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Autore: Gan_HOPE326    09/09/2008    26 recensioni
[ATTENZIONE: A GRANDE RICHIESTA (?) ARRIVA IL SEGUITO DE “I VECCHI METODI SONO SEMPRE I MIGLIORI”!]
Volete un buon motivo per leggere questa fanfic? Ce ne sono tanti. Ad esempio, se vi è piaciuta “I vecchi metodi sono sempre i migliori”, questa vi piacerà ancora di più. Non vi basta?
In questa fanfic ci sono Light Yagami, la sua adorabile sorellina Sayu e quel vecchio marpione di Ryuk. Non è sufficiente?
In questa fanfic ci sono anche i Tokyo Hotel, il bambino di “Mamma ho perso l’aereo” e il signor Spock di Star Trek. Non siete ancora convinti?
Ok, sentite questa. Conosco i vostri volti e i vostri nomi ed ho un piccolo quaderno nero tra le mani.
Leggete e commentate, è un consiglio da amici.
Genere: Parodia, Demenziale, Comico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altri personaggi, L, Light/Raito, Ryuuk
Note: Cross-over, What if? (E se ...) | Avvertimenti: nessuno
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Seduta alla scrivania del fratello, Sayu Yagami era immersa in profonde meditazioni su domande e concetti di portata universale

Questa fanfiction, scritta per il concorso del forum sul genere demenziale, è il seguito de “I vecchi metodi sono sempre i migliori”. Se non l’avete letta vi consiglio di farlo prima di cominciare questa; nel caso in cui non vogliate farlo, vi riassumo giusto quanto serve per capire la situazione…

In pratica, Elle ha scoperto la vera identità di Light mentre ancora erano colleghi di università, dopodichè è morto. Fine della storia.

Leggete e commentate, gente XD!

 

 

 

 

 

Seduta alla scrivania del fratello, Sayu Yagami era immersa in profonde meditazioni su domande e concetti di portata universale. Rifletteva sulla vita, sulla morte, sul tempo, sull’amore e sul vero senso del bene e del male. Sfortunatamente, nessuna di queste considerazioni l’avrebbe aiutata a finire i compiti di matematica che le resistevano ostinatamente ormai da più di sei ore.

-         E allora, si può sapere quanto fa due più due? – strillò infine la ragazzina, armeggiando furiosamente con la calcolatrice.

Il suo cellulare squillò.

-         Pronto? – rispose stizzita.

-         Sayu

La voce dall’altro lato del telefono era calda, tenera, ma resa esitante dalla timidezza.

-         Chi parla?

-         Sayu, io… ti amo.

Sayu restò paralizzata. Di chiunque si trattasse, questa era un’occasione da cogliere al volo. L’ultima volta che era riuscita ad avere un ragazzo faceva la prima elementare e non sapeva ancora fare le addizioni.

Ora, invece, andava alle medie.

E non sapeva ancora fare le addizioni.

-         Chi sei? – chiese esitante.

-         Forse ti ricordi di me: sono nella classe accanto alla tua. Ti sto a guardare per tutto il tempo, durante la ricreazione, ma non ho mai avuto il coraggio di parlarti.

-         Ah, si! Ho capito! – esclamò Sayu.

Certo, se lo ricordava bene. Un ragazzo dai capelli scuri, il naso sottile, molto carino. Sayu aveva il suo volto bene in mente.

-         Però non so nemmeno come ti chiami.

-         Io… mi chiamo Hikaru. Hikaru Matsumoto.

-         Aspetta un momento! – fece Sayu ridacchiando imbarazzata – Il fatto è che io questi nomi giapponesi non riesco mai a ricordarli…

-         “Questi nomi giapponesi”? Ma, scusa, sei straniera?

-         No, no! E’ che la nostra è una lingua complicata, non trovi? Insomma, tutti quei disegnini al posto delle lettere, e si pronunciano pure in modo diverso a seconda della posizione, ecco! Perciò ti dispiace darmi un secondo? Mi prendo un appunto su questo foglietto strappato che ho trovato del tutto casualmente abbandonato sulla scrivania di mio fratello… ecco… hai detto… Hikaru Matsumoto, giusto?

-         Sì.

Sayu scrisse velocemente il nome.

-         Bene, è… fantastico, davvero! Non vedo l’ora di incontrarti, così potremo… beh…

-         Sì, beh… sarebbe grandioso.

-        

-        

-         Hikaru, amore mio?

-         Sì?

-         Mi dici quanto fa due più due?

-         Cinque… credo.

L’amore che già Sayu sentiva di provare per quel ragazzo crebbe a dismisura, alimentato dalla gratitudine. Adesso le restavano solo altre dieci pagine di operazioni.

Non dissero più nulla. Restarono così, al telefono, in attesa. Certe volte l’amore non ha bisogno di parole. Restarono a pensare l’uno all’altro, a sognare la loro futura felicità.

Per circa quaranta secondi.

-         Sayu, ascolta… - cominciò Hikaru.

Si udì un rantolo, un tonfo, poi tutto tacque.

-         Hikaru? – provò a chiamare SayuHikaru, amore? Ci sei…?

Nessuna risposta.

 

 

Il mondo ideale che l’umanità attende da secoli sta finalmente per arrivare!

Perché ci ha messo tanto?

Beh, c’era traffico…

 

CHIRA’S CHINGDOM

(un nuovo delirio di Gan_HOPE326)

 

Era tardo pomeriggio quando Light rientrò a casa, soddisfatto quanto non mai, dal momento che quel giorno era finalmente riuscito a fare ciò che più desiderava da mesi, ormai: uccidere Elle. Certo, la sconfitta di un uomo che era stato il suo più grande nemico e, bisognava ammetterlo, anche il suo più degno avversario portava con sé un sapore amaro e molti rimpianti.

“Avrei potuto trascinare il suo corpo con un carro intorno alle mura della città” pensò Light, triste all’idea dell’occasione perduta. Ma quel che era fatto era fatto.

Suonò alla porta di casa e sentì distintamente i passi veloci di Sayu che veniva ad aprirgli.

La maniglia girò.

-         Ciao, Sayu, sono torna…

-         AAAAHHHH! UN MOOOOSTROOOO!!!

La porta si richiuse bruscamente in faccia al ragazzo, che si guardò intorno perplesso. Al suo fianco svolazzava il sempre fedele dio della morte Ryuk.

Light si fissò a lungo le mani.

Se le passò tra i capelli.

Si toccò il viso.

Infine disse, sinceramente preoccupato:

-         Ryuk, sono diventato così brutto? Non vorrei perdere il mio proverbiale fascino… è un elemento fondamentale nel mio piano di conquista del mondo.

-         Non temere, Light. – sghignazzò Ryuk – Sei sexy come sempre.

-         Meno male! Il fatto è che a stare sveglio tutta la notte a scrivere nomi di criminali mi sono venute certe occhiaie che sembrano quelle di Elle.

Sospirò. Quanti sacrifici bisognava fare per diventare un dio!

-         Comunque – ricominciò – mi sa che faccio meglio a non pensarci troppo. Sayu è una mente semplice, deve avere avuto una delle sue crisi mistiche.

-         Capita spesso che si metta ad urlare quando uno di voi torna a casa? – indagò Ryuk.

-         Una volta ogni anno, più o meno. A Natale scorso è saltata addosso a papà cercando di trafiggerlo con un paletto di frassino.

Sospirò e tirò fuori le chiavi dalla tasca per aprire la porta da sé. Entrò in casa, salutò la madre che guardava la TV, si diresse alle scale per raggiungere la propria stanza. Trovò Sayu rannicchiata in un angolino che mormorava parole senza senso e muoveva la testa su e giù.

-         Sayu

La ragazzina alzò lo sguardo, cacciò un altro urlo e scappò velocissima in camera sua.

-         Durano sempre così tanto, le crisi? – chiese Ryuk, sempre più incuriosito dall’incredibile complessità della mente umana.

-         No, a meno che non ci sia la luna piena. – rispose Light, preoccupato – Temo che ci sia qualcosa sotto.

-         Forse si droga.

-         Ma figurarsi! E’ tanto candida che se qualcuno le offrisse una canna lei risponderebbe che non sa pescare.

-         Allora magari è me che vede.

