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Autore: Misaki Ayuzawa    31/07/2014    2 recensioni
“Qua ci finiscono tutti gli abitudinari del vizio, Miss. Credo che difficilmente potreste riconoscere chicchessia.”
Tessa si irritò oltre ogni modo per questa affermazione. Chi era quell’uomo per giudicare persone di cui non sapeva nulla? Avrebbero potuto essere anche la peggiore feccia dei bassifondi londinesi, ma non meritavano di certo lo scherno postumo alla morte!
Genere: Drammatico, Malinconico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Nathaniel Gray, Theresa Gray, William Herondale
Note: Nonsense, What if? | Avvertimenti: nessuno
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If the grace didn’t come

La ragazza dai lunghi capelli castani acconciati in un’elegante capigliatura alta sulla nuca, e che portava un grazioso fermacapelli grigio scuro –il quale ben si accordava con l’abito dello stesso colore a sottili righe azzurre- chiamò il fratello con urgenza e la voce spezzata.
“Nate, senti che cosa terribile!” La fanciulla, una volta ottenuta l’attenzione del fratello, sollevò davanti agli occhi il giornale del mattino che stava leggendo e riportò ad alta voce l’articolo che l’aveva tanto colpita.
Ritrovato in un vicolo di Whitechapel il cadavere di un giovane uomo tra i diciassette e i diciotto anni. Di seguito la descrizione fisica: magro, alto m 1,77, capelli corti e neri, occhi blu con riflessi violetti. Il corpo è stato rivenuto alle 5.00 a.m. di questa mattina, ma l’ora del decesso risale certamente a due ore prima, alle 3.00 a.m.. Poiché la polizia non è riuscita ad identificare il corpo, si richiede la collaborazione dei concittadini londinesi: se qualcuno pensasse di conoscere la vittima, può recarsi all’obitorio per il riconoscimento al seguente indirizzo … Come può una persona tanto giovane essere morta?” Tessa non se ne capacitava, mentre Nate sembrava essersi fatto un’idea molto chiara dell’accaduto.
“Se lo hanno trovato a Whitechapel e non hanno aperto un’inchiesta per omicidio, allora la morte deve essere dovuta all’assunzione eccessiva di droghe. Un suicidio, ancora più probabilmente.” Le parole del fratello non facevano una piega, ma non fecero desistere Tessa dal considerare quel fatto di cronaca qualcosa di fortemente innaturale.
“Ma aveva solo un anno più di me! Nessun mio coetaneo, tra i miei conoscenti, né a New York, né qui a Londra, potrebbero fare una fine del genere.”
“Ma non conosci la situazione, Tessie.”
Ci fu qualche minuto di silenzio, prima che Tessa riprendesse a parlare.
“Io esco: ho bisogno di un po’ di aria fresca.”
“Ti accompagno?”
Tessa alzò le mani, come a bloccarlo. “No, non occorre! E poi, tu tra mezz’ora hai una riunione; te ne eri forse dimenticato?” Esclamò, forse con troppa veemenza.
Nate controllò l’orologio. “Hai ragione. Come farei se non ci fosse tu, Tessie?”
“Me lo chiedo sempre anche io!” Ridacchiò nervosamente Tessa.
La ragazza gettò un ultima occhiata all’indirizzo riportato nell’articolo ed uscì in tutta fretta, sotto gli occhi stupiti del fratello.
Tessa e Nate si erano trasferiti a Londra l’anno prima, dopo che, a New York, la zia che si prendeva cura di loro era morta. In un primo momento avevano vissuto in un albergo, ora, invece, si godevano il loro appartamento in affitto in Kensington Road e la compagnia della loro padrona di casa.
L’indirizzo dell’obitorio corrispondeva al numero nove di Brompton Road. Le ci sarebbero voluti trenta minuti a piedi: una ragionevole distanza per una passeggiata mattutina, insomma. Decise quindi di non prendere una carrozza, al fine di evitare il traffico della capitale, e cercò di tenersi lontana dalle strade commerciali: era da poco iniziata la stagione in società, e un enorme numero di giovani donne facevano incursioni nei negozi.
