AGAPE
capitolo 1
COLABORAZIONE CON ANGELO NERO
Il punk sentì
suonare il campanello e, ancora con la camicia sbottonata e la cravatta
depositata sulle spalle, andò ad aprire. Sulla soglia di casa trovò lei, come
un pacco regalo depositato dal postino. Era ben posata, Gwen. Con i suoi corti
capelli neri sfilati che solleticavano il collo slanciato e diafano, come tutta
la sua pelle. Addosso un vestitino nero, semplice e senza fronzoli, proprio
come piaceva a lei, che quella sera stava facendo risaltare tutta la sua
femminilità in quelle curve che il fidanzato avrebbe tanto voluto testare e in
quel dolce sorriso, marchiato da una non più innocente malizia.
Duncan era
bloccato a squadrarla da capo a piede, mordendosi il labbro inferiore e
sospirando ogni cinque secondi, senza notare che lei lo stava studiando con più
accuratezza. La camicia candida aperta lasciava vedere un fisico perfetto e
curato come un tempio, mentre i bicipiti attendevano di scoppiare oltre le
maniche lunghe. La cravatta stava scivolando alla sua destra e un sorriso ebete
faceva da contorno alla sua bellezza ben sviluppata.
Gwen gli si
avvicinò dolcemente, accarezzandogli il pizzetto con le dita affusolate,
grattandolo con l’indice che scivolò in basso, depositando una scia lungo il
collo e i pettorali del ragazzo, per poi arrivare al basso ventre, unirsi con
il pollice e tirare su la zip del jeans scuro –Avevi la bottega aperta, tesoro-
sussurrò ironicamente la gotica, con un tono falsamente seducente –Ed ora che
dici, mi fai entrare o devo restare fuori tutta la giornata?-
Duncan scosse
il capo, rendendosi conto che la sua ragazza lo stava davvero prendendo in
giro… pazzesco! Lui si era preparato con tanta accuratezza per sembrare più
sexy e lei? Lei lo smontava in quel modo. Fece schioccare la lingua contro il
palato, aggrottando le sopracciglia cespugliose –Andiamo, scherzavo!- ridacchiò lei, dandogli un paio di pacche
sulle spalle e sfiorando le sue labbra con le proprie. Il punk ne approfittò
per catturarla a sé, cingendole la sottile vita con un braccio e leccandole con
la punta delle lingua il labbro superiore.
L’abbandonò a
terra spalancando finalmente la porta –E voilà, ben venuta nella reggia
Nelson!- esclamò, incrociando le braccia al petto e sorridendo compiaciuto nel
vedere l’espressione strabiliata della ragazza, che ancora interdetta fissava
l’enorme soggiorno, calato nell’oscurità e reso ombrato da profumate candele
che facevano sfrigolare la loro fiamma contro contenitori di vetro. Un
accogliente calduccio rendeva l’aria più pesante, mentre il fumo di parecchi
incensi si dissipava in piccole nubi grigiastre. Numerosi petali di rosa rossa
erano sparsi dappertutto, lambendo e colorando il tappeto beige e
distribuendosi irregolarmente per la camerata, cadendo persino dal lussuoso
lampadario di cristallo. La tappezzeria rossa, i divani carmini e le tende del
medesimo colore inscenavano il tema principale della serata: la passione.
