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Autore: Shikaeru    09/01/2005    2 recensioni
Flusso di coscienza di Millicent Bullstrode, serpeverde, ombra della casa. (Il personaggio non rientrava nella lista, così ho selezionato tutti i personaggi ^_^)
Genere: Dark, Drammatico, Malinconico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: un po' tutti
Note: OOC | Avvertimenti: Contenuti forti
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E' notte. Il silenzio e le tenebre mi avvolgono. E' tutto completamente buio, come se avessi chiuso gli occhi. Ma c'è differenza tra il buio e il nero dietro i propri occhi.

Quando chiudo gli occhi, mi isolo nella mia mente, e tutto si restringe ad uno spazio piccolo, quasi opprimente. Lo spazio che è in me. Tutto ciò che è intorno diventa più evidente agli altri sensi, sobbalzo ad ogni minimo rumore... ma non è come essere immersi nel buio. Le tenebre sono come una pesante sostanza densa: ogni movimento mi costa più fatica, come se stessi combattendo contro una forza, la forza del buio. Attorno a me si crea un nuovo mondo, un mondo infinito, dai confini indistinti. Un mondo nero, in cui mille e mille forme di luce si formano, confondendo gli occhi. Nel buio puoi vedere qualunque cosa, ma mai la visione mi consola.

Le tende del letto mi isolano, e le tenebre si condensano in quel mio rifugio. Forse mi proteggono, ma sono al sicuro, in quel buio? Eppure, quando sono chiuse, emerge il mio mondo, mondo solo mio. Emerge pura energia, in lacrime che scivolano sulle mie guance.

Gli occhi cominciano ad abituarsi all'oscurità e distinguo qualche piega della pesante tenda. Sono decine quelle pieghe, dagli innaturali riflessi verdastri. Se solo allungassi una mano, sconvolgerei tutto... fragile. Tutto è fragile, io lo sono... una parola può distruggermi come io con un gesto potrei sconvolgere la conformazione di queste pieghe.

E' un bel pò che provo ad addormentarmi. Ma quando la tristezza ti coglie, è difficile smettere di pensare. Ad ogni riflessione ne segue un'altra, ed un'altra... una catena infinita di tristezza e malinconia.

Improvvisamente mi raggiungono delle voci dalla sala comune. Apro le tende e mi alzo di scatto; mi gira un pò la testa per il brusco cambio di posizione, poi, a piedi nudi, mi avvicino alla porta semichiusa. Poco bagliore entra nella stanza da quella fessura, ma aumenta quando la spingo per crearmi un varco per uscire . E' una vecchia porta dalla serratura arruginita. Cigola rumorosamente e Pansy si muove nel sonno, la vedo agitarsi e grugnire qualche parola incomprensibile. Quando il mio sguardo si posa sul corpo scomposto di lei, i muscoli del viso mi si contraggono: Pansy è tutto ciò che non sarò mai e condividere tutto con lei, senza che lei sappia ciò che sento, è terribile.
Mi chiedo spesso se qualcuno mi ha mai guardata come tanti guardano lei... o se un giorno riuscirò a prendere una decisione, una qualsiasi sciocchezza, senza aver bisogno dell'influenza di altri, per fare la cosa giusta, la cosa che altri farebbero. Per essere come gli altri, a tutti i costi.

La porta è fredda al mio tocco, fredda come il pavimento sotto i miei piedi, come il mio corpo poco coperto dal leggero pigiame, come me, dentro, che mi sento così indifferente, raffreddata da una troppo a lungo sopportata tristezza.
E allora la situazione mi investe e quasi mi sento mancare. Brividi mi scuotono, mi aggrappo alla porta che sembra quasi cigolare più forte sotto il mio peso. Rivolgo lo sguardo verso il corridoio illuminato, involontariamente, e la luce mi acceca. Uno strano pensiero mi passa per la mente 'Chissà cosa direbbero trovandomi svenuta o morta'. Mi passa davanti una visione elaborata dalla mia mente, una visione di me, su quel pavimento tra il corridoio e la stanza, morta, dalla pelle bianchiccia, le palpebre chiuse, la pelle sudaticcia, morta, per sempre. Mi sento sempre peggio, ma è tutta questione di attimi. Tutte quelle sensazioni erano concentrate in una manciata di secondi, ora tutto è di nuovo normale: il buio della stanza, i lamenti di Pansy, la luce nel corridoio, gli schiamazzi della Sala Comune, il gelo dentro di me.