-         Te, Ryuk? Non diciamo assurdità! Per riuscirci dovrebbe aver toccato il Quaderno della Morte, o almeno un suo frammento, e come avrebbe mai potuto farlo? Il Quaderno è chiuso nel mio cassetto; ieri ne ho strappato tre pezzettini, uno l’ho messo nel mio portafoglio, uno nello scomparto segreto del mio prodigioso orologio e uno…

Ryuk deglutì.

-         …uno l’ho lasciato a te chiedendoti di sistemarlo in un posto sicuro. – disse lentamente Light, piantando due occhi freddi come il ghiaccio in quelli del dio della morte.

-         Credevo che la tua scrivania fosse un posto sicuro! – protestò quello – Non ci mette mai le mani nessuno!

-         RYUK! – ruggì l’altro – Prega che non scopra mai il modo di uccidere un dio della morte, o ti giuro che…

-         D’accordo, d’accordo! Non ti scaldare, Light, e cerchiamo una soluzione. Che facciamo?

-         Ah, no, caro mio. A questo ci pensi tu! Possibile che quando si tratta di usare il cervello debba sempre essere io a scomodarmi? Ora tu ti spremi quella testolina verminosa e trovi un modo di convincere Sayu che la tua esistenza è razionalmente giustificabile. Razionalmente! Il che esclude cose del tipo alieni, demoni, mutanti e, ovviamente, dei della morte.

-         Ma Light… - piagnucolò Ryuk.

-         Niente “ma”! PEN-SA-RE! Voglio una spiegazione plausibile e convincente, e la voglio entro SESSANTA MINUTI!

 

 

Esattamente un’ora dopo, Light Yagami e Ryuk stavano impettiti davanti alla porta della stanza di Sayu. La ragazzina aveva aperto solo uno spiraglio e ora sbirciava fuori, tremante.

-         C-c-che vuoi, Light? Pe-perché ti porti appresso quel… quel… coso?

-         Sayu, lui non è un coso. E’…

Light si asciugò la fronte sudata. Era rosso in viso e gli tremava la voce. Pronunciò il resto della frase in fretta e furia:

-         …è Ryuk, il nuovo vocalist dei Tokyo Hotel, che subito dopo essere entrato nel gruppo ha saputo che tu sei la loro fan numero uno ed ha deciso immediatamente di correre qui ad incontrarti.

Plausibile e convincente, appunto.

Sayu aprì appena un po’ di più la porta. Era incuriosita, ma ancora leggermente sospettosa.

-         Ma scusa, come sarebbe, il nuovo vocalist? Che ne è stato di Bill Kaulitz?

Light sfiorò leggermente l’ala destra di Ryuk, un segno che, nel linguaggio gestuale che avevano prestabilito, significava “ora parla tu”.

-         Non è più tra noi, purtroppo. – intervenne il dio della morte. I suoi sghignazzi si addicevano poco al terribile lutto che aveva colpito il gruppo del quale era appena entrato a far parte – Sopraffatto dalla vanità delle cose di questo mondo, ha voluto compiere un ultimo atto da artista e si è suicidato infilando le dita in un tostapane elettrico.

Light tirò un violento calcio sui piedi di Ryuk, un segno che, nel linguaggio gestuale che avevano prestabilito, significava “questa cazzata non se la beve nemmeno quella deficiente di mia sorella”. Ryuk però lo rassicurò sorridendo malizioso e indicando il proprio Quaderno della Morte, che teneva allacciato alla cintola.

-         Ma sei sicuro che le cose siano andate così? – indagò Sayu.

-         Assolutamente. Prova a guardare le ultime notizie su internet.

Sayu richiuse la porta e corse al computer.

-         Ragazzi, a tavola! La cena è pronta! – chiamò Sachiko dal piano sottostante.

Light cominciò a scendere le scale. Era quasi al piano terra quando un urlo atroce riempì la casa:

-         BILL, NOOOOOOO!!!

 

-         ed ecco un altro passante da intervistare. Regia, mostrateci un bel primo piano! Buongiorno, signore, lei è?

-         Uh?

-         Potrebbe dirci il suo nome? Siamo della TV.

-         Ah. Mi chiamo Akira Yabe.

Il nome apparve in sovrimpressione sullo schermo, a caratteri cubitali.

-         Bene. Ci può dire cosa ne pensa di Kira, signor Yabe?

L’intervistato guardò un po’ stralunato verso l’obiettivo della telecamera, che stava inquadrando perfettamente il suo viso.

-         Penso che sia un vero giustiziere. Una figata. – disse brevemente, per poi fuggire come un lampo e infilarsi nella folla che sciamava verso la metro.

-         Avete sentito, amici telespettatori? Ancora una volta, le inchieste imparziali ed obiettive di Sakura TV portano alla luce una grande verità: il 100% dei giapponesi apprezza e ama Kira! Infatti tutti coloro a cui abbiamo rivolto questa domanda hanno risposto allo stesso modo. A voi la linea, studio!

-         Grazie. Passiamo adesso…

Mentre la TV trasmetteva il telegiornale della sera, in casa Yagami ci si sedeva a tavola per mangiare. L’atmosfera era idilliaca, un piccolo mondo di perfetta felicità familiare, e le uniche cose che riuscivano appena ad incrinarla erano l’assenza del padre Soichiro, la lieve crisi depressiva della piccola Sayu, in lutto per il suo amato cantante appena trapassato, e il fatto che il figlio Light scribacchiasse complessi schemi sul tovagliolo per elaborare nuovi e perfetti piani di sottomissione del pianeta. Escluso questo, tutto era pace e serenità.

E presto anche il volto di Sayu abbandonò la tristezza e si illuminò tutto: quando vide Ryuk e si rese conto che, va bene, il vecchio cantante era morto, ma quello nuovo era lì, in casa sua, e tutto per lei!

-         Ryuk – disse, un tantino emozionata – Ti fermi a cena con noi, stasera?

-    ;     Naturalmente. – confermò Light per lui – Dì alla mamma di preparare un posto in più.

Ryuk guardò il ragazzo stranito.

-         Light, ti ricordo che Sayu può vedermi, ma tua madre no! O hai intenzione di fare toccare il Quaderno anche a lei?

Light alzò gli occhi, folgorato:

-         Ehi, potrebbe essere un’idea! Così, in più, se mai la polizia lo trovasse, ci sarebbero le SUE impronte digitali e incolperebbero lei!

-         Light! – esclamò Ryuk, scandalizzato – Non puoi fare una cosa del genere! E’ tua madre, accidenti!

L’altro annuì, pensieroso.

-         Hai ragione, Ryuk. Visto che siamo parenti, ci metterebbero poco ad arrivare a me, partendo da lei. Ad ogni modo, non era questa la mia idea. Tu siediti e limitati a non mangiare nulla, d’accordo? Altrimenti mia madre vedrebbe i cibi muoversi da soli.

Il dio della morte era poco convinto, ma non fece altre domande. Si sedette accanto a Sayu, che dal canto suo squittì entusiasta.

-         Mamma, ma hai visto chi abbiamo qui? Hai visto? Il nuovo cantante dei Tokyo Hotel! Si chiama Ryuk!

Sachiko guardò il posto vuoto con occhi dubbiosi. Rivolse uno sguardo interrogativo a Light, che scosse tristemente la testa.

-         Capisco, Sayu. – mormorò la donna, intenerita – Capisco. Siamo felici di avere Ryuk con noi.

Povera ragazza! Un po’ la solitudine, un po’ i traumi, un po’ l’innata precarietà delle sue sinapsi, non c’era da stupirsi che avesse finito per crearsi un fidanzato immaginario. Capita, a quell’età.

Sachiko andò in cucina e poco dopo tornò portando un grande vassoio coperto da una cupoletta di metallo. Ryuk rimuginava tra sé e sé.

“Peccato non poter mangiare. Avrei proprio voglia di una…”

La cupoletta si sollevò. Ryuk sbarrò gli occhi. Un filo di bava gli scese dalla bocca. Sul vassoio stava una grassa porchetta arrosto

…con una rossa, succosissima mela in bocca.

-         Light… - biascicò il dio della morte.

-         Controllati, Ryuk.

-         Buon appetito, ragazzi! – esclamò gioviale Sachiko.

Fece le porzioni e le distribuì. Light, essendo il protagonista maschile di uno shonen manga, non poté fare a meno di mangiare velocemente, ingozzandosi in pochi secondi di quantità industriali di cibo e spolpando la carne fino all’osso. Francamente, trovava disgustoso e poco appropriato quel genere di comportamento, ma si sa che fa tanto ridere i lettori. Sayu e Sachiko iniziarono a servirsi in modo normale. Ryuk, ovviamente, non toccò nulla.