Gwen si
riprese dal lieve shock, scostandosi una ciocca di capelli dall’occhio, per poi
avvicinarsi al fidanzato ed accoccolare la testa sul suo petto. Duncan abbassò
gli occhi sull’esile figurina dell’amata, fissandola negli occhi color pece
che, talvolta, gli sembravano così immensi e profondi mentre li scrutava con
maggior attenzione, come per distinguere la pupilla dall’iride, cosa complicata
per la scurezza di quest’ultima. Sembrava intento a guardarle gli occhi, fino a
quando questi non si fusero con i suoi, addolcendosi sempre di più. La dark
toccò la cresta del ragazzo che le appariva come una grande distesa erbata,
certo, anche piena di gel. Gli occhi freddi di lui, ma allo stesso tempo caldi
e rassicuranti le donavano la giusta tenerezza che quella sera le sarebbe
servita, facendola andare in visibilio
-Vogliamo
accomodarci, my ledy?- le prese una mano chiara tra la sua, mentre faceva
dissolvere la voce rauca per la camera. Allontanò la sedia bordeaux dal tavolo,
facendola sedere, poi si mise difronte a lei, versandole un bicchiere di vino
rosso nel calice di cristallo. Il liquido scivolò dalla caraffa vetrata e
barcollò leggermente nel bicchiere che Gwen continuava a muovere tra l’indice e
il pollice. Fece combaciare le labbra al bordo e saggiò l’incredibile dolcezza
dell’ottimo vino –Vuoi farmi ubriacare per renderti le cose più facili?-
sussurrò in domanda, con una calda voce suadente –No, non è il mio intento- si
alzò ghignante, dirigendosi in cucina. La ragazza si sollevò dal suo posto,
aprendo la porta dalla quale era appena uscito lui –Ehi, che mi nascondi qui?-
si guardò intorno, notando le cibarie appena cotte sul tavolo, pronte solo ad essere
riscaldate per qualche minuto nel forno –Vergogna, ragazzina, non dovresti
entrare nella cucina di un rinomato chef come me!- si portò al petto il
mestolo, battendosi con fierezza ed indicando il mangiare. Gwen si sedette sul
bordo del tavolo –Allora, che si mangia?- il punk non aspettava altro che
esporle ciò che aveva preparato con tanta fatica!
Subito si
mise in posa, assumendo uno scadente accento francese –Qui abbiamo gli
spaghetti e l’aragosta!- detto questo indicò la pasta bollire sul fuoco –Mentre
qui troviamo i frutti di mare e il pesce, con tanto tanto peperoncino- la
gotica sorrise, anzi no, ghignò! –Focoso…- mormorò ammiccando–Già… ehi, non mi
interrompere!- la indicò accusatorio, vedendola alzare le mani e ridacchiare
–Mentre in frigo giace un meraviglioso profitterò alla panna e al cioccolato-
la dark avrebbe voluto articolare qualcosa, ma non ci riuscì che Duncan la
prese per un braccio, trascinandola nel soggiorno. Poco dopo rientrò, servendo
i piatti cominciando a mangiare.
-Allora, come
ti va l'università?- tentò di iniziare un goffo discorso, mentre si grattava la
nuca –Eh, non tanto bene… non so se riuscirò ad uscire dalla quarta- e si ficcò
un enorme boccone di spaghetti, cercando di masticare a bocca chiusa –Vergogna,
io alla tua età ero il primo della classe!- Gwen gli gettò un pezzo di pane
addosso, ridendo divertita –Oh, sì certo!- il punk accettò il cibo lanciatogli
e lo mangiò immediatamente, buttandoselo in bocca. La ragazza si ricordava
delle facili sospensioni che riceveva il fidanzato e le piangeva con rammarico,
quando potevano stare insieme per tanto tempo! Duncan si passò la lingua sui
denti, ghignando non appena si accorse che lei aveva accavallato le gambe
snelle e slanciate, mettendo in mostra –non volontariamente- la mutandina di
pizzo nero, sulla quale gli occhi di lui puntarono immediatamente –Spero sarà
facile sfilarla!- la gotica avvampò, sedendosi immediatamente bene e
riacquistando il pudore da poco perduto –Sei un cretino…- disse grattandosi il
braccio e pulendosi gli angoli della bocca con un tovagliolo.
Duncan si
alzò, per un secondo mortificato dall’indecente battuta con la quale aveva
messo a disagio la sua piccola, le si avvicinò e le accarezzò il collo,
baciandola a fior di labbra, creando un contatto casto e puro, senza malizia
alcuna, senza volerlo approfondire. Gwen ritrasse le labbra all’interno della
bocca, come per voler sentire il sapore di quelle di lui invaderla ancora,
teneramente –Scusami- mormorò al suo orecchio, per poi baciare anch’esso e
farla impazzire lentamente, cosa che con il passare del tempo era diventato il
suo giochetto perverso –Va bene- lo perdonò sorridendo anche, mentre gli
catturava le braccia tra la sua stretta
fissava le sue labbra, in una muta richiesta di un passionale bacio, che
arrivò.
