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Autore: kiara_star    01/08/2014    10 recensioni
[Sequel de “La carezza di un'altra illusione”]
[a sort of Thorki; fem!Thor]
~~~
C'erano cose di cui Thor non parlava mai, c'erano storie che forse non avrebbe mai narrato. C'erano domande che Steve porgeva con qualche dubbio.
“Perché continui a vedere del buono in Loki?”
“Perché io so che c'è del buono.”
[...]
Siamo ancora su quel balcone?
Ci sono solo io?
Ci sei solo tu?

“Hai la mia parola, Loki, non cambierà nulla.”
Ma era già cambiato tutto dopo quella prima menzogna e non era stato suo fratello a pronunciarla.
~~~
~~
Ancora oggi Nygis riempie il cielo di stelle continuando a piangere per il suo unico amore, nella speranza che un dì ella possa tornare da lui.
Genere: Angst, Azione, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Loki, Steve Rogers/Captain America, Thor, Tony Stark/Iron Man, Un po' tutti
Note: Movieverse, What if? | Avvertimenti: Gender Bender, Incest
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'La leggenda di Nygis'
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cap36(prologo Terza Parte)
CAPITOLO 0.3





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[Sei mesi dopo...]



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Steve ebbe l'istinto fisico di rivoltare il divano sulla testa di Tony. Fece fatica a resistergli.
«Non puoi farlo, Steve. È una cazzata!» continuava a dire Tony, e Steve continuava a combattere la voglia di eliminarlo fisicamente.
«Stark, con tutto il rispetto, non vedo come queste possano essere faccende che ti riguardano» ribatté con biasimo.
Aveva avuto la pessima idea di confidarsi con lui e ora ecco la conseguenza.

Avrebbe dovuto aspettare che Thor tornasse dal suo appuntamento con Jane e parlare con lui, ma no, era stato troppo istintivo, non aveva pensato e adesso... e adesso doveva subirsi una sceneggiata di un incomprensibilmente isterico Stark.
«Hai chiesto tu il mio giudizio!» affermò Tony allargando le braccia.
«Un momento, io te ne ho parlato per avere un consiglio non un giudizio.» Lo corresse Steve puntandogli contro l'indice.
«Appunto! E io ti consiglio di non farlo.»
Sospirò, o meglio, ringhiò sottovoce.
«Non ti ho chiesto un consiglio sul farlo o meno, ma sul come farlo.»
No, era stata davvero l'idea più stupida del mondo.
«Manchi il centro della questione, Rogers. Non puoi farlo. Tutto qui.»
«Per amor del cielo, spiegami per quale motivo non dovrei farlo?!» Non capiva per nulla la sua riluttanza, la sua insistenza, neanche fosse lui a doversi sposare!
«Steve, da quando la conosci? Una settimana? Due? Non basta. Ascolta uno che delle donne ne sa qualcosa: non basta una vita per capire cosa gira nella loro testa. Non puoi legarti a una di loro a vita solo perché è carina, ha un bel sedere e fa dei cocktail fantastici. Devi conoscerla davvero, davvero bene.»
Steve si umettò le labbra e si accarezzò stancamente gli occhi con le dita.
«Ok, a parte che sono sei mesi e dodici giorni,» iniziò mentre Tony sollevava scenicamente le sopracciglia, «Io ho deciso di sposare Linn perché la amo, lei ama me e so che è quella giusta. Chiaro? E poi se non la smetti di guardarle il sedere ti spezzo le gambe» terminò serio mentre Stark gonfiava le guance in maniera infantile.
«È la mia assistente e di solito sono sempre chinato sul bancone del laboratorio quando è nei paraggi. Non è colpa mia se i miei occhi sono all'altezza del suo sedere.»
«Beh, la prossima volta tieni gli occhi incollati sul tavolo.»
«Ok, come ti pare, ma adesso non cambiare discorso, Rogie. Il matrimonio non è un passo importante, è un passo sbagliato. A prescindere! È una catena che ti viene legata al collo e che stringe ogni giorno che passa. È claustrofobico e avvilente e- Oh tesoro, sei tornata?!»
Tony disegnò un sorriso intanto che Pepper entrava nella stanza. Pepper però non rispose al suo sorriso mentre lo guardava gettando una cartellina sul tavolo di vetro.
«Firma questi,» gli comandò e Tony recuperò immediatamente una stilo dal portapenne.
«Come desideri, amore mio.» Steve lo guardò scuotendo il capo. Ecco chi parlava di catene... «A te.»
Tony le porse nuovamente i documenti e Pepper glieli strappò letteralmente dalle mani.
«Claustrofobico e avvilente?» chiese palesemente infastidita.
Tony strinse le labbra e annuì.
«Hai sentito quello che stavo dicendo, giusto? Beh, io mi riferivo a Rogers.»
Pepper lo ignorò e guardò lui.
«Portala in un luogo dove si senta a suo agio, comprale un anello che rappresenti ciò che provi quando le sei accanto, ma nulla di troppo estroso che potrebbe distogliere l'attenzione da ciò che è davvero importante in quel momento, e cioè il tuo amore. Poi ti inginocchi e la guardi come fosse lei il gioiello più prezioso che esista. Le prendi la mano, le sorridi e semplicemente glielo chiedi.»
Steve sentì il cuore battere sotto ogni parola che Pepper pronunciò riuscendo a disegnare nella sua mente quell'esatto istante, poteva vedere gli occhi di Linn, il loro luccichio, le labbra che avrebbero sorriso e avrebbero sospirato quel sì.
Percepì la gola secca per l'agitazione e l'attesa.
«Grazie,» rispose soltanto e Pepper gli strizzò un occhio con un sorriso furbo, poi guardò Tony prima di andare via e per lui non ci fu altro che un'occhiataccia dura.