-         Non mangi, Ryuk? – chiese Sayu.

-         Eh, no… sono… a dieta, eh!

-         Già, che strano, non mangia. – disse condiscendente Sachiko – Già, non mangia.

-         …e adesso un servizio in diretta da Nagano, dove un drappello di lavoratori ha inscenato una clamorosa protesta. Assistiamo infatti al primo sciopero dei boia, che a causa dell’avvento di Kira rischiano di restare disoccupati, non avendo più condannati a morte da giustiziare. Sentiamo il leader del loro movimento.

-         Innanzitutto, noi non amiamo essere chiamati “boia”. – disse un omaccione corpulento vestito in giacca e cravatta – Preferiamo una definizione più politicamente corretta. Noi siamo “terminatori giudiziari delle funzioni vitali”.

-         Bene, grazie del suo intervento. Oltre a chiedere vigorosi interventi contro Kira, che essi ritengono un male per l’economia e la società, i terminatori giudiziari delle funzioni vitali chiedono l’abolizione di espressioni potenzialmente offensive quali “BOIA mondo”, “porco BOIA” e “l’Orlando Innamorato è stato scritto da Matteo Maria BOIArdo”…

-         Che schifo,sto TG. Queste non sono nemmeno notizie. – fece disgustato Light.

-         Curioso. – commentò SachikoDici così ogni volta che parlano male di Kira. Che strana coincidenza, eh?

-         Già, mamma, proprio strana.

Continuarono a mangiare. Finita la carne, Sachiko sparì di nuovo in cucina portando con sé il vassoio e la fatidica mela.

-         Meno male. – disse Ryuk, tirando un sospiro di sollievo – Non resistevo più.

-         Arriva la frutta! Ecco a voi la macedonia speciale di Sachiko Yagami, realizzata mescolando mele fuji, mele imperatore, mele delizia, mele golden e succo…

“Di limone?” implorò mentalmente Ryuk, che già sentiva i primi spasmi della crisi di astinenza.

-         …di mela! – concluse la donna.

“D’oh!”

-         E per chi è abbastanza grande da bere alcol, potete annaffiare tutto con del delizioso sidro.

-         Light, cos’è il sidro? – domandò Ryuk.

Non gli interessavano davvero le bevande in uso presso gli umani, sperava solo che fare conversazione lo avrebbe aiutato a distrarsi.

-         Un liquore a base di mele, Ryuk.

Vano tentativo.

Mentre la macedonia veniva versata in larghe coppette di ceramica, Ryuk soffriva come mai gli era successo in vita sua. Faceva di tutto per mantenere il contegno e impedirsi di fare la verticale e cominciare a ballare l’hully gully sulle palme delle mani.

La frutta finì. Ryuk sentì i brividi attenuarsi.

-         E adesso, il dessert…

Finalmente, la crisi si allontanava.

-         …UNA GUSTOSISSIMA TORTA DI MELE!

-         Ryuk, – chiese Sayu, fissando incuriosita il dio della morte – ti capita spesso di fare la verticale e ballare l’hully gully sulle palme delle mani?

-         Come no! – rispose lui, senza smettere di danzare goffamente – E’ di gran moda, tra noi musicisti europei.

-         Ah, come siete avanti voi occidentali… - sospirò la ragazzina.

-         …ora, per la nostra rubrica “Tecnologia in casa”, una questione di scottante attualità. Come si fa ad usare correttamente un tostapane elettrico, e quali sono i pericoli che questo elettrodomestico presenta? Ce ne parla l’ingegner Kabuki

-         Grazie. Come vi mostrerò, usare un tostapane può sembrare molto semplice, ma si tratta invece di una pratica che richiede grande esperienza e conoscenza tecnica. Come vedete, questa fessura, qua sopra, è fatta per infilarci due, e solo due!, fette di pane. Perciò non metteteci le dita! Lo dico soprattutto a voi bambini, a casa. Mai mettere le dita in questa…

-         Grazie, ingegnere, la sua spiegazione è stata illuminante. Passiamo adesso a…

La cena era ormai finita. Sachiko stava sparecchiando la tavola, aiutata da Sayu. Al piano di sopra, nella stanza di Light, dove il ragazzo si era immediatamente ritirato assieme a Ryuk, stava avendo luogo una furiosa discussione.

-         Non se ne parla, Light! No, no e poi no!

-         Mi dispiace, Ryuk. Devi stare al gioco o salta tutto.

-         NON VOGLIO! Ti ricordo che potrei scrivere il tuo nome sul mio quaderno in qualunque momento, se mi aggradasse, e se tu mi costringi a fare una cosa del genere, allora io…

-         Dacci un taglio, Ryuk. – fece Light con superiorità – Stai bluffando. Se mi uccidessi dovresti tornartene nel mondo degli dei della morte, ad annoiarti giocando a Carriban per l’eternità.

Il Carriban, per chi non lo sapesse, è un gioco di carte tradizionale del mondo degli dei della morte. Si gioca con un mazzo di quaranta carte; ogni giocatore, a turno, pesca una carta. Quando il mazzo finisce vince chi ha più carte in mano.

In genere le partite si concludono in parità. Per questo è tanto noioso.

-         E va bene! – sbuffò Ryuk – Solo per questa sera, farò come dici tu. Uscirò con tua sorella Sayu.

-         Bravo. Così lei non sospetterà niente. E mentre voi sarete via, io farò qualcosa di fondamentale per la riuscita del mio piano definitivo per piegare il mondo al volere di Kira.

Ryuk tese le orecchie, smanioso di conoscere ogni dettaglio:

-         E di che si tratta? Ricatterai un capo di stato? Sterminerai i vertici della polizia? Prenderai il controllo dei mezzi d’informazione?

-         Niente di tutto questo, Ryuk. – fece Light, con uno sbadiglio – Mi limiterò a fare un pisolino.

Il dio della morte strabuzzò gli occhi e squadrò il ragazzo da ogni lato. Gli poggiò una mano sulla fronte, preoccupato, dopodichè gli tastò il polso. Light se lo scrollò via di dosso, seccato:

-         Insomma, anch’io sono umano, no? Non fare tanto il sorpreso. Sono tre giorni che non chiudo occhio, ho bisogno di riposo. Tu va’ pure fuori con Sayu, distraiti un pochino anche tu. Io dormirò almeno un paio di orette. Quando tornerai, di notte, sarò di nuovo in forma, e allora sì che comincerà il vero divertimento! Il pianeta intero si ricorderà di questa sera!

E Ryuk, incuriosito:

-         Perché? Cosa faremo questa sera, Light?

-         Quello che facciamo tutte le sere, Ryuk

Light tese i muscoli facciali allo spasimo; gli occhi gli si illuminarono di una strana luce; i nervi furono scossi da brividi incontrollabili:

-         …TENTARE DI CONQUISTARE IL MONDO!

E partì con una clamorosa risata diabolica. Rideva quando Sayu aprì la porta chiedendo a Ryuk cos’aveva deciso. Rideva quando Ryuk disse sì, va bene, andiamo pure. Rideva quando la porta si richiuse. Rideva mentre sua madre augurava buon divertimento a entrambi e li salutava. Rideva…

-         Congratulazioni! – esclamò l’incaricato del Guinness dei Primati – Oggi, lei si è aggiudicato il record per la Risata Diabolica Più Lunga. Complimenti ancora, e auguri per il futuro!

Imbarazzato ed emozionato, Light ringraziò, prese il premio e lo mise sulla sua mensola dei trofei, tra un Nobel per la Fisica e un Telegatto. Dopodichè si gettò sul letto, spense la luce e si addormentò.

E cominciò a sognare…

 

La Light Yagami’s Dreams Productions è lieta di presentarvi…

 

Dopo il clamoroso successo di “Mamma ho perso l’aereo”!

Dopo i modesti apprezzamenti suscitati da “Mamma ho riperso l’aereo”!

Dopo il discreto flop di “Mamma ho preso il morbillo”!

Dopo la scioccante scoperta, fatta proprio l’altro giorno su Wikipedia, dell’esistenza di un quarto film della serie che si intitola “Mamma ho allagato la casa” e che, vi giuro, non avevo mai nemmeno sentito nominare…

 

Mamma ho trovato un Death Note

 

Quando Kevin McCallister si chiuse nella propria stanza, sbattendosi dietro la porta con violenza, era più che arrabbiato. Era proprio furioso. Perché la sua famiglia doveva essere sempre, sempre così irritante?

