Altra oneshot
senza pretese. In effetti in cantiere ne ho molte. Questa ci tenevo a postarla
oggi perché è l’ultimo giorno del sasusaku month e mi sembrava il caso di partecipare alle celebrazioni
:3 l’ho scritta per il prompt “exposure”.
La versione originale la trovate su tumblr, cliccami. Da precisare che è in un inglese stentato –
insomma, ci si prova – e di conseguenza anche in italiano non è che faccia un
figurone perché a tradurre sono ancora più inesperta che a scrivere. Spero comunque
che il lavoro alla fine sia decente. Buona lettura :3
Il più esposto
Cronache della crema idratante
«Sasuke-kun», lo chiamò, in
preda alla disperazione – una disperazione perfettamente simulata, a dire il
vero, e un momento dopo Sasuke la raggiunse
nella loro stanza con un cipiglio talmente sofferto che poteva indicare
soltanto una cosa: lui sapeva. Dal canto suo, Sakura era
cosciente del fatto che col tempo Sasuke aveva
imparato a distinguere tra reali richieste di aiuto e improvvisi isterismi,
capricci o – ciò che era peggio – quello. Ma nonostante tutto,
la raggiungeva sempre. Forse non poteva essere così sicuro che non si trattasse
davvero di un’emergenza o forse col tempo qualcosa l’aveva imparata anche lei –
ed era qualcosa di serenamente estasiante, il modo in cui lo metteva nella
condizione di voler fare ciò che in realtà non avrebbe
proprio voluto fare. Era abbastanza strano, in tutta onestà, ma anche molto
conveniente.
«Non ho nessuna intenzione di farlo» stabilì lui,
perentorio. Ed era anche più bravo di lei a simulare quel tono vagamente
apocalittico. «Mai più».
Ma Sakura era nuda. E determinata. «Possiamo
negoziare, te lo assicuro».
«Non c’è niente che puoi fare per convincer-…»
«Sul serio?» rise, sfidandolo a confermare quello che
stava per dire.
«Sakura, sei una kunoichi.
Puoi fare con un clone. Fine della questione».
«Certo, ma sai… ho
appena avuto questa meravigliosa epifania: preferisco le tue mani».
Gettando alle mani in questione uno dei suoi peggiori
sguardi cupi, Sasuke tentò anche di
guardarla dall’alto in basso con una specie di dignità malamente ostentata.
«Naturalmente», disse, forse sperando di sembrare irritato mentre allungava i
palmi verso di lei.
Sakura si aprì in una risatina, piuttosto divertita da
quella che le sembrava lieve manipolabilità. Sasuke non ci faceva caso, eppure a volte era ancora un
po’ ingenuo come lo era stato da piccolo.
Ma era anche cresciuto, con lei, studiandola, l’aveva imparata –
aveva fatto con lei tutto ciò che anni di vita fanno sempre con le persone:
cercare (qualcosa di bello), trovare (l’un l’altra), in
tutti i modi possibili con cui una persona può vivere un’altra, quasi
assimilandola. Per questo – e soprattutto per un piacere tutto suo – Sakura
aveva pensato che non ci sarebbero stati troppi problemi se gli avesse chiesto
di aiutarla con la crema idratante. Gli voltò la schiena, indicando una spalla.
«Grazie».
Stendendo la crema sulla sua pelle, Sasuke tentò di mantenere un’espressione fiera, ma
aveva evidenti difficoltà ad evitare di arricciare il naso o ad arrendersi a
una smorfia sofferta, quasi disgustata. Eppure le sue dita erano come setole di
un pennello mosso da una delicata, serena ispirazione. Si limitava a usare più
energia solo dove a lei sarebbe piaciuto – alla base del collo, tracciando il
contorno della sua spina dorsale e premendo appena sui muscoli più tesi. Sakura
amava tutto quello quasi quanto Sasuke odiava
la consistenza della crema. Ma soprattutto, Sakura amava che lui avesse
imparato a prendersi cura di lei, a vezzeggiarla, quasi. O forse
lui aveva sempre saputo come fare, ma solo pochi anni prima si sarebbe
letteralmente precipitato fuori dalla stanza alla sola vista della sua nudità –
a dire il vero, lo aveva fatto. Sakura rise, soprappensiero.