Mi affaccio dalla balconata che sovrasta la sala con i grandi divani neri, e lo stemma Slytherin appeso al muro, sopra il caminetto e guardo giù. Il fuoco scoppietta come in pieno giorno e sembra quasi l'inizio di una qualche festa. Grandi sorrisi e ancora risate... ed io che mi sento così estranea. Nessuno mi griderà 'ehi Millicent, scendi anche tu' o chissà cosìaltro. Se qualche Slytherin mi ha per caso vista, probabilmente avrà già volto lo sguardo altrove, verso qualcuno di più interessante, di più attraente ...

Se non fossi abituata a trattenrle, avrei già lacrime ad inondarmi di nuovo le guance. Torno in fretta nel mio baldacchino, scossa ancora per il gran gelo. Mi avvolgo ancor di più nelle pesanti coperte, mi copro fin sopra la testa, senza trovare conforto. Il freddo non c'è solo perchè è pieno inverno. C'è il mio freddo, inscaldabile da semplici coperte, c'è il freddo dell'umidità dei sotterranei, c'è il freddo delle lacrime versate in tante e lunghe notti insonni: il freddo della mia tristezza sfogata in pianto, per quelle sensazioni che nessuno può capire, che tutti troverebbero noiose, che non voglio mostrare, a nessun costo, mai.

Sento altre risate dal piano di sotto e stringo ancor di più gli occhi.

Mi porto le mani ai capelli e le scorro lungo il corpo. Arrivo al ventre dove sento una morbida collinetta di carne, la mia maledetta pancia.

Odio il mio corpo.

Sento quella carne malvoluta, che non riesco ad eliminare. La tocco, la spingo, ma quella c'è ugualmente e tremo al pensiero che forse ci sarà sempre.
E' una cosa contro cui non riesco a combattere. Una cosa che odio, che mi fa diventare folle, mi manda fuori di testa e non riesco più a pensare razionalmente., specie in un momento in cui mi sento fragile, come questo. Sono puro istinto.

Ed allora graffio ed imprimo le unghie in quella carne. Sento dolore e l'eccitazione che mi provoco, l'estasi del potere sul mio corpo ed inarco la schiena, continuando a far scorrere le mie lunghe, come lame taglienti, ancora ed ancora. Il dolore è la mia passione, lo sfogo carnale eccitante e volgare quanto un orgasmo, tanto da sconvolgermi.

Mi rilasso, appoggiando di nuovo la schiena sul materasso. Sento il bruciore dei graffi che mi sono procurata, ma non c'è fastidio, no, solo un sadico piacere per quella dolce violenza.

Poi piango perchè mi faccio del male e perchè la mia vita non è come vorrei.
Porto di nuovo le dita sulla parte offesa, i polpastrelli scorgono i segni in rilievo per il leggero gonfiore.
La pelle si è un pò scaldata ma dentro di me tutto è uguale. La stessa tristezza, la stessa voglia di cambiare, la stesso desiderio di essere diversa.

I segni continuano a bruciare, ma sempre meno. Forse domani avrò ancora qualche arrossamento, ma poi scompariranno.

Scompariranno.

I segni non ci saranno più, ma io non dimenticherò tutte le situazioni imbarazzanti, le prese in giro, le parole che mi hanno fatto soffrire, o stupire, o illudere, che mi hanno portato a questo, che resteranno impresse nella mie mente, a tormentarmi negli incubi, nei pensieri, per anni... Mentre gli altri si godranno la loro vita, quei segni che ora bruciano vivranno solo nel mio ricordo, nel ricordo delle sensazioni, della voglia di fuggire, della voglia di provare un'emozione che solo il dolore poteva provocarmi. Ma tutto svanirà. Tutto cadrà nell'oblio. Ma io non dimenticherò.

 

:: Commento

E' una strana fic, nata per caso. In effetti ero un pò restia a pubblicarla, ma a persone fidate è piaciuta, ed ho pensato che tanto valeva provare.. quindi magari fatemi sapere cosa pensate. Mi scuso ancora per il problema del catalogare la fanfic.. Millicent Bullstrode non era compresa tra i personaggi, così...

E' un personaggio strano, mai visto, quindi ho avuto praticamente carta bianca. Avrei anche potuto farci una fic originale, ma l'atmosfera della serie, della Sala Slytherin.. mi hanno portato ad ambientarla quì.

Nient'altro da dire ^__^
Grazie per averla letta!

 

Shikaeru

  
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