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Autore: Hermione Weasley    02/08/2014    6 recensioni
Mi hanno sparato, pensò incredula, portandosi una mano alla spalla. Il dolore la investì nel momento esatto in cui si accorgeva di avere una freccia conficcata nella carne. Dischiuse le labbra in un'espressione di muto orrore, facendo saettare lo sguardo verso l'alto, ai tetti che incombevano sulla strada.
Un lampo improvviso disegnò nel cielo nero la sagoma di un uomo.
[Clint x Natasha] [Slow Building] [Completa]
Genere: Angst, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Agente Phil Coulson, Altri, Clint Barton/Occhio di Falco, Natasha Romanoff/Vedova Nera, Nick Fury
Note: Movieverse | Avvertimenti: Tematiche delicate, Violenza
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17

And I'm ready to suffer and I'm ready to hope
It's a shot in the dark aimed right at my throat
'Cause looking for heaven, found the devil in me
Looking for heaven, found the devil in me
Well what the hell I'm gonna let it happen to me

(Florence + the Machine – Shake it Out)

 

Lasciarono la villetta negli Hamptons solo dopo un'intera settimana trascorsa in confessioni ed esplorazioni più o meno metaforiche. Clint non si era concesso di pensare a nient'altro che a quello, a Natasha, al modo in cui si erano riscoperti capaci di darsi sollievo l'un l'altra, alle lenzuola che ormai sapevano dei loro due corpi mescolati insieme, dei cuscini su cui erano impressi i loro profili.

Gli incubi restarono a far loro compagnia per quasi tutti quei sette giorni, ma sempre più sporadicamente: non appena riapriva gli occhi, la vista della schiena pallida di Natasha – il respiro accelerato e il cuore come impazzito nel petto – riusciva a riportarlo bruscamente alla realtà, saldamente coi piedi per terra.

Loki se n'era andato, ma non la sua scia di morte e distruzione. A pochi chilometri di distanza lo SHIELD si stava adoperando per mettere in sicurezza New York e i suoi abitanti, per ricostruire la città sfregiata dall'avvento dei Chitauri. La stima dei morti era stata impressionante: la consapevolezza di esserne stato complice aveva ancora il potere di nausearlo, di mettergli addosso dei veri e propri principi di panico. Cominciava a temere che non se ne sarebbe mai andata. Perché era vero che Loki l'aveva tenuto in suo potere con un qualche dannato incantesimo, ma Clint ricordavo tutto: ogni singolo ordine, ogni singolo ragionamento, pianificazione con cui li aveva portati minuziosamente a termine. Il suo libero arbitrio si era ritirato in una recondita parte del suo cervello, ma non aveva chiuso gli occhi: era rimasto a guardare, ad osservare lo scempio che Loki aveva commesso attraverso lui, ad ascoltare mentre le parole gli sgorgavano, impotenti, giù dalle labbra. Informazioni e segreti sul suo passato, sullo SHIELD, su Natasha... ricordava ancora, con sconcertante chiarezza, in che modo avrebbe dovuto ucciderla. Riusciva ancora a sentire, gelida e cocente insieme, la determinazione che l'aveva animato quando la donna l'aveva affrontato sul ponte dell'helicarrier. E comunque chi gli assicurava che Loki se ne fosse veramente andato? Che il potere dell'asgardiano non fosse ancora nascosto nella sua testa in attesa di riattivarsi?

Quell'equilibrio che era riuscito a riconquistare, anni e anni prima, dopo il circo, dopo l'esercito, dopo la depressione, aveva vacillato pericolosamente. Il fatto che il dio si fosse dato la pena di togliere di mezzo anche l'uomo che, in un certo senso, aveva fatto in modo che la sua vita prendesse una nuova direzione, una più giusta, era solo uno straziante, doloroso tocco di classe a completare l'opera.

Phil Coulson era morto nel tentativo di fermare Loki.

