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Autore: Vox    31/07/2014    2 recensioni
Cinque volte in cui Finn cerca il fidanzato di Kurt e trova il professor Anderson e una in cui è il diretto interessato a trovare lui.
Genere: Comico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Blaine Anderson, Finn Hudson, Kurt Hummel | Coppie: Blaine/Kurt, Finn/Rachel
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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NOTE DELL’AUTRICE:
Una per quanto riguarda il titolo: The Smart Fish, letteralmente “Il pesce intelligente”. Però è meglio renderlo con “Il pesce perspicace” perché è la parola sottolineata nella storia. In inglese esistono le parole che traducono “perspicace”, tipo perceptive o perspicacious, ma quando vogliono dire in senso ironico “Wow, sei così perspicace”, dicono “Wow, you’re so smart” quindi ho preferito usare quella.
A qualcuno i Klaine potrebbero sembrare OOC, ma è perché ormai avete tutti in testa quei mostri arrapati (in senso buono mostri, eh) delle serie 4 e 5, mentre io faccio capo al Baby Penguin e suo Teenage Dream delle serie 2 e 3, quando era tutto semplice. E niente, vi sto dicendo un bel po’ di roba inutile.
La storia si ambienta all’ultimo anno. Non nella terza serie perché in quel caso mi sarei presa tipo un’infinità di libertà, del tipo: Sam non se n’è mai andato andato, le Troubletones non sono mai esistite, e, soprattutto, ho totalmente cambiato le provinciali, per scaletta e partecipanti. Sono state anche abbastanza difficili da scrivere per motivi che non ho bisogno di spiegarvi, grazie al cielo. E’ questa la cosa bella del fandom: riusciamo a capire cose che non si possono spiegare ed è frustrante quando tutti gli altri non le capiscono.
Ma lasciamo i sentimentalismi dal parte e buona lettura. Tutto quello che c’è da sapere lo sapete già.


THE SMART FISH



Finn non è mai stato una persona perspicace. E’ abbastanza sicuro in realtà, che fino all’anno prima era convinto che perspicace, fosse un tipo di pesce e così pure procace e stoccafisso.
Da un po’ di tempo a quella parte, però, quella parola gli ronza in testa, come il ritornello di una canzone pop: è comparsa lì, tra il testo del duetto che lui e Puck vogliono portare per l’assegno del Glee Club e l’immaginario cassetto in cui custodisce tutte i particolari che sta notando.
“Notare” nella sua situazione è la parola chiave: da quando è cominciato il quarto anno i particolari gli risaltano davanti agli occhi, come colorati di giallo evidenziatore.
Sono gesti nascosti, parole che stonano messe in un determinato posto, in un determinato momento, tinte troppo sgargianti e l’umore di Kurt, altalenante come sempre (ha gli stessi sbalzi d’umore che aveva Quinn quando era incinta e questo lo disturba non poco) che però tende troppo spesso all’euforico e Finn giura che se continua ad essere svegliato all’una di notte da risatine imbarazzate e tutti quei sussurri, mormorii, sospiri che Kurt fa al telefono, ne parlerà con Burt o con uno psicologo, il primo che trova.
Quando però quell’idea assurda comincia a formarsi nella sua testa, decide di tenere la bocca chiusa, perché ha il tremendo presentimento che il comportamento bipolare di Kurt è oro in confronto a quel che succederebbe se decidesse di parlare con chiunque (è un bene che Rachel non sospetti nulla perché riuscirebbe a fargli sputare il rospo prima di poter dire Barbra Streisand). Forse sta davvero diventando intelligente.

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Il fatto è che tutto comincia mesi prima dell’arrivo del professor Anderson. E’ marzo, che lui ricorderà come Karofsky-è-stato-sospeso-ed-io-finalmente-posso-essere-un-buon-fratello-maggiore, e Kurt ha cominciato ad essere una ragazza. Non vuole insultare suo fratello, non ha niente a che fare con la sua virilità, ma ha cominciato a comportarsi come Quinn, prima che scoprisse di essere incinta - ovvero circa nel periodo in cui l’ha tradito con Puck e, davvero, dovrebbe smetterla di paragonare Kurt alla sua ex -: passa anche più tempo, se possibile, a guardarsi allo specchio, è sempre con la testa tra le nuvole e il suo cellulare sembra essere diventata un’appendice inscindibile della sua mano, in qualsiasi momento.
Inizialmente lo attribuisce al sollievo: Kurt è stato terrorizzato da Karofky per mesi, al punto da voler cambiare scuola, ma poi è rimasto al McKinley perché alla Malton (si chiamava così?) non conosceva nessuno, ed è quindi è normale che sia un po’ (tutto il giorno) con la testa tra le nuvole.
Le cose, però, non cambiano con l’arrivo delle vacanze estive: forse è anche un po’ colpa sua perché è tutto preso dal rinnovato amore per Rachel e quindi passano un sacco di tempo insieme, ma Kurt è sempre sfuggente, altrove. Lui e Rachel sono sul divano a pomiciare e lui arriva (da chissà dove), si fa la doccia cantando una canzone che parla di jeans stretti e ubriacarsi sulla spiaggia, e poi esce di nuovo, quasi saltellando fino alla Maserati blu che lo aspetta (Sì, perché ad andarlo a prendere tutte le sere è una cacchio di Maserati Granturismo Sport azzurra, di quelle che lui non si sogna manco a Need For Speed). Lui e i ragazzi -e Rachel perché è gelosa a tal punto da diventare morbosa ogni volta che tornano insieme - sono al bowling e Kurt ha detto a Burt che sarebbe andato a dormire da Mercedes, ma poi Mercedes arriva a braccetto con Sam e lui per il resto della serata non riesce a fare altro che pensare Che diamine sta combinando mio fratello?
Quindi comincia a guardarlo, quando c’è, e quello che prima era soltanto il pallido fantasma di una supposizione comincia a prendere forma nella sua mente, fino a diventare un’idea: Kurt ha un fidanzato (un fidanzato con una Maserati Granturismo Sport), e non sa come mai nessuno l’abbia ancora notato, dal momento che è palese.
E’ proprio Rachel a dargli la chiave dell’enigma che Kurt è diventato (forse sta giocando un po’ troppo al professor Layton in quel periodo ma ci mette così tanto tempo per risolvere alcuni casi che, nella sua testa, non conta).
Ormai si conoscono da tanto tempo e Finn e pur sempre un diciottenne con delle urgenze e non è così idiota da non approfittare del weekend sulla costa dove Burt e sua madre si trovano e la casa a sua disposizione per due intere notti (la Maserati blu, ovviamente, è arrivata quando il garage non aveva ancora finito di chiudersi e Kurt è sparito senza lasciare traccia): la prima ha organizzato una maratona di videogiochi con i ragazzi, ma ha deciso che la seconda è tutta dedicata a lui e Rachel. Ha chiamato Kurt per chiedergli come fare – suo fratello sa come far felici le ragazze così bene che se fosse etero avrebbe la scuola ai suoi piedi – ed è così che si ritrova in una camera da letto piena di candele profumate e Rachel, calda sotto di lui, tra i petali di margherita, perché è allergica alle rose. Quella con suo fratello è stata una telefonata abbastanza corta e imbarazzante sulla falsariga di “Sì, sì, candele, candele ovunque – sospiro –, cena, fiori –altro sospiro –, rose – gemito – sei uno stronzo, sto parlando a telefono con Finn – lungo respiro – ok, Finn, preparale una cena, anzi no ordinala perché non vorrei spiegare a papà dov’ero mentre davi fuoco alla cucina, e poi cospargi il letto di rose, anzi no, margherite perché Rachel è allergica alle rose. Anche a quelle gialle. - tututututu”.
In ogni caso Kurt è l’ultimo dei suoi pensieri quando Rachel sussurra “Sono pronta Finn. Facciamolo” e lui è così eccitato che quasi fa cadere una candela.
Sono nel bel mezzo della pomiciata più epica della storia, quando Rachel gli toglie la lingua da dentro la bocca e, col fiatone, sospira: - Devo chiamare i miei papà e dire che dormo da Mercedes. –
BOOM. Qualcosa scatta nella mente di Finn e O.MIO.DIO.KURTHAUNFIDANZATOESCOPAPIU’DIME.
Il pensiero si presenta nella sua testa illuminato da luce al neon e improvvisamente tutta l’atmosfera, tutta l’eccitazione, è sparita e Finn si sente improvvisamente angosciato.
Forse è perché è così abituato all’idea di Kurt da solo che il fatto che possa avere qualcuno lo sbalordisce come la notizia che il mondo sta per finire (è una cosa un po’ triste, a ben pensarci) o forse è il pensare a suo fratello, il suo piccolo, adorabile, fratellino, sopra (o sotto?) un’altra persona che lo bacia e O.MIO.DIO non riesce a formulare più un pensiero coerente.
Rachel che dice tristemente “Non rispondono. Riprovo dopo” lo risveglia dal suo turbine di pensieri, ma Finn è così sconvolto che si sente paralizzato.
Finiscono sul divano a guardare per l’ennesima volta Step up.