-         Vorrei proprio andarmene da questa casa! – esclamò.

In effetti, avrebbe anche potuto farlo. Giunto al quinto film, ormai Kevin aveva trentun anni, e nulla gli impediva di trovarsi un lavoro e una casa propria. Se non lo faceva era perché gli sarebbe sembrata una soluzione troppo banale al suo problema.

-         Ciao, bambino!

Quella voce, suadente e calda, era giunta nella stanza assieme ad un soffuso chiarore dorato. Kevin si voltò e, meraviglia!, vide sospeso a mezz’aria un giovane dall’aspetto incredibilmente attraente, dallo sguardo che lasciava trasparire un’intelligenza più che umana, dai curatissimi capelli castani, aggraziato nei movimenti, con un’espressione magnanima e saggia e…

-         Grazie. – intervenne il ragazzo, con sufficienza – Ma lo so già, che sono il migliore. Passiamo pure avanti.

-         Tu chi sei? – chiese Kevin, ammaliato.

-         Io? Io sono il Divino Kira, bambino, e…

-         Perché mi chiami bambino? Guarda che ormai sono un adulto.

-         Piccolo, ma certo, sei diventato bello grande. Però, bambino…

-         Bello grande? Ho passato i trent’anni e…

-         SE DICO BAMBINO, TU SEI UN BAMBINO, PORCO CAZZO! NON CONTRADDIRMI!

Di fronte allo scatto d’ira della saggia ma suscettibile divinità, Kevin si ritrasse. Kira lo osservava severo dall’alto. Provò ad avanzare un’obiezione:

-         Però, se io sono un bambino, non dovresti usare parole come “cazzo” quando ti rivolgi a m…

-         ALLORA SEI STUPIDO! ALLORA SEI PROPRIO STUPIDO! CHE COSA TI HO DETTO? DI NON CONTRADDIRMI!

Kevin chinò la testa e tacque.

-         Molto bene, spero che questo punto sia chiaro. – fece Kira, seccato – Passiamo a cose più importanti, come la ragione per cui un essere supremo come me degna un insetto come te della sua presenza. Ascoltami, bambino: io sono qui per esaudire tutti i tuoi desideri!

Gli occhi di Kevin si illuminarono:

-         Davvero? Tutti? Qualunque cosa?

-         Qualunque cosa. – confermò sorridente il dio del nuovo mondo – Guarda: grazie al mio Quaderno della M… ehm… della Magia dei Desideri, tutto ciò che vuoi potrà trasformarsi in realtà.

-         Fantastico! Vorrei proprio che facessi qualcosa per la mia famiglia, allora. Non li sopportò più.

-         Oh, davvero, povero bambino? – chiese Kira, pieno di interesse e commossa compassione – Parla, raccontami, sfogati pure.

-         Mi trattano sempre malissimo, come una pezza da piedi. Per esempio, oggi è venuto da me il maggiore dei miei fratelli e mi ha detto “Guarda là!”. Io l’ho fatto, lui mi ha dato uno schiaffo ed è scappato via gridando “Scemo!”. Poi è arrivato il secondo più grande e mi ha detto “Guarda su!”. Io l’ho fatto, lui mi ha dato una sberla ed è scappato via gridando “Scemo!”. Poi è arrivato il terzo e mi ha detto “Guarda giù!”. Io…

-         Va bene, va bene. – Kira sbuffò. L’interesse e la compassione scemavano rapidamente – Alla fine che è successo?

-         Alla fine sono andato dalla mamma. Le ho detto che ero arrabbiato con i miei fratelli. Le ho detto che li odiavo! E lei mi ha risposto “Odiare è una parola bruttissima, Kevin. Non devi dire una cosa del genere: sono sicura che, in fondo in fondo, tu vuoi ancora bene ai tuoi fratelli. Guarda dentro al tuo cuore…”

-         Capisco. E tu?

-         Io l’ho fatto, lei mi ha dato un manrovescio ed è scappata via gridando “Scemo!”.

Kira restò dolorosamente sorpreso dal racconto delle disavventure del suo protetto. Scosse la testa, rattristato, e rivolse a Kevin uno sguardo comprensivo:

-         Allora, vuoi che risolva il tuo problema? Esprimi un desiderio.

-         Sì, Kira. Io vorrei che la mia famiglia sparisse!

-         Bene, sarà fatto.

Il dio aprì il quadernetto nero che teneva nella mano destra, estrasse una penna dal taschino e si preparò a mettersi all’opera.

-         Se potessi portarmi un vostro album di famiglia con le foto e i nomi di tutti voi, Kevin, mi faresti un grosso piacere. – disse poi, con un sorriso largo ed amichevole.

 

 

-         Kira?

-         Sì, Kevin?

-         Io mi annoio.

Buttato sul divano, con un secchiello di pop-corn innaffiati di burro d’arachidi, sciroppo d’acero e lubrificante per auto al fianco, Kevin stava guardando alla TV la millequattrocentotrentanovesima puntata della serie “Dr.House”. Il luminare era alle prese con un gravissimo caso di verruca alle dita dei piedi, e contemporaneamente doveva cercare di salvare l’ospedale dalle grinfie di un malefico clown che, con la scusa della terapia dell’umorismo, aveva fatto occupare le sale operatorie da una ventina di scimmie e due elefanti.

-         Che vuoi dire con “mi annoio”?

-         Che mi annoio. Tu hai fatto sparire la mia famiglia; il fatto è che di solito, a questo punto, succedono delle cose divertenti, come una banda di ladri incapaci che cerca di svaligiarmi la casa.

-         Ah. E tu trovi che il crimine sia divertente? – chiese Kira, con una punta di disapprovazione.

-         Beh, sì. Avevo già piazzato un po’ di trappole in giro per casa, ferri da stiro che cadono, lavatrici antropofaghe, bombe atomiche nel frigorifero, cose così.

Il dio sorrise.

-         Capisco. Anch’io ho sempre amato disseminare la mia stanza di trappole incendiarie.

Su di un tavolino, davanti al divano, stavano una decina di lattine di birra e un pollo arrosto. Kira si abbassò fluttuando nell’aria per afferrarne una coscia, ma non trovò nulla con cui tagliare la carne.

-         Kevin – domandò – dov’è finito il trinciapollo?

-         L’ho preso io, mi serviva. – fece l’altro, sbadigliando – A proposito, se non vuoi sperimentare un nuovo taglio di capelli, non ti conviene entrare nella doccia.

-         Ok, me ne ricorderò. Però non dovresti essere triste perché non tentano di derubarti. Non capisci che la diminuzione del crimine è un grande vantaggio per tutti i cittadini onesti? E grazie a me il tasso di criminalità è diminuito dell’84%! Il che non solo comporta un notevole miglioramento della sicurezza, -67% degli omicidi e -98% delle rapine e dei furti in casa, ma anche altri benefici per tutto lo Stato. Ad esempio, sai che le spese di mantenimento del sistema giudiziario e penale sono calate del 74%? E che…

E fu così, travolto dal fiume di cifre che il Divino Kira gli riversava addosso con la passione di un candidato in campagna elettorale, che Kevin capì cosa fosse realmente la noia.

 

 

-         Kira?

-         Sì, Kevin?

-         Mi manca la mia famiglia.

Il dio del nuovo mondo guardò Kevin stranito. Questa, poi, non se la sarebbe mai aspettata. Come se a un cane mancassero le pulci.

-         Sono passati alcuni giorni ormai da quando l’hai fatta sparire. In genere mi succede sempre così, li voglio rivedere. Ma direi che non c’è problema…

Kira deglutì.

-         perché visto che tu puoi esaudire qualunque desiderio…

Kira cominciò a sudare freddo; si passò un dito nel colletto della camicia.

-         …puoi farli ricomparire subito, vero?

-         Ma cerr… certo… Kevin… - balbettò l’imbarazzatissima divinità – Lasciami solo il tempo di prendere il mio Quaderno della Mo… ehm… della Moglie del Salumiere…

-         Non era della Magia dei Desideri? – chiese perplesso Kevin.

-         QUANTE VOLTE DEVO DIRTI DI NON CONTRADDIRMI! Allora… il Quaderno, sì…

Kira prese Quaderno e penna, poi fece il gesto di scrivere qualcosa.

