto qui. Allora, ci stai?”
Lui annuì, continuando a sorridere. “A domani allora, Francesca.”
“A domani,” ripeté lei, un attimo prima che la porta di casa si aprisse e sopraggiungessero Marco e Pablo. La ragazza gli rivolse un'ultima occhiata, poi corse dal suo ragazzo e il sorriso sul volto del maggiore dei Galindo si accentuò. Le cose stavano andando meglio di quanto si aspettasse. Era riuscito a parlare con Francesca senza litigare, avevano riso insieme e aveva pure rimediato una sorta di appuntamento. Guardandola abbracciata al fratello, si ritrovò a pensare che non fosse solo bella, lei era interessante, lei aveva un qualcosa che gli piaceva e sperava vivamente che non si rivelasse un'arma a doppio taglio. Lui non credeva nell'amore e simili e voleva continuare su quella strada a qualsiasi costo. Francesca doveva essere solo uno strumento per la sua vendetta, nient'altro.




Violetta si calò la coperta fin sulla testa, costringendosi a chiudere gli occhi. Come aveva previsto, la notizia che Leon fosse stato rilasciato, aveva allertato non poco sua nonna, che tutta la serata non aveva fatto altro che straparlare, riguardo le misure di sicurezza che dovevano adottare. Aveva persino accennato all'idea di far installare le sbarre alle finestre e di assumere qualcuno per vigilare davanti al loro giardino, quasi fosse evaso un pericoloso serial killer. Diego aveva ragione, era esagerato pensare a simili misure di sicurezza solo per Leon. D'accordo, lui sapeva essere pericoloso, bastava pensare a ciò che aveva fatto a Thomas, ma Violetta restava convinta che non le avrebbe mai fatto del male, né in quel momento e né mai.
Tante volte si era chiesta come avrebbe reagito alla notizia del suo ritorno e ora che ciò era accaduto, si sentiva terribilmente combattuta. Sapeva di amarlo ancora e una parte di lei non desiderava altro che rivederlo, gettarsi tra le sue braccia, baciarlo, ma poi pensava a com'era la sua storia con lui, a come frequentarlo l'avesse portata sulla cattiva strada e ad allontanarsi dalle persone a cui teneva e perciò tendeva a scacciare quel pensiero, ma ora non poteva più. Leon l'avrebbe cercata prima o poi, lo doveva affrontare e prendere la decisione giusta. Ma la decisione giusta, era quella che faceva stare bene lei, o quella che faceva stare bene chi la circondava? Poteva stare con Leon e allo stesso tempo non deludere le persone a cui teneva? Si prese la testa tra le mani, scuotendola con vigore. La verità era che il suo era un amore impossibile, era stato bello finché era durato, ma ora stavano crescendo e lei doveva pensare al suo futuro, un futuro che con uno come Leon non avrebbe mai potuto avere. Lui non voleva studiare, non prendeva nulla sul serio e voleva solo divertirsi. Sua nonna aveva ragione, doveva pensare a realizzarsi e magari prendere in considerazione l'idea dell'università. Avere una laurea le avrebbe consentito sicuramente di trovare un buon lavoro, di poter comprare una casa e una macchina, sposarsi... quell'ultima parola la fece intristire. Avrebbe mai potuto sposare qualcuno che non fosse Leon? Non ci si vedeva proprio, ma in fondo chi poteva mai dirlo? Il destino era imprevedibile, o no?
