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Autore: Kucchan_    01/08/2014    1 recensioni
Ho voluto tentare di scrivere una horror, o... insomma, una storia che ci somigliasse.
La storia parla di una catena di incubi subiti da Sakura, che si rivelano in parte fondati.
La ragazza dai capelli rosa verrà poi assassinata dalla sua più acerrima rivale, proprio in uno di questi incubi.
***
[Tratto dal testo]
«Sakura… anche tu qui? Che coincidenza! Vuoi unirti a noi?», domandò.
Scostò poi quel ciuffo platinato, rivelando macchie di sangue su tutta la guancia.
Perché? Perché sta facendo tutto ciò?, mi domandavo.
«Suppongo di no…» si rispose, quasi delusa. «Va bene, vorrà dire che ti costringerò.[...]»
[...]
Mosse ancora le labbra: «Addio, Sa… ku… ra».
È la fine, pensai. È la fine di quest’incubo.
***
Spero che il tutto non sia troppo banale, anzi...
Gradirei una piccola recensione!
***
770 parole.
Genere: Horror, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Ino Yamanaka, Sakura Haruno, Sasuke Uchiha
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun contesto
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                                                                                                                    Oscurità
 
Mi svegliai col respiro affannoso; potevo sentire il sudore che scendeva sul collo, sul petto, sulla nuca, ovunque.
Di nuovo quell’incubo: correvo, correvo, impugnando quel kunai… Sì, quello.
Era iniziato tutto quando Sasuke me l’aveva regalato. Ma non era un’arma qualunque: quel kunai aveva qualcosa di inquietante… Sembrava appartenuto a qualcun altro, qualcuno di così malvagio che il solo prenderlo in mano mi faceva tremare.
Aveva legato all’estremità dell’impugnatura un nastro vermiglio; era, forse, di raso… Mi ricorda molto il nastro che Ino mi regalò quando eravamo più piccole. Credo… credo che sia una coincidenza. Sarà di sicuro una coincidenza, mi ripetevo quando lo osservavo.
Oramai Ino non era più la mia migliore amica, bensì la mia più acerrima rivale.
Evitavo di impugnare quell’arma. Mi incuteva timore, sentivo l’odio scorrere in me solamente stringendolo.
Era a causa di questa lama, penso, che ogni notte avevo dei sonni inquieti.
Puntualmente sognavo di ritrovarmi a camminare, camminare nel buio, per poi iniziare a correre. Ed ecco che correvo, correvo in quell’oscurità così densa da potersi quasi tastare con le mani. Potevo sentire un odore putrido, come quello del sangue. Impugnavo il kunai, poi svoltavo, non so precisamente dove… tutto era così oscuro; pareti immaginarie erano costruite da quel nero. Mi ritrovavo in una stanza… ed eccolo lì, vedevo Sasuke. Il mio Sasuke.
 
Da alcune notti, il sogno iniziava a cambiare. Pochi frammenti di incubo venivano riscritti, cambiando non radicalmente, ma solo in parte, il finale di quella visione: c’era, come sempre, il ragazzo che amavo. Però… delle esili braccia lo avvolgevano. La figura che stava osando abbracciarlo era coperta dall’oscurità, ancora quell’odiosa oscurità. E l’odore di sangue fresco si faceva più forte, più vivo.
Proprio in questo punto mi svegliavo, con le narici colme di quel nauseante olezzo.
Evitavo di parlarne con altri, non perché non volessi, ma perché ero ignorata.
Forse l’unica persona con cui potevo discuterne era proprio Naruto. Naruto, Naruto… era da alcuni giorni che nemmeno lui mi rivolgeva più la parola. Non capivo cosa stesse succedendo.
 
Mi ritrovai in uno stato di dormiveglia all’incirca un’ora dopo: prima dovetti riprendermi, bevendo un bicchiere d’acqua.
«Traditrice», dicevano delle voci. «Posso capire l’odio che provi, ma… sei arrivata a questo punto, Sakura-chan?» Naruto! Era la voce di Naruto!
Caddi addormentata pochi minuti dopo.
E rieccomi nel buio più totale: l’avevo già calcolato, assurdo!
Tornai all’incrocio, guidata da una voce femminile piuttosto aggraziata:
«Sei così dolce, sei così dolce! Molto dolce…», ripeteva.
Mi sporsi per vedere cosa potesse mai esserci lì.
Sussultai: sì, non mi sbagliavo: era la sua voce!
Una figura dai lunghi capelli biondi stava baciando le guance di Sasuke, sporche di sangue. Anche la sua gola era pregna di sangue, sangue rosso e odoroso.
Fui scoperta, e quella si voltò: «Sakura… anche tu qui? Che coincidenza! Vuoi unirti a noi?», domandò.
Scostò poi quel ciuffo platinato, rivelando macchie di sangue su tutta la guancia.
Perché? Perché sta facendo tutto ciò?, mi domandavo.
«Suppongo di no…» si rispose, quasi delusa. «Va bene, vorrà dire che ti costringerò. Inizia ridandomi ciò che mi appartiene.» Assunse un tono serio, ed indicò quello: sì, il kunai con il nastro cremisi. «Traditrice. Posso capire l’odio che provi, ma… sei arrivata a questo punto, Sakura?».
Non mi sbagliavo, questa volta la voce era proprio la sua.
Osservai l’arma che stringevo involontariamente. Poi rivolsi il mio sguardo a quella psicopatica, e lo posai nuovamente sul kunai che… non c’era più!
«Sasuke-kun l’ha regalato a me. Non ti è bastato rubarmi il suo amore? Vuoi rubarmi tutto ciò che mi lega a lui, quindi…» Esitò.
Provai, invano, a risponderle. Ma le parole non uscivano, e sentivo un forte dolore ai polmoni, alla gola, al cuore.
«Ti porterò dove si trova lui, se questo può renderti felice.» Quelle ultime parole, quasi, le urlò.
Magicamente il kunai si trovò nelle sue mani, e lo vidi scagliarsi sul mio petto, in prossimità del cuore.
Mosse ancora le labbra: «Addio, Sa… ku… ra».
È la fine, pensai. È la fine di quest’incubo.
Spalancai gli occhi: ero ancora nel mio caldo letto. Diedi un’occhiata alla mia destra: tutto normale. Guardai poi alla mia sinistra… ed ecco il kunai, pieno di sangue.
Sentivo uno strano calore in me. Mi osservai allo specchio e… giusto il tempo di accorgermi di una grossa macchia rossastra sul mio pigiama bianco, che quella poca aria che a malapena riuscivo a respirare, svanì del tutto, senza che me ne accorgessi.
Accasciata a terra, vidi il rosso. Il rosso della mia maglietta preferita; il rosso del nastro; il rosso del sangue.
E poi di nuovo nero, di nuovo l’oscurità.
 
 
  
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