*



«Il capitano si sposa?» chiese incredulo Clint poggiando i piedi sulla scrivania.
«Io l'ho sempre detto che l'ibernazione gli ha fregato le principali funzioni neurologiche» mormorò Tony sorseggiando la sua bibita. «Le farà la proposta venerdì.»
«Wow...» sospirò Barton incrociando le braccia dietro la testa. «Steve che si sposa. E tu che dicevi che sarebbe rimasto vergine a vita.»
«E sarebbe stato meglio. Adesso per colpa sua sono diventato il fidanzato brutto e cattivo che non vuole impegnarsi...» Tony rise. «Che idiozia!»
«Stark, tu sei un fidanzato di merda che non vuole impegnarsi. E non serviva il matrimonio di Steve per dimostrarlo.»
Clint aveva ragione, ma Tony non aveva poi troppa intenzione di confermarglielo.
«Sono sicuramente meglio di Thor. Lui si è scopato Loki!» affermò orgoglioso e Clint sorrise.
«Questo è vero. Però si sta impegnando con la Foster. Ieri l'ha portata al cinema.»
«Mh... originale.»
Clint ridacchiò divertito.
«Avanti, quand'è stata l'ultima volta che hai portato Pepper al cinema o a cena fuori? Ammettilo, Tony: sei un fidanzato schifoso.»
Tony stava per rispondergli quando la porta di vetro si aprì e Linn entrò con un vassoio.
Fece a Clint un cenno di stare zitto e l'accolse con un sorriso.
«Linn, tesoro, mi hai portato un Manhattan?»
«Ne ho preparati due. Sempre che anche Clint lo gradisca.»
«Oh, non dico mai di no a un po' di alcol gratis.» Sorrise Barton scendendo finalmente con i piedi dal tavolo e afferrando il bicchiere. «Grazie.»
«È solo un piacere.»
Linn abbracciò il vassoio al petto e andò via.
La porta si chiuse con uno sbuffo.
«Presto avrai come assistente la “signora Rogers”,» mormorò Clint sorseggiando il cocktail e tenendo lo sguardo ancora fisso sulla porta. «Linn Rogers... mh, suona bene.»
Tony svuotò il bicchiere con un solo sorso.
«La porterò a teatro» affermò sicuro. «E poi a Venezia, o a teatro a Venezia. O ancora meglio, noleggio tutte le gondole presenti e organizzo un concerto di archi sul Canal Grande. Che ne dici?» chiese euforico.
Clint sollevò un sopracciglio e tornò a poggiare i piedi sulla scrivania.
«Come ti pare, Tony. Ma credo dovrai impegnarti di più.»
Tony sospirò sbattendo la testa sul tavolo. «Jarvis?» bofonchiò.
«Sì, signore?»
«Di' a Linn di portarmi uno scotch, doppio...»
«Sarà fatto, signore
Barton, sadico bastardo, ridacchiò ancora assestandogli qualche pacca sulla schiena ricurva.
«Sei fregato, Stark.»
Cavolo se non era così.
Maledetto Rogers!