La scuola ricomincia e Finn non ha ancora trovato il coraggio di parlare a Kurt che intanto sembra essersi calmato un po’ e smette di sparire in continuazione, anche se continua a rimanere attaccato al cellulare per ore: non saprebbe che dirgli. “Ehi ciao, mi sa che hai un fidanzato con una Maserati. Me lo presenti?” sarebbe troppo…troppo e basta.
Poi oltre al coraggio, comincia a mancargli anche il tempo, tra gli allenamenti di football, reclutare altra gente per il Glee Club e Rachel che è insicura per quello che è successo quella notte, ma intanto parla con Mercedes di un professore di un corso sperimentale che, a sentir loro, è uscito da un film degli anni ottanta, con quei capelli scuri, gli occhi magnetici e il sorriso che fa svenire le persone.
Salta fuori che il corso sperimentale è un corso di filosofia (e che diavolo è?) e che il professore in questione è un tale Professor Anderson.
La prima volta in cui lo vede, sta litigando con Kurt. Non lui, il professore. Sono in piedi appena fuori dall’aula dove si è svolta la prima lezione e Finn sta spingendo Artie nella sala del coro. Riesce a sentire Kurt dire “Non posso iscrivermi al tuo corso, sarebbe…inappropriato” e il professore che borbotta qualcosa sul fatto che è un alunno brillante e che sarebbe un vero peccato perdere quella possibilità.
Là per là, la mente di Finn elabora solo che Kurt da del tu a un professore apparentemente sconosciuto e, forse preso dalla smania di ricominciare il Glee Club, che Anderson ha proprio una bella voce.
Solo quella sera, mentre ripensa a quello che ha sentito, mentre si chiede perché mai dovrebbe essere inappropriato per Kurt iscriversi ad un corso, lo collega al misterioso fidanzato.
Forse il professor Anderson lo conosce. Forse è un parente, un amico. Di sicuro non può essere il padre, perché è troppo giovane (quanto potrà avere, venticinque anni?) e, anche se non lo fosse, uscire con il figlio di un professore, quello sì che sarebbe fottutamente strano.
Kurt si iscrive comunque al suo corso e Finn lo segue a ruota.
Non sa se questo suo sentirsi Sherlock Holmes è dovuto al fatto che finalmente ha finito il professor Layton o se è perché trasmettono di nuovo il Detective Conan a ora di pranzo ma è deciso ad arrivare fino in fondo a quella storia.

Alcune lezioni dopo non è più convinto di voler arrivare in fondo a quella storia: filosofia è una palla e Finn non ne capisce niente, forse più di matematica. Inizialmente somigliava a geografia o a scienze, con tutto quel parlare di acqua, fuoco, apeiron (?), fiumi e moto dei pianeti. Poi è arrivato lo psicopatico dell’essere-che-è-e-non-può-non-essere e da lì è stato tutto in discesa. Ormai il solo pensare alla parola filosofia gli fa venire mal di testa.
Kurt, al contrario, sembra apprezzarla parecchio (un giorno, mentre tornano verso casa, decide di lanciarsi in un’appassionata disquisizione sul relativismo di Socrate e Finn ha voglia di andare a sbattere contro un muro solo per farlo stare zitto) e sembra apprezzare pure il professore.
Non è più tanto sicuro che conosca il fidanzato di suo fratello perché non ha mai detto cose dal senso ambiguo o accennato a qualcosa, però di sicuro conosceva Kurt da prima che cominciasse la scuola. Finn si azzarderebbe anche a dire che forse erano amici prima che lui diventasse il loro professore, perché lo guarda sempre con uno strano divertimento negli occhi, come se fosse strano trovarlo lì, seduto in quel banco, e lui sopra la cattedra – non dietro, il professor Anderson si siede sopra ed è pieno d’entusiasmo mentre spiega – e, dopo ogni lezione, Kurt rimane un paio di minuti in più in classe a chiacchierare con lui. Finn non può mai rimanere ad ascoltare quello che si dicono perché hanno filosofia prima della ricreazione e se non va a prendere Rachel davanti alla porta dell’aula di letteratura, lei penserà che lui sia con qualcun’altra e litigheranno e lui non sopporta di litigare con Rachel.
A volte però gli spessi confini che si sono posti si assottigliano un po’ sotto il peso della quotidianità: un giorno li trova a chiacchierare sottovoce in caffetteria, un altro Kurt fa dei biscotti e due giorni dopo il professore ne sgranocchia uno mentre loro fanno un test, e, in breve tempo, Kurt si guadagna l’appellativo di “cocco del professor Anderson” e una nuova sfilza di aguzzini e insulti che lui non degna nemmeno di uno sguardo.
E poi nel muro che delimita il loro rapporto compare una crepa.

1
E’ poco prima della seconda verifica che OcchiMagneticiCuloInvidiabile, come l’ha soprannominato Santana, fa un passo falso. E non solo per quanto riguarda Kurt, si gioca anche la sua reputazione di professore preferito di metà scuola: decide di fare delle domande orali per “fissare bene i concetti prima del compito” e, quando lo dice, i suoi studenti lo guardano come se fosse posseduto. Le palline di carta sono già pronte tra le mani della classe mentre lui aggiunge “Non preoccupatevi, non metterò voti. E’ seriamente solo di ripetizione, non sono mica un idiota” e Finn potrebbe baciargli i piedi per la gratitudine.
Il giorno tanto temuto arriva e, ovviamente, metà classe è assente (Finn ha provato a fingersi malato e sua madre gli ha detto “Non hai più sei anni, tesoro, fai l’uomo e prenditi le tue responsabilità”) e quelli che ci sono, devono star facendo “gli uomini” come lui perché si guardano con aria sconsolata ed empatica. La maggior parte di loro ha preso il corso solo per riempire l’orario; l’altra per il culo invidiabile del professor Anderson, suppone Finn.
E’ certo che la risposta alla domanda che il professore gli fa non sia sbagliata, forse non attinente, ma sbagliata mai.
Gli chiede “Che cosa pensi se dico ‘meccanicismo’?” ed è una domanda a cui non esistono risposte sbagliate perché non può sbagliarsi su quello che succede nella sua testa – e in ogni caso, l’insegnante non potrebbe saperlo-. Quindi dice semplicemente “Al garage di Burt” e il professore scoppia a ridere, quasi istericamente, dice che non ce la fa (ma a fare cosa poi?) e si gira verso Kurt dicendo “Ti prego, raccontalo a tuo padre” e Kurt sorride e annuisce (che razza di stronzo, non doveva essere suo fratello?), mentre l’altro continua con le domande.
Dopo tre risposte corrette, parecchi silenzi imbarazzanti e alcune persone che “sono così fuori strada che potrebbe essere una risposta di trigonometria” rimane solo Kurt.
Finn si chiede se sia una specie di premio di consolazione, lasciare l’alunno migliore per ultimo, o se lo sta facendo per altri motivi che gli sfuggono.
Il professore guarda il suo preferito con aria quasi canzonatoria e poi chiede “Cos’hanno in comune l’amore platonico e l’amicizia aristotelica?” e qualcuno, dal fondo della classe fa “Eh?” facendo scoppiare tutti a ridere. Tutti tranne Kurt, che ci pensa un po’ e dice “Sono entrambe necessità: l’amore è necessità in quanto porta alla conoscenza del mondo delle idee, è elevazione spirituale; l’amicizia invece è necessaria perché l’uomo è un animale politico. – suo fratello parla timoroso, come se stesse camminando su un filo, ma il professor Anderson non sembra nemmeno sentirlo (e allora perché diamine gliel’ha fatta quella domanda?) e, con un ghigno malcelato, dice: - E tu, per la tua esperienza, cosa ne pensi? – Kurt arrossisce furiosamente e abbassa lo sguardo, mormorando qualcosa che potrebbe essere tanto un insulto quanto una preghiera. Un mormorio si diffonde per tutta la classe e il primo pensiero di Finn è che, se potesse, picchierebbe Anderson, perché dovrebbe difendere suo fratello, invece di prenderlo in giro come tutti gli altri. Poi, qualcosa si collega nel suo cervello e deve trattenerlo un “A-HA!” di soddisfazione.
Per la tua esperienza. Quindi Kurt haesperienza, e il professore lo sa, e lui è un cacchio di genio perché aveva ragione sin dall’inizio. Mondo crudele che non gli permette di salire sul banco e urlarlo al mondo.
- Credo che la vita sia insopportabile se non hai qualcuno con cui condividerla. – Finn è così impegnato a farsi i complimenti che quasi si perde ciò che Kurt sussurra, sempre tenendo lo sguardo basso. Non si perde, però, l’espressione del professor Anderson, che lo fissa un po’ preoccupato e con gli occhi piedi di qualcosa che Finn non riesce a capire.
Se non fosse un professore, direbbe quasi che è tenerezza.