Nonostante il lavoro che faceva, Clint non si dava molta pena per la sua mortalità: certo, c'era sempre la paura di non farcela sopita da qualche parte in fondo al suo stomaco, ma quando cominci a sopravvivere, missione dopo missione, non puoi fare a meno di provare un ridicolo senso di onnipotenza. Lo stesso che ti fa credere – anche e soprattutto inconsciamente – di essere invincibile, di potertela cavare con qualche graffio, ferita, ammaccatura, ma di uscirne sempre e comunque in piedi.

Natasha aveva ragione, nessuno li aveva mai addestrati ad affrontare divinità e alieni di altri mondi dotati di strabilianti poteri magici, ma animati da sentimenti ancor più basilari: i mostri che Clint conosceva erano molto più terreni. Erano i terroristi contro cui lo SHIELD lo inviava, erano gli assassini, i politicanti in certi di gloria, i corrotti che non si sporcano mai le mani, erano le anime disperate che non avrebbero mai più ritrovato la via di casa, erano gli arroganti che credono di poter fare delle persone ciò che vogliono, erano suo padre e lo sguardo vacuo e impotente di sua madre.

Non era riuscito a metabolizzare la morte di Phil, non da subito. Il pensiero l'aveva colpito per la prima volta vivissimo e reale solo quando, pochi giorni prima, Natasha gli aveva ricordato che il funerale si sarebbe tenuto quel pomeriggio stesso. Le aveva risposto seccamente che non ci voleva andare, come se farsi vedere avesse comportato anche la realizzazione – l'ammissione? – che il suo più caro amico e mentore se n'era andato sul serio. Una volta per tutte. Aveva trascorso quelle ventiquattro ore come in apnea, combattendo con se stesso, evitando Natasha ad ogni costo finché non fu più capace di farne a meno.

Quant'era stupido e assolutamente blasfemo che il calore del suo corpo, l'odore della sua pelle, l'umidità dei suoi occhi e della sua bocca, rossa e vivissima, il suono dei suoi gemiti mentre la serrava nella trappola del suo corpo, fossero tutte cose capaci di dargli lucidità? Chiarezza. A dissipare la nebbia che rendeva ogni cosa pericolosamente uguale all'altra.

In quel mattino grigio e piovoso, il vento che entrava furiosamente dal finestrino aperto che gli scompigliava i capelli, Clint aveva deciso di abbandonare quello che era stato il loro rifugio per quei sette giorni. Visitare la tomba di Phil. Natasha si era offerta di accompagnarlo su quel suo bolide spaventoso, una Corvette Stingray nera che doveva aver avuto la pessima idea di regalarsi in qualche momento dei dodici mesi del suo forzato ritiro in New Mexico. La vista dell'auto gli aveva procurato la prima, sincera risata da quando si erano conclusi gli eventi di New York, insieme ad una sentitissima (e meritatissima) gomitata nello stomaco da parte della proprietaria del fuoristrada.

Socchiuse gli occhi e si concentrò solamente sull'urlo dell'aria.

Li riaprì nell'esatto momento in cui il motore dell'auto, parcheggiata all'ingresso del cimitero, si placava. Si liberò della cintura di sicurezza e aprì la portiera... bloccandosi solo quando si accorse che Natasha non pareva intenzionata a muoversi.

“Tu non vieni?”

“Ti aspetto qui.”

La osservò per qualche istante, studiando l'espressione del suo viso, trattenendo a malapena una richiesta di spiegazioni. Magari era perché non le piacevano gli addii, o forse pensava che rivolgersi ad un mucchio inanimato di carne ed ossa fosse completamente inutile, oppure perché capiva che, nonostante tutto, era una cosa che Clint doveva fare da solo. Molto probabilmente, si ritrovò a pensare, per una combinazione di tutte e tre le cose.

Ricacciò indietro le parole che insistevano per uscire, limitandosi ad annuire nella sua direzione. Pacate gocce d'acqua, quasi impercettibili, gli bagnarono rapidamente il viso e i capelli non appena fu uscito dall'abitacolo. Non ci mise molto a trovare la tomba di Coulson: un tumulo di terra smossa, soffocato da una gran quantità di fiori ancora freschi. L'odore dolciastro, amplificato dall'umidità, gli colpì le narici, acre.