Arrivata a destinazione, non senza un certo imbarazzo, chiese alla giovane guardia della polizia di vedere il corpo del ragazzo che era stato trovato quella mattina.
Tessa si lasciò guidare nella grande camera mortuaria, all’interno della quale erano disposti in file ordinate dei panconi di legno coperti da teli bianchi, attraverso i quali erano chiaramente distinguibili le fattezze umane.
“Qua ci finiscono tutti gli abitudinari del vizio, Miss. Credo che difficilmente potreste riconoscere chicchessia.”
Tessa si irritò oltre ogni modo per questa affermazione. Chi era quell’uomo per giudicare persone di cui non sapeva nulla? Avrebbero potuto essere anche la peggiore feccia dei bassifondi londinesi, ma non meritavano di certo lo scherno postumo alla morte!
L’agente la condusse ad un tavolo all’antro capo della sala e scostò il telo, rivelando un volto giovane ed esangue, bellissimo e spaventoso.
“Allora, lo conoscete?” le chiese.
“Potete … potreste lasciarmi sola?”
La guardia annuì e si ritirò. Un segno di rispetto per qualcuno che aveva appena perso un caro. Eppure Tessa non conosceva quel ragazzo. Quelle lunghe ciglia che accarezzavano gli zigomi, i capelli neri arruffati, il fisico tonico ormai in fase di putrefazione non avrebbero dovuto dirle niente; invece, Tessa sentì di aver perso qualcosa, e che un legame fosse stato spezzato prima ancora di essere stato stretto.
Tessa si riscosse velocemente e cercò sul cadavere un qualunque oggetto. Doveva capire perché si sentiva così, e disponeva solo di una via, per avere delle risposte. Alla fine, scovò un anello al dito del ragazzo. Fece fatica a sfilarglielo, perché il corpo stava cominciando a gonfiarsi sotto l’influsso dei gas interni, ma alla fine, riuscita nell’impresa, ebbe modo di osservarlo: c’erano degli uccelli con le ali spalancate, incisi sul cerchietto d’argento, e la lettera “H” spiccava in leggero rilievo.
Tessa strinse forte l’anello e venne pervasa dall’ormai consueto fremito che accompagnava la trasformazione. Aveva scoperto questa sua capacità quasi per caso qualche settimana prima, stringendo con grande forza il ciondolo a forma di angelo che apparteneva alla madre. Puff, improvvisamente, di fronte a lei, nello specchio c’era sua madre. Fu veloce nel capire cosa fosse successo, ma, nonostante lo stupore e la paura, aveva deciso di non condividere con nessuno questo segreto.
Un momento, e Tessa si ritrovò nella mente del ragazzo deceduto. Le passarono davanti agli occhi una serie di immagini: un ragazzo della sua stessa età con una zazzera argentata, una bambina dai capelli neri che correva per i prati verdi di un paesaggio montuoso, un’imponente tenuta in mattoni, una grande cattedrale gotica in mezzo all’ormai familiare Fleet Street, un’orribile creatura blu. Sentì una voce cavernosa minacciare una maledizione, e poi le note dolci di un violino. “Diventa il mio parabatai.”
Parabatai? Che cosa diavolo è un parabatai? Pensò Tessa, prima di immergersi nuovamente in quei ricordi.
“No, non mi puoi abbandonare così. Siamo parabatai. Dove andrai tu, andrò anche io; ricordi?” E lacrime. Scorrevano grandi lacrime sulle guance di Tessa, come se il dolore fosse il suo. Una valanga di emozioni la prese alla sprovvista. Paura. Panico. Rabbia. Dolore. La perdita … Visualizzò, infine, una donna minuta dai capelli castani di fronte alla porta spalancata della chiesa gotica e udì due parole. Un nome.
“Mi chiamo Will. William Herondale.”
 

  
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