-         Ma mi sembra che tu non abbia scritto nulla, hai solo fatto fin…

-         COSA NE VUOLE CAPIRE UN MISERO UMANO DI QUESTE COSE! Allora, basta scemenze, Kevin. La tua famiglia riapparirà. Eccoli, stanno arrivando. Guarda dietro di te…

Kevin si voltò. Non c’era nessuno. Sentì un violento scappellotto arrivargli sul collo e una voce che si faceva sempre più distante:

-         Scemoooo

Un attimo dopo, del Divino Kira non c’era più traccia.

 

FINE (DEL PRIMO SOGNO)

 

-         Ryuk, cantami qualcosa.

Sayu e Ryuk erano seduti su una panchina del parco, tra gli alberi che vibravano dolcemente agitati dal vento e gli innamorati che si scambiavano effusioni, leccando i loro gelati (puffo e zuppa inglese per lei, mela cotogna per lui), quando la ragazzina se ne era uscita con quella richiesta.

Il dio della morte cadde dalle nuvole:

-         Cosa? Perché dovrei cantare?

-         Beh, sei un cantante, no? Fammi sentire qualcosa in anteprima, dai! Devi avere una voce da favola!

-         Eh, sì… hai ragione…

Ryuk venne attanagliato dal timor panico. In effetti, la sua era davvero una voce da favola. Assomigliava abbastanza ai rantoli agonizzanti di quegli sfortunati porcellini che, ignorando i principi più basilari dell’edilizia moderna, si erano fatti sbranare dal lupo.

Ma quando Sayu insisteva a chiedere qualcosa, non gliela si poteva negare.

-         Uhm… allora… ti canterò una ninna-nanna del mio paese, che ne dici?

-         Musica tradizionale, eh? Sì, dai, fammi sentire!

Esiste un vasto repertorio di ninne-nanne nel mondo degli dei della morte. Tuttavia, come è risaputo, gli dei della morte non dormono, né tanto meno possono avere figli piccoli. Perciò tale genere musicale, essendo del tutto superfluo, non si è evoluto un granché, nel corso dei secoli.

Ryuk si schiarì la voce e cominciò a strillare:

-         FIGLIO MIO, LA VUOI LA PAPPA?

VUOI LA PAPPA? VUOI LA PAPPA?

CON L’ASSENZIO E LA GIALAPPA,

LA GIALAPPA, LA GIALAPPA!

 

MAMMA MIA, SONO DEFUNTO,

SON DEFUNTO, SON DEFUNTO!

NON M’IMPORTA A QUESTO PUNTO,

A QUESTO PUNTO, A QUESTO PUNTO!

 

FIGLIO MIO, CHE COSA E’ STATO?

COSA E’ STATO? COSA E’ STATO?

TI SEI TUTTO SCREPOLATO,

SCREPOLATO, SCREPOLATO!

 

MAMMA MIA, IO SON CREPATO,

SON CREPATO, SON CREPATO!

ED I VERMI MI HAN TUTTO MANGIATO,

TUTTO MANGIATO, TUTTO MANGIATO!

 

FIGLIO MIO, CHE STAI DICENDO?

STAI DICENDO? STAI DICENDO?

TI STAI FORSE RIMBAMBENDO?

RIMBAMBENDO? RIMBAMBENDO?

 

MAMMA MIA, HO TIRATO LE CUOIA,

TIRATO LE CUOIA, TIRATO LE CUOIA!

E LASCIAMI IN PACE, PORCA TR…

Il dio della morte si bloccò all’improvviso, avvedendosi che qualcosa intorno a lui era cambiato. Gli alberi non vibravano più dolcemente: alcuni tremavano vistosamente, altri erano seccati. Comunque, non c’era più il vento a sospingerli, perché l’aria stessa sembrava essere caduta in coma. Gli innamorati erano fuggiti tutti, a parte due, che si erano sentiti male e adesso erano in un angolo a vomitare. Sayu fissava il suo amico con gli occhi sgranati e la schiuma alla bocca, chiari segni di un principio di attacco epilettico.

-         Ma dovresti sentire che miracoli fa il nostro fonico, poi. – disse Ryuk, con un sorriso imbarazzato.

 

(Nel frattempo…)

 

La Light Yagami’s Dreams Productions è orgogliosa di presentarvi…

 

Il mondo è cambiato…

Lo sento nell’aria.

Lo avverto nell’acqua.

Ma soprattutto, a Sakura TV non parlano d’altro.

 

Il Signore dei Quaderni

 

Tutto ebbe inizio quando il Fabbricante di Quaderni, il Signore Oscuro degli Shinigami, altrimenti noto come lord Pigna, creò i Grandi Quaderni. Tre di essi, con la copertina di Winnie the Pooh, vennero dati ai re degli Elfi, che amano le cose pucciose. Sette, in tinta unita, toccarono ai principi dei Nani, che desiderando solo oro, gemme e ricchezze li accettarono di buon grado. Solo Brontolo si lamentò un poco, perché li trovava brutti. E nove, nove quaderni con la foto di Ronaldinho che fa una rovesciata, vennero dati agli Uomini, che più di ogni altra cosa bramano il calcio. Ma tutti essi furono ingannati, per due ragioni. Primo, perché i quaderni avevano solo venti fogli, anziché i trenta che diceva la confezione; e secondo, perché in segreto lord Pigna creò un altro quaderno, piccolo, nero, più temibile di tutti gli altri. Esso era il Quaderno della Morte, e racchiudeva in sé un potere terribile: quello di uccidere colui il cui nome venisse scritto sulle sue pagine, purché chi lo scriveva conoscesse anche il volto della sua vittima. Servendosene, lord Pigna instaurò un lungo regno di terrore sul mondo. Allora gli uomini cercarono di resistergli e marciarono contro la sua fortezza con un vasto esercito. Tremò la terra e rimbombò il cielo al suono del cozzare delle loro spade! Caddero a migliaia i seguaci di lord Pigna, e l’Oscuro Signore in persona dovette scendere in campo, impugnando il suo micidiale Quaderno.

Affrontò il sovrano degli uomini, fissandolo a lungo dritto negli occhi.

Il re rispose con uno sguardo altrettanto determinato e minaccioso.

-         Come ti chiami, uomo? – chiese lord Pigna con voce di tuono.

-         Gorgon. – non poté fare a meno di rispondere il re, poiché il galateo del combattimento imponeva simili scambi di cortesie tra avversari, prima di passare a mozzarsi braccia e gambe.

Lord Pigna, svelto, mise mano al Quaderno e scrisse il nome. Il re cadde gloriosamente.

-         C’è qualcun altro? – ruggì l’Oscuro Signore – C’è qualcun altro che osa sfidarmi?

I cuori degli uomini furono presi dallo sgomento. Chi poteva opporsi a un tale spaventoso potere? Ormai sfiduciati, decisero di chiedere aiuto alle altre razze della Terra di Tre Quarti, sperando che l’unione delle loro forze potesse essere sufficiente a sopraffare il Male. Dapprima chiesero aiuto ai nani, ma quelli risposero che non potevano venire loro in soccorso, perché stavano andando, andando, andando a lavorar. Dopodichè si imboscarono tutti in una miniera.

Allora gli uomini cercarono il soccorso degli elfi, che desiderando solo la pace e la serenità del mondo risposero al richiamo e mandarono rinforzi. E fu così che la scena di prima si ripeté: il re degli elfi e il Signore Oscuro, uno di fronte all’altro, le rispettive armi in pugno, a fissarsi con occhi spietati in attesa di combattere.

-         Come ti chiami, elfo? – chiese lord Pigna con voce di tuono.

E quello cominciò:

-         Ethren di Mirthrir di Gandolien di Pershallant di…

Dal momento che il vero nome di un elfo comprende i nomi di tutti i suoi antenati fino alla trentesima generazione. Mentre lord Pigna sudava cercando di trascrivere quella sfilza di parole impronunciabili, Ethren (ci limiteremo a chiamarlo così) gli giunse vicino e gli spiccò la testa con un colpo di spada. Le ultime parole del Signore Oscuro morente furono:

-         Scusa, ma come si scrive “Pershallant”?