Restò immobile, le mani cacciate nelle tasche del giubbotto di pelle, un'espressione di muta accusa dipinto sul volto. Come se quella lapide che riportava il nome di Phil potesse rispondergli e spiegargli perché e come era successo. Scusarsi, magari, per essersene andato senza alcun preavviso, senza un saluto.

“Dovrò farcela da solo, stavolta, mh?” Si ritrovò a deglutire a fatica, la gola che gli faceva male e gli occhi che bruciavano fastidiosamente. “Stronzo,” aggiunse, come per ridimensionare la cosa, darle il giusto tono. L'improvvisa consapevolezza di sentirsi come spinto sul bordo di un precipizio di cui non riusciva a scorgere il fondo, nel disperato tentativo di non cadere, gli dette le vertigini. Un compito da equilibristi: dopotutto, uno che era cresciuto nel circo, avrebbe trovato il modo di cavarsela, no?

La pioggia aveva cominciato a scendere più fitta quando fece ritorno alla Corvette e a Natasha. Lesse la novità nel suo sguardo prima ancora che cominciasse a parlare, togliendolo dall'imbarazzo di dover dire qualcosa, magari spiegarle com'era andata.

“Fury ha chiamato.”

“Credevo fossimo in vacanza.”

“Anch'io.”

“Che voleva?”

“Che accompagni Rogers da qualche parte.”

Una risata smorzata accompagnò la visualizzazione di quella particolare accoppiata: Capitan America e la Vedova Nera sembravano provenire da due pianeti (visto che andavano tanto di moda, ultimamente) completamente diversi.

“Ha chiamato anche te,” lo informò, porgendogli il suo cellulare, lo schermo – ancora ammaccato dallo scontro che era seguito alla prima apparizione di Loki nella sala del Tesseract – gli segnalava la chiamata persa.

“Spero non voglia che vada a stringere le viti ad Iron Man.”

“Neanche Fury è tanto crudele.”

 

*

 

I giorni, le settimane, i mesi, si susseguirono dapprima lentamente, con qualche difficoltà, poi sempre più rapidamente. Nonostante la meritata non-vacanza, il lavoro allo SHIELD riprese con il suo (in)solito tran-tran quotidiano: gli eventi di New York avevano avuto ripercussioni più o meno gravi ed evidenti in tutto il globo, conseguenze con cui gli agenti migliori dell'organizzazione erano stati costretti a fare i conti. A Natasha non dispiaceva: nei momenti di inattività era molto più facile perdersi in inutili e dannose elucubrazioni, molto più semplice cadere vittima di vecchi e nuovi incubi.

Divideva il suo tempo tra lo SHIELD, il suo appartamento e quello di Clint. Non credeva nessuno sapesse per certo della loro relazione, ma era altrettanto convinta che non ci fosse realmente bisogno di annunciarlo. I giorni gloriosi dello Strike Team Delta rimasero solo un ricordo: Fury, o chi per lui, doveva aver deciso di poter fare a meno della collaborazione dei suoi agenti di punta, inviandoli spesso e volentieri, ai capi opposti del mondo.

Se una parte di lei avrebbe affermato senza alcuna possibilità di errore che – qualsiasi fosse il tipo di relazione che intercorreva tra lei e Clint – sulla base di quella non avrebbe mai compromesso una missione, l'altra, quella più razionale, si rendeva conto di aver messo piede in territorio finora inesplorato, la invitava alla cautela e al sangue freddo. Tutto sommato, fu costretta a realizzare di non volersi mai trovare in una situazione del genere.

E poi le piaceva tornare nel bel mezzo della notte da Parigi, Stoccolma, Nairobi, La Paz o qualsiasi altra destinazione nazionale e internazionale, introdursi come una ladra nell'appartamento di Clint, infilarsi nel suo letto, farlo trasalire nel bel mezzo del sonno...

 

Tasha?” La voce ancora impastata dal sonno.

