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Autore: Hugin BenMar    31/07/2014    3 recensioni
Due assassini lavorano per due diverse agenzie: l'uno è del "servizio pensioni" un singolare organo che si occupa dell'eliminazione di coloro che costano troppo allo stato in pensione; il secondo invece lavora per le case di riposo e ha il compito di impedire al primo di compiere il suo lavoro.
Genere: Introspettivo, Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Questa volta è per Rose Barley.
Il suo nome è segnato in nero sulla pagina della mia agenda.
La signora Barley compie oggi 98 anni, è in ottima salute, i nipoti dicono che ha sempre preparato ottimi pancake quando era a casa.
E' un anno, da quando è morto suo marito, che sta nella casa di riposo "ninfea sul fiume".
Deve essere una donna adorabile.
Si sa però, prende la pensione da trent'anni e questo allo stato non piace, gli costa molti soldi e la casa di riposo teme che… beh sanno che io sono l'unico medico in circolazione con le competenze necessarie per difendere la signora Barley dall'assassino del servizio pensione.
Mi preparo, infilo la pistola sotto il camice, un coltello alla cintura e prendo la valigetta medica.

Esco di casa.

La casa di riposo "ninfea sul fiume" è una bella villa bianca circondata da alti cipressi, non ci sono panchine all'esterno, probabilmente non li lasciano uscire tanto spesso.
L'entrata è da una grande porta di vetro azionata da una vecchina arcigna che preme i pulsanti all'avvicinarsi dei visitatori: entro e chiudo molto in pretta la porta prima di attirarmi le sue ire.
Giro verso la recepito, l'infermiera è quella con cui ho parlato al telefono e mi indica il corridoio alla mia sinistra.

Stanza 21.

Cammino piano piano salutando i simpatici inquilini della casa di riposo, sono certo che prima o poi dovrò tornare anche per aiutare loro, quindi tanto meglio.
Apro la porta della stanza numero ventuno. Rose è seduta su una seggiola di plastica imbottita vicino ad un tavolino su cui tiene tanti fili colorati: sta facendo la maglia.
La saluto e mi comporto come dovrebbe fare ogni medico, l'esperienza mi dice che far capire loro che sono in pericolo è il peggior modo per cominciare un lavoro.
Guardo la donna e mi chiedo quanto ancora vivrà, forse qualche mese, forse anni.
Però sento che si merita ogni giorno con la sua pensione.
Mi viene da ridere, trattengo la risata mentre le provo la pressione: anche i killer del servizio pensione vanno in pensione?
Sarebbe divertente vederli uccidere da quelli stessi che loro hanno addestrato.
Finisco di accertarmi delle sue condizioni di salute e i occupo del resto: mi avvicino alla finestra e sistemo un sensore di movimento che fa scattare un allarme sul cellulare, nel caso io mi debba allontanare di qualche metro.
Ripeto la stessa operazione sulla porta della stanza e quella del bagno.
Mi chiede cosa io stia facendo, sorrido e rispondo che mi sto solo accertando che non vi siano spifferi.
Forse dovrò uccidere un uomo davanti agli occhi di questa donna che deve averne viste più di quanto io posa immaginare, ma mi da un enorme piacere sapere che gli assassini potrebbero morire davanti alla loro stessa vittima.
Verrà oggi, lo so, vengono sempre il giorno del compleanno perché è segnato nei loro registri.
Devo solo aspettare.

L'uomo non si fa attendere molto, è appena passata l'ora del thé quando si fa vedere: non è giovane, è vestito di nero ha il viso glabro e gli occhi sono grigio pallido, quasi bianchi.
Lo osservo, sembra sapere della possibilità che sia lui a morire oggi, devo fare attenzione.
Ci incrociamo nel corridoio davanti alla stanza venti.
- Buon pomeriggio, dottore. - mi dice, sorrido e mi fermo. 
Si ferma anche lui.
- Buon pomeriggio. - rispondo, - gradisce del thé? -  chiedo con finta ingenuità.
I suoi occhi sorridono, sono davvero begli occhi, scuote la testa.
- no, devo fare visita a mia madre. -
Sua madre.
Storco la testa di lato, ho ancora pistola e coltello con me.
- come si chiama sua madre? - la mia voce è un sussurro.
- Rose Barley - risponde lui.
- strano. - i suoi occhi si incupiscono mentre parlo, - la signora Barley non ha figli maschi. -
Non ne sono sicuro, mento, ma ho bisogno i essere certo che l'uomo sia l'assassino.
Mi è sfuggito così tante volte che fremo di sapere chi lui sia, di vederlo in viso, di provare il brivido di ucciderlo.
L'ho sempre immaginato alto, con i capelli brizzolati e gli occhi marroni, magro e con la barba intorno alla bocca.
L'ho sempre immaginato incredibilmente bello.
Desidero cos' tanto vedere il suo sangue, sentire il suo copro spegnersi tra le mie braccia, adagiarlo a terra e sussurrargli le ultime parole  della sua vita prima che lui chiuda gli occhi, desidero dargli le ultime piccole gioie prima che lui si spenga.
- Si sbaglia dottore, - mi guarda confuso, - siamo in due, io e mio fratello Mark. -
Anche questa potrebbe essere una bugia proprio come la mia.

Credergli?

- la accompagno, farò la visita a sua madre adesso. -
Sorride, - Certo. -
Certo.
Non è lui.
Ci avviciniamo alla stanza insieme.
Però non mi ero sbagliato, lui non si è fatto attendere: stiamo entrando e faccio giusto in tempo a vedere una figura fuggire dalla camera prima di notare la signora Barley senza vita.
Mi è sfuggito di nuovo.
Il desiderio verso di lui è sempre più intenso.
Devo vederlo.
Devo prederlo.
Deve essere mio per quel secondo che sarà la sua morte.
La prossima volta non avrà scampo e il suo sangue sarà mio. Per sempre.
Sorrido al pensiero immaginando i suoi bellissimi occhi chiusi, il suo corpo freddo, sul suo viso un sorriso perché lo so, so che lui mi desidera come io desidero lui.

   
 
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