Così un grande male venne sradicato dal mondo. Ma non tutte le tracce di quella malvagità furono estirpate! Infatti sarebbe stata cosa saggia distruggere immediatamente il Quaderno, fonte di tante malefatte; ma, ahimé,  il cuore degli uomini si corrompe facilmente. Di mano in mano, di proprietario in proprietario, il letale oggetto venne conservato attraverso i secoli da coloro che in segreto ne bramavano il potere, pur non osando provarlo: e alla fine il Quaderno si smarrì, divenne mito o leggenda, e alcune cose che non avrebbero dovuto essere dimenticate andarono perdute…

 

 

-         Porca miseria, dov’è finito il mio raccogli-agrumi meccanico? L’ho perso!

In una pacifica regione di una lontana isola dell’Oriente, nota come Kantea, vivevano in tranquilla serenità alcuni simpatici esserini altrettanto pacifici: gli Hobby. Era stato loro dato questo nome in quanto la maggior parte di loro non aveva capacità intellettive sufficienti a fare niente di meglio che, ad esempio, collezionare francobolli. Un perfetto esemplare della specie era Tota Matsuda, il giardiniere che adesso vagava disperato alla ricerca della sofisticatissima apparecchiatura che aveva appena smarrito.

-         Padron Light, ha visto per caso il mio raccogli-agrumi meccanico?

Light Yagami sollevò gli occhi dalla scrivania per guardare il proprio fedele servitore, fuori dalla finestra.

-         Intendi – chiese – quel marchingegno infernale che fa più rumore di un aereo in fase di atterraggio, consuma tanta elettricità quanto una piccola cittadina e l’altro ieri mi ha dato l’eccitante possibilità di scoprire cosa significhi doversi arrampicare sul tetto di casa per ripulirlo da un migliaio di mandarini spiaccicati?

-         Proprio quello! L’ha visto?

-         No.

Matsuda fece una faccia delusa. Poi aguzzò la vista:

-         Padron Light, ma, se non sbaglio, c’è una cosa che brucia nel camino che gli assomiglia molto.

-         E’ un’impressione. – tagliò corto Light – Questi ceppi di legno hanno forme strane. Ora lasciami in pace, devo lavorare!

Light Yagami era, diversamente dal suo giardiniere, un esemplare alquanto insolito di Hobby. Era arguto e gran lavoratore, nonostante avesse una certa propensione all’instabilità mentale. Adesso, comunque, si stava semplicemente dedicando allo studio scolastico. Aveva un importante compito di letteratura, l’analisi di un testo poetico, da svolgere entro l’indomani, e così si era messo di buona lena, con il libro da un lato e un dizionario dall’altro, a rispondere alle varie domande una dopo l’altra scrivendo sul suo…

-         QUADERNO! – gridò improvvisamente una voce dalla cupezza sovrannaturale.

Light si voltò scioccato solo per vedersi di fronte un tipo incredibile. Bianco in viso, capelli neri, labbra larghe e scure, carico di ciondoli e gioielli dall’aspetto macabro. Uno così, senza dubbio, doveva essere un dio della morte.

O tutt’al più un membro dei Tokyo Hotel.

-         Il Quaderno! – ripeté ancora l’essere – Il Quaderno della Morte! L’Unico Quaderno! Finalmente l’ho trovato!

-         Chi sei? Come hai fatto ad entrare in casa mia? – Light era fuori di sé – Vattene subito via, mostro!

Quello ghignò.

-         Mi chiamo Ryuk, bello. Sono un dio della morte…

Meno male, pensò Light. Detestava i Tokyo Hotel.

-         …e vengo a darti una grande missione.

-         Una… missione?

-         Proprio così. Quel quaderno – e indicò il quadernetto su cui Light stava svolgendo il suo esercizio di letteratura – è “il” Quaderno, il Quaderno della Morte. Fabbricato da lord Pigna millenni or sono, smarrito e ora giunto a te per chissà quale via.

-         Non dire sciocchezze! Questo quaderno l’ho comprato in cartoleria due giorni fa.

-         L’hai “comprato”? Povero sciocco! L’Unico Quaderno non si fa “comprare”. Esso è dotato di volontà propria. Va dove vuole andare.

-         Questa è la stupidaggine più grossa che abbia mai sentito! – rise Light – Come fa un oggetto ad andare dove desidera?

-         Guarda. – rispose Ryuk, additando la scrivania.

Il Quaderno aveva tirato fuori due minuscole gambette e stava cercando di svignarsela alla chetichella. In fretta, Light prese un fermacarte e glielo buttò di sopra, immobilizzandolo.

-         Ora mi credi? – chiese il dio della morte.

-         Lo ammetto, qualcosina di strano c’è. Ma si può sapere che vuoi da me? Che è questa missione?

-         Il Quaderno – disse solennemente Ryuk – deve essere distrutto. E’ malvagio, e racchiude in sé la perfida volontà di lord Pigna. Esso, inoltre, corrompe l’animo di chi lo possiede. Non hai notato nulla di strano in colui che lo aveva prima di te?

-         In effetti – fece Light, pensieroso – il cartolaio non voleva darmelo, se lo teneva stretto e continuava a dire “il mio tesoro, il mio tesssoro”. Ma pensavo fosse uno stratagemma per tirare sul prezzo. – concluse.

-         Probabilmente era anche quello. Ma ciò non toglie che si tratti di un oggetto troppo pericoloso. Se restasse in giro, lord Pigna potrebbe averne sentore, e allora verrebbe a prenderselo. Col Quaderno in mano, il suo potere sarebbe di nuovo immane!

-         Lord Pigna? – Light era perplesso – Credevo fosse stato ucciso più di mille anni fa.

Ryuk si fece serio:

-         Lord Pigna – disse solenne – è tornato in vita.

-         Sì, certo, come no. – esclamò il ragazzo, sghignazzando – Mi immagino quante scartoffie all’anagrafe, allora, per far annullare l’atto di morte!

 

 

La fila era lunghissima, sterminata. Lo sportello sembrava distante come un’irraggiungibile stella del cielo. Con movimento furtivo, e con la malvagità che lo contraddistingueva, lord Pigna provò a scivolare di un paio di posti in avanti.

-         Ehi, in coda come tutti! – protestarono Sauron e Voldemort, all’unisono.

 

 

-         Non parlare di lui con tanta leggerezza. – ribatté Ryuk, severo.

-         Va bene, ho capito.

Light sospirò, rassegnato al suo destino.

-         In pratica, mi stai dicendo che dovrei prendere il Quaderno, partire assieme al mio fedele giardiniere…

Matsuda fece nuovamente capolino dalla finestra:

-         Padron Light, padron Light! Non ci crederà mai. Ho elaborato un nuovo tipo di cipolle, cipolle che fanno ridere!

-         Davvero, Matsuda? – chiese Light, con poco entusiasmo – Sorprendente. Di solito le cipolle fanno piangere.

-         Io però ho piantato i bulbi al contrario. – disse con un sorriso furbesco il giardiniere, quindi sparì.

-         …partire, dicevo, tutto solo, perché è meglio star soli che male accompagnati. – proseguì Light – Viaggiare per miglia e miglia, inseguito dai servitori di lord Pigna, attraversando territori in guerra, città assediate, miniere infestate di mostri, foreste di alberi parlanti, grotte abitate da ragni giganti, paludi fetide, infiltrarmi in territorio nemico per poter infine gettare il Quaderno in un vulcano?

-         No! – esclamò sorpreso Ryuk – Chi ha parlato di vulcani? Basta far questo.

Con un gesto veloce il dio della morte afferrò il Quaderno e lo buttò nel camino.

-         Fermo, che fai! – gridò Light.

La carta prese rapidamente fuoco. La copertina cominciò ad accartocciarsi. I fogli si arricciarono e annerirono in pochi secondi…

 

-         e così, professoressa, questa è la ragione per cui oggi non ho potuto portare il compito di letteratura. Mi dispiace.

Light Yagami tacque e si sedette al proprio posto.  

La professoressa lo fissò a lungo.

Light deglutì e abbassò lo sguardo.

Il volto della professoressa si imporporò.

Cominciò ad emettere vapore.

-         YAGAMI! – ruggì infine – Questa è la scusa più assurda, patetica e incredibile che qualcuno mi abbia mai inventato per non aver fatto i compiti! Non credere di passarla liscia perché sei il primo della classe! La legge è uguale per tutti, e quindi ti metto un bel DUE!

Il volto di Light si deformò in un urlo terrorizzato:

-         NOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOO!

 

FINE (DEL SECONDO SOGNO)

 

-         NOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOO!

Light si svegliò all’improvviso, col cuore che batteva all’impazzata. Si ritrovò in mezzo al letto, sudato, sfinito.

