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Autore: Angelo_Stella    02/08/2014    4 recensioni
GWUNCAN|ALETHER|SORPRESA|
...
SORPRESA! CAPITOLO 10, FINALE ALTERNATIVO!
...
Agape.
Amore disinteressato, puro, pieno di gioia.
Eros.
Piacere fisico, sesso.
Gwen ed Heather, non esattamente definite come amiche, si ritrovano alle prese con questi tipi diversi di rapporti.
Una dolce, nascosta da un'acidità che man mano tralascia sempre di più.
L'altra perversa, presa continuamente dal piacere carnale.
Entrambe, insegneranno all'altra il loro stile di vita, dimostrandone le motivazioni.
Nulla sembra però come prima, quando l'asiatica si ritroverà tra le mani un laccio di scarpe vecchio e consunto dal tempo, forse simbolo di uno strano amore mai dimostrato.
Ma dopotutto, l'idea d'amore per loro è completamente diversa.
Heather imparerà qualcosa che andrà oltre ad un piacevole sesso, mentre Gwen, si renderà conto che infondo non si può mai vivere in una favola.
In un felici e contenti, che forse, non arriverà per tutti.
Tratto dal testo (capitolo 2):
Dimmi solo: chi è?"
(...)"Chi è chi?"
"Ma come 'chi'? Il ragazzo che ti ha rubato il cuore!" esclamò invece Gwen, giocosa e facendole la linguaccia. "Quel genio che ha sciolto il tuo cuore
Genere: Drammatico, Fluff, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Alejandro, Duncan, Gwen, Heather, Scott | Coppie: Alejandro/Heather, Duncan/Gwen
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale
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AGAPE 

capitolo 1

 

 COLABORAZIONE CON ANGELO NERO

 

Il punk sentì suonare il campanello e, ancora con la camicia sbottonata e la cravatta depositata sulle spalle, andò ad aprire. Sulla soglia di casa trovò lei, come un pacco regalo depositato dal postino. Era ben posata, Gwen. Con i suoi corti capelli neri sfilati che solleticavano il collo slanciato e diafano, come tutta la sua pelle. Addosso un vestitino nero, semplice e senza fronzoli, proprio come piaceva a lei, che quella sera stava facendo risaltare tutta la sua femminilità in quelle curve che il fidanzato avrebbe tanto voluto testare e in quel dolce sorriso, marchiato da una non più innocente malizia.

Duncan era bloccato a squadrarla da capo a piede, mordendosi il labbro inferiore e sospirando ogni cinque secondi, senza notare che lei lo stava studiando con più accuratezza. La camicia candida aperta lasciava vedere un fisico perfetto e curato come un tempio, mentre i bicipiti attendevano di scoppiare oltre le maniche lunghe. La cravatta stava scivolando alla sua destra e un sorriso ebete faceva da contorno alla sua bellezza ben sviluppata.

Gwen gli si avvicinò dolcemente, accarezzandogli il pizzetto con le dita affusolate, grattandolo con l’indice che scivolò in basso, depositando una scia lungo il collo e i pettorali del ragazzo, per poi arrivare al basso ventre, unirsi con il pollice e tirare su la zip del jeans scuro –Avevi la bottega aperta, tesoro- sussurrò ironicamente la gotica, con un tono falsamente seducente –Ed ora che dici, mi fai entrare o devo restare fuori tutta la giornata?-

Duncan scosse il capo, rendendosi conto che la sua ragazza lo stava davvero prendendo in giro… pazzesco! Lui si era preparato con tanta accuratezza per sembrare più sexy e lei? Lei lo smontava in quel modo. Fece schioccare la lingua contro il palato, aggrottando le sopracciglia cespugliose –Andiamo, scherzavo!-  ridacchiò lei, dandogli un paio di pacche sulle spalle e sfiorando le sue labbra con le proprie. Il punk ne approfittò per catturarla a sé, cingendole la sottile vita con un braccio e leccandole con la punta delle lingua il labbro superiore.