La labbra di
Duncan si muovevano lentamente sulle sue, schiudendosi ed aprendosi lentamente,
catturando quelle dell’amata nella sua bocca per poi giocare con la lingua e
assaggiarne la punta. Il petto della dark si muoveva appena, anche se il suo
cuore batteva per l’eccitazione sempre più forte e, il calore cominciava a
distribuirsi per tutto il corpo. Le mani tremanti per l’emozione del punk, si
avvicinarono alla scollatura del vestito della fidanzata, cominciando a
giocarci ed abbassarla ritmicamente. Lei invece fremeva, silenziosa, scostando
il capo lasciando le labbra della persona che più cara aveva al mondo,
depositarle tanti piccoli baci umidi. Ansimò quando quei due occhi azzurri
cominciarono a fissarle il seno, avvertendo la sua presenza possessoria
stringerla con forza –Ehi- disse, poggiandole le mani sui capelli e facendole
scivolare fino a quando non incontrò la zip del suo vestito, che abbassò con
una velocita fulminea. Immediatamente si rese conto della biancheria che
indossava la sua ragazza. Non sapeva perché, ma era una cosa che gli faceva
gustare di più il momento. Gwen divenne di nuovo rossa, perché non si sarebbe
mai abituata a farsi vedere nuda, anche se dal proprio fidanzato. Continuava a
tenere la testa poggiata sul suo petto e ad accarezzargli i pettorali. Pian
piano Duncan si levo il jeans, lanciando via anche la camicia. La portò fino al
divano adagiandola sopra di lui. Le accarezzò la schiena seminuda, baciandola
nel caldo incavo della clavicola, mentre soddisfava la lieve perversione che
aveva preso il controllo del suo corpo fissando il petto tenuto dal reggiseno,
che lanciò via dopo parecchi baci. La dark lo lasciò fare, abbandonandosi alla
sua esperienza e godendosi la notte più romantica e perversa della sua vita.
***
9:05
La sveglia
posta sul comodino a fianco del letto di Duncan continuava a trillare,
interrompendosi per lasciar posto ad una voce maschile registrata, parecchio
fastidiosa.
“Sono le
9:05, forza, alzati.
Facciamo il
punto della giornata: i nostri concittadini continuano con la loro placida
vita, il presidente lavora con indulgenza e la nostra bandiera svolazza alta.
Tu sei ancora qui? Forza, alzati!”
Poi
ricominciava, daccapo. Gwen si alzò, passandosi una mano sul volto e
sbadigliando. Puntò gli occhi difronte lo specchio e si accorse del lieve
trucco sbavato e delle profonde occhiaie che le segnavano gli occhi ancora
socchiusi. Mugolò sottovoce per poi prendere la sveglia tra le mani e tentare
di spegnerla. Cominciò a scuoterla, premendo più bottoni possibili e poi, dopo
un paio di minuti, provata dal russare del fidanzato e da quella voce da
strozzare (letteralmente), gettò l’apparecchio elettronico a terra, che si
fracassò sul pavimento pulito. Duncan sobbalzò dal profondo sonno, cacciando un
breve urletto –Ma che cosa…- cacciò brevi gemiti anche lui e si sollevò con i
gomiti, rendendosi conto di ritrovarsi al fianco della creatura più celestiale
dell’Universo, per di più questa piccola creatura era anche nuda! Perfetto.
Tentò di tirarla giù per donarle un risveglio pieno di baci, ma non ci riuscì
dopo che si accorse che, la seconda cosa che più amava al Mondo (perché doveva
ammetterlo, il primo posto se lo contendevano la fidanzata e la sua squadra di
basebal) si ritrovava fracassata lungo il pavimento –Che hai fatto?!- esclamò,
indicando furioso l’apparecchio che continuava a suonare malamente brevi parole
sconnesse –Cosa? Dovresti sapere che chi interrompe il mio sonno finisce male!