-         Mamma mia, che incubo. – sospirò.

Detestava sognare cose del genere, e  di solito non gli capitava. Solo quando mangiava pesante.

-         Saranno state le patatine “Più gusto”. – bofonchiò, quindi si buttò di nuovo sul letto e si riaddormentò in un istante.

 

La Light Yagami’s Dreams Productions non ha niente di meglio da fare che presentarvi…

 

Spazio, ultima frontiera. Questi sono i viaggi della nave spaziale Enterprise, partita in missione quinquennale per esplorare regioni di spazio sconosciuto, mappare i settori più lontani della galassia, incontrare nuove popolazioni e sterminare tutti gli alieni inutili e incivili che potrebbero opporsi al progetto dell’illuminato comandante della nave, il capitano Kira, di diventare il Dio del Nuovo Universo. E’ una storia di guerra e avventura, di uomini che sfidano l’ignoto per giungere coraggiosamente là, dove nessun giapponese è mai giunto prima.

E, una volta arrivati, fare qualche fotografia.

 

Star Trek

DNG - Death Note Generation

 

Diario del capitano, data stellare 37 Febbraio Settembrino 2008 e mezzo, ascendente Capricorno. L’intero equipaggio è in allerta da quando la nostra nave è entrata nel sistema Dugr. Io stesso sono preoccupato da possibili scontri. Sappiamo dalle poche informazioni che le nostre spie ci hanno riferito che questa zona di spazio è abitata dai Dugrumb, una razza di alieni feroci e interamente dediti alla guerra. Convertirli a credere nell’unico vero dio (vale a dire, in me) potrebbe non essere tanto semplice. Essi sono tanto potenti quanto stupidi, e in ogni azione si ispirano a quello che chiamano il grande dio Dugrumbo. Un loro mito racconta che Dugrumbo, desiderando creare il mondo, avesse bisogno, per riuscirci, della Chiave Mistica. Non trovandola, sospettò che qualche essere malvagio gliela avesse rubata; allora scese agli inferi e affrontò uno dopo l’altro tutti i demoni delle profondità, sconfiggendoli tutti, per poi confrontarsi in singolar tenzone con il loro re, il più potente e malefico di tutti, e battere anche lui. Torturò e massacrò da solo almeno un milione di nemici prima di accorgersi che la ragione per cui nessuno di loro sapeva nulla della Chiave era che non gliel’avevano rubata: era stato lui a dimenticarsi di averla nascosta sotto lo zerbino davanti alla porta di casa.

Questi sono gli esseri che ci prepariamo ad affrontare. Temo non avremo modo di ragionare con loro, ma confido di poterli sopraffare in qualche modo, se non con la forza, con l’astuzia.

 

 

La sagoma del capitano Kira descriveva un arco magnifico e perfetto, sospesa a mezz’aria, in un movimento di grande eleganza. Come un ballerino nel momento di massima intensità della sua coreografia, egli sembrava racchiudere in quel gesto atletico l’essenza della bellezza e dell’arte. Sfortunatamente, nessuno ebbe modo di cogliere quel fugace attimo di magia, e un istante dopo il capitano concluse la propria parabola andando a schiantarsi, poco graziosamente, contro una console del ponte di comando. Attorno a lui piovevano scintille e ufficiali della flotta, sballottati qua e là.

-         Rapporto danni! – gridò Kira, furibondo – Rapporto danni!

-         Capitano, ci hanno colpiti.

-         Davvero? Allora ecco la ragione per cui mi sono appena rotto tre costole contro lo spigolo di questo dannato computer… DIMMI QUALCOSA CHE NON SO, DEFICIENTE!

-         Siamo stati colpiti da diverse armi contemporaneamente. La prua ha subito danni da raggi phaser, abbiamo preso in pieno una salva di siluri fotonici, e in più…

L’ufficiale guardò preoccupato un ampio finestrone che dava sul vuoto dello spazio ed era macchiato da qualcosa di verde e vischioso. Il viscidume colava lungo il vetro.

-         …beh, non sono un granché informato sulle secrezioni dei Dugrumb, ma spero che ci stiano solo sputando addosso dal finestrino.

-         Selvaggi. – ringhiò Kira sottovoce.

Un’altra esplosione scosse lo scafo, le scintille inondarono la plancia.

-         Spock! Cosa è stato quest’ultimo scoppio?

-         Sembra – cominciò serafico il vulcaniano, consultando un display inondato di numeri – che abbiamo appena perso il deflettore protonico, e di conseguenza non abbiamo più controllo sulla velocità del flusso nucleare di anti-fase tra le bobine del plasma antimaterico a causa di una fluttuazione nelle soluzioni immaginarie dell’equazione di Cochrane.

L’intero equipaggio restò in silenzio.

-         Cioè, se subiremo un altro colpo esploderà la nave e moriremo tutti. – concluse Spock.

Scoppiò il panico. Uhura lanciava gridolini isterici correndo qua e là. Sulu cominciò a sbattersi la testa al muro. Scotty prese un sorso di whisky rigeliano, l’unico liquore in tutto lo spazio capace di fare ubriacare un uomo grande e grosso con una sola goccia, e cominciò a cantare “morire mi va bene / che sia mattina o sera / ma datemi soltanto / un fiasco di barbera”.

Kira si sbracciava, era fuori di sé:

-         Ordine, ordine! Dovete controllarvi! Non tutto è perduto! BASTA SCENATE! Spock, grazie al cielo c’è lei, sempre freddo e razionale. Mi dia una mano.

-         Veramente, capitano – obiettò quello con garbo – ero venuto a chiederle il permesso di unirmi al signor Sulu nello sbattere la testa al muro.

-         PERMESSO NEGATO! Tutti calmi e zitti! Apritemi un canale di comunicazione con la nave nemica e mandatelo sullo schermo, vi farò vedere io di cosa è capace il capitano Kira. SCATTARE!

In un modo o nell’altro tornò la calma in plancia, e qualcuno eseguì gli ordini del capitano. Sullo schermo apparve un grugno ributtante nel quale era difficile distinguere occhi, bocca o qualunque altro tratto di un volto umano. Il capitano Kira cercò di mantenersi impettito e severo come poco prima, ma era visibilmente turbato. Gli alieni brutti e cattivi gli davano la nausea; per questa ragione aveva quasi rischiato di essere scartato, all’accademia, ed era riuscito a passare gli esami di ammissione solo corrompendo un professore.

-         Salve… urp… buon uomo… insomma, uomo… quel che è. Qui è il capitano Kira che parla.

-         Qui Capitano Kuntz. Parla in fretta. Noi impazienti di uccidere te.

I negoziati sembravano prendere una cattiva direzione.

-         Capitano Kuntz – continuò Kira – sono sicuro che voi massacriate con sufficiente crudeltà tutti i vostri nemici così come fate con la sintassi. Ma la prego di ascoltare quello che ho da proporle...

Il capitano continuò a imbastire discorsi senza capo né coda, mentre sottobanco si affannava a estrarre da uno speciale cassetto segreto (protetto da un raffinato sistema di sicurezza: e infatti a un certo punto Kira dovette soffocare un urlo mentre la sua mano dolorava, presa nella morsa di una trappola per topi) la sua arma più segreta e potente, segreta mica tanto, ormai, visto che probabilmente avete capito tutti di cosa si trattava, comunque io ve lo dico lo stesso: il Quaderno della Morte.

Il capitano Kuntz stava per dare al suo equipaggio l’ordine di polverizzare i terrestri, la cui intollerabile parlantina sembrava di gran lunga peggiore dei loro deboli armamenti, quando sentì un formicolio al braccio sinistro, una stretta al petto, e capì che anni passati a non bere, non fumare, a fare jogging e a mettere poco sale nei cibi non erano serviti a nulla, perché alla fine gli era comunque preso un infarto. Ebbe il tempo per rimpiangere i piaceri della vita che aveva sacrificato al suo rigido salutismo e spirò.

Mentre gli altri Dugrumb si affollavano intorno al suo cadavere, uno di loro, con la divisa coperta di gradi e medaglie, prese in mano la situazione:

-         Io sono vice-capitano Kurtz. Adesso comando di nave è mio, io fa discorsi noiosi con umano.

Kira osservò che, scendendo la scala gerarchica, sembravano peggiorare anche le già scarse competenze linguistiche di quegli esseri.

-         Bene, vice-capitano…

Scrisse rapidamente sul Quaderno. Il graduato cadde stecchito.