2
- Mio fratello è a casa per il Ringraziamento e io sto impazzendo. – sbotta il professor Anderson mettendosi le mani tra i capelli scuri. Sono seduti al Lima Bean e per Finn è fottutamente strano perché, a parte il signor Schuester, per lui i professori sono entità che esistono soltanto all’interno di quella siepe che delimita la scuola e, una volta fuori, svaniscono come il ghiaccio nell’acqua bollente.
Comunque lui è abbastanza distratto mentre il professor Anderson offre metà del suo cupidolcetto a Kurt: la sua mente urla CambioDiProgrammaCambioDiProgrammaOccasionePersa, da almeno cinque minuti, ovvero da quando è entrato nella caffetteria.
Non è che quando Kurt gli ha detto che andava da Mercedes, lui abbia deciso di seguirlo, non lo stava pedinando per niente, si è semplicemente trovato per caso ad uscire e per caso a dover fare la stessa strada di Kurt. E poi sempre per caso si è fermato al Lima Bean, dove ha visto parcheggiata la macchina di suo fratello, e ha deciso di entrare, convinto di trovare l’agognato oggetto delle sue ricerche (non sa quando ha cominciato a trattare il fidanzato di Kurt come un progetto di scienze, probabilmente intorno al momento in cui ha denominato le sue indagini “Operazione: Maserati in love”).
Quindi, ovviamente, ci è rimasto malissimo quando ha capito che Kurt si era solo fermato per una pausa, dal momento che l’ha trovato in piedi, probabilmente sul punto di andarsene, a parlare con il professor Anderson.
E’ rimasto un po’ imbambolato a guardarli, fino a quando il professor Anderson non l’ha visto e ha esclamato “Finn, vieni a sederti con noi. Siediti anche tu, Kurt.” e Kurt l’ha fulminato con un’occhiataccia che lui ha interpretato come “Che diamine ci fai qui?”.
È sicuro che più tardi Kurt lo ucciderà per avergli fatto perdere tempo con quell’incontro.
Sembra davvero che il loro rapporto sia uno di quelli stabili e consunti: l’insegnante è la personificazione della disperazione e Kurt ride delle sue disgrazie, un po’ come Quinn quando lui provava a ballare mentre stavano insieme (Rachel non ride, lei comincia ad urlare e minaccia che non lo lascerà accompagnarla ai Tony se non fa un walzer come si deve).
A Finn però poco interessa il rapporto tra Kurt e il loro professore di filosofia: ciò che gli interessa è in quale punto del filo che li collega si inserisce il tipo con la Maserati.
- E tu che ne pensi Finn? – gli chiede il professore e lui è preso dal panico, perché quella domanda significa che il professor Anderson si è accorto che lui era distratto e lo manderà dal preside e…oh.
Improvvisamente si ricorda che non sono a scuola e chiede: - Cosa penso di cosa? –
- Dell’avere un fratello. Un fratello insopportabile che ha da ridire su ogni cosa che fai e che ha l’aria di quello che è migliore di te in qualsiasi cosa. –
- Io sono più bravo a football di Kurt. – dice soltanto facendo spallucce e gli arriva un calcio da sotto al tavolo, mentre l’insegnante scoppia in una risata sonora.
- Stavo parlando di mio fratello. Ma mi fa piacere sapere che c’è qualcuno con cui posso condividere le mie sofferenze. – e poi lui e Kurt si immergono in una fitta conversazione sul tipo del cannocchiale (ma non erano fuori scuola?) e lui comincia a messaggiare con Sam e si accordano sull’organizzare una maratona di Mortal Kombat VS DC Comics il giorno dopo.
Quarantacinque minuti e settantacinque messaggi – di cui ventitre sulle persone da chiamare, diciassette sul cibo e i restanti sui progressi fatti a Dead Souls – dopo, il professor Anderson guarda l’orologio appeso sopra la porta ed esclama: - Oh merda, l’autobus per Westerville parte adesso. – scatta in piedi e si infila velocemente il cappotto.
- Vuole un passaggio? – anche Kurt si alza e lo guarda speranzoso, ma l’insegnante gli lancia un’occhiataccia e replica: - E portarti così nella stessa contea di mio fratello? No, grazie. Al massimo vado a piedi. –
Probabilmente si sono dimenticati di lui, perché quando si alza, entrambi sobbalzano interrompendo quello che era un intenso scambio di sguardi.
- A lunedì, quindi. – dice e tende la mano all’insegnante, che la accetta imbarazzato.
Tutti e tre escono dal caffè e il professore corre via borbottando qualcosa sul ritardo dei mezzi pubblici.
- A domani. – urla Kurt e Finn lo guarda stranito. Perché il giorno dopo è sabato. E non c’è alcun motivo per cui debbano vedersi.

Kurt deve proprio essersi confuso perché, a quanto pare, il giorno dopo hanno un impegno di famiglia. Se si può considerare “impegno di famiglia” un’occasione a cui tutti sono invitati, ma che lui scopre quasi per caso, e non ci può nemmeno andare.
Il fidanzato di suo fratello è lontano anni luce dalla sua testa, mentre imbocca la strada per casa di Puck – è lì che hanno organizzato il torneo di Mortal Kombat – ma poi realizza di aver dimenticato il controller ed è abbastanza sicuro di non voler passare la serata a elemosinare il joystick di Sam, sperando nella sua bontà.
Quindi fa inversione ad U e scopre che nei dieci minuti che ha lui ha impiegato per andare e tornare casa Hummel-Hudson è diventata un delirio: phon che partono e si spengono, Kurt che urla contro Burt perché “Non avrai davvero intenzione di mettere questa cravatta!” e la pila di vestiti sul letto – quelli che sua madre ha provato, quindi – ha già raggiunto il livello ci-potrebbe-essere-un-cadavere-nascosto-lì-sotto. Somiglia un po’ al caos che c’è quando devono andare da qualche parte di importante, tipo dai nonni o ad un matrimonio.
Poi Kurt (è ancora in tenuta da casa, il che fa pensare a Finn che forse i suoi genitori stanno andando ad una di quelle cene molto noiose per adulti a cui sono ammessi solo i bambini dagli otto anni in giù) si gira per gettare la cravatta che lui ha scelto sul letto in un gesto irritato, ma lo vede, e la sua mano rimane a mezz’aria, e lui emette un suono strozzato.
Il tempo sembra fermarsi e tutti lo guardano, come se lui fosse fuori luogo.
Nella sua testa si susseguono domande nel tentativo di dare senso alla situazione: stavano organizzando una congiura contro di lui? Lo fanno spesso? Sono in missione per la CIA è lui è finito da piccolo nel Programma Protezione Testimoni?
Ma l’unica cosa che dice è: - Dove andate? – e sembra essere la domanda giusta perché sua madre gli sorride e torna a torturare il suo armadio.
- Andiamo a Westerville a conoscere la famiglia di una persona molto importante per tuo fratello. – dice Burt afferrando la cravatta dalle mani di Kurt, mentre quello lo guarda con gratitudine non sa se per la cravatta o per quello che ha detto.
- Ufficialmente. – si affretta ad aggiungere e un rossore gli invade le guance, come ogni volta che sussurra al telefono in piena notte (Finn lo sa perché una volta è andato in bagno e l’ha trovato seduto sul water chiuso con una espressione da pesce lesso).
- Oh. – inarca un sopracciglio e fissa suo fratello intensamente. Invitamiavenireinvitamiavenire, prova a trasmettergli telepaticamente, ma il messaggio deve alterarsi per strada, perché quello che Kurt dice invece è: - Ora è tardi e non puoi venire. Va da Sam, Rachel o dovunque stessi andando prima. - e poi lo scavalca borbottando un “Vado a prepararmi”.
E Finn è confuso e anche un po’ ferito, perché sperava che lui e Kurt potessero essere fratelli, ma l’altro continua a tagliarlo fuori dalla sua vita.
Sente la mano di Burt poggiarsi sulla sua spalla e voltandosi trova la sua espressione comprensiva:
- E’ un bravo ragazzo. – dice. Finn non sa a chi si stia riferendo.