*



Thor rientrò appagato per il bel pomeriggio trascorso con Jane. Erano stati allo zoo, e aveva visto quasi tutti gli animali esistenti su Midgard. Era incredibile come dopo tutto quel tempo non avesse ancora avuto modo di vedere tali esseri meravigliosi.
Fischiettò sommessamente mentre l'ascensore saliva e le porte si aprivano. Quella sera si sarebbero rivisti e Jane gli avrebbe mostrato gli studi su cui stava lavorando, e anche se Thor era sicuro che non ci avrebbe compreso molto, sarebbe stato bello vedere i suoi occhi illuminarsi mentre gli raccontava di quella scienza che amava tanto.
Era stato difficile all'inizio, aveva provato timore e dubbio, si era chiesto se le cose sarebbero mai tornate come un tempo. Ma stava funzionando, lentamente, a piccoli passi. Si stavano conoscendo ancora, forse si stavano conoscendo per la prima volta.
Gli capitava sovente, nelle sue notti solitarie, di pensare ad Asgard, alla sua casa. Di pensare a sua madre e a suo padre, e si domandava quando sarebbe stato pronto a tornare, quando sarebbe stato pronto a rivederli.
Pensava anche a Loki, spesso, pensava a suo fratello e si chiedeva se stesse bene.
Si rispondeva di sì, era ottimista, perché sapeva che non era più solo.
Le parole di Linn erano state stordenti appena udite, era stato strano e spaventoso sapere cosa era accaduto, sapere che quella parte di sé che aveva provato a soffocare e dimenticare era adesso reale, e che era al suo fianco.
Adesso riusciva a ricordare perfettamente quei giorni, ricordava perfino quella richiesta fatta a Freyja su di un balcone, ricordava quando era stato lei. Ricordava eppure non sentiva.
Sigyn...
Avrebbe voluto vederla, ascoltarla, capire.
A volte avvertiva un vuoto in fondo al petto, una mancanza di aria, una mancanza di sé.
A volte la sognava, sognava di averla di fronte e parlarle. Sognava che fossero ancora un'unica entità, un unico cuore.
A volte desiderava essere ancora un unico cuore.
Poi vedeva Jane e il suo sorriso, e si diceva che c'era tempo, che adesso il tempo era l'unica cosa che non gli sarebbe mancata.
Attraversò ancora il corridoio e si diresse verso la sua stanza. Fury gli aveva  concesso un alloggio nella struttura dello S.H.I.E.L.D.
Era un modo per tenerlo sottocchio, lo sapeva bene, però era comunque grato. Si sentiva meno solo, si sentiva meno in colpa quando incontrava lo sguardo degli agenti e non leggeva più rimproveri o accuse.
Era una vita diversa, nuova, ma che era deciso ad affrontare senza più segreti o bugie.
Sarebbe stato sempre onesto per Jane, per i suoi amici, per la Terra che lo aveva accolto nuovamente e gli aveva dato una seconda possibilità.
Quando aprì la porta scoprì che c'era qualcuno, che aveva un ospite.
«Steve?» lo chiamò e l'amico si alzò dalla sedia su cui era seduto.
«Ehi, ti aspettavo. Spero non ti dispiaccia se sono entrato.»
Thor scosse il capo con un sorriso mentre gettava la giacca sulla piccola branda.
«Non c'è problema» rispose e notò subito una strana agitazione che lo avvolgeva. Aggrottò la fronte e gli chiese se stesse bene. «È successo qualcosa, Steve?»
«No, nulla... cioè, sì.» Si strofinava le mani e sospirava in maniera insolita. Steve era sempre pieno di autocontrollo, anche dinanzi alla situazione più drammatica o delicata, sapeva cosa dire e cosa fare.
Era uno scudo, era il vero scudo di tutti.
«Cosa agita i tuoi pensieri, amico mio?» chiese ancora preoccupato e Steve sospirò nuovamente.
«Ok, volevo parlartene, anzi avrei dovuto farlo visto che ne ho parlato prima con Stark ed è stata una pessima idea e poi credo che anche Nat lo sappia quindi...» farfugliò e Thor iniziò seriamente a preoccuparsi.
«Steve?» lo chiamò incerto e aspettò che in qualche maniera si calmasse.
Alla fine sembrò trovare una parvenza di controllo e lo guardò dritto negli occhi.
«Voglio chiedere a Linn di sposarmi.»
Thor non seppe cosa dire per i successivi secondi, poi si aprì in un sorriso e lo abbracciò con calore.
«È meraviglioso, Steve. È una notizia felice!» affermò stringendolo fra le braccia.
«Ancora non mi ha detto sì, però. Credo dovremmo lasciare a dopo gli entusiasmi» mormorò Steve quando sciolse il suo abbraccio. I suoi occhi avevano una strana luce, una luce bellissima e Thor provò tanta tenerezza nel vederla.
Sapeva quanto Steve amasse Linn e quanto Linn ricambiasse quei sentimenti. Provava un profondo affetto per quella che un tempo era stata una fedele ancella ed era poi diventata la più sincera di ogni amica.
Quando gli era sembrato di aver perso tutto, Thor aveva trovato in Linn la persona a cui confidare i suoi timori e le sue incertezze, e Linn sapeva sempre cosa dire per ridargli fiducia e speranza. Se non fosse stato per lei forse non avrebbe mai avuto la forza necessaria per riprovarci con Jane.
«Sono certo che dirà di sì. Non esistono ragioni per cui non debba farlo.» Lo rassicurò e Steve sembrò davvero rincuorato.
«Sono venuto perché eri il primo a cui volevo dirlo e anche se le cose sono andate diversamente, beh, dovevo dirtelo. Ecco... Venerdì. Glielo chiederò venerdì.» Steve sorrise imbarazzato e Thor gli poggiò la mano sulla spalla e la scosse amichevolmente.
«Sii sereno. Sarà un gaudio giorno.»
Steve gli donò un altro sorriso meno incerto e rispose con un cenno del capo.
«Ok, allora vado prima che Nick mi dia per disperso.» Si avvicinò poi alla porta. «Ah, se dovesse dire sì, cosa in cui spero fortemente, vorrei che tu fossi il mio testimone. Che ne pensi?»
Thor sorrise intenerito dalla sua espressione.
«Sarebbe solo un onore, capitano Rogers» rispose.
Steve era tanto sicuro e impavido sul campo quanto fragile nella sua vita privata. L'aveva imparato con il tempo, l'aveva imparato dai suoi sguardi, dai suoi silenzi.
E Thor non mentiva quando diceva che era un privilegio, la sua amicizia era un dono prezioso che si sarebbe impegnato a far brillare ogni singolo giorno.
Steve gli disse grazie, come se ne avesse bisogno, e poi uscì.
E Thor, rimasto solo, non poté che sorridere ancora.