«Cosa?» bofonchiò lui, vagamente allarmato.
[Era tutta colpa sua, sul serio. O forse no.
In tutta onestà era colpa della crema. Della
maledetta crema, assolutamente. Era già nervosa e persa nei suoi pensieri –
pensieri bellissimi, doveva ammettere, belli come un bacio, una parola gentile,
o Sasuke. In effetti, stava pensando a Sasuke, al loro settimo bacio scambiato un po’ a caso, e a
qualche frase spezzata che lui aveva mormorato sulla sua pelle, la notte
scorsa, d’improvviso.
Allo stesso tempo Sakura stava tentando di spalmarsi
la crema sulle spalle e doveva esserle caduta un po’ sul pavimento,
inavvertitamente. Non sarebbe stato un problema, per la verità, se solo un
secondo dopo non fosse cascata a terra con un ruzzolone che era proprio il
trionfo della ridicolezza. E giusto per non perdersi niente, riuscì pure a
sbattere la testa contro il comodino. Sembrava proprio la grande kunoichi che aveva sognato di diventare, pensò. E
continuò a maledirsi tra sé e sé, con tutta l’intenzione di esporre
ripetutamente i mille motivi che facevano di lei una completa imbecille. Era
arrivata solo al terzo – solo un’idiota ha le gambe tremanti e molli come burro
al ricordo del più casto dei baci – che proprio in quel momento il maledetto
dispensatore di baci si precipitò nella stanza, forse vagamente agitato.
Sakura si rimise in piedi in un istante – la bocca
spalancata, le guance rosse, la testa dolente. Poteva solo immaginare che razza
di disastro apparisse agli occhi di Sasuke. Era
letteralmente raggelato. Come se fosse stato lui quello del tutto nudo e con
una forte inclinazione a cadere in comportamenti imbarazzanti.
Abbattuta, Sakura si voltò per studiare meglio il suo
viso – il suo viso immobile, pietrificato – e non le importava proprio niente
che in quel modo gli avrebbe concesso una vista completa del suo petto nudo –
di tutta se stessa, per quel che contava. Il fatto era che Sasuke non sembrava nemmeno lontanamente interessato a
gettare un occhio un po’ più in basso, su qualcosa di lei che non fosse il suo
sguardo nevrotico.
E lei aveva appena ricominciato con la lista accurata
dei motivi che la rendevano un’idiota, che lui frettolosamente sparò una
domanda del tipo «Tutto a posto?» (qualcosa del genere, insomma, doveva essere
difficile parlare tentando di mantenere un’apparenza composta e una faccia
particolarmente immobile), poi sparì dalla stanza, più veloce di quando era
entrato].
«Cosa?»
«Hai dimenticato di negoziare, Sasuke-kun».
«E ti sembra divertente perché…?»
indagò lui, solo per farla ridere un po’ di più.
«Stavo pensando a quella volta in cui…»
«Non di nuovo, Sakura. Questo me lo devi».
Sasuke non ricordava con particolare trionfo i giorni
in cui aveva realizzato che lei non solo era una ragazza, ma – quale
inaspettata fatalità! – era una ragazza con un corpo; un corpo vero, reale, ufficiale.
«Stavo pensando… se
quella volta ti avessi chiesto aiuto con la crema avremmo potuto risparmiarci
molti problemi», osservò lei, meditando sull’inferno che aveva passato dopo
quell’incidente.
Sasuke le passò una mano su un fianco, pizzicandola un
po’ per richiamare la sua attenzione. «Sakura, tu ami i
problemi».
A quelle parole lei si accigliò, incrociando le
braccia. «Già, per tua fortuna».