Mentre lo Scorpion di Artie batte clamorosamente il suo Batman, realizza che Westerville è lo stesso posto dove vive il professor Anderson. Forse è per questo che conosce il fidanzato di Kurt, li avrà visti qualche volta lì.
Si sorprende ad essere geloso di quel semisconosciuto che vede poche ore alla settimana, perché, a quanto pare, conosce Kurt meglio di lui, e Kurt si fida abbastanza da lasciare che lo sappia.
Si sente un po’ un fallimento come fratello, a dire il vero.

3
C’è una Maserati Granturismo azzurra nel parcheggio della scuola.
Finn la vede parcheggiare mentre prova ad aprire quello stupido ombrello che ha trovato nel portabagagli e sente che è quella del fidanzato di Kurt e improvvisamente tutto quello che ha intorno sparisce.
Piove a dirotto e suo fratello è a casa con l’influenza, quindi con lui c’è solo Puck, che si era fermato a dormire da loro quella notte e che lancia bestemmie varie e gli urla di muoversi ad aprire quel cazzo di coso, ma tutti i sensi di Finn sono proiettati verso la macchia azzurra che intanto ha parcheggiato in uno dei posti riservati al personale.
La portiera si apre. Il professor Anderson scende e Finn si dimentica di aprire l’ombrello.

4
Quando aveva otto anni ha scoperto che Babbo Natale non esiste. E’ probabilmente l’ultimo argomento su cui si è impuntato davvero – prima del fidanzato di Kurt, certo – perché a scuola la bambina che gli piaceva continuava a prenderlo in giro perché ci credeva ancora, ma sua mamma continuava a sostenere che l’inquietante signore con la barba che si cala dal camino esisteva davvero, e otto anni sono ancora quel periodo in cui se mamma ti dicesse che il cielo è verde a pois, tu ci crederesti perché l’ha detto lei.
Così, scendendo le scale di soppiatto, la notte di Natale non ha trovato alcun uomo vestito di rosso e con un sacco sulle spalle; solo una fragile donna, avvolta in una vestaglia invernale azzurra che posizionava un grosso pacco sotto l’albero provando a fare il minor rumore possibile.
E Finn se la ricorda benissimo la sensazione che ha provato in quel momento, quando ha scoperto l’unica verità che conta, che forse è meglio non saperle certe cose. Perché quando hai otto anni, e sei cresciuto senza padre e tua madre è la tua ancora e la tua roccia, hai bisogno di credere che esista qualcosa di buono, al di fuori del vostro piccolo mondo. E lei ha bisogno che tu ci creda, perché è una speranza che alleggerisce un po’ il peso che porta sulle spalle.
Si ricorda fin troppo bene anche lo sguardo di sua madre quando si è voltata (probabilmente non è stato silenzioso come credeva): infranto e colpevole, come se stesse facendo qualcosa di male.
Aveva pianto. Si erano stretti forte mentre lei si sfogava (era stata una delle poche volte in cui aveva visto piangere sua madre) e chiedeva scusa, ma Finn non capiva perché si stesse scusando e si sentiva così inutile perché non riusciva a farla smettere di piangere.
E’ un po’ anche per questo che non vuole parlare con Kurt.

Diamine, non è che non vuole parlare con Kurt, è solo che non ci riesce proprio, non riesce nemmeno a guardarlo in faccia, il che è ridicolo dal momento che non è lui quello che ha una relazione illegale con un professore – ogni volta che ci ripensa è come rivedere il professor Anderson scendere dalla macchina -, ma si sente ugualmente male, come in quella notte di Natale di tanti anni prima.
Il fatto è che Kurt sembra così felice quando la Maserati azzurra parcheggia fuori casa, e sembra così felice mentre “va a dormire da Mercedes”, che Finn non ce la fa proprio ad affrontarlo.
La parte perspicace della sua testa, che comincia sempre di più a farsi sentire, gli dice che, qualora ne parlassero, non potrebbe che finire male. E’ terrorizzato dal fatto che Kurt potrebbe piangere e beh, le persone che piangono per colpa sua, lo fanno sentire uno schifo.
Quindi cerca di essere un buon fratello e aspetta che sia Kurt a venire da lui. Stavolta fa finta di continuare a credere a Babbo Natale.

Evitarlo è così schifosamente facile che è quasi doloroso, perché lo costringe ad accorgersi che sono molto meno vicini di quanto lui pensasse.
Lui è sempre il quarterback, il capitano del Glee Club e il fidanzato di Rachel e con le provinciali e il torneo di football alle porte le sue giornate tornano a scandirsi in: lezioni - prove per la ballata da cantare alle gare - pomiciata con Rachel – allenamenti - serata tra ragazzi o (e qui la novità) sesso con Rachel, perché lui e la sua ragazza hanno finalmente fatto il grande passo e wow, è stato così diverso dalla sua prima volta con Santana, così pieno di emozioni e sentimenti, che è stato come innamorarsi tutto da capo, e per un po’ riesce a pensare solo a quello.
Kurt, d’altro canto, è così preso con la sua vita, che non si è accorto nemmeno per un attimo del cambiamento e Finn, quando si incontrano nel bagno o in corridoio – sono gli unici posti dove lo vede ormai, perché lui è sempre altrove – vorrebbe prendergli le spalle e scuoterlo urlando “Fa’ che ti importi, ti prego, importatene”. Ma non lo fa. Quindi non succede nulla. E Finn continua ad aspettarlo.

Le provinciali arrivano con la stessa delicatezza di un acquazzone estivo e, improvvisamente, l’auditorium della loro scuola è invaso da blazer blu – sono gli studenti della Dalton, quella scuola in cui Kurt avrebbe dovuto trasferirsi – e dagli smoking e i vestiti rossi degli Unitards.
Rachel e Kurt sembravano terrorizzati da una certa bambina degli omogeneizzati che Finn intuisce essere la cantante, ma poi sbuca da dietro le quinte il professor Anderson che, manco a dirlo, si siede vicino al suo pupillo, mentre gli Usignoli – si chiama così il Glee Club della Dalton – cominciano a cantare e Kurt ha di nuovo lo sguardo perso.
Il loro leader è un damerino dell’ultimo anno che fa sentire Finn un idiota, perché continua ad ammiccare nella direzione di Kurt e l’insegnante – a meno che non stia strizzando l'occhio a Rachel, ma la canzone che sta cantando è abbastanza gay -, e il ragazzo si chiede se è così ovvio che quei due stiano insieme o se è una cosa che rientra nelle abilità speciali degli omosessuali.
In ogni caso, l’unico commento che il professore fa, quando i fringuelli finiscono di cantare, è: - Mah, era meglio quando ero io il solista. - al che sia lui che Kurt lo guardano incuriositi, ma non possono chiedere altro, perché è il loro turno di esibirsi.
E’ bellissimo: Rachel ha un sorriso dolceamaro mentre cantano I just can’t stop loving you perché è il loro ultimo anno e sono le loro ultime provinciali e ogni giorno ha un po’ di più il retrogusto di un addio che Finn sa che non dimenticherà mai.
E non dimenticherà nemmeno la sensazione di casa e lo sguardo pieno di emozione del signor Schuester, l’uomo che gli ha insegnato come essere un uomo, mentre cantano We are young. Dio, vorrei che questo momento durasse per sempre.

Vincono e quando annunciano il loro primo posto a Finn scoppia il cuore nel petto. Per un attimo, mentre si rimettono i loro vestiti per andare a festeggiare, sente Kurt litigare con il solista degli Usignoli e il professor Anderson che canzona “Qualcuno è gelooooosoooo” con voce infantile, ma è un particolare che lascia il tempo che trova, sia per lui che per Kurt, che per il resto della serata è presente, anima e corpo, in quel gruppo, nato un po’ per caso, che ha reso tutti speciali. Siamo tutti stati educati da diversi genitori. Ma siamo cresciuti insieme, nel Glee Club. E’ parte di tutti noi.