L’abbandonò a terra spalancando finalmente la porta –E voilà, ben venuta nella reggia Nelson!- esclamò, incrociando le braccia al petto e sorridendo compiaciuto nel vedere l’espressione strabiliata della ragazza, che ancora interdetta fissava l’enorme soggiorno, calato nell’oscurità e reso ombrato da profumate candele che facevano sfrigolare la loro fiamma contro contenitori di vetro. Un accogliente calduccio rendeva l’aria più pesante, mentre il fumo di parecchi incensi si dissipava in piccole nubi grigiastre. Numerosi petali di rosa rossa erano sparsi dappertutto, lambendo e colorando il tappeto beige e distribuendosi irregolarmente per la camerata, cadendo persino dal lussuoso lampadario di cristallo. La tappezzeria rossa, i divani carmini e le tende del medesimo colore inscenavano il tema principale della serata: la passione.

Gwen si riprese dal lieve shock, scostandosi una ciocca di capelli dall’occhio, per poi avvicinarsi al fidanzato ed accoccolare la testa sul suo petto. Duncan abbassò gli occhi sull’esile figurina dell’amata, fissandola negli occhi color pece che, talvolta, gli sembravano così immensi e profondi mentre li scrutava con maggior attenzione, come per distinguere la pupilla dall’iride, cosa complicata per la scurezza di quest’ultima. Sembrava intento a guardarle gli occhi, fino a quando questi non si fusero con i suoi, addolcendosi sempre di più. La dark toccò la cresta del ragazzo che le appariva come una grande distesa erbata, certo, anche piena di gel. Gli occhi freddi di lui, ma allo stesso tempo caldi e rassicuranti le donavano la giusta tenerezza che quella sera le sarebbe servita, facendola andare in visibilio

-Vogliamo accomodarci, my ledy?- le prese una mano chiara tra la sua, mentre faceva dissolvere la voce rauca per la camera. Allontanò la sedia bordeaux dal tavolo, facendola sedere, poi si mise difronte a lei, versandole un bicchiere di vino rosso nel calice di cristallo. Il liquido scivolò dalla caraffa vetrata e barcollò leggermente nel bicchiere che Gwen continuava a muovere tra l’indice e il pollice. Fece combaciare le labbra al bordo e saggiò l’incredibile dolcezza dell’ottimo vino –Vuoi farmi ubriacare per renderti le cose più facili?- sussurrò in domanda, con una calda voce suadente –No, non è il mio intento- si alzò ghignante, dirigendosi in cucina. La ragazza si sollevò dal suo posto, aprendo la porta dalla quale era appena uscito lui –Ehi, che mi nascondi qui?- si guardò intorno, notando le cibarie appena cotte sul tavolo, pronte solo ad essere riscaldate per qualche minuto nel forno –Vergogna, ragazzina, non dovresti entrare nella cucina di un rinomato chef come me!- si portò al petto il mestolo, battendosi con fierezza ed indicando il mangiare. Gwen si sedette sul bordo del tavolo –Allora, che si mangia?- il punk non aspettava altro che esporle ciò che aveva preparato con tanta fatica!

Subito si mise in posa, assumendo uno scadente accento francese –Qui abbiamo gli spaghetti e l’aragosta!- detto questo indicò la pasta bollire sul fuoco –Mentre qui troviamo i frutti di mare e il pesce, con tanto tanto peperoncino- la gotica sorrise, anzi no, ghignò! –Focoso…- mormorò ammiccando–Già… ehi, non mi interrompere!- la indicò accusatorio, vedendola alzare le mani e ridacchiare –Mentre in frigo giace un meraviglioso profitterò alla panna e al cioccolato- la dark avrebbe voluto articolare qualcosa, ma non ci riuscì che Duncan la prese per un braccio, trascinandola nel soggiorno. Poco dopo rientrò, servendo i piatti  cominciando a mangiare.

-Allora, come ti va l'università?- tentò di iniziare un goffo discorso, mentre si grattava la nuca –Eh, non tanto bene… non so se riuscirò ad uscire dalla quarta- e si ficcò un enorme boccone di spaghetti, cercando di masticare a bocca chiusa –Vergogna, io alla tua età ero il primo della classe!- Gwen gli gettò un pezzo di pane addosso, ridendo divertita –Oh, sì certo!- il punk accettò il cibo lanciatogli e lo mangiò immediatamente, buttandoselo in bocca. La ragazza si ricordava delle facili sospensioni che riceveva il fidanzato e le piangeva con rammarico, quando potevano stare insieme per tanto tempo! Duncan si passò la lingua sui denti, ghignando non appena si accorse che lei aveva accavallato le gambe snelle e slanciate, mettendo in mostra –non volontariamente- la mutandina di pizzo nero, sulla quale gli occhi di lui puntarono immediatamente –Spero sarà facile sfilarla!- la gotica avvampò, sedendosi immediatamente bene e riacquistando il pudore da poco perduto –Sei un cretino…- disse grattandosi il braccio e pulendosi gli angoli della bocca con un tovagliolo.