E poi si può sapere dove hai comprato quella roba?- domandò, stendendosi di
nuovo –E no, non te la scampi così! Adesso subirai la mia ira funesta!- la fece
uscire dalle coperte e le salì sopra, cominciando a farle il solletico lungo i
fianchi e divertendosi nel vederla contorcersi e pregarsi al di sotto del suo
corpo –Come hai chiamato la mia ex-meravigliosa sveglia?- le catturò i piedi in
una mano, sfiorandoli di tanto in tanto con l’indice. Gwen si avvolse tra le
lenzuola, a pancia in giù –Basta!- urlò tra le risate, mentre alcune lacrime
cominciavano a bagnare la coperta –Implora pietà e perdono!- -No, mai!- sentì
la crudele tortura farsi più forte e alla fine si arrese –Va bene, pietà e perdono,
pietà e perdono!- affondò la faccia nel cuscino e sospirò sollevata quando il
solletico cessò –Brava la mia sottomessa- lei si alzò per fargli la linguaccia
–Te la do io la sottomessa!- detto questo gli tirò stizzita un cuscino,
alzandosi e lasciandolo solo per poi dirigersi in bagno. Duncan si alzò,
bussando lievemente alla porta. Visto che nessuno l’aprì abbassò la maniglia,
ma scoprì che Gwen si era chiusa a chiave –Fammi entrare, piccola- disse a
bassa voce, ma dall’altra parte non sentì girare la chiave –Ah, sì? Chiedi
pietà e perdono per quello che mi hai appena fatto- il punk abbassò la testa,
sorridendo –Bastarda, guarda che la doccia è mia e posso anche buttare giù la
porta se mi va- la intimò con voce ferma –Oh, certo, ed io però non farò più la
doccia con te- colpito e affondato. Si rizzò immediatamente, chiedendo perdono.
Lei aprì la porta –Inginocchiati alla mia presenza- incrociò le braccia al
petto –Come, scherzi vero?- -No- trattenne a stento una risata quando il
ragazzo le ubbidì –Pietà e perdono- implorò –Bene, accettato- si alzò e le
prese il polso, avvicinandosela e calandole l’asciugamano, ma lei lo ripose al
suo posto –Scusa, ma devo fare in fretta, non posso dilungarmi- Duncan la
guardò malissimo –Ma che vuoi?- si giustificò alzando le mani –Anche io ho una
mia vita! Eh… devo andare da una mia amica e non ho tempo da perdere- lui tentò
di aprire la porta –Facciamo velocissimo- ma lei lo richiuse fuori, ridendo e
facendo scorrere l’acqua della doccia, scusandosi falsamente.
Non appena uscì
concesse un breve spettacolino al ragazzo, che le aveva fatto trovare i vestiti
sul letto sfatto. Gwen si presentò completamente bagnata e guardò Duncan che si
era appoggiato sulla sedia, scocciato. Si sedette sulle sue gambe, facendo
scivolare l’asciugamano dal corpo e baciandolo di nuovo –Mi aiuti ad
asciugarmi?- domandò con una voce talmente calda che il punk credette di andare
in iperventilazione. Assentì e l’avvolse con l’accappatoio, tamponandole le
braccia, la pancia, la schiena… per poi odorarle i capelli e sorridere
dolcemente. Quando finì la fece alzare, rimettendole il reggiseno e facendole
infilare da sola la mutandina di pizzo –Ho una cosa per te- disse arrossendo,
aprendo in confusione i cassetti dei comò e sbiancando lentamente, imprecando a
bassa voce e avendo paura di non trovare più il suo “regalo”, che aveva cercato
con tanto affetto –Eccolo!- esultò alla fine, estraendo uno scatolino e
lanciandoselo un paio di volte nella mano destra. Coprì gli occhi di Gwen con
una mano, senza poter fare a meno di far combaciare nuovamente le loro labbra.
La ragazza sentì dopo poco il collo coperto da della stoffa e, quando aprì gli
occhi, trovo a cingerla un meraviglioso collare celeste, di pelle –Per te-
sussurrò, allontanandosi e lasciandola vestire in pace –Sono onorata- si chinò
sorridente e scherzosa, ora vestendosi di malavoglia. Doveva ammettere che,
passare un’altra oretta focosa con il fidanzato non le sarebbe dispiaciuto, ma
adesso aveva cose più importanti da fare. Quando un’amica chiama, lei risponde!