₪₪₪





Il corridoio era buio, troppo buio. Il giorno in cui Loki avesse deciso di aggiungere qualche lumiera sarebbe stato sempre troppo tardi.
Colpì con lo stinco una statua e per poco non la fece cadere sul pavimento.
Brontolò infastidita, passandosi le dita sulla zona momentaneamente indolenzita, e provò ad attraversare quel corridoio senza fracassare nulla.
Quando arrivò alla cucina fu felice che almeno lì ci fosse un bel fuoco a illuminarla.
Si avvicinò alla grande cesta con la frutta al centro del tavolo e mosse l'indice alla ricerca di qualcosa da mangiare. La scelta fu come sempre semplice: afferrò una grossa mela rossa e la portò al naso. Ispirò a fondo e sorrise sentendone l'aroma dolce.
La fece saltare nel palmo un paio di volte mentre ritornava nella stanza, stavolta evitando accuratamente la statua di quello strano serpente che sostava nel bel mezzo del corridoio.
Non amava particolarmente quel posto, ma non aveva mai voluto renderlo troppo palese eppure era certa che Loki lo avesse intuito. Era per questo che il più delle volte se ne andavano in giro per i regni, in lande selvagge dove si poteva cacciare alla vecchia maniera, con mezzi rudi e per questo più interessanti, dove si poteva accendere un fuoco alto come una quercia e cucinare, dove si poteva fare l'amore sotto le stelle senza celare alcun suono o richiesta.
Oppure erano cerimonie, eventi speciali, rituali così antichi che Sigyn rimaneva ogni volta stupita dalla profonda conoscenza di Loki. Dovevano celare i loro nomi, qualche volta Loki perfino il suo aspetto per evitare di imbattersi in qualche avventuriero così sciocco da voler provocare il Dio del Caos. Ma era sempre intenso, ogni singolo giorno, ogni singola notte in sua compagnia, e ne erano seguite tante seppure Sigyn non ne era ancora sazia.
Voleva i suoi sorrisi, la sua voce, le sue carezze, perfino le urla e gli insulti, perché Loki non le aveva più nascosto nulla di sé, neanche quei riflessi bui che alle volte arrivavano a spaventarla, ma che mai l'avrebbero allontanata.
Passò dinanzi alla sala dove il grande trono ne governava l'ambiente.
Sollevò un angolo delle labbra dando un morso al frutto che teneva nella mano.
Che ci fai con quel trono?
È una seduta come un'altra.
Una seduta alquanto ingombrante...
Forse, ma sorprendentemente comoda.”
Ricordava le sue parole, il suo sorriso, ciò che ne era seguito.
Sigyn non aveva cambiato idea: era una seduta ingombrante ma, Loki aveva poi avuto ragione, particolarmente comoda.
Sorrise ancora masticando rumorosamente la mela, sapendo che non c'era nessuno da svegliare e che Loki era già desto, ma che fingeva di dormire per sottolineare ancora una volta la sua mancanza di eleganza e buone maniere.
Ma Sigyn, pur volendo, non poteva cambiare ciò che era, ciò che era sempre stata, e sebbene Loki dicesse il contrario, sapeva che neanche lui voleva che cambiasse. Altrimenti non l'avrebbe inseguita così a lungo.
A adesso, finalmente, non c'era più nulla da inseguire né rimpiangere. Adesso avevano tutto quello che avevano desiderato, anche se in maniera diversa da come aveva creduto.
Non c'era Asgard, non c'era Thor, ma andava bene comunque. C'era Loki, e ci sarebbe sempre stato, per lei e con lei, e questo era ciò che contava davvero.
Svoltò l'angolo per tornare nelle loro stanze quando avvertì uno strano brivido solcare la sua pelle nuda.
Si voltò ma non vide nulla. Le fiamme delle candele non vibravano, non c'era stato un soffio di vento o altro. Era stata più che altro una sensazione.
Si guardò attorno un'ultima volta e poi decise di ignorare quella sciocca percezione. Era il sonno, il freddo, forse la fame.
Mangiò ancora la sua mela chiedendosi se non fosse il caso di recuperarne una seconda.
Accadde ancora: stavolta fu diverso, stavolta avvertì distintamente una carezza sulla sua schiena.
Afferrò velocemente lo stiletto tenuto nella mano di una statua e scrutò con attenzione l'ambiente.
Non poteva esserci nessuno, nessuno era in grado di varcare la soglia di quella dimora.
Sigyn non sapeva ancora oggi dire dove fosse, in quale punto dell'universo si ergesse, perché Loki si era limitato a dire che era un luogo sicuro, un luogo impossibile da trovare e violare, come una crepa nascosta fra i rami di Yggdrasill.