5
La situazione crolla così inaspettatamente che Finn quasi non se ne accorge.
Il problema è che è l’ultimo San Valentino del liceo e sta andando tutto alla perfezione: lui e Rachel hanno appena finito un romanticissimo pic-nic nell’auditorium, dove si sono dati il primo bacio, e lui è abbastanza fiero del fatto che lei si è commossa per la sua sorpresa e ha detto che è l’amore della sua vita. Lui le crede perché con lei ha sempre la sensazione che, non importa che cosa succede, se il destino o il college decideranno di separarli, alla fine riusciranno a ritrovarsi perché sono anime gemelle.
Glielo dice e lei piange ancora di più e dice di voler fare l’amore con lui. Solo che è l’auditorium ed entrambi convengono che non è igienico e temono di rimanere chiusi dentro la scuola, e per fortuna casa sua è libera perché Burt e Carole torneranno solo l’indomani mattina e Kurt ha detto soltanto che sarebbe rimasto fuori tutta la sera – e menomale perché sarebbe stato strano se avesse detto che andava da Mercedes e Sam -, quindi lei gli dà un bacio dolcissimo sulle labbra e dice che andrà ad aspettarlo in macchina mentre lui mette in ordine.
Non fa nemmeno in tempo a chiedersi perché è lui che deve rimettere a posto, che rumore sordo in corridoio allerta tutti i suoi sensi.
Ma nessuno degli scenari apocalittici che si profilano nella sua mente (un’astronave aliena è atterrata nel McKinley e ha rapito Rachel, Rachel è scivolata su un pavimento imburrato e si è fratturata il talento, Rachel è rimasta incinta di Puck e le si sono rotte le acque) vanno minimamente a quello che vede: il tonfo non proveniva dalla sua ragazza – lei non è nemmeno nelle vicinanze - ma da Kurt.
Kurt che, per un qualche motivo a lui sconosciuto, è in una scuola deserta, il giorno di San Valentino. Kurt che è premuto contro un armadietto e guarda con rabbia Karofsky che gli tiene bloccati i polsi.
- Lasciami. – sibilla, ma la sua voce trema e Karofsky continua a guardarlo con espressione famelica. – Non ti voglio. – prosegue e la sua voce continua a perdere sicurezza – Per tutti questi anni hai reso la mia vita un inferno. Perché dovrei volere qualcuno come te? – e a quel punto Karofsky ringhia e fa per chinarsi su Kurt e per Finn è come risvegliarsi da un sogno e vuole reagire. Apre la bocca per urlare, ma non lo fa, perché qualcosa scaraventa Karofsky sull’altra parete.
Kurt si accascia per terra tremando e Finn corre verso di lui, mentre il qualcosa – qualcuno, capisce adesso – tiene l’aggressore bloccato.
- Giuro su Dio – minaccia il professor Anderson e la sua voce è profonda come un tuono: - Giuro su Dio, Karofsky, che se lo tocchi un’altra volta, farò in modo che non vedrai mai più la luce del sole per il resto della tua miserabile vita. – toglie il braccio che fino a quel momento gli aveva tenuto premuto sulla gola e Karofsky corre via massaggiandosi il collo.
E Finn non ha parole, non sa che dire perché non capisce più niente. Suo fratello è accanto a lui e fa respiri profondi nel tentativo di smettere di tremare, l’insegnante lo guarda e non c’è affetto nel suo sguardo, sembra solo incazzato nero e lui se ne sta lì sperando che il pavimento lo inghiotta.
E’ Kurt il primo a rompere il silenzio: - Andatevene. – dice. Il suo tono è affannato ma convinto e sia lui che il professore stanno per replicare, ma suo fratello ripete: - Andatevene. Non ho bisogno di nessuno di voi due adesso. – fa un profondo respiro: - Ho solo bisogno di… - la sua voce si spezza e lui comincia a piangere, ma quando Finn fa per mettergli una mano sulla spalla, lui singhiozza “Va via, va via”.
Quindi Finn se ne va. La cosa peggiore è che sente di non avere il diritto di rimanere.

Kurt torna solo all’alba del mattino successivo. Non per modo di dire, torna alle cinque e trentacinque di mattina mentre Finn sta sul divano a fissare il vuoto, dopo una notte tremenda passata a litigare con Rachel. Lui non aveva più voglia di fare nulla la sera prima e lei prima ha cominciato a chiedere se non era abbastanza attraente, e poi ha l’ha accusato di tradirla. Si sono urlati addosso per un paio di ore e poi lei se n’è andata sbattendo la porta. Forse si sono lasciati, Finn non è sicuro.
Comunque, quando vede Kurt aprire la porta, provando a non fare rumore, Rachel passa momentaneamente in secondo piano e l’unica cosa che lo preoccupa è che Kurt stia meglio, perché l’ha visto andare in pezzi il giorno prima e si è sentito una nullità.
E Kurt, effettivamente, sta meglio del giorno prima. Cioè, in realtà sta uno schifo: indossa una felpa blu della Dalton stropicciata che gli va larga e un pantalone rosso-scambiato-in-lavatrice-arancione troppo corto per essere il suo; i capelli sono incasinatissimi e ha gli occhi lucidi e le labbra gonfie e arrossate. Però Finn lo vede e sa che sta meglio.
Anche Kurt lo vede e lo fissa con la bocca ridotta ad una linea sottile, per la sorpresa.
Finn vorrebbe abbracciarlo, ma non ci riesce. Perché Kurt non si fida di lui e fino a quando non si fiderà di lui non potranno essere fratelli che è la cosa che Finn vuole di più al mondo, in quel momento ex aequo con “Fare pace con Rachel”, certo.
Nelle ore in cui è stato solo, sul divano, ad aspettare, ci ha pensato tantissimo: forse è proprio questo misterioso ragazzo, quello di cui Kurt non gli vuole parlare, il professor Anderson, che si frappone fra lui e la fiducia di Kurt. Fino a quando Finn non appoggerà la sua relazione, Kurt non si fiderà di lui. Quindi decide di parlare, perché se c’è una cosa che ha imparato dalle sue passate storie è che, se vuole che qualcosa accada, è lui che deve fare la prima mossa.
- Come sta il tuo ragazzo? – chiede, e lo guarda dritto negli occhi. Kurt nemmeno arrossisce, ma la sua espressione dura si frantuma e lui espira profondamente e Finn ha paura che si metta a piangere di nuovo.
- Chi… chi te l’ha detto? – mormora invece e sembra frastornato, tanto che si appoggia alla balaustra delle scale, come se gli stesse girando la testa.
Finn non stacca per un attimo lo sguardo, perché aspetta questa discussione da mesi ormai.
- Ero preoccupato per te perché eri strano. – ammette: - E quindi ho cominciato a guardarti e ho notato alcune cose e ho intuito che avevi un fidanzato. – Rimarca i verbi e aggiungerebbe anche di essere stato perspicace, ma non è davvero quello il punto. Non sa che cosa si aspetta che Kurt risponda. Vuole solo dimostrare di essere un fratello adeguato, un fratello a cui importa.
Le sopracciglia di Kurt si inarcano così tanto che si confondono con le ciocche castane che ricadono scompostamente sulla fronte.
- Oh. – dice lui ed è un tono che non promette nulla di buono – Mi stai dicendo che eri tanto preoccupato da notare abbastanza per intuire che ho un fidanzato ma non abbastanza da intuire che Karofsky mi tormenta dall’inizio dell’anno? –

Oh. Pensa anche Finn. E improvvisamente ha la gola secca e tutta la sua spavalderia è stata tritata e pestata dalle parole dell’altro.
Kurt continua a guardarlo, gli occhi pieni di delusione, ed è la cosa peggiore, che Kurt non è arrabbiato è soltanto deluso che lui non riesce nemmeno ad essere un buon amico, figurarsi un fratello.
- Beh. – dice l’altro dopo un minuto buono che si fissano: - Vaffanculo, allora. –
Sale le scale a due a due e sbatte la porta della sua camera.
Finn non si è mai sentito peggio.