Dovrei essere qualcun altro?”

Scusa, è che alle volte perdo il cont – AHIA!” Un pizzicotto sul fianco. “Bentornata anche a te.”

Meglio..”

Mani che si cercavano sotto le coperte, senza trovare altro che un vecchio pigiama spaiato (di lui), e...

Natasha?”

Sì?”

Dove sono tutti i tuoi vestiti?”

Sul pavimento.”

Avresti potuto esordire con quello,” una mezza risata mentre l'attirava a sé, improvvisamente più sveglio.

Avrei potuto esordire prendendoti a pugni.”

Anche. Fortunatamente hai buon gusto.”

Sta' zitto, Barton.”

 

Aveva avuto modo di mostrargli il suo appartamento e, in mancanza di scale anti-incendio, botole o altre entrate secondarie ad effetto, aveva deciso di consegnargli una copia della sue chiavi: gesto che si era rivelato essere piuttosto in alto nella sua personalissima classifica delle missioni più complicate che avesse mai portato a termine...

 

Che cosa sono?”

Delle chiavi.”

Wow, Natasha, lo so che dico sempre che ci vedo meglio da una certa distanza, ma non sono completamente cieco neanche da vicino.”

Aveva alzato gli occhi al soffitto, in preda ad una rapida esasperazione, il calore che insisteva per risalirle su per il collo a colorarle le guance.

Le chiavi del mio appartamento.”

Sul serio?” Una luce strana nello sguardo.

Non guardarmi così, Clint, o giuro che me le riprendo.”

Così come?”

Stai ridendo.”

Ti giuro che non è vero!”

Credi che non lo capisca quando cerchi di trattenerti? Ridammele!”

No, me le hai date, ormai sono mie!”

Barton, sul serio, ridammi quelle stupide chiavi,” aveva tentato di strapparle alla sua presa, ma Clint aveva ritratto fulmineamente la mano, allontanandole dalla sua portata. “Ridammele!”

Sono un regalo!”

Sei uno stronzo!”

Uno stronzo che ha le tue chiavi di casa.”

Oh, qualcuno mi ammazzi.”

 

… per poi ritrovarselo davanti con un sorriso idiota sulla faccia, e la familiarità nei gesti; se mentre tentava inutilmente di mettere insieme qualcosa per cena, o dormiva, o leggeva o stava facendo la doccia, non aveva realmente alcuna importanza...

 

Oh, cazzo. Mi scusi ho sbagliato bagno,” fece per richiudere la tenda della doccia e andarsene.

Clint!” L'afferrò per un polso, le sue dita bagnate a sgusciargli sulla pelle.

No, sto cercando Phyllida.” La signora del piano di sotto, con un gatto per ciascuno (o quasi) dei presidenti degli Stati Uniti d'America.

Ci vai nudo?”

Non c'è niente che Phylly non sappia di me.”

Lo sa che non paghi mai le bollette in tempo?”

No.”

Ti conviene venire qua sotto e...”

... ridurre gli sprechi?”

Natasha si strinse nelle spalle, prendendo per buona la sua giustificazione.

Tu sì che pensi proprio a tutto, Nat.”

Aveva ritirato la tenda alle sue spalle, schiacciandola senza esitazioni contro la parete della doccia opacizzata dal vapore, soffocando una risata contro la sua bocca.

 

… oppure trascinarsi fino al tavolo del soggiorno per avere assurde conversazioni, a colazione, pranzo, cena, o nel bel mezzo della notte...

 

Com'era Taipei?”

Natasha, un cerotto ancora a coprirle gran parte di una guancia, scrollò le spalle, girando il cucchiaino nella sua tazza.

Piovosa,” si risolse a dire. “E Manila?” Rilanciò.

Clint, la spalla fasciata per una lussazione e un grosso bernoccolo sulla fronte, si limitò a ricambiare lo sguardo di lei.

Umida.”

 

… persino ricevere chiamate da parte di terzi mentre si trovava nell'appartamento di Clint...