Non esisteva modo che alcuno, di qualsiasi razza o forma, potesse giungere lì se non su volontà di Loki stesso.
C'erano solo loro due e quindi quella sensazione poteva essere giustificata solo con una risposta: illusioni.
Sigyn abbassò l'arma con un sospiro rassegnato.
Loki aveva voglia di giocare.
Poggiò lo stiletto su un piano di legno e continuò a mangiare la sua mela finché non giunse al torso e poi la lasciò cadere accanto alla lama. Se Loki si divertiva a prendersi gioco di lei, si sarebbe divertito anche a raccattare i rifiuti che avrebbe lasciato in giro.
Tornò sorridente nella loro stanza. Loki era sdraiato con lo sguardo chiuso e, palesemente, fingeva di dormire. Il lenzuolo copriva appena le sue gambe e lasciava scoperte le spalle e parte del fondoschiena.
Un invito troppo allettante che Sigyn non poteva lasciarsi scappare.
Si avvicinò al letto e vi salì con passo felpato, si chinò poi e gli lasciò un morso sul sedere sentendolo brontolare infastidito.
«Le mele erano finite?» Si sentì chiedere mentre si stendeva accanto a lui. Aveva ancora lo sguardo celato ma presto le palpebre si sollevarono.
«Per tua fortuna no,» rispose con un sorriso divertito e Loki tornò a chiudere gli occhi. «Mh... Ti vedo stanco» insinuò ancora Sigyn piegando entrambe le braccia dietro la testa, ma Loki non sembrò voler cedere alla sua provocazione.
Gonfiò le guance e sospirò annoiata.
Non aveva molto sonno e continuava ad avere fame, ma non le andava di tornare in cucina, soprattutto perché era quasi certa che stavolta si sarebbe tirata addosso quella dannata statua.
«Loki?» lo chiamò sottovoce senza ricevere risposta. Si piegò quindi su un fianco, poggiando la fronte contro la sua e lo chiamò ancora, facendo scorrere l'indice sulle sue labbra. «Andiamo, svegliati...»
«Ci aspetta un lungo viaggio domani» affermò lui tornando a guardarla. «Vanaheim non si raggiunge con un incantesimo, lo hai dimenticato? Dovremo camminare, e camminare molto anche. Ed è tua l'idea di andare fin lì.»
«Lo so bene e ti lascerò dormire serenamente se solo mi materializzi quel bel cesto di frutta che c'è in cucina... Per favore...» Gli chiese con una dolcezza che aveva imparato riusciva sempre a piegarlo in qualche modo. Era uno dei tanti vantaggi dell'essere donna.
Loki sospirò ma mosse leggermente le dita finché, sul comodino accanto, Sigyn non vide apparire la stessa frutta che aveva visto poco prima nella cucina.
Sogghignò soddisfatta e lo baciò.
«Grazie!»
«Non è un regalo...» sottolineò Loki mentre tentava di chiudere ancora gli occhi e Sigyn sapeva cosa volesse dire.
Sorrise mentre afferrava stavolta qualche grappolo di uva.
«Ti ha mai detto nessuno che un rapporto fra due persone è fatto anche di azioni prive di tornaconti? Di gesti genuini compiuti al solo scopo di rendere felice la persona che si ama?» chiese retorica mangiando un acino bruno.
«E a te ha mai detto nessuno che non si sputano a terra i semi dell'uva?» ribatté lui tenendo gli occhi chiusi e Sigyn rise colpevole lanciandogli addosso un chicco e mangiandone un altro. «Stai mettendo su peso, tesoro. Se fossi in te smetterei di abbuffarmi a notte fonda.»   
Stavolta gli tirò addosso una grossa pesca che lo colpì alla testa.
«Sei tu che dovresti mettere un po' di muscoli su quelle ossa!» Lo provocò continuando a colpirlo bonariamente con varia frutta finché Loki non alzò la mano e afferrò al volo una mela.
«Intendi dire che devo aggiungere massa muscolare in previsione del tuo aumento di peso? Non ne vedo il motivo: di solito sei tu a stare sopra.»
Sorrise guardandola con occhi assonnati ma divertiti e Sigyn si umettò le labbra con aria di sfida.
«Ti conviene tornare a dormire. Credimi.» Lo minacciò e Loki ridacchiò poggiando ancora la guancia sul cuscino.
«Se la smetti di far piovere vegetali sulla mia testa, lo farei molto volentieri. Non ho portato qui quella cesta affinché diventasse il tuo arsenale...»
Sigyn sorrise e lasciò cadere la sfida. Gli accarezzò i capelli e lasciò che le sue carezze lo accompagnassero fin dentro i suoi sogni.
Mangiò ancora un po' di uva, stavolta senza sputarne i semi.

