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Autore: The Writer Of The Stars    02/08/2014    2 recensioni
Questa è una storia come tante. é una storia che parla di adolescenti,come se ne conoscono tanti. Loro però sono solo un po' più sfortunati. Ma questo non significhi che non abbiano voglia di vivere al meglio. Comincia tutto così. In un aula canto di un liceo come tanti, dove un gruppo di ragazzi si incontrano, si conoscono e capiscono di avere in comune molto più di ciò che pensano. Sarà un professore un po' fuori dal comune a spingere i ragazzi a vivere la loro vita al meglio, a non farsi sconfiggere dalle avversità, ad unirli sotto un'unica passione. La musica. Bulma è cresciuta da sola, con una madre che non la vuole e non l'ha mai voluta.Vegeta è stato abbandonato dalla madre e non ha più tracce del padre. Goku vive in un orfanotrofio e Chichi vive in precarie condizioni economiche con suo padre. Sarà la forza dell'amore, dell'amicizia e la voglia di farsi valere che spingerà un gruppo di sfigati canterini a mostrare il loro vero valore. E a farli diventare qualcuno.
Questa è la mia prima long, ambientata in un universo alternativo. Spero che vi piaccia e conto di aggiornare regolarmente. Buona lettura!
Genere: Romantico, Sentimentale, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bulma, Chichi, Goku, Vegeta | Coppie: Bulma/Vegeta
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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“Non è possibile …” fu l’unica cosa che riuscii a dire non appena scorsi quei due pozzi neri. Lo dissi in un sussurro, non avevo nemmeno la voce per parlare. O forse non è vero che lo dissi così piano. Chichi infatti mi aveva sentito, e non appena ebbe visto la mia faccia diventata più bianca del normale, mi si rivolse preoccupata: “ Va tutto bene, Bulma? C’è qualche problema?” “Lui …” riuscii solo a dire. Chichi tornò a fissarmi, stavolta più confusa che preoccupata. “Ti riferisci a quel ragazzo?” disse additando in direzione dello scimmione, che intanto era entrato in classe. Annuii debolmente, continuando a fissarlo. Anche lui mi guardava, ma non diceva niente. Chissà che mi aspettavo poi. Il nostro duello di sguardi fu interrotto proprio da lui. Un ghigno divertito si dipinse sul suo volto, e il fatto non mi fece presagire nulla di buono. “Guarda guarda … c’è là gallina isterica …” disse divertito e con quella voce maledettamente sexy … ma cosa diavolo stavo pensando?! Stavo davvero impazzendo. Nonostante ciò, riuscii comunque a recuperare quel caratterino che avevo da poco riacquistato (guarda caso, grazie a lui), e mi preparai per quello che sarebbe stato uno scontro epico. “Tu… “ cominciai ringhiando, ma fui subito interrotta dalla voce imbarazzata del bonario professor Dawson. “Bene ragazzi, direi che ci siamo tutti ora…” disse riferendosi all’ultimo arrivato. “Che ne dite di cominciare?” si rivolse di nuovo a noi, con quel tono terribilmente imbarazzato. Lanciai un ultima occhiata allo scimmione, decretando sospeso per quel momento lo scontro verbale. Con lui avrei fatto i conti più tardi. Chissà quando si era iscritto a quel corso poi. Sicuramente dopo di me. Sull’elenco non compariva il nome di un nono elemento,almeno fino a quando non me ne ero andata. Il professore intanto aveva raccolto le sedie sparse per l’aula e le aveva disposte in modo circolare, aiutato da Goku. “Sedetevi, prego.” Ci invitò ancora timidamente il professore. Tutti quanti ci accomodammo, chiusi in un ostinato mutismo. Chiunque sarebbe entrato in quel momento, avrebbe potuto tranquillamente affermare che stessimo giocando al gioco del silenzio. E invece stavamo solo aspettando che qualcuno di noi dicesse qualcosa. Niente. Ce ne stavamo tutti zitti, ognuno a sperare che il proprio vicino di posto del momento, cominciasse a parlare. Quel silenzio era davvero imbarazzante. Fortunatamente il professore si rese conto della situazione che si era creata in quei minuti di silenzio, così decise di prendere le redini (come giusto che fosse) di quella che