No,
tecnicamente non era vero. Aveva pochissime amicizie la dark e riteneva false
tutte le persone che la circondavano. Per questo prediligeva quell’asiatica
cinica e scorbutica, le diceva sempre ciò che pensava, anche se erano cose
parecchio spiacevoli. Infondo le accettava di buon grado. Cedette ad un’ultima
coccola con il fidanzato, che giocherellò ancora con la sua femminilità. Poi,
lo abbandonò senza crollare alle sue proteste e alle sue offerte di
accompagnarla dovunque fosse andata.
Chiamò un
taxi che la scortò sotto il palazzo dell’amica e non appena arrivò difronte il
suo pianerottolo suonò il campanello. Ci vollero parecchi minuti prima che
Heather si decidesse ad aprire e quando lo fece Gwen si ritrovò difronte un
Alejandro mal vestito, con parecchie tracce di rossetto sul volto e la sua miglior nemica impresentabile –Coff Coff
Alejandro, sparisci Coff Coff- camuffò la frase come se la gotica fosse tanto
stupida da non capirla e il bel spagnolo, no nonché la sua nuova fiamma, sparì
per le scale dell’edificio. La ragazza si sistemò i capelli in un vano
tentativo di apparire più presentabile e poi spalancò le porte di casa
all’odiosa darkettona, come era solita nominarla –Okay, che ci faceva Ale qui,
eh? Dai che a me puoi dirlo, forza!-
mentre entrava le diede una gomitata giocosa, per poi aprire la bocca
esterrefatta: quella non era la casa della nemica! Ma che diavolo aveva
combinato?
Sapeva
benissimo che Heather, anche dopo un buon sesso, non lasciava nulla fuori posto
e teneva d’occhio l’occasionale partner notturno. Eppure adesso la gotica si
ritrovava in un corridoio cosparso d’acqua, trucchi dappertutto e vestiti al
quanto… sexy (se così si potevano definire i mille slip lanciati all’aria e
qualche vestitino che mirava a far attizzare la perversione del compagno)…
L’altra la condusse in cucina, dove il pavimento era sotterrato da mille
cibarie ribaltate dal tavolo, sgombrato di tutta fretta di sicuro per
soddisfare le voglie dello spagnolo. E lei che pensava di aver esagerato con Duncan!
Ma doveva concederlo al punk, per essere lui era abbastanza gentile e si
tratteneva da idee malsane. Doveva ammettere, Gwen, che questa volta Heather
era leggermente turbata. Non era sicura di sé come tutte le volte che l’aveva
colta di sorpresa in situazioni imbarazzanti. Era scossa, e molto. Forse era
stata l’irriducibile bellezza del latino a renderla così. Ma poco ci credeva.
Lei era il chiaro simbolo della forza femminile e dell’acidità umana (certo,
sempre dopo di lei). Il ragazzo che ora frequentava lo aveva conosciuto di
sfuggita, ad una festa notturna organizzata da Duncan in una piscina comunale.
Era arrivato di fianco alla nemica, tenendola sotto il braccio e annuendo
seducente a tutte le frecciatine che lei gli tirava. La teneva ben stretta e le
sussurrava parole falsamente dolci, facendo partire le mani e la lingua in modo
eccessivo, tanto che Heather restò sconcertata dopo l’ennesima notte che
avevano passato insieme, tra amori e litigi. Per la dark loro, insieme erano
perfetti! Assolutamente. Erano identici, talmente falsi che non avresti mai
potuto decifrare i loro veri stati d’animo, a meno che non li avessero messi
loro a nudo.
Lo spagnolo
era alto, più di lei e portava una camicia rosso fuoco completamente sbottonata
e un paio di pantaloncini marroni. Non era l’abbigliamento, il punto. Quel
sorriso seducente metteva in mostra una fila di denti bianchissimi e i capelli
color nocciola scivolavano lungo la nuca e ricadevano anche sugli occhi
smeraldini, profondi e bellissimi. Era curato per bene e non nascondeva la sua
vanità e la sua sicurezza nel poter ottenere tutto ciò che cercava, tramite
sorrisetti e ammiccamenti poco chiari per tutte le ragazze che lo guardavano.