 

Era rimasta a guardarlo con aria allucinata mentre tentava di ripescare il cordless da sotto il mobile della televisione. Per quanto volesse prestare attenzione al film attualmente in onda (Wargames, di un anno più vecchio di lei), aveva dovuto scendere a patti col fatto che Clint, che fino a quel momento neanche si ricordava di possedere una linea fissa, le stava offrendo uno spettacolo ben più interessante.

Il telefono non aveva smesso di squillare neppure per un istante.

Ah!” Clint l'aveva finalmente agguantato: non esitò a premere trionfalmente il pulsante di risposta e annunciare solennemente “Pronto?”

Ahm, pronto? Agente Barton? Ti disturbo?” La voce dall'altra capo della cornetta gli suonò familiare, senza tuttavia permettergli di capire di chi si trattasse, lì su due piedi. Sperò ardentemente di non dover dei soldi a nessuno.

Sì?”

Sono Rogers. Steve Rogers.”

Fu costretto a fare appello a tutto il suo autocontrollo, a premersi un pugno chiuso sulla bocca, per non mettersi a ridere. O urlare.

... non è che, per caso, potresti mettermi in contatto con l'agente Romanoff? Ho provato a chiamarla al... mobile o come si chiama, ma non mi risponde. E siccome è urgente, il direttore Fury vuole...”

Sì, sì...” annuì, mentre Natasha lo fissava con aria interrogativa, cercando di capire cos'è che lo divertisse così tanto. “Natasha è per te,” le porse il telefono. “E' Capitan America.”

 

… fino a situazioni ben più assurde.

 

Ho trovato questo dentro la scatola dei cereali,” era tornata in camera da letto mostrandogli una scatolina azzurrina; il nastro bianco, che completava il pacchetto neanche pochi secondi prima, sciolto nell'altra mano. Clint, abbandonato sui cuscini e le lenzuola sfatte, era impallidito di colpo.

T-Tu non li mangi mai i cereali... ?”

Era una domanda o un'affermazione?” Domandò perplessa, “e comunque ci stavo preparando la colazione.” O almeno lo avrebbe fatto se Clint si fosse ricordato di fare la spesa.

L'hai aperta?” Sembrava che lo shock l'avesse aiutato a recuperare lucidità, richiamarlo all'attenzione in piena emergenza.

Sì, l'ho aperta,” tentò di ostentare un certo disinteresse, giusto per mascherare il fatto che aveva potenzialmente trovato dei gioielli nascosti nella sua cucina e non si era neppure chiesta per chi o cosa fossero, prima di scartare impunemente il pacchetto.

Oh cazzo,” esalò, le mani ben piantate nei capelli spettinati.

Perché?”

Non...” si era rimesso seduto, l'imbarazzo ad accendergli gli occhi e il viso. “Non lo devi mettere per forza.”

E' per me?”

La domanda aveva avuto l'effetto di farlo tornare improvvisamente il Clint di sempre.

No, era per Hulk, ma mi sono reso conto di aver preso la taglia sbagliata, quindi tanto vale...”

Le collane non hanno taglie,” obiettò.

Ti sembra davvero la cosa più adatta con cui rispondere?”

Non lo so. Non mi hanno mai regalato gioielli prima d'ora.” Realizzò quello che stava succedendo solo dopo aver pronunciato quelle parole ad alta voce, senza neppure pensarci.

Non volevo comprartelo sul serio.”

L'hai rubato?” Gli sorrise, mettendosi seduta sul letto.

No, l'ho comprato, ma...” inspirò a fondo, sforzandosi di suonare sicuro di sé. “L'ho vista in vetrina e mi sei venuta in mente tu. E basta.”

Va bene.”

E pensavo che, boh, non è che voglio marchiarti o qualcosa di altrettanto stupido...”

Lo so.”

... o dire all'universo quello che sta succedendo, perché non farei mai niente che possa rovinare questo, non volontariamente almeno...”

Ah-ah.”

Però se hai qualcosa che ti può... r-ricordare di me anche quando non ci vediamo... che a-anche se non... s-se non ci sono... c-ci sono,” era diventato paonazzo.