[Due mesi. Due mesi completamente devastanti e lei
cominciava a sentirsi al limite. Era al limite di ogni tipo di umana
possibilità di sopportazione. Era persino difficile pensarci. Rischiava di
rimanere impigliata in quel pensiero o qualcosa del genere.
Non poteva sopportarlo più. Doveva sapere.
Dal giorno de L’Incidente, come aveva cominciato a
chiamare il più imbarazzante momento della sua vita, non aveva trovato pace. Sasuke le aveva raccontato di averla chiamata per un
po’ fuori dalla porta, ma in risposta aveva sentito solo un rumore e le sue
maledizioni e poi lei aveva continuato a non rispondergli così si era deciso a
entrare e questo era tutto.
Questo era tutto, per lui. Come se non ci fosse stato
un dopo. Il suo imbarazzo non faceva altro che crescere. Non le importava di
essere stata davanti a lui completamente nuda e immobile, maledizione, aveva
diciassette anni e lo amava da sempre, era quasi certa che avrebbe trovato un
modo per godersi il momento. Il punto era che se ne era stata davanti a lui
completamente nuda e Sasuke non si era
nemmeno scomodato a guardarla. E aveva diciassette anni anche lui, l’ultima
volta che aveva controllato. Era anche il suo presunto ragazzo, in realtà – be’, più o meno, o forse era solo un tipo particolare di
dispensatore di baci e paranoia, che era lo stesso per quel che ne sapeva lei.
Così, alla fine, si era decisa per una risoluzione. Le
era sembrata particolarmente brillante, almeno fin quando non si era trovata di
nuovo davanti a lui, nella sua stanza, con solo una veste da camera addosso, a
fissare la sua espressione composta e immobile. «Ho bisogno di sapere una
cosa», iniziò, sospingendolo ai piedi del letto dopo un momento di esitazione. Sasuke si lasciò cadere sul materasso e alzò lo
sguardo su di lei, in cerca dei suoi occhi. Quel semplice gesto quasi bastò a
privarla dell’ultimo briciolo di risoluzione, così quando si sistemò tra le sue
gambe e cominciò a parlare, le tremò la voce:«Non so se sono bella o no, penso
di essere piuttosto normale, e in tutta onestà non mi importa nemmeno. Ma ti
amo, e quello che pensi tu… mi importa. Non posso stare ancora vicino a te
chiedendomi perché certe volte sembri ancora così sfuggente. Non ti senti pronto
per questo? Mi andrebbe bene. Intendevi mostrarmi rispetto?
Non sei così attratto da me? Va bene, posso
sopportare anche questo. Ma per favore, per favore, non dirmi che
pensi ancora… che io sia spaventata da te,
perché non lo sono. In nessun modo. Non potresti proprio spaventarmi. L’hai
fatto, una volta, ero terrorizzata, ma solo per quello che avresti potuto fare
a te stesso. E devi credermi perché non ho proprio idea di come potrei
dimostrarti ancora che sono sincera». Sakura prese la sua mano tra le proprie,
tremando un po’ quando la sollevò verso i lacci che le tenevano chiusa la
veste. «Fa’ quello che vuoi, ma per favore…dimmi perché lo fai».
(Il suo sharingan era
la perfetta definizione di un occhio che riflette i sentimenti. Lui l’aveva saputo
prima ancora che qualcuno si fosse degnato di dirglielo. C’era qualcosa di
strano, nei suoi occhi, qualcosa di forte che non sempre riusciva a controllare
anche dopo tanto tempo. Soprattutto quando non si trattava di odio.
Ed era stato arrabbiato. Mai, mai una volta nella sua vita non
aveva saputo come fare ciò che desiderava. Aveva sempre avuto un piano, per
quanto disperato potesse essere. Ma tutto quello era nuovo. E davanti a lei –
davanti a lei che tremava, scossa dai brividi quasi quanto era nuda… totalmente, cioè – gli era sembrato strano e
inaspettato che lei fosse quella nuda ma tra i due era lui a sentirsi il più
esposto).