Di nuovo ci fu confusione, di nuovo qualcuno emerse dal caos per prendere il comando.

-         Io Kudtz. Terzo per grado su nave. Parlare.

Con questo qui Kira non sprecò nemmeno una parola. La nave nemica sembrava molto affollata, e se voleva sbrigare quella faccenda in fretta non c’era tempo da perdere.

E infatti, dieci minuti dopo, l’inserviente incaricato della pulizia dei bagni della nave, dopo una carriera fulminante che l’aveva visto passare dalla posizione di trecentoventiquattresimo membro dell’equipaggio in ordine di grado a quella di capitano, altrettanto in fretta cadde ed entrò nel novero degli eroi che avevano offerto la propria vita per Dugr. Il capitano Kira posò la penna con un sospiro.

-         E questo era l’ultimo.

In plancia scoppiò un sonoro applauso. Uhura piangeva. Spock e Sulu si abbracciarono. Scotty passò dalla sbornia triste a quella allegra ed esultò cantando a squarciagola “i Dugrumb sono morti / i Dugrumb son crepati / beviamo tutti insieme / il vino di Frascati”. Kira sorrideva soddisfatto e raccoglieva i complimenti dei suoi uomini, quando…

iiiight

-         Cosa è stata quella voce? – chiese il capitano, tendendo le orecchie e zittendo l’equipaggio con un gesto imperioso.

-         Quale voce? – fece Uhura.

Liiiiiiight

-         C’è una voce che mi chiama. Con il mio vero nome, quello che non usavo dai tempi dell’accademia!

-         Noi non sentiamo niente, capitano.

-         Per il mio popolo – sentenziò Spock – sentire le voci può avere due significati diversi. Vuol dire o che si è in comunicazione diretta con Dio…

-         Davvero? – fece Kira, ispirato – Papà, sei proprio tu?

-         …oppure che si è completamente pazzi. – concluse Spock.

LIIIIIIGHT! SVEGLIATI, LIGHT! SVEGLIATI!

 

FINE (DEL TERZO SOGNO)

 

-         LIIIIIGHT! SVEGLIATI, LIGHT! SVEGLIATI!

-         Mmmph… curvatura 6… verso l’infinito… e oltre…

-         Light! Svegliati, ti dico! E’ mezz’ora che sto qui a scuoterti!

-         Ah!

Light Yagami riaprì gli occhi. Il bel viso rassicurante di Ryuk, con il suo sorriso a centoventisette denti distribuiti su tre file concentriche, gli diede il bentornato nel mondo reale.

-         Ryuk. – mormorò il ragazzo con la bocca impastata – Non siete ancora andati via, tu e Sayu?

-         Siamo già tornati. – spiegò il dio della morte – E’ l’una di notte, Light. Dormono tutti. Siamo stati fuori per tre ore e…

-         E…? – chiese Light, pregustando il perfido piacere che gli avrebbe dato il racconto delle sofferenze di Ryuk.

-         …E CI SIAMO DIVERTITI DA PAZZI!!

Il dio della morte ebbe una trasformazione incredibile. Fece una capriola all’indietro e saltò sulla scrivania. Era eccitatissimo. Agitava le braccia, faceva gesti.

-         E’ stato fantastico, Light! Siamo andati al Luna-Park! Sulla ruota panoramica! Al tiro a segno! Nella casa dell’orrore, che risate! Poi siamo andati allo zoo! Ho visto gli elefanti le giraffe i leoni le zebre i coccodrilli gli orsi le tigri! Che belle le tigri! Voglio rivedere le tigri! Light promettimi che andremo a vedere le tigri uno di questi giorni, promettimelo, dai promettimelo, forza promettimelo

-         E BASTA! – sbottò il ragazzo, che già sentiva di suo un tremendo mal di testa che si avvicinava. Essere svegliato nel bel mezzo del sonno non lo metteva di buon umore – Niente tigri! Niente zoo! Ora io mi siedo qui e mi creo il mio mondo ideale di cui sarò il dio incontrastato, e tu mi fai il piacere di sederti in un angolino e stare a guardare!

Mogio mogio, Ryuk si ritirò in un cantuccio della stanza con un broncio offeso.

-         Ho capito una cosa, Light. – disse scontroso – Io ero venuto qui sulla Terra per divertirmi, e fino ad ora ero convinto che osservarti mentre facevi i tuoi giochetti malati fosse il massimo. Ma ci sono un sacco di cose che non mi hai mai fatto provare. Tu non vai mai al Luna-Park

Stette a pensarci un po’ su.

-         o quantomeno, se ci vai, è perché devi far dirottare l’autobus. – continuò – La sai la verità? Sei un tipo veramente barboso, Light.

-         Prova a ripeterlo. – ringhiò l’altro, voltandosi con un’occhiataccia.

-         Uno show del sabato sera di Rai Uno con Antonella Clerici è più divertente di te. – rincarò la dose Ryuk.

Questo era troppo.

-         ASCOLTAMI BENE, SOMARO ALATO! – urlò Light – Io sono il Dio del Nuovo Mondo, e sono PERFETTO! QUINDI SONO ANCHE DIVERTENTE! GUARDA QUANTO SONO DIVERTENTE!

Fissò Ryuk con un viso stravolto, bava alla bocca, occhi iniettati di sangue, una smorfia che in confronto Hannibal the Cannibal sembrava un chierichetto.

-         Hai ragione. Sei uno spasso, Light. – soffiò Ryuk con un filo di voce, dopodichè si rannicchiò tremante in posizione fetale.

-         Molto bene. E adesso, a noi due, mondo!

Estrasse il quaderno. Sfoderò la penna, impugnandola come un samurai impugna la sua katana. Stava per scatenare la sua furia.

-         Stanotte – gridò giubilante – il male sarà cancellato per sempre! Senza più quell’intollerabile smaciullamento di coglioni che andava sotto il nome di Elle tra i piedi, il potere di Kira non conosce limiti! Giustizia sarà fatta! Il bene trionferà! Gli onesti gioiranno, i malvagi andranno all’inferno! Preparatevi, delinquenti di tutto il pianeta, perché stanotte ogni crimine sarà punito, DAL PIU’ GRAVE AL PIU’ INSIGNIFICANTE!

 

 

Il sole illuminava una landa desolata. Il ragazzo camminava lentamente, guardandosi intorno con occhi inespressivi. Era sporco, emaciato, aveva la barba lunga. Davanti a lui, lo stesso scenario che vedeva da settimane. Una città abbandonata che iniziava a riempirsi di polvere e piante. Il lezzo dei cadaveri in putrefazione, abbandonati in mezzo alla strada, ammorbava l’aria.

Accanto al ragazzo fece la sua apparizione un essere volante.

-         Allora, Light? – chiese ghignando.

Il ragazzo non rispose. Continuò a camminare. Entrò in un negozio abbandonato. Quello che doveva essere stato il commerciante era ora uno scheletro gettato sul bancone. Il ragazzo passò tra gli scaffali, cercando qualcosa da mangiare. Aveva fame, tanta. Osservò con cupidigia un sacchetto di patatine.

Centocinquanta yen.

Non aveva in tasca tanti soldi, e non aveva intenzione di prendere nulla che non fosse suo senza pagare, anche se il proprietario sembrava sorridergli e acconsentire, con quella bocca spalancata e quelle orbite vuote. Non era uno che ruba, lui.

-         Allora, Light? – ripeté l’essere volante.

Ancora, il ragazzo tacque. Uscì. Raggiunse il palazzo più vicino e schiacciò, uno dopo l’altro, con ordine, tutti i pulsanti del citofono. Non solo nessuno rispose, ma il citofono nemmeno suonò. Non c’era elettricità. Le centrali avevano smesso di funzionare giorni prima.

Niente.

Nessuno.

Come se l’umanità intera fosse sparita dal mondo.

-         Allora, Light? – fece per la terza volta l’essere volante, trattenendo a stento le risa.

Light Yagami provò a ignorarlo.

Sbuffò.

Fece una smorfia.

E alla fine disse:

-         E va bene, Ryuk, te lo riconosco, avevi ragione tu!

Guardò il deserto che la Terra era diventata.

-         Almeno quelli che scaricano gli mp3 da internet avrei dovuto lasciarli vivere… - ammise.

 

FINE (DEL MONDO)

 

 

(E DELLA FANFICTION)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

  

 

 

 

 

  
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