Duncan si alzò, per un secondo mortificato dall’indecente battuta con la quale aveva messo a disagio la sua piccola, le si avvicinò e le accarezzò il collo, baciandola a fior di labbra, creando un contatto casto e puro, senza malizia alcuna, senza volerlo approfondire. Gwen ritrasse le labbra all’interno della bocca, come per voler sentire il sapore di quelle di lui invaderla ancora, teneramente –Scusami- mormorò al suo orecchio, per poi baciare anch’esso e farla impazzire lentamente, cosa che con il passare del tempo era diventato il suo giochetto perverso –Va bene- lo perdonò sorridendo anche, mentre gli catturava le braccia tra la sua stretta  fissava le sue labbra, in una muta richiesta di un passionale bacio, che arrivò.

La labbra di Duncan si muovevano lentamente sulle sue, schiudendosi ed aprendosi lentamente, catturando quelle dell’amata nella sua bocca per poi giocare con la lingua e assaggiarne la punta. Il petto della dark si muoveva appena, anche se il suo cuore batteva per l’eccitazione sempre più forte e, il calore cominciava a distribuirsi per tutto il corpo. Le mani tremanti per l’emozione del punk, si avvicinarono alla scollatura del vestito della fidanzata, cominciando a giocarci ed abbassarla ritmicamente. Lei invece fremeva, silenziosa, scostando il capo lasciando le labbra della persona che più cara aveva al mondo, depositarle tanti piccoli baci umidi. Ansimò quando quei due occhi azzurri cominciarono a fissarle il seno, avvertendo la sua presenza possessoria stringerla con forza –Ehi- disse, poggiandole le mani sui capelli e facendole scivolare fino a quando non incontrò la zip del suo vestito, che abbassò con una velocita fulminea. Immediatamente si rese conto della biancheria che indossava la sua ragazza. Non sapeva perché, ma era una cosa che gli faceva gustare di più il momento. Gwen divenne di nuovo rossa, perché non si sarebbe mai abituata a farsi vedere nuda, anche se dal proprio fidanzato. Continuava a tenere la testa poggiata sul suo petto e ad accarezzargli i pettorali. Pian piano Duncan si levo il jeans, lanciando via anche la camicia. La portò fino al divano adagiandola sopra di lui. Le accarezzò la schiena seminuda, baciandola nel caldo incavo della clavicola, mentre soddisfava la lieve perversione che aveva preso il controllo del suo corpo fissando il petto tenuto dal reggiseno, che lanciò via dopo parecchi baci. La dark lo lasciò fare, abbandonandosi alla sua esperienza e godendosi la notte più romantica e perversa della sua vita.

 

                                                                                                                                     ***

9:05

La sveglia posta sul comodino a fianco del letto di Duncan continuava a trillare, interrompendosi per lasciar posto ad una voce maschile registrata, parecchio fastidiosa.

“Sono le 9:05, forza, alzati.

Facciamo il punto della giornata: i nostri concittadini continuano con la loro placida vita, il presidente lavora con indulgenza e la nostra bandiera svolazza alta. Tu sei ancora qui? Forza, alzati!”