La notte sembrò non trascorrere mai. il silenzio, di solito dolce e rassicurante, la inquietava. Quella notte sembrava diversa.

Provò a stendersi, a chiudere gli occhi e trovare una posizione che l'aiutasse a dormire ma fu tutto inutile.
Riaprì le palpebre nella penombra della stanza, in cui la tenue luce di un lume rendeva tutto di un caldo arancio.
Il mattino seguente sarebbero dovuti giungere da Freyja, o meglio, incamminarsi. Sigyn aveva bisogno di parlare con la regina Vanr, voleva dirle ancora grazie, ma soprattutto, voleva farle delle domande.
Aveva mille ricordi, mille immagini nella sua testa di quella vita in cui aveva vestito il nome e il corpo di Thor, eppure non serbava un solo sentimento nel cuore.
Vedeva i visi dei suoi genitori, quello dei suoi compagni, quello degli amici di Midgard. Vedeva i momenti che avevano trascorso l'uno accanto all'altro, ricordava ognuno di quei momenti ma la loro essenza non le apparteneva.
Tutte quelle emozioni, belle e brutte che fossero, erano il bagaglio emotivo di Thor, erano nel suo cuore e lei ormai non ne faceva più parte.
Faceva dei sogni, che non erano sogni ma memorie. Loro da piccoli, due bambini, due fratelli.
Sigyn viveva quei sogni eppure non ne percepiva la consistenza.
Rivisse quel giorno alle colline di Yord, quando Odino insegnò loro a cavalcare, quando si ruppe il naso per la prima volta.
Ricordava il dolore, la paura, l'umiliazione. Ricordava tutto eppure non sentiva.
A volte sognava se stesso, sognava di averlo di fronte e parlargli. Sognava che fossero ancora un'unica entità, un unico cuore.
A volte desiderava essere ancora un unico cuore.
Si svegliava sempre con la pelle imperlata di sudore e Loki la stringeva a sé senza chiederle nulla.
Loki non le chiedeva dei suoi sogni, dei suoi incubi. Non le chiedeva della malinconia che le copriva gli occhi quando avvertiva quella mancanza. Loki non le aveva neanche chiesto perché volesse giungere a Vanaheim, perché forse conosceva la risposta.
Voltò il capo e guardò il suo viso assopito, le labbra schiuse e il respiro calmo.
Allungò una mano e gli sfiorò una guancia. Lo faceva spesso, come per sincerarsi che fosse lì, che fosse reale e non un'illusione.
Forse Loki faceva lo stesso quando lei dormiva. Le piaceva pensare che fosse così.
Il suo stomaco brontolò ancora e sospirò stanca, costretta a sedersi e recuperare ancora qualcosa da mangiare.
Prese un'altra mela.
Loki aveva ragione. Doveva smetterla di mangiare così spesso, ma non riusciva a controllare quella strana fame che l'aveva assalita nell'ultimo periodo. Aveva dato colpa a quel particolare stato emotivo, in fondo era tutto relativamente nuovo. Benché avesse già indossato quel corpo un tempo, mai le era appartenuto così a lungo, mai aveva dovuto accettare che sarebbe stato suo per sempre.
Sorrise fra sé ripensando alla prima volta che aveva sanguinato come una donna, quel senso di disagio e imbarazzo di cui Loki aveva riso. Poi era stato più facile il mese successivo e quello dopo ancora, finché anche quella stranezza non era divenuta normalità, la sua nuova normalità.
Stava per dare un altro morso alla mela quando, letteralmente, le cadde dalle mani.