Se lo stava ancora chiedendo, quando sentì uno strano rumore, un rumore che la fece sussultare e portare in posizione seduta. Si guardò intorno, confusa e il rumore si ripeté, uno, due, tre volte. Solo allora, capì che provenisse dalla finestra. Qualcuno stava lanciando delle pietre contro la sua finestra. Quella constatazione, la fece sbiancare di colpo, mentre il suo cuore batteva come un tamburo impazzito. Un solo nome attraversava la sua mente: Leon. Tante volte ai tempi del loro amore, era venuto a trovarla nel cuore della notte e bussava alla finestra con dei sassolini, possibile che anche ora fosse lui? Violetta fissava la finestra come pietrificata, mentre altri sassolini colpivano il vetro. Cosa doveva fare? Prendendo coraggio, si avvicinò alla finestra e sbirciò oltre di essa. Fuori era tutto buio, la luna splendeva alta nel cielo. Le sembrava però di scorgere anche una sagoma ai piedi del grande albero, una sagoma piegata a raccogliere qualcosa, probabilmente un altro sassolino. Quella visione per Violetta sapeva tanto di deja vù e quasi senza rendersene conto, aprì le ante. Resosene conto, la misteriosa figura, si arrampicò sull'albero con l'agilità di un gatto e in un attimo raggiunse il ramo più alto. A quel punto, la giovane poté vederlo in volto e deglutì, indietreggiando di qualche passo. Era lui, era Leon. Con la stessa agilità con cui si era arrampicato, si intrufolò nella sua finestra e atterrò sul pavimento, senza fare il benché minimo rumore, lo sguardo fisso su di lei. Con la poca luce che proveniva dall'esterno, Violetta notò che fosse diventato più alto e possente e che avesse tagliato i capelli, per il resto sembrava sempre lui. I suoi bellissimi e penetranti occhi verdi erano esattamente come li ricordava e la scrutavano con la stessa bruciante intensità che più volte l'aveva portata ad assecondarlo come un fedele cagnolino. Leon Vargas aveva sempre avuto una grande influenza su di lei, la sua voce, i suoi gesti, i suoi sguardi, essi l'ammaliavano e la stregavano come se fosse stata sotto incantesimo e continuavano a riuscirci anche in quel momento. Dio, quanto era bello e quanto avrebbe voluto gettarsi tra le sue braccia e lasciarsi cullare dal suo calore e dal suo intrigante profumo.
“Violetta.”
Ah, la sua voce. Quante volte l'aveva sognata, quante aveva creduto di sentirla tra i ragazzi della scuola. Quella voce la tormentava, la ossessionava, quella era la voce che amava di più al mondo e non sentirla per un anno intero, era stato come provare a vivere senza ossigeno. Leon era il suo ossigeno.
Il ragazzo avanzò di qualche passo, accigliato. Si aspettava che lei gli corresse incontro, che gli sorridesse, qualsiasi cosa, ma non che lo fissasse come se avesse visto un morto. “Violetta,” ripeté, serio. “Sono io.”
Violetta deglutì, indietreggiando ancora. Sapeva già cosa sarebbe accaduto se gli avesse permesso di avvicinarsi e non poteva permetterselo. Leon l'avrebbe avvolta di nuovo nella sua rete e non sarebbe stata più in grado di dirgli di no. Sarebbe ancora una volta caduta nell'oblio, avrebbe deluso la sua famiglia e i suoi amici.
“La smetti di guardarmi così?” Sbottò lui, facendo però attenzione a non alzare troppo la voce. Non ci teneva ad imbattersi in quel mastino della nonna della ragazza, che sicuramente avrebbe chiamato persino i servizi segreti per farlo portare via.
“Leon,” sussurrò finalmente lei e Leon abbozzò un sorriso, quel maledetto sorriso. Quante volte aveva sfogliato le loro foto, sperando che il suo sorriso le restasse in mente quando temeva di dimenticare i suoi tratti. Iniziò a mordersi il labbro inferiore quasi a sangue, tentando di scacciare ogni pensiero. Il suo Leon era lì che le sorrideva, che le importava di tutto il resto? “Sei tornato,” riuscì a sussurrare, lo sguardo rivolto sui suoi piedi. Cuore o ragione? Perché era così difficile scegliere? Le parole di sua nonna le rimbombavano nella mente, ma allo stesso tempo c'era Leon con i suoi sorrisi. Cosa doveva fare?