Poi ricominciava, daccapo. Gwen si alzò, passandosi una mano sul volto e sbadigliando. Puntò gli occhi difronte lo specchio e si accorse del lieve trucco sbavato e delle profonde occhiaie che le segnavano gli occhi ancora socchiusi. Mugolò sottovoce per poi prendere la sveglia tra le mani e tentare di spegnerla. Cominciò a scuoterla, premendo più bottoni possibili e poi, dopo un paio di minuti, provata dal russare del fidanzato e da quella voce da strozzare (letteralmente), gettò l’apparecchio elettronico a terra, che si fracassò sul pavimento pulito. Duncan sobbalzò dal profondo sonno, cacciando un breve urletto –Ma che cosa…- cacciò brevi gemiti anche lui e si sollevò con i gomiti, rendendosi conto di ritrovarsi al fianco della creatura più celestiale dell’Universo, per di più questa piccola creatura era anche nuda! Perfetto. Tentò di tirarla giù per donarle un risveglio pieno di baci, ma non ci riuscì dopo che si accorse che, la seconda cosa che più amava al Mondo (perché doveva ammetterlo, il primo posto se lo contendevano la fidanzata e la sua squadra di basebal) si ritrovava fracassata lungo il pavimento –Che hai fatto?!- esclamò, indicando furioso l’apparecchio che continuava a suonare malamente brevi parole sconnesse –Cosa? Dovresti sapere che chi interrompe il mio sonno finisce male! E poi si può sapere dove hai comprato quella roba?- domandò, stendendosi di nuovo –E no, non te la scampi così! Adesso subirai la mia ira funesta!- la fece uscire dalle coperte e le salì sopra, cominciando a farle il solletico lungo i fianchi e divertendosi nel vederla contorcersi e pregarsi al di sotto del suo corpo –Come hai chiamato la mia ex-meravigliosa sveglia?- le catturò i piedi in una mano, sfiorandoli di tanto in tanto con l’indice. Gwen si avvolse tra le lenzuola, a pancia in giù –Basta!- urlò tra le risate, mentre alcune lacrime cominciavano a bagnare la coperta –Implora pietà e perdono!- -No, mai!- sentì la crudele tortura farsi più forte e alla fine si arrese –Va bene, pietà e perdono, pietà e perdono!- affondò la faccia nel cuscino e sospirò sollevata quando il solletico cessò –Brava la mia sottomessa- lei si alzò per fargli la linguaccia –Te la do io la sottomessa!- detto questo gli tirò stizzita un cuscino, alzandosi e lasciandolo solo per poi dirigersi in bagno. Duncan si alzò, bussando lievemente alla porta. Visto che nessuno l’aprì abbassò la maniglia, ma scoprì che Gwen si era chiusa a chiave –Fammi entrare, piccola- disse a bassa voce, ma dall’altra parte non sentì girare la chiave –Ah, sì? Chiedi pietà e perdono per quello che mi hai appena fatto- il punk abbassò la testa, sorridendo –Bastarda, guarda che la doccia è mia e posso anche buttare giù la porta se mi va- la intimò con voce ferma –Oh, certo, ed io però non farò più la doccia con te- colpito e affondato. Si rizzò immediatamente, chiedendo perdono. Lei aprì la porta –Inginocchiati alla mia presenza- incrociò le braccia al petto –Come, scherzi vero?- -No- trattenne a stento una risata quando il ragazzo le ubbidì –Pietà e perdono- implorò –Bene, accettato- si alzò e le prese il polso, avvicinandosela e calandole l’asciugamano, ma lei lo ripose al suo posto –Scusa, ma devo fare in fretta, non posso dilungarmi- Duncan la guardò malissimo –Ma che vuoi?- si giustificò alzando le mani –Anche io ho una mia vita! Eh… devo andare da una mia amica e non ho tempo da perdere- lui tentò di aprire la porta –Facciamo velocissimo- ma lei lo richiuse fuori, ridendo e facendo scorrere l’acqua della doccia, scusandosi falsamente.

Non appena uscì concesse un breve spettacolino al ragazzo, che le aveva fatto trovare i vestiti sul letto sfatto. Gwen si presentò completamente bagnata e guardò Duncan che si era appoggiato sulla sedia, scocciato. Si sedette sulle sue gambe, facendo scivolare l’asciugamano dal corpo e baciandolo di nuovo –Mi aiuti ad asciugarmi?- domandò con una voce talmente calda che il punk credette di andare in iperventilazione. Assentì e l’avvolse con l’accappatoio, tamponandole le braccia, la pancia, la schiena… per poi odorarle i capelli e sorridere dolcemente. Quando finì la fece alzare, rimettendole il reggiseno e facendole infilare da sola la mutandina di pizzo –Ho una cosa per te- disse arrossendo, aprendo in confusione i cassetti dei comò e sbiancando lentamente, imprecando a bassa voce e avendo paura di non trovare più il suo “regalo”, che aveva cercato con tanto affetto –Eccolo!- esultò alla fine, estraendo uno scatolino e lanciandoselo un paio di volte nella mano destra. Coprì gli occhi di Gwen con una mano, senza poter fare a meno di far combaciare nuovamente le loro labbra. La ragazza sentì dopo poco il collo coperto da della stoffa e, quando aprì gli occhi, trovo a cingerla un meraviglioso collare celeste, di pelle –Per te- sussurrò, allontanandosi e lasciandola vestire in pace –Sono onorata- si chinò sorridente e scherzosa, ora vestendosi di malavoglia. Doveva ammettere che, passare un’altra oretta focosa con il fidanzato non le sarebbe dispiaciuto, ma adesso aveva cose più importanti da fare. Quando un’amica chiama, lei risponde!