Il più esposto. Era passato un momento e Sakura non
aveva idea di cosa Sasuke le avesse detto,
e quanto invece le fosse solo passato per la testa. Perché lui non era proprio
uno a cui piaceva parlare, ma lei stava iniziando a capire come decodificare
quello che lui le diceva. Probabilmente Sasuke aveva
solo accennato a qualcosa riguardo quanto fosse insolito per lui sentirsi il più esposto, ma tanto le era bastato.
«E ci hai pensato? Non vuoi
aprirti o esporti?» gli chiese Sakura, sfiorandogli il polso con le dita.
Sasuke scosse la testa, gli occhi brucianti nei suoi –
nei suoi, e poi sui lacci della veste, finalmente. Quando li sciolse, Sasukeparlò con voce intenta. «Lo voglio. Tutto».
***
Lo voleva. Voleva tutto ma lo prese
lentamente. Con sua grande sorpresa, era lei la più tesa tra i due – perché,
maledizione, aveva diciassette anni ed era insicura – ma come poteva
aspettarsi, lui era attento, a Sakura sembrava che il suo viso e tutto il suo
corpo fossero come uno specchio magico tra le proprie mani. Sasuke era anche un po’ cauto, mentre lasciava
scorrere le dita sul suo ventre – e lei gli sfiorava le gambe con le punte dei
piedi – e lui le lambiva i seni – mentre lei intrecciava le cosce alle sue – e
lui tracciava con l’indice la sua clavicola, e la linea del collo. E quello la
sorprese con un fremito, un brivido delicato che le attraversò la schiena, e le
sembrò che Sasuke avesse trovato un punto
sensibile che lei nemmeno sapeva di avere. Allora Sasuke la
osservò con un’occhiata pensosa, forse curiosa, e poi adagiò di nuovo i
polpastrelli sotto il suo mento, solleticandola un po’ fin quando una morbida
risatina non le uscì dalla bocca. «Ora non so come smettere di ridere», si
lamentò lei, a voce bassa.
Ma lui era così vicino che l’avrebbe sentita. «Allora
non smettere» le concesse, con tono esasperato, e anche apparentemente
divertito.
«Ma adesso voglio che ridi anche tu» lo rimbeccò,
sollevando una mano per raggiungere la sua faccia, ma Sasuke fu
più veloce, e la bloccò a metà strada con un sorrisetto eloquente:«guarda che
con me non funziona», la canzonò, afferrando l’altra mano prima che scendesse
sul suo addome.
Sakura si accigliò, soffiandogli una ciocca di capelli
via dalla fronte. E poi attese. Attese che la baciasse, che le liberasse le
mani fin quando non avessero aderito al suo addome e poi più in basso, e ancora
un po’, attese che lui la prendesse – le facesse inarcare la schiena per una
specie di strano piacere e gettare la testa all’indietro. Abbastanza da
lasciargli posare la punta del naso sulla linea del suo collo e le labbra sotto
il suo mento e il sorriso dove la sua pelle era più sensibile.
A quanto pareva, qualcosa di diverso con lui funzionava eccome.]
«Già, per tua fortuna».
Sasuke si strinse nelle
spalle, senza prendersi il disturbo di contraddirla o di negare che le fosse
davvero grato per quella particolare inclinazione ad amare i problemi – ad
amarli e a risolverli, dato che a volte lui si sentiva ancora come un gigante,
enorme, gargantuesco concentrato di problemi.
Sakura ne sorrise,
ammorbidita da quella piccola resa. Poi senza nemmeno pensarci gli solleticò un
po’ il mento, ancora persa nei ricordi. «Mi sa che anche tu hai bisogno di un
po’ di crema».
Sasuke si bloccò, raggelato
sotto il suo tocco, il momento prima di tentare di nuovo la fuga. E forse ci
sarebbe anche riuscito, se solo lei gliel’avesse permesso. Ma Sakura si limitò
a premersi un po’ in più le sue mani sui fianchi, per rimarcare la sua
posizione. «E anche di una ricompensa».