*



Loki non sapeva dire se fosse giunto prima lo schiaffo e poi il calcio. Fatto sta che si ritrovò sveglio, e decisamente irritato.
«Loki!»
Ancora un colpo sulla spalla nuda.
«Cosa ti prende, adesso?» le chiese sedendosi stancamente, mentre spostava indietro i capelli umidi.
Quando mise a fuoco l'immagine che aveva davanti, notò che Sigyn era alquanto pallida, i suoi occhi decisamente allarmati e lo stava scuotendo ancora.
«Quando siamo stati ad Alfheim?»
«Che?» mormorò assonnato stropicciandosi gli occhi.
«Quando siamo stati alla festa dell'equinozio su Alfheim?»
Tenne per sé un sospiro. «Durante l'equinozio?!» ribatté retorico, ancora non comprendendo il perché di quella domanda e di quello stato. «Si può sapere perché me lo chiedi?»
Ma Sigyn spostò lo sguardo sulle lenzuola anche se sembrava guardasse un punto ben più lontano.
«Due mesi fa...» sospirò debolmente. «Era due mesi fa...»
Adesso Loki iniziava appena a preoccuparsi. Sapeva che c'erano pensieri che Sigyn non condivideva con lui, che le rabbuiavano lo sguardo, ma aveva sempre scelto di donarle il suo spazio, perché non osava perdere ciò che adesso aveva: lei.
Ciò che aveva fatto Freyja, ciò che aveva scelto di fare Thor, Loki riusciva a malapena ad accettarlo. Era sempre stato un uomo di conoscenza, un uomo che aveva domande e pretendeva risposte, eppure di fronte a quella realtà aveva preferito tacere, far tacere orgoglio e domande e limitarsi a viverla.
Ma adesso, davanti agli occhi quasi smarriti di Sigyn, Loki non riusciva più a tacere.
«Cosa succede?» chiese sfiorandole la mano. «Cosa è accaduto due mesi fa?»
Sigyn finalmente lo guardò e Loki attese secondi che parvero ore.
«È stata l'ultima volta che io...» Si bagnò le labbra e scosse il capo con un sorriso stranamente dolce. «È impossibile.»
«Cosa è impossibile, Sigyn?» chiese ancora, quasi più agitato per quel cambio di atteggiamento che per il suo sconclusionato discorso.
«L'ultima volta che ho sanguinato» rispose lei e a quel punto Loki ebbe timore di aver compreso. Il sorriso di Sigyn si allargò e le sue guance presero colore. «Sai cosa significa questo?»
A quella domanda, a quella notizia, Loki non aveva risposta.
Il suo cuore era appena salito fino alla gola strozzando perfino la volontà di respirare.
Le diede le spalle e si alzò dal letto passandosi una mano sul viso.
No, non poteva essere.
«Loki?» Si sentì chiamare e sapeva quale sentimento le stava attraversando il cuore.
Si voltò solo quando gli parve di aver raggiunto un certo controllo del suo battito cardiaco.
Sul viso di Sigyn una maschera di timore.
«Sei incinta...» disse lui con un sospiro, come a ribadire quel pensiero che sembrava fare tanta paura, e lei sorrise, dolcemente, quasi con un'insolita timidezza.
«E non sei felice?»
Loki non seppe rispondere perché il sentimento che provava non aveva un nome. Era un insieme di emozioni, intense come un incendio nella carne, e altrettanto impossibili da domare.
Si sedette nuovamente sul letto, poggiando il palmo contro le lenzuola e guardando il pavimento di legno sotto i suoi piedi.
«Un figlio...» sibilò appena udibile.
Sentì la mano di Sigyn sulla sua, e la sua guancia posarsi contro la sua spalla.
«Un figlio a cui non dovremo rinunciare, un figlio che vivrà... Un figlio nostro, Loki.»
Si accorse di star tremando solo quando Sigyn avvolse le braccia attorno al suo petto, si rese conto di piangere solo quando gli asciugò le lacrime con le labbra.