No, tecnicamente non era vero. Aveva pochissime amicizie la dark e riteneva false tutte le persone che la circondavano. Per questo prediligeva quell’asiatica cinica e scorbutica, le diceva sempre ciò che pensava, anche se erano cose parecchio spiacevoli. Infondo le accettava di buon grado. Cedette ad un’ultima coccola con il fidanzato, che giocherellò ancora con la sua femminilità. Poi, lo abbandonò senza crollare alle sue proteste e alle sue offerte di accompagnarla dovunque fosse andata.

Chiamò un taxi che la scortò sotto il palazzo dell’amica e non appena arrivò difronte il suo pianerottolo suonò il campanello. Ci vollero parecchi minuti prima che Heather si decidesse ad aprire e quando lo fece Gwen si ritrovò difronte un Alejandro mal vestito, con parecchie tracce di rossetto sul volto e la sua  miglior nemica impresentabile –Coff Coff Alejandro, sparisci Coff Coff- camuffò la frase come se la gotica fosse tanto stupida da non capirla e il bel spagnolo, no nonché la sua nuova fiamma, sparì per le scale dell’edificio. La ragazza si sistemò i capelli in un vano tentativo di apparire più presentabile e poi spalancò le porte di casa all’odiosa darkettona, come era solita nominarla –Okay, che ci faceva Ale qui, eh? Dai che a me puoi dirlo, forza!-  mentre entrava le diede una gomitata giocosa, per poi aprire la bocca esterrefatta: quella non era la casa della nemica! Ma che diavolo aveva combinato?

Sapeva benissimo che Heather, anche dopo un buon sesso, non lasciava nulla fuori posto e teneva d’occhio l’occasionale partner notturno. Eppure adesso la gotica si ritrovava in un corridoio cosparso d’acqua, trucchi dappertutto e vestiti al quanto… sexy (se così si potevano definire i mille slip lanciati all’aria e qualche vestitino che mirava a far attizzare la perversione del compagno)… L’altra la condusse in cucina, dove il pavimento era sotterrato da mille cibarie ribaltate dal tavolo, sgombrato di tutta fretta di sicuro per soddisfare le voglie dello spagnolo. E lei che pensava di aver esagerato con Duncan! Ma doveva concederlo al punk, per essere lui era abbastanza gentile e si tratteneva da idee malsane. Doveva ammettere, Gwen, che questa volta Heather era leggermente turbata. Non era sicura di sé come tutte le volte che l’aveva colta di sorpresa in situazioni imbarazzanti. Era scossa, e molto. Forse era stata l’irriducibile bellezza del latino a renderla così. Ma poco ci credeva. Lei era il chiaro simbolo della forza femminile e dell’acidità umana (certo, sempre dopo di lei). Il ragazzo che ora frequentava lo aveva conosciuto di sfuggita, ad una festa notturna organizzata da Duncan in una piscina comunale. Era arrivato di fianco alla nemica, tenendola sotto il braccio e annuendo seducente a tutte le frecciatine che lei gli tirava. La teneva ben stretta e le sussurrava parole falsamente dolci, facendo partire le mani e la lingua in modo eccessivo, tanto che Heather restò sconcertata dopo l’ennesima notte che avevano passato insieme, tra amori e litigi. Per la dark loro, insieme erano perfetti! Assolutamente. Erano identici, talmente falsi che non avresti mai potuto decifrare i loro veri stati d’animo, a meno che non li avessero messi loro a nudo.