Faceva sognare e distruggeva sogni e, doveva ammettere che tutto sommato gli
piaceva vedere donne distrutte dopo una rottura dal magnifico lui, come magari
si denominava alle volte, facendo storcere le labbra ad Heather.
Se il latino
era bello, l’asiatica non scherzava neppure un po’. Alta, di classe, tutta
gambe e scollature. Un collo snello e un seno prosperoso erano le armi con le
quali attirava le sue prede notturne, e di giorno amava mettere in mostra la
sua alta figura con minigonne che per quanto erano piccole, parevano cinture.
Erano due
belve, quei due, e la parte romantica –e ben nascosta- di Gwen fantasticava sul
loro amore irriducibile e fantastico. Anche se la parte realista –quella che
prevaleva di più- ammetteva che non sarebbero potuti durare molto
-Tazza di
tè?- propose Heather, senza neppure ascoltare la risposta che mise una tazza
tra le mani della mora, che annuì rassegnatasi alla disattenzione dell’altra.
Non appena l’asiatica versò il liquido nella tazzina dell’amica – nemica, la
invitò nel posto più ordinato della casa, cioè la sua veranda, dove mai avrebbe
invitato nessuno se non Gwen. Era un po’come il loro “covo”, il loro posto
speciale dove potevano parlare lontano dai ragazzi, dove potevano divertirsi a
sognare quali ragazze che erano, dove potevano svolgere i loro compiti
scolastici, o ascoltare musica, o anche solo stendersi per osservare gli alberi
più alti di tutto il parco in cui viveva Heather… ma la maggior parte delle
volte si prendevano a capelli e, per chissà quale miracolo evitavano di
gettarsi giù dal piano. La bella si sedette sull’altalena in ferro battuto,
poggiando la tazza di tè dalla quale non aveva ancora saggiato un sorso sul
muretto coperto di muschio al suo fianco. Gwen si limitò a stendersi a pancia
in su sul tappeto lilla comprato da poco dalla padrona di casa.
Ci fu un
interminabile minuto di silenzio, che la dark passò a studiare i nuovi oggetti
appesi alla “loro” parete. L’avevano creata un paio d’anni fa, la prima volta
che si erano picchiate a sangue per poi scoppiare in una risata divertita.
Heather aveva appeso l’abito della festa di fine anno al muro, mostrandolo a
Gwen, alla quale era stata concesso un posto per inserire i primi guanti di
pelle nera che avesse mai ricevuto. Dall’ora era andata avanti così, mentre
appendevano le loro cose e le guardavano soddisfatte di loro stesse. Quella
volta ci vide una cordicina, parecchio piccola e bianca, consumata però dal
tempo
-Darkettona!-
la richiamò l’asiatica, rendendosi conto che i suoi occhi stavano vagando fin
troppo –Oh, che c’è? A proposito, che vuol dire quello per te? Come mai si
merita un posto nella nostra parete?- chiese indicando la corda. Heather
sospirò, passandosi una mano nei lunghi capelli neri, poi lo disse così, veloce
ed indolore
-Credo di
provare qualcosa per… qualcuno…- la gotica scoppiò a ridere, suscitando
un’arrabbiatura da parte della bella, che le dedicò mille occhiatacce, poi Gwen
si chiarì –Si capisce lontano un miglio che ti piace Alejandro, anzi, non solo
ti piace! Lo ami!-
Fissò i suoi
occhi in quelli grigi insoliti dell’altra, sorridendole amichevolmente ma
camuffandosi con un ghigno beffeggiatorio, anche se doveva ammetterlo: voleva
tanto abbracciarla. Ma non lo avrebbero mai fatto. Quando notò la bella cedere
e abbassarsi alla sua altezza, alzò un sopracciglio, stranita. Heather rivolse
lo sguardo alla nemica, sentendo un lieve pizzicorino agli occhi, che riuscì a
scacciare –Non credo che sia Alejandro quel “qualcuno”-
Writen Bye Stella_2000