+ 0.5
Sono passate ormai due settimane da quell’alba-che-somigliava-troppo-al-tramonta-di-qualcosa e la parola perspicace non gli è venuta in testa nemmeno una volta. E’ difficile pensare di esserlo mentre Rachel gli dedica Torn e si rifiuta di parlargli (i ragazzi del Glee Club non prendono più sul serio le loro rotture e sono degli stronzi, perché il fatto che lui e Rachel litighino ogni fine bimestre non significa che faccia meno male); è difficile pensarlo quando Burt lo scruta dall’alto in basso, perché conosce troppo bene Kurt per non capire che c’è qualcosa che non va e l’aria che tira in casa è troppo soffocante per non capire che Finn c’entra qualcosa.
Soprattutto, è difficile pensare di essere anche solo minimamente acuto quando suo fratello è eoni distante da lui, anche se abitano nella stessa casa.
Gli sembra di essere tornato al terzo anno, quando Burt e sua mamma uscivano insieme e lui non ne combinava una giusta per non rovinarsi la reputazione. Le uniche differenze sono che stavolta Sam non ha un occhio nero e che ora è anche peggio, perché almeno, allora, non erano ancora fratelli e lui non aveva ancora fatto e infranto la promessa di proteggerlo dai bulli.
Vorrebbe che Kurt lo odiasse, che gli urlasse addosso che è una persona orribile e che non fa altro che sbagliare, ma il problema è che non fa niente di tutto ciò. Si comporta in modo assolutamente cordiale e freddo, come se lui fosse un estraneo e si trovassero ad abitare insieme per caso e, principalmente, come se non gli importasse nulla di lui. Ogni volta che gli dice “buongiorno” o “Per favore, non lasciare i vestiti sul pavimento del bagno, grazie” per Finn è una stilettata al cuore.

Secondo Brittany, il 29 febbraio arriva ogni quattro anni perché per il tempo restante vive con i marziani in Irlanda, dove si allena per diventare un intero mese. Per questo è un giorno magico in cui tutto può succedere e, per questo, la trovano vestita da gatto mentre prova a parlare “gattinese” con Lord Tubbington, il suo ciccione animale domestico.
Finn è seduto a mensa con gli altri Titans e stanno parlando di qualcosa che a lui non interessa, continua a mangiare svogliatamente le sue patatine e a lanciare occhiate distratte verso il tavolo del Glee, dove di solito mangiano Rachel e Kurt. Rachel, più che altro, perché Kurt non ha mai amato la mensa e Finn non ha la più pallida idea di cosa faccia durante la ricreazione la maggior parte dei giorni (e questo non fa altro che ricordargli che è stupido, perché a volte anche Karofky si allontana e lui non ha mai collegato le due cose); quel giorno però entrambi i loro posti sono vuoti e Mercedes continua a fissarlo con quello sguardo che riserva solo a chi le ruba le crocchette da dentro al piatto, quindi è probabilmente colpa sua.
Poi Rachel entra nella mensa e lo cerca con lo sguardo ed è una sensazione bellissima, perché Finn sa che sta cercando proprio lui, perché ha quel sorriso che riserva solo a lui, quello con gli occhi pieni di luce, gli angoli della bocca all’insù e i denti appoggiati dietro il labbro inferiore. Finn scatta in piedi e sa che andrà tutto bene.

- Kurt mi ha detto tutto. – esordisce lei, appoggiandosi contro l’armadietto con le braccia incrociate. Finn si chiude la porta della mensa alle spalle e la guarda interrogativo: - Tutto cosa? –
- Mi ha chiesto perché stavamo litigando e io gli ho raccontato di San Valentino e lui mi ha detto che forse l’hai fatto perché eri geloso del suo fidanzato. –
- Io non sono geloso del fidanzato di Kurt. - ribatte Finn che non ci sta capendo più nulla: - Ero preoccupato perché… - le parole “Karofsky continua a torturare mio fratello” gli muoiono in gola. Non vuole dirlo a Rachel per non farla preoccupare (Nella sua testa una vocina gli sussurra che in realtà non vuole parlarne perché ha paura che lei lo sappia già e questo non farebbe altro che farlo sentire peggio).
- Guarda che è un bravissimo ragazzo e lui e Kurt si amano come due ossessi. E poi da quando ti importa della sua vita sociale? – fa Rachel e Finn vorrebbe ridere, perché non solo Rachel ha la capacità di dire la cosa peggiore che avrebbe potuto dire:
a) Potrà pure essere un santo, ma è un professore e ha una relazione illegale con uno studente.
b) – Vedi, è esattamente questo il problema. – sbotta gesticolando: - A me importa perché lui è mio fratello, ma non so come dimostrarglielo, dal momento che lui non mi dice niente. Non me l’ha nemmeno presentato il suo ragazzo. Diamine, non mi ha nemmeno detto che ha un ragazzo. – il suo tono di voce è troppo alto e alcune matricole che passano di lì lo guardano spaventate.
- Magari è perché quando si sono messi insieme tu eri troppo impegnato a correre dietro a Quinn! – anche Rachel sta urlando, e Finn sospira e si mette le mani nei capelli:
- Gesù, non ci credo che stiamo di nuovo parlando di questo, Rach! Sto con te e voglio soltanto te, adesso. Cosa c’è che non ti è chiaro? –
Lei si rilassa improvvisamente e alza le mani in segno di resa: - Okay. – inspira profondamente e chiude gli occhi, come fa ogni volta che cerca di mantenere la calma.
- Ti credo. – mormora e gli allaccia le braccia dietro al collo. Si baciano per un po’ e Finn non si ricorda più di che cosa stavano parlando, perché Rachel gli è mancata tipo da morire.
- Forse dovresti semplicemente fare come hai fatto con me. Con Kurt, intendo. – dice, mentre si staccano e l’altro ci mette un po’ a capire cosa intende e poi la guarda un po’ disgustato, perché vuole un bene dell’anima a Kurt, ma non ha alcuna intenzione di baciarlo.
- Forse non devi dimostrarglielo che ti importa di lui. Devi solo dirglielo. – fa spallucce e Finn la bacia di nuovo.
Il 29 febbraio è davvero un po’ magico.

+1
Finn non è mai stato una persona perspicace. E’ abbastanza sicuro in realtà, che fino all’anno prima era convinto che perspicace, fosse un tipo di pesce e così pure procace e stoccafisso.
Da un mese esatto a questa parte, però, non solo non si sente perspicace, si sente proprio un totale idiota. E’ anche abbastanza certo che se la sua parte perspicace vedesse le idee che ha avuto per le scorse due settimane lo picchierebbe a sangue. Anche Kurt avrebbe la stessa reazione, comunque. La prima idea del cazzo è partita con uno stupido articolo su Cosmopolitan, che sua madre tiene in bagno, e che esaltava “il linguaggio segreto dei fiori” e, a pag 37 troneggiava, a caratteri cubitali fucsia la scritta “Giacinti porpora: ho sbagliato, perdonami” e, seriamente, dovrebbe smetterla di pensare di trovare messaggi divini sui toast al formaggio e sulle pagine dei giornali di gossip. Perché ovviamente, ovviamente, Kurt è allergico ai giacinti, e ovviamente, ovviamente, quando Finn è entrato in casa con i fiori, lui ha cominciato a starnutire e a gonfiarsi come un pesce palla.
Risultato: una notte al pronto soccorso e Burt Hummel che impreca sottovoce “Sei sicura, tesoro, che tuo figlio non abbia una sorta di deficit mentale o qualcosa del genere?”.
C’è stata, in seguito, la storia del latte, ma lì davvero non era colpa sua: lui ha solo preparato un bicchiere di latte caldo e l’ha portato sul comodino di suo fratello. Non c’entra niente con il fatto che quello non l’ha visto e, nell’andare a letto, l’ha versato sul suo preziosissimo e amatissimo giacchetto della nuova collezione di Vivienne Westwood, rovinandolo irrimediabilmente.