Lo spagnolo era alto, più di lei e portava una camicia rosso fuoco completamente sbottonata e un paio di pantaloncini marroni. Non era l’abbigliamento, il punto. Quel sorriso seducente metteva in mostra una fila di denti bianchissimi e i capelli color nocciola scivolavano lungo la nuca e ricadevano anche sugli occhi smeraldini, profondi e bellissimi. Era curato per bene e non nascondeva la sua vanità e la sua sicurezza nel poter ottenere tutto ciò che cercava, tramite sorrisetti e ammiccamenti poco chiari per tutte le ragazze che lo guardavano. Faceva sognare e distruggeva sogni e, doveva ammettere che tutto sommato gli piaceva vedere donne distrutte dopo una rottura dal magnifico lui, come magari si denominava alle volte, facendo storcere le labbra ad Heather.

Se il latino era bello, l’asiatica non scherzava neppure un po’. Alta, di classe, tutta gambe e scollature. Un collo snello e un seno prosperoso erano le armi con le quali attirava le sue prede notturne, e di giorno amava mettere in mostra la sua alta figura con minigonne che per quanto erano piccole, parevano cinture.

Erano due belve, quei due, e la parte romantica –e ben nascosta- di Gwen fantasticava sul loro amore irriducibile e fantastico. Anche se la parte realista –quella che prevaleva di più- ammetteva che non sarebbero potuti durare molto

-Tazza di tè?- propose Heather, senza neppure ascoltare la risposta che mise una tazza tra le mani della mora, che annuì rassegnatasi alla disattenzione dell’altra. Non appena l’asiatica versò il liquido nella tazzina dell’amica – nemica, la invitò nel posto più ordinato della casa, cioè la sua veranda, dove mai avrebbe invitato nessuno se non Gwen. Era un po’come il loro “covo”, il loro posto speciale dove potevano parlare lontano dai ragazzi, dove potevano divertirsi a sognare quali ragazze che erano, dove potevano svolgere i loro compiti scolastici, o ascoltare musica, o anche solo stendersi per osservare gli alberi più alti di tutto il parco in cui viveva Heather… ma la maggior parte delle volte si prendevano a capelli e, per chissà quale miracolo evitavano di gettarsi giù dal piano. La bella si sedette sull’altalena in ferro battuto, poggiando la tazza di tè dalla quale non aveva ancora saggiato un sorso sul muretto coperto di muschio al suo fianco. Gwen si limitò a stendersi a pancia in su sul tappeto lilla comprato da poco dalla padrona di casa.

Ci fu un interminabile minuto di silenzio, che la dark passò a studiare i nuovi oggetti appesi alla “loro” parete. L’avevano creata un paio d’anni fa, la prima volta che si erano picchiate a sangue per poi scoppiare in una risata divertita. Heather aveva appeso l’abito della festa di fine anno al muro, mostrandolo a Gwen, alla quale era stata concesso un posto per inserire i primi guanti di pelle nera che avesse mai ricevuto. Dall’ora era andata avanti così, mentre appendevano le loro cose e le guardavano soddisfatte di loro stesse. Quella volta ci vide una cordicina, parecchio piccola e bianca, consumata però dal tempo

-Darkettona!- la richiamò l’asiatica, rendendosi conto che i suoi occhi stavano vagando fin troppo –Oh, che c’è? A proposito, che vuol dire quello per te? Come mai si merita un posto nella nostra parete?- chiese indicando la corda. Heather sospirò, passandosi una mano nei lunghi capelli neri, poi lo disse così, veloce ed indolore

-Credo di provare qualcosa per… qualcuno…- la gotica scoppiò a ridere, suscitando un’arrabbiatura da parte della bella, che le dedicò mille occhiatacce, poi Gwen si chiarì –Si capisce lontano un miglio che ti piace Alejandro, anzi, non solo ti piace! Lo ami!-

Fissò i suoi occhi in quelli grigi insoliti dell’altra, sorridendole amichevolmente ma camuffandosi con un ghigno beffeggiatorio, anche se doveva ammetterlo: voleva tanto abbracciarla. Ma non lo avrebbero mai fatto. Quando notò la bella cedere e abbassarsi alla sua altezza, alzò un sopracciglio, stranita. Heather rivolse lo sguardo alla nemica, sentendo un lieve pizzicorino agli occhi, che riuscì a scacciare –Non credo che sia Alejandro quel “qualcuno”-

 

Writen Bye Stella_2000

   
 
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