*



Sigyn lo tenne stretto per interi minuti, ore, per tutta la notte.
Dalla grande finestra della camera, la notte profonda iniziava a tingersi di arancio.
Aveva tenuto il capo poggiato contro la sua schiena e le dita gli avevano accarezzato ininterrottamente i lunghi capelli neri, mentre Loki aveva continuato a essere avvolto dal più denso dei silenzi.
Sigyn attese che fosse lui a infrangerlo, che fosse lui a voltarsi e mostrarle il viso umido, i suoi occhi arrossati e le labbra lucide.
Gli accarezzò ancora i capelli, li scostò dalla fronte madida di sudore e vi posò un bacio.
Loki non infranse il silenzio con le parole ma ricambiando quel bacio.
«Ti amo, sempre e per sempre,» le sospirò poi baciandola ancora, stringendola lui forte fino a rubarle il fiato, nascondendo il viso fra i suoi capelli biondi. «E lo amerò come amo te. Lo difenderò con la vita, gli insegnerò tutto quello che vorrà conoscere e mai le mie labbra pronunzieranno parole che potranno ferirlo. La sua felicità sarà la mia, e nei secoli che verranno sarò un padre di cui potrà dirsi fiero.»
Le lacrime lasciarono anche i suoi occhi sotto quel giuramento che Sigyn, sapeva, Loki non avrebbe mai tradito. In quelle promesse tutta una vita in ombra, una vita in cerca di amore e accettazione che sembrava non essere mai davvero giunta.
Conosceva le sue colpe, le colpe di Thor, di ogni parte del suo cuore, e le Norne sapevano quanto avrebbe voluto cancellare ogni più piccola ferita che gli aveva causato, ogni ferita che Odino e Asgard avevano causato al suo amato fratello.
«Lo sarai» affermò con voce malferma con le braccia avvolte attorno alle sue spalle e il cuore a battere forte contro il suo petto. «Sarai un buon padre.»
«E tu una pessima madre, ma ti vorrà bene comunque.»
Sigyn gli tirò affettuosamente i capelli. «Perché devi sempre rovinare tutto?!»
«È il mio straordinario talento» sospirò Loki con quel piccolo sorriso dolce che tanto amava.
Gli accarezzò il viso e lo baciò.
«No, è solo uno dei tanti, fratello.»
A volte lo chiamava ancora così, a volte sentiva il bisogno di chiamarlo così e mai una di quelle volte Loki le aveva rimproverato quella parola. Le sorrideva e lasciava al silenzio qualsiasi risposta.
Le sorrise anche quell'alba nuova eppure antica come la memoria, mentre quella piccola vita germogliava forte e coraggiosa dentro di lei.
Nessun peccato, nessuna colpa.
Ed era perfetto così.





۞۞۞





La taverna era calda, l'odore insopportabile.
Il vociare degli uomini sfumò gradualmente mentre camminava a passo deciso, facendo risuonare i tacchi sul pavimento.
Un passo dopo l'altro, finché ogni occhio fu su di lei, finché non giunse al bancone e la vide.
Aspettò che si voltasse, che non mostrasse alcuna sorpresa, che le sorridesse con le sue labbra rosse.
L'uomo che le sedeva al fianco la guardò duramente, ma bastò un gesto della mano per farlo accasciare al suolo senza ulteriori indugi.
La taverna tacque.
«Non credo fosse necessario, Amora...» la richiamò lei con un sospiro stanco, osservando il corpo che giaceva ai suoi piedi. «Cosa ti porta da me, sorella mia?»
Amora si avvicinò e si poggiò al bancone di legno.
«Ho bisogno del tuo aiuto, Lorelei,» rispose. «E non puoi dirmi di no.»
«Mi erano giunte voci della triste disavventura con il tuo ultimo alleato...» mormorò sua sorella impertinente e Amora storse il naso.
«Mai lasciar fare a un uomo il lavoro di una donna» affermò. «Adesso l'ho capito.»
Lorelei la guardò a lungo per poi sorridere maliziosa, facendo scorrere fra le dita una ciocca di capelli vermigli.
«E cosa hai in mente, cara sorella?» le chiese, e Amora non poté che ricambiare quel sorriso.
«Niente di complicato,» spiegò. «Solo una piccola vendetta.»
















Continua...














Note Finali
Andiamo, credevate davvero fosse finita così?!  (~ω^)
Questo capitolo altro non è che il prologo della terza e ultima parte della serie ma per chi non avesse la pazienza (o la voglia) di aspettarla, può essere letto come una fine aperta.
Onestamente non so quando avrò il tempo per scriverla, probabilmente se ne parlerà in autunno, perciò buttate pure i calendari. Ok? XP
Piccolo appunto: Lorelei è un personaggio del canon ed è apparso anche nella serie tv “Agents of S.H.I.E.L.D.” rappresentando un nemico di lunga data di Asgard.
C'è poco da dire: l'ho amata, e quindi eccola qui come new entry del cast ;P

Bene, lascio qui l'ultimo saluto e l'ultima lacrima, come da titolo, e vi auguro una buona estate e una meravigliosa vita <3
Un abbraccio e alla prossima avventura!
È tempo di matrimoni e culle... e di altri complotti.
Kiss kiss Chiara
  
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