sarebbe stata la sua classe. “Bene ragazzi. Direi che la prima cosa da fare sia presentarsi. Comincerò io, e poi a turno, anche voi farete lo stesso. Ok?” ci chiese quasi intimidito dalla nostra presenza. Annuimmo tutti, con scarso interesse. Quel tipo era davvero strano. “Allora, la prima cosa che credo di dovervi dire è che sono il Professor Dawson, colui che seguirà questo laboratorio.” Cominciò alzandosi in piedi e mettendosi al centro della stanza. Non poteva dire cosa più ovvia. “ Con voi voglio essere il più sincero possibile. Voglio instaurare un rapporto diverso con voi ragazzi. Non mi piace trattare i miei alunni con la freddezza tipica degli insegnanti. Con questo non voglio assolutamente mettere in cattiva luce i vostri professori, ci mancherebbe. Vorrei solo farvi sapere che io ho un metodo un po’ diverso del solo insegnamento. Io voglio essere un vostro amico. Voglio essere una persona di cui potete fidarvi, voglio mettermi sul vostro stesso piano. Quindi comincio subito a presentarmi come si deve. “ Prese un profondo respiro, e ricominciò. “ Ho iniziato il mio discorso dicendovi :” Allora, la prima cosa che credo di dovervi dire è che sono il Professor Dawson, colui che seguirà questo laboratorio.” Ora, diciamoci la verità: è un inizio un po’ formale, non credete? Allora facciamo così, mi presento in un altro modo. Mi chiamo Gohan Dawson, ho venticinque anni e odio fare il professore. Ve l’ho detto, con voi voglio essere sincero. Io non sono un insegnante. Sono un musicista. Mi sono laureato a pieni voti al conservatorio più importante della città. Quando mi sono diplomato, avevo grandi piani in mente: andare via da qui, trasferirmi in America e cominciare la mia carriera da musicista in uno dei maggiori teatri degli Stati Uniti. Ma purtroppo ragazzi, la vita non va sempre come vogliamo. Punto primo: per andare in America ci vogliono i soldi. E questo era un problema per un musicista squattrinato fresco di diploma. Ma non era solo questo l’intoppo. Le raccomandazioni. Ragazzi ormai avete, quanti anni, 16? Sapete come funziona la vita. Per sfondare ci vogliono le raccomandazioni. E io, manco a dirlo, non ne avevo. E così, addio agli Stati Uniti. Anche se ero rimasto qui, dovevo pur ,mantenermi. Dovevo trovare un lavoro. Così mi sono messo seduto e mi sono detto: “quale lavoro può fare un ventenne che capisce solo di musica?” le opzioni c’erano, ma le possibilità di effettuarle, no. L’unico lavoro disponibile e che mi avrebbe permesso di pagarmi da mangiare, era l’insegnante. E così ho fatto. Ho girato diverse scuole, come supplente ovviamente, prima di imbattermi in questo incarico. Direttore di un Glee Club. Ci ho riflettuto un attimo: non era un vero incarico da insegnanti. Non avrei dovuto fare lezione come un professore, ma aiutare dei ragazzi a mettere in pratica la loro passione per la musica e tirare fuori il loro talento. Così ho accettato. Ed ora eccomi quà.” Concluse. Nessuno fiatò. Non sapevamo che dire. Aveva detto delle cose maledettamente vere, e non si era vergognato a presentarsi apertamente, davanti a degli sconosciuti. Durante il suo discorso, era sembrato tutta un’altra persona. Era diventato serio tutto di un tratto e la timidezza che aveva caratterizzato il suo ingresso, sembrava essere sparita nel momento esatto in cui si era alzato dalla sua sedia. Ci squadrò ad uno ad uno, senza dire una parola. Dopodiché, come se avesse appena letto la lista della spesa, riassunse quel sorriso imbarazzato esclamando: “Beh, allora? A chi tocca presentarsi?” Alzai timidamente la mano. Ero rimasta pietrificata fino a quel momento. Quel tipo ci aveva appena raccontato la sua vita senza vergogna, dichiarandosi tranquillamente un fallito, che insegnava per ripiego. Se era riuscito lui a raccontarci un po’ della sua vita, perché io non avrei potuto? Il professor Dawson mi guardò ancora sorridente, e mi incitò a presentarmi:” Prego, comincia pure.” Presi un respiro profondo, raccogliendo tutto il coraggio che avevo in corpo. Poi cominciai. “Mi chiamo Bulma Brief. Ho sedici