Ok, a dire il vero non era rovinato irrimediabilmente sin da subito. Però Finn stava provando ad essere un buon fratello quindi l’ha preso dalla cesta dei panni sporchi e ha provato a lavarlo a mano con il suo bagnoschiuma ma il capo doveva essere difettoso o qualcosa del genere, perché proprio mentre strofinava sulla macchia, quello ha cominciato a sfilacciarsi, come fosse fatto di carta.
E se Kurt non si era incazzato tanto per l’idea del latte, ha fatto tutt’altro per la seconda e quindi Rachel lo manderà in bianco per il prossimo mese, per una serie di collegamenti e congiunzioni astrali che la sua parte perspicace si è rifiutata di spiegargli.
E la storia delle scelte già-sbagliate-in-partenza-ma-che-finiscono-pure-peggio sarebbe finita qui se non avesse partorito la regina delle idee del cazzo, quando ha deciso di nuovo di seguire Kurt che aveva detto che andava da Mercedes, perché era convinto che suo fratello l’avrebbe ascoltato in presenza del suo fidanzato, per non fare la figura dell’insensibile. Solo che poi ha scoperto che Kurt stava seriamente andando dalla sua amica è che lì c’era anche Rachel, che l’ha visto e ha cominciato ad urlargli addosso che la sua gelosia aveva sorpassato ogni limite, che non poteva pedinarla in questo modo perché lei era una donna libera e indipendente e blablabala, che palle, Rachel, non stavo manco seguendo te.
Però deve ricredersi sulla gerarchia delle idee del cazzo quando, a esattamente un mese dalla mattina dopo San Valentino, si sveglia con in testa quella che probabilmente è l’imperatrice delle idee del cazzo, che fa impallidire quelle precedenti e manda dalla neuro il poco che rimaneva della sua parte perspicace.
Il fatto è che Finn lo sa che seguire il professor Anderson e chiedergli di intercedere per lui è una grandissima stronzata, però decide di farlo comunque, spinto dalla disperazione e anche un po’ dall’astinenza dal sesso.
E’ sabato, quindi non sa nemmeno dove trovarlo, però è convinto che la sua buona stella –come faccia ancora a credere di avere una buona stella, a questo punto, rimane un mistero – stia guidando il suo cammino, quindi imbocca la strada per Westerville senza pensarci due volte.
La cittadina sembra il quartiere residenziale dell’Ohio: una successione di chiese, ville ed edifici pubblici intervallati soltanto da qualche negozio e caffetteria dall’aria antica e solenne. Finn è convinto che alcuni dei nomi gli rimarranno impressi nella mente a vita, dal momento che gira a vuoto per più di un’ora e mezza, prima di vedere la Maserati azzurra parcheggiata davanti a quello che ha tutta l’aria di essere un rigoglioso parco.
E’ una bella giornata di sole e la vernice della macchina, l’unica parcheggiata all’interno della recinzione, sembra riflettere il cielo, mentre lui parcheggia un po’ lontano e sta per oltrepassare il cancello argentato che si affaccia sulla strada.
Solo che poi qualcosa gli fa accapponare la pelle e fermare di botto: appoggiati a quella favola di automobile c’è sì il professor Anderson, ma con lui c’è il leader della Dalton e qualcosa si capovolge nello stomaco di Finn, perché è un po’ come quando ha scoperto che Babbo Natale non esiste o quando ha capito che il fidanzato di Kurt è l’insegnante, e, ironicamente, gli viene in mente di quando il professor Anderson parlava dell’unica verità che è che la verità non esiste, e che anche quella è un’idea del cazzo, perché le verità esistono eccome, e si chiede se lui consideri non-verità il fatto che tradisce Kurt con quel damerino della Dalton.
I due parlano fitto fitto e Finn non riesce a sentire cosa stiano dicendo, ma forse questo dipende dal fatto che il suo cervello gli sta urlando di andarsene di lì e correre a casa a dire tutto a Kurt e poi i due si abbracciano e Dio, come potrebbe andare peggio?
E qualcuno dovrebbe spiegare al Signore il significato della locuzione “domanda retorica” perché proprio in quel momento la Cadillac che quella mattina, quando è uscito, era parcheggiata nel vialetto di casa, entra nel parco e va a parcheggiarsi accanto alla Maserati.
Da una parte è anche sollevato che Kurt vedrà il tradimento con i suoi occhi e lui non dovrà dirgli niente, ma poi cerca di immaginare l’espressione di suo fratello nel trovare il suo amato ragazzo con un altro e gli fa tremare il cuore.
Non succede nulla di ciò perché il tipo è sparito nel nulla e c’è solo il professor Anderson che apre la portiera della Cadillac con un sorriso sornione. Finn gli darebbe un pugno in faccia quando appoggia il braccio sulle spalle di Kurt e i due si incamminano nel verde.