Leon annuì, raggiungendola con pochi passi. “Mio padre mi ha fatto uscire,” le spiegò, sollevandole il mento con due dita, così da costringerla a guardarlo negli occhi. “Che ti succede, Amore mio? Perché sei così terrorizzata da me?” La sua voce era così dolce, calda, avvolgente e Violetta si ritrovò a specchiarsi in quei due fari verdi, senza riuscire a dire nulla, non ce ne era bisogno. Il lampo che attraversò il suo sguardo le fece intuire che avesse capito. “è per tua nonna, vero? Lei vuole che mi stai lontano perché sono quello che sono e non sai se darle retta. Non vuoi deluderla, ma allo stesso tempo sai che quello che c'è tra noi è indistruttibile.”
Violetta lo fissò a bocca aperta. A Leon era bastato un semplice sguardo per capire cosa la tormentasse, da che lo conosceva c'era sempre riuscito. Come facesse, non riusciva proprio a spiegarselo. Che fosse telepatico e non glielo avesse detto?
“Violetta,” riprese il ragazzo, poggiando la fronte contro la sua. “Non puoi permettere a tua nonna di separarci, non puoi e basta.”
Lei scrollò le spalle, mordendosi nervosamente il labbro. “So cos'hai fatto a Thomas,” riuscì a sussurrare. “Potevi ucciderlo. Perché?” Gli prese il volto tra le mani, così che lui non potesse evitare il suo sguardo. Il suo fu però un gesto inutile, Leon infatti non era per niente intenzionato ad evitare il suo sguardo, al contrario continuò a guardarla, ostentando uno strano sorrisetto di sfida. “Stava facendo il cretino con la mia ragazza, ho solo marcato il territorio,” sbottò semplicemente, lasciandola stupefatta. Lui non era per niente pentito, addirittura sembrava soddisfatto di ciò che aveva fatto e quella consapevolezza la fece rabbrividire. Ma di che razza di persona si era innamorata? Con il tempo, anziché migliorare, era diventato ancora di più un mostro. Si allontanò da lui, girandogli intorno e raggiungendo la finestra ancora aperta. Socchiuse gli occhi e prese un profondo respiro, sforzandosi di tirar fuori tutto il suo coraggio e la sua determinazione, poi sussurrò: “Vai via.”
Leon strabuzzò gli occhi, credendo di aver capito male. “Mi stai cacciando? Stai scherzando, vero?” Chiese, incredulo, piazzandosi di fronte a lei e prendendola per le spalle. Violetta però non si scompose, insistendo nel tenere lo sguardo basso. Era infatti sicura che se lo avesse guardato negli occhi, non sarebbe riuscita a rimanere così risoluta.
“Rispondimi, dannazione!” Esplose il ragazzo, scuotendola con vigore. “Che diavolo ti ha ficcato in testa quella megera?”
A quelle parole, qualcosa si mosse in lei, che lo spinse lontano, rivolgendogli poi un'occhiata raggelante. “Non parlare mai più così di mia nonna. Sei tu che hai rovinato tutto, non lei e ora vattene.”
Leon la fissò a bocca aperta. Mai Violetta gli aveva parlato in quella maniera e lo aveva guardato con quello sguardo. Possibile che per lei fosse tutto finito? “Violetta, mi vuoi dire che ti ho fatto? Non ho fatto altro che pensarti, ti sono rimasto fedele e ora sono qui per ricominciare.”
Lei rise, incredula. “Ricominciare? Leon, la prima cosa che hai fatto appena sei uscito è stato picchiare Thomas fino a rischiare di ucciderlo. Marco era così sconvolto, temeva che fosse morto. Sei pazzo se pensi che potrei perdonarti una cosa simile.”
Il ragazzo s'irrigidì, contraendo poi la mascella. “Allora è vero, ti vedi con quello lì. Sei tornata ad essere il burattino di tua nonna, complimenti.” Applaudì ironicamente, scrutandola con disprezzo. “Sei felice ora?”