anni. La mia vita non è mai stata facile. Sono una sfigata, anche se non mi piace andare a lamentarmi in giro della mia condizione. Non mi piace sentirmi giudicata. È buffo pensare, che proprio ora, di fronte a nove sconosciuti stia raccontando per la prima volta la mia vita. Sono nata qui, in questa città, penso. Mia madre non mi ha mai detto niente riguardo al luogo della mia nascita. Faccio affidamento sui ricordi. Comunque, anche se non sono certa di essere nata proprio qui, posso assicurarvi di essere cresciuta in questa città. Da sola. Non mi ha cresciuto mia madre. Lei fa la puttana. È la prima volta che lo ammetto di fronte a qualcuno. Di solito non c’è bisogno di dire niente, lo sanno tutti che lei lavora sulla strada. Però, non so perché, ma qui davanti a voi sento per la prima volta il bisogno di dire la verità. Tutta la verità. Mia madre non fa la prostituta per necessità, per poter dare da mangiare a sua figlia, come potreste immaginare. A lei non frega niente di me. È brutto da dire, me ne rendo conto, ma è così. Fa la puttana da sempre, sin da prima che io nascessi. Io sono stata un errore, “un incidente sul lavoro”. Non provate a chiedermi chi sia mio padre perché non lo sa nemmeno lei. Troppi clienti. Sinceramente non mi interessa nemmeno conoscere l’identità di colui che ha contribuito per sbaglio a mettermi al mondo. Innanzitutto perché è un individuo che andava a puttane. E già la cosa non lo rende un gran padre. E poi mi ha abbandonato. Magari è uno di quei uomini che ha una famiglia allegra e perfetta ad aspettarlo a casa. Magari la sera in cui mi ha concepito, sua moglie e i suoi figli stavano attendendo pazientemente il ritorno del loro papà super indaffarato dal lavoro, come voleva far credere. Magari. Chi lo sa. Sinceramente non voglio farmi troppe paranoie e fasciarmi la testa per un qualcosa che non saprò mai. Perciò vado avanti. Forse vorreste sapere per quale motivo ho scelto di unirmi a questo club. La questione è molto semplice. Sin da piccola ho sempre amato la musica. Ho imparato da sola a suonare la chitarra e cantavo strimpellando sulle corde di quel vecchio strumento. Quando ho dovuto scegliere il laboratorio a cui iscrivermi, ero molto indecisa. Poi ho scorto la casella del Glee Club. Un gruppo di ragazzi che come me amavano la musica, insieme ad un professore con altrettante passioni a seguirli. Perché no? Così mi sono iscritta. Non ho amici, solo conoscenti che si divertono a darmi fastidio. Vi ho raccontato la mia vita, tutta intera, così come è. Perché avrei dovuto mentirvi? Il primo passo per avere la fiducia di qualcuno, è essere sinceri con lui, no? E allora io vi ho detto tutto. Sono stata sincera. Ora vorrei la vostra fiducia in cambio. Solo quella. Nessuna compassione. Solo fiducia.” Non appena finii di pronunciare il discorso più lungo che avessi mai fatto, mi sentii una perfetta cretina. Avevo appena sventolato la mia vita privata ai primi nove sconosciuti che avevo incontrato. Ma allora perché, nonostante ciò, non potevo fare a meno di ammettere di sentirmi sollevata? Si, mi sembrava di essermi tolta un macigno pesantissimo che mi opprimeva il cuore da tanto, troppo tempo. Abbassai subito lo sguardo, imbarazzata. Ma prima di ciò, potei giurare di aver sentito due iridi color della notte puntate su di me. Nota Autrice: Eccomi tornata con il terzo capitolo della storia. è un po' corto, lo so, ma è altrettanto importante ed intenso... qui abbiamo assistito infatti alle presentazioni del professor Gohan e di Bulma. presentazioni, a dir poco intense... nel prossimo capitolo invece assisteremo al proseguo di questa prima intensa lezione del Glee Club... chissà cosa accadrà... ;) comunque, spero che questo capitolo, nonostante la sua esigua lunghezza, vi si piaciuto almeno un pochino. :) ringrazio come sempre coloro che leggono, recensiscono e seguono le mie storie! Grazie a tutti, siete davvero gentilissimi! ora vado, vi saluto e vi aspetto al prossimo capitolo! Alla prossima! TWOTS
   
 
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