O Westerville è fottutamente disabitata o gli abitanti sono fottutamente scemi perché non c’è proprio alcun motivo per cui un’area così bella, di sabato mattina, debba essere assolutamente e totalmente vuota. Questo rende difficilissimo non farsi vedere, ma per fortuna ci sono dei bellissimi bersò con delle panchine – di nuovo, perché diamine non c’è nessuno lì? – che Finn costeggia, riuscendo così a seguire Kurt e il suo ragazzo (anche se sospetta non lo sarà per molto, perché Kurt non gli sorride nemmeno una volta mentre camminano, sembra anche abbastanza irritato mentre quello blatera di roba insulsa, quindi forse lo sa già).
Si fermano in una zona che ricorda una di quelle commedie romantiche che piacciono tanto a sua madre: c’è un laghetto con delle papere e sulla riva, sotto l’ombra di un gigantesco albero è apparecchiato un pic-nic. Kurt sembra estasiato quando lo vede e a Finn, dal gazebo dietro il quale è nascosto, poco lontano da loro – ricorda quella di Rachel in auditorium, il mese prima.
Quando ripenserà a questo giorno, tutti i particolari – la faccia di Kurt, il colore della tovaglia, le papere – potrebbero non esserci più. Quello che succede, però, non lo dimenticherà mai.
- Siamo arrivati a destinazione, tesoro. – dice il professor Anderson, calcando l’ultima parola, come se lo stesse prendendo in giro, e Kurt si divincola dalla sua presa, seccato.
- Non chiamarmi così, mi dà fastidio. – lo guarda truce, ma la cosa non sembra tangerlo minimamente, perché continua a guardarlo con aria di sfottò.
- Ah, sì? Eppure non mi sembrava ti dispiacesse più di tanto quando Blaine ti chiamava così l’altra notte. Anzi, addirittura, mi pare di ricordare che tu fossi alquanto entusiasta della cosa. –
Kurt arrossisce, distoglie lo sguardo e..
- Cooper, sarebbe bellissimo se la smettessi di tormentare il mio ragazzo. – Non è suo fratello a parlare, è il leader degli Usignoli, che arriva da dietro il professore e poggia un cestino da pic-nic sulla tovaglia. Il suo braccio destro va poi a circondare la vita di Kurt, che si rilassa nell’abbraccio e lo guarda, le sfumature azzurre degli occhi che brillano come zaffiri.
Houston, abbiamo un problema: che cazzo succede?
- Non stavo tormentando il tuo ragazzo, stavo tormentando il mio alunno preferito. – dice Cooper, con voce lamentosa.
Blaine gli lancia uno sguardo incredibilmente simile a quello di Kurt di poco prima: - Senti, grazie per l’aiuto, ma adesso vattene. Torna dentro a guardare White Collar, o qualcosa del genere. –
- Lo guarderò fino a quando non ammetterai che il protagonista mi assomiglia in maniera inquietante e…-
- Sì, sì, come vuoi. – lo asseconda Blaine, interrompendo la protesta: - Ora sparisci. –
Il professore se ne va sbattendo infantilmente i piedi per terra e Finn segue la sua figura snella che si allontana, sempre più confuso.
Houston, ripeto: che cazzo succede?
Kurt si gira verso il solista della Dalton e gli circonda il collo con le braccia, facendo incatenare i loro sguardi. Rimangono a guardarsi per quella che a Finn sembra un’eternità e poi il più basso dice, con voce vellutata: - Hey. –
- Hey a te. – risponde Kurt, avvicinandosi fino a far scontrare i loro nasi. Finn si aspetta che si bacino, ma l’abbraccio si scioglie e, tenendosi per mano, i due si siedono l’uno di fronte all’altro sulla tovaglia, Kurt di spalle al gazebo dove lui è nascosto.
- E’ tutto bellissimo, Blaine. – dice, la voce tremante di emozione.
- Ho un’altra cosa per te. – infila la mano nel cestino e ne estrae una scatolina.
- Se questo è un anello di fidanzamento, la mia risposta è sì. – dice Kurt, eccitato e a Finn cade la mascella per terra.
- Kurt, apri la scatola. – e poi sente suo fratello sospirare di gioia: - E’ un anello per un promessa. L’ho fatto con le Juich Fruit. –
- Le Wringley, le mie preferite. E’ un piccolo papillon. Ma cosa stai promettendo? –
Blaine riporta i loro volti a distanza di bacio e gli sussurra la risposta direttamente sulle labbra, così che Finn non la sente.
E poi il ragazzo chiude gli occhi e le loro bocche si incontrano, e woah, è così intenso che Finn è costretto a distogliere lo sguardo e, anche se continua a non capirci nulla, improvvisamente vorrebbe non essere lì per non violare quel momento: una mano di Blaine è delicatamente appoggiata sulla testa di Kurt, che è in ginocchio tra le sue gambe e ha un braccio attorno al suo collo, mentre l’anello – a forma di papillon - spicca tra le loro dita intrecciate in aria.
Si staccano con uno schiocco e, anche se Finn non può vedere la faccia di Kurt, è convinto che anche sulla sua ci sia un’espressione estasiata.
- Buon anniversario. – dice Blaine, la voce che gronda emozione.
- Ti amo. – risponde Kurt e si baciano di nuovo e Finn pensa di sentirsi male, perché riesce a capire quanto suo fratello sia felice tra le braccia di questo ragazzo, anche se non lo vede in faccia e si sente stupidostupidostupido per tutto quello che è successo.
Poi qualcosa si rompe: lui non sta guardando, ma sente Kurt dire preoccupato “Che succede?” e riportando l’attenzione sulla scena si trova faccia a faccia con due occhi nocciola dalle sfumature gialle, che lo guardano terrorizzati.
Oh, merda. Blaine mi ha visto.
Finn non ha la più pallida di cosa fare, quindi rimane immobile e prova a comunicare telepaticamente “Sta calmo, sono il fratello di Kurt, sta calmo” ma, di nuovo, il messaggio si travia per strada perché il ragazzo distoglie lo sguardo e afferra con poca delicatezza Kurt per il braccio, tirando entrambi su.
- Blaine, ma che diamine? – protesta Kurt, guardandolo male, ma l’altro ha quella lucidità particolare dettata dall’istinto di sopravvivenza e in fretta dice: - Dobbiamo andarcene. Chiamare il custode e la polizia. – abbassa la voce e prende gli prende la mano: - Non girarti. C’è un uomo nascosto che ci sta fissando. –
Kurt ha la stessa reazione di Blaine: si irrigidisce per un momento e poi cominciano a correre. Corre anche la mente di Finn che pensa oh Dio, non voglio finire in carcere per stalking, quindi esce dal suo nascondiglio e urla – KURT! – con tutto il fiato che ha in corpo.
Suo fratello si ferma di botto, tanto che per poco Blaine, che gli tiene la mano, non perde l’equilibrio. Si volta e, quando lo vede, la sua espressione si scioglie in una smorfia di sollievo e confusione. Si incammina verso di lui, con al seguito (le loro mani non si sono lasciate nemmeno per un attimo) Blaine che si oppone smarrito.
- Finn. – dice Kurt quando si trovano a pochi passi da lui. Il ragazzo al suo fianco è sempre più confuso: - Aspetta, lo conosci? –
- Tesoro… – Kurt sorride rassicurante e Blaine non può fare a meno di sorridere di rimando: - Questo idiota è Finn, il mio fratellastro. – si perde la reazione dell’altro perché Kurt si rivolge a lui e Finn quasi si offende, perché c’è solo irritazione nelle sue parole: - Finn, questo è Blaine, il mio stramaledettissimo fidanzato. Contento adesso? –
Blaine gli tende la mano mormorando un “Piacere”, ancora un po’ intimorito, ma Finn è troppo perso nei suoi pensieri per accettarla.
Houston, vaffanculo, non ci capisco più nulla. Come fa questo tipo ad essere il fidanzato di Kurt da un anno, se Kurt sta con il professor Anderson? E non stava pure lui con il professor Anderson? Avranno mica una relazione poligama?
Potrebbe dire tante cose, da “Il piacere è tutto mio” a “Mi dispiace che sembro il criminale di una puntata di SVU, giuro che non volevo”, ma l’unica cosa che gli esce è:
- Non sei il professor Anderson. – e nella sua testa, la sua parte perspicace esala l’ultimo respiro e tira le cuoia, tra il dolore di parenti e amici.
La mano di Blaine ricade sul fianco e lo guarda come se avesse davanti un affascinante caso di deficienza mentale assoluta.
- Ehm, no? – prova, continuando a guardarlo come si guarderebbe un bambino che ha appena chiesto se gli uomini sono cavolfiori. E se Finn aveva qualche dubbio sul fatto che questo ragazzo fosse il fidanzato di Kurt, con quella risposta dissipa ogni suo dubbio, perché solo da Kurt può avere imparato come farlo sentire un totale idiota nel giro di pochi secondi.
E a proposito di Kurt, un lampo passa nei suoi occhi e Finn sa che ha capito: - O Mio Dio. – esclama, guardandolo schifato: - O Mio Dio. – ripete e Finn si sta alquanto innervosendo.
- Tu credevi che avessi una relazione con il professor Anderson? Con COOPER? – scoppia a ridere ma Blaine non sembra trovarlo divertente, perché lo guarda con un sopracciglio alzato:
- Beh, se lo pensava, magari è perché voi gli avete dato motivo di pensarlo. – dice, la gelosia che trasuda dalle sue parole. Le loro mani si separano e Finn prega che non si stiano per lasciare, perché se Blaine lo lasciasse per colpa sua, Kurt non gli rivolgerebbe la parola tipo mai più.
- Ne abbiamo già parlato alle Provinciali. – ribatte Kurt, improvvisamente serio: - C’è posto per un solo Anderson nel mio cuore. E quello non è tuo fratello. –
- Ew, non sapevo avessi una cotta per mio padre. – finge di arretrare Blaine, mentre Kurt gli tira uno schiaffo sulla mano che non va a segno, perché il suo ragazzo gliel’afferra e fa di nuovo intrecciare le loro dita.
Si guardano intensamente e Finn si offenderebbe per il fatto che si sono dimenticati di lui, se non fosse troppo occupato a cercare di elaborare le parole Anderson. Tuo fratello. Cooper. Blaine.
- Sei il fratello del professor Anderson! – esclama, mentre la parte perspicace riemerge dalla tomba per battere ironicamente le mani. Kurt e Blaine lo guardano, due identiche espressioni di compatimento sui volti e Cristo, sono la coppia più irritante che si sia mai trovata.
- E’ per questo che ti sei infiltrato nel giardino degli Anderson? Per cogliermi in flagrante con Cooper? –
IL GIARDINO DEGLI ANDERSON? QUESTO POSTO E’ UN CAZZO DI GIARDINO PRIVATO?! Finn si guarda attorno spaesato, notando finalmente una gigantesca villa bianca oltre le file di alberi e tre filoni di pensieri si formano nella sua testa:
A) Non c’è nessuno perché quella foresta è il fottuto giardino di una casa.
B) Blaine si è spaventato così tanto perché lui non avrebbe proprio potuto trovarsi lì e potrebbe finire in carcere, oltre che per stalking, anche per “Violazione di consegna a domicilio” o qualcosa del genere.
C) Ma per quale motivo il professor Anderson fa il professore di corsi sperimentali, anzi, per quale motivo, dovrebbe fare un qualsiasi lavoro, quando abita in un posto del genere?
Kurt gli schiocca le dita davanti alla faccia e dice, con aria severa: - Rispondimi. -
Ci mette un po’ a ricordarsi la domanda e poi afferma: - No. Non proprio. –
Si gratta la testa confusamente e poi decide di vomitare tutta la verità, perché tanto Kurt sarà comunque incazzato con lui per secoli perché ha interrotto il suo anniversario.
- Io mi preoccupo per te. Non per il tuo ragazzo o per Karofsky nello specifico, ma mi preoccupo perché sei mio fratello e mi importa. E mi dispiace se a volte fraintendo o non capisco le cose, ma io cerco di essere un buon fratello e mi preoccupo, però è difficile perché sembra che a te non importi del fatto che mi importa di te e continui a comportarti come se non mi importasse. E io invece volevo dirti che mi importa, ma tu non vuoi mai parlare con me, quindi ho pensato che se avessi detto al tuo ragazzo di dirtelo, magari a lui avresti dato retta. Quindi…ehm, Blaine potresti dire a Kurt che mi importa di lui? –
E c’è un attimo di silenzio imbarazzato durante il quale lui guarda per terra e poi sente qualcuno finirgli addosso e si accorge che Kurt sta provando ad abbracciarlo.
- Io credo lo abbia già capito. – dice Blaine, guardando il suo ragazzo, che ha la testa affondata nella spalla di Finn. Il più alto ricambia l’abbraccio e rimangono così per un po’ e wow, è una bella sensazione.
- Grazie. – dice Kurt sorridendogli e Finn non sa bene a che cosa si riferisca, e a dire il vero nemmeno gli interessa tanto.
Kurt si siede accanto a Blaine e si scambiano un’occhiata di intesa, al che Finn pensa che sia arrivato il momento di andarsene, ma poi suo fratello dice: - Siediti. Voglio parlare un po’ con te. –
La sua perspicacia gli suggerisce di andarsene perché è il loro anniversario e Kurt potrebbe rinfacciarglielo in futuro, ma lui rimane.
Tutto ciò che conta è che suo fratello vuole aprirsi a lui. Perspicace può tornare ad essere un pesce.

Fine



  
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