Violetta corrugò le sopracciglia, confusa. “Io non sto con Thomas e non sono il burattino di nessuno, né tantomeno il tuo e...”
“Non hai risposto alla mia domanda,” la interruppe lui, afferrandole il polso e tirandola verso di se. “Sei felice?” Sussurrò, a un soffio dalle sue labbra. “Sei felice senza di me?”
La ragazza deglutì, mentre il cuore le batteva come un tamburo impazzito. Come avrebbe mai potuto essere felice senza di lui? Leon era tutto, ma non poteva dimenticare che avesse rischiato di uccidere Thomas per una gelosia assurda e infondata. “Tra me e Thomas non c'è niente, lo vedo solo come un amico. Avresti dovuto chiedere spiegazioni a me anziché comportarti come una bestia,” aggiunse, quando lui fece per ribattere. “Possibile che il carcere ti abbia peggiorato così tanto? Prima eri incontrollabile e ora sei anche peggio.” Si liberò della sua stretta e incrociò le braccia al petto, mentre Leon la fissava scuotendo il capo. “Fammi capire, mi stai dando del pazzo?” Le si avvicinò con fare minaccioso, fino a farla indietreggiare spalle al muro. “Ora la pensi come loro? Che fine ha fatto la ragazza che amo?” Sibilò contro il suo volto. “Come puoi voltarmi le spalle così? Ti amo, è normale che mi dia fastidio se qualcuno ti gira intorno.”
Violetta sospirò, per nulla spaventata da quel suo atteggiamento. Nonostante tutto, era sicura che su di lei non avrebbe mai alzato un dito, lui la amava, glielo leggeva negli occhi. “Anche io ti amo,” ammise con un filo di voce e quando lo vide sorridere e tentare di dire qualcosa, lo anticipò. “Questo però non cambia nulla. Non puoi pretendere che faccia finta di niente dopo quello che hai fatto. Nel mondo civile non ci si comporta così.”
Leon la fissò per alcuni istanti, poi annuì. “Hai ragione, ho sbagliato, ma la gelosia ha preso il sopravvento e...”
“E niente,” lo interruppe lei, seria. “Leon, io ora ho bisogno di stabilità, ho bisogno di una persona con cui costruire un futuro, sono finiti i tempi delle ragazzate.” Mai Violetta era stata più convinta, lo amava, ma non voleva più commettere gli stessi sbagli.
“Ho capito,” mormorò lui alla fine, preparandosi a scavalcare la finestra, sotto lo sguardo basito della ragazza. “Leon,” provò a richiamarlo, ma lui la ignorò e se ne andò così com'era venuto. La Castillo lo vide sparire nel buio, anche se ormai le lacrime le avevano già inumidito il volto. Sperava che almeno le sue parole lo avrebbero fatto riflettere e rendere conto dei suoi sbagli, così da poter poi rimediare e ricominciare. Nonostante tutto Violetta voleva aspettarlo, aveva bisogno di farlo. Le era bastato incrociare di nuovo il suo sguardo per capire: Leon sarebbe sempre stato l'unico, nessuno avrebbe mai potuto occupare il suo posto, né in quel momento e né mai.





Holaaaaa!! Finalmente c'è l'incontro Leonetta, anche se non si conclude benissimo. Vilu lo ama, ma non può accettare il suo comportamento sbagliato e ora Leon ha molto su cui riflettere. Thomas sta bene, ma la paura lo porta a non voler denunciare Leon. Nel frattempo tutti sono preoccupati, Angelica e i Pangie in primis, mentre Diego ha l'occasione di conoscere meglio Fran, restandone non poco affascinato, nonostante voglia ancora vendicarsi di Marco.
Sono di fretta e spero davvero di non aver fatto nessun errore, nel caso mi scuso. Vi ringrazio di cuore per il vostro affetto, siete sempre dolcissimi :3
Baci <3



 
  
Leggi le 10 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > Violetta / Vai alla pagina dell'autore: _Trilly_