-La memoria del cuore.
Capitolo due
Aprì piano gli occhi, sbattendoli per la forte luce. La
testa mi pulsava. Mi portai una mano alla fronte, avevo un ago nel braccio,
collegato ad un piccolo tubo.
Mi alzai a sedere in fretta, tanto che la testa iniziò a
girarmi. Così mi ributtai nel cuscino.
Girai la testa, c’era un telo sul azzurro a destra e
sinistra. Il tubo, a quanto pare, è la flebo. Ero in un ospedale.
“Oh, ci siamo svegliati.” Disse una voce femminile, guardai
davanti al lettino.
Una donna, con i capelli scuri e legati, portava un camice
bianco e teneva una cartellina stretta al petto.
“Cos’è successo?” Chiesi con un filo di voce.
“Un camion ha tamponato la vostra macchina, siete andati a sbattere. Come si
sente?” Cercai di ricordare, macchina, incrocio, Geronimo che dorme, Sophia che
mi bacia e lo stop.
Sophia, lei era anche senza cintura. Cazzo.
“Come sta Sophia?” Chiesi subito, i miei occhi diventarono
lucidi.
“Ha preso una bella botta, è molto fortunata, non morirà.” Sospirai, tirai
fuori tutta l’agitazione che avevo in corpo. “Ma non si sa quando si sveglierà.”
Volevo vederla, così cercai di alzarmi. Portai le gambe da
una parte del lettino, avevo un camice da ospedale addosso.
La dottoressa venne davanti a me, e mi fece di nuovo
distendere.
“Voglio vedere la mia ragazza” Gli dissi con voce.
“Dopo le visite, ora deve stare a letto.” Disse la
dottoressa andandosene. Sospirai, portandomi entrambe le mani al viso, per poi
portarle dietro il collo, facendole scivolare lungo la mia faccia.
Non so se sia stata la preoccupazione, o il dolore che avevo
in corpo, ma iniziai a piangere. Senza accorgermene. Mi copri gli occhi con una
mano, mandai giù la saliva per bloccare, almeno un po, la pioggia dei miei
occhi.
I dottori arrivarono per le visite, poi cercai di dormire.
La porta cigolò nel
aprirsi, ed entrò una ragazza con i capelli sciolti con un vassoio in mano.
Sophia.
Sembrava più giovane,
portava una mia maglia bianca che gli arrivava qualche centimetro più su del ginocchio.
Aveva un sorriso
bellissimo, e gli occhiali con la montatura nera.
Si sedette sul letto,
e appoggiò il vassoio.
“Ti ho preparato la
colazione a letto, per ringraziarti di avermi portata qui.” Mi disse guardando
il bicchiere contenente il caffè.
La baciai, ma non
l’avevo voluto. Io ero dentro di me, ma mi muovevo senza rendermene conto.
Mi sembrava di aver
già vissuto tutto.
Alla fine mi sono
sdraiato sopra di lei, non staccando mai le mie labbra dalle sue.
Un tonfò.
Il vassoio cadde giù
dal letto, rompendo la tazza, e il piatto.
“Merda.” Dissi
guardando quel disastro nel pavimento in legno, ormai andato.
Poi una piccola
pressione sulle labbra, guardai il volto della ragazza su qui ero sdraiato.
Sorrideva, e mi diede
un altro piccolo bacio a stampo. Rincollai le mie labbra sulle sue, per passare
al collo, e l’orecchio. Sussurandole ‘Ti amo piccola’.
Non riuscivo a stare con il pensiero di quella ragazza,
stesa su un letto come questo. Avevo paura. Così chiamai un infermiera per
chiedergli se potevo andare da Sophia, e mandò la dottoressa di prima. Che
disse che apparte un paio di costole rotte stavo bene.
“Posso vedere Sophia ora?” Chiesi con gli occhi lucidi, la
signora mi guardò e fece una smorfia.
“è un familiare?” Chiese, con la faccia seria.
“Sono il suo ragazzo e vive insieme a me.” Dissi, cercando
di convincerla.
“Non potresti finchè non abbiamo fatto le visite.” Disse cercando
di andarsene.
Io mi alzai di fretta dal lettino, e la segui, sopportando i
giramenti di testa e il dolore al petto.
“La prego, sono il suo futuro marito se può andare bene.”
Gli dissi arrivandole vicino.
Lei si fermò, era alta come me. Nella faccia aveva una
piccola smorfia, come quella di prima.
“Perfavore, io amo quella donna, per me è tutto, non ha
nessun’altro oltre a me.” Dissi, cercai di trattenermi, ma non riuscì, una
lacrima percorse tutto il tragitto dal occhio al mento. Credo che questo la fece
impietosire, tanto che mi disse di cambiarmi e raggiungerla in una stanza.
Quella di Sophia.
Così feci, mi infilai i vestiti in un bagno orrendo e corsi
da lei. Avevo la maglia bianca di ieri e i jeans chiari.
La dottoressa era in piedi vicino al letto, Sophia era
sveglia.
“Si è appena svegliata.” Disse la donna, io mi avvicinai a
Sophia, ma lei aveva una faccia strana. Anche la dottoressa lo notò.
“Signorina, ci riconosce?” Disse la dottoressa.
“Si.” Disse con un tono di voce basso. “Lei è l’infermiera e
lui il dottore.”