Sì.”

Non c-come l'altra volta a New York che non... c-cazzo, dammi solo un secondo.” Si era alzato dal letto con una discreta furia, coprendosi il viso con entrambe le mani (per il resto, immancabilmente nudo). Le dette le spalle, rivolto alla finestra, come in un improvviso raccoglimento spirituale.

Fece per chiedergli se si sentisse bene, ma decise che, data la delicatezza del momento, era meglio tacere. Lo fece finché non fu lui a rivolgerlesi di nuovo, inspirando profondamente, forse per incoraggiarsi.

Natasha... è solo una dannata collana con un ciondolo a forma di freccia,” decretò bruscamente.

Me ne sono accorta.” Gli sorrise, riuscendo a sfaldare l'espressione seriosa che aveva indossato.

Quindi non...”

... non?”

Clint assottigliò lo sguardo, studiando attentamente la sua reazione, come per carpirle chissà che recondito segreto, direttamente dalle profondità del suo inconscio.

No, niente,” si strinse nelle spalle, come per scrollarsi di dosso l'impaccio, adesso più divertito che altro.

Me la metti?”

Sì, ma... te l'ho detto,” tornò a sedersi sul letto accanto a lei, prendendo la catenina finissima che Natasha gli stava porgendo, “non sei obbligata a metterla.”

Lo so,” ribadì, dandogli leggermente le spalle e raccogliendo i capelli sulla nuca per agevolargli l'operazione.

Lo sentì trattenere il fiato, esitare ancora qualche secondo e infine cingerle il collo con quel filo d'oro, assicurandone il gancetto con un leggero clic.

Fatto.”

Grazie.” Tastò la consistenza quasi impalpabile del ciondolo contro la sua pelle, soddisfatta anche se non del tutto consapevole. Si sporse verso di lui per baciarlo sulle labbra. “Andiamo a fare colazione fuori? Ho voglia di bagel.”

Clint, che aveva l'aria di essere ubriaco, annuì con un po' troppa convinzione.

 

Qualsiasi cosa fosse, in qualunque modo la si potesse definire, non era sicura che l'avrebbe scambiata per nient'altro al mondo.

 

*

 

“Sarò di ritorno tra cinque giorni, una settimana al massimo,” le assicurò.

“Non sono preoccupata.”

“Potresti almeno avere la decenza di mostrarti almeno un po' addolorata.”

“Addolorata per cosa?”

“Per la mia imminente partenza.”

Natasha, distesa sul tappeto, gli scoccò un'occhiata volutamente glaciale, ricevendone una scettica in cambio.

“Sopravviverò,” non poté fare a meno di dirgli.

“Ne sono sicuro.” Finì di rivestirsi, recuperando la giacca abbandonata sullo schienale del divano nell'appartamento di lei (neppure quella volta erano riusciti ad arrivare in camera da letto).

“Sarò a Washington,” aggiunse, guardandolo da sotto in su mentre si muoveva per la stanza.

“Fury?”

Annuì, allungando un piede per tamburellarglielo sul ginocchio quando le fu di nuovo vicino.

“Lo sai? Non puoi startene lì tutta a nuda quando sai che me ne devo proprio andare.”

“Sì che posso.”

Le afferrò la caviglia, chinandosi sulle gambe per sporgersi verso di lei, senza lasciarla andare.

“Sei una stronza.”

“Lo so.”

Arrivò a sfiorarle il naso col proprio, trattenne il respiro e fece per baciarla, ad accontentare le sue labbra dischiuse, ma... si ritirò sul più bello, lanciandole addosso la felpa a righe raccolta dal pavimento, dove la foga di spogliarsi l'aveva costretta ad abbandonarla.

“Copriti svergognata!” Si rimise in piedi, lasciandola ad annaspare come un pesce fuor d'acqua.

“Clint, giuro che te ne pentirai amaramente.”

“Non c'è bisogno di giurare,” l'ammonì, “me ne sto già pentendo,” le confessò, recuperando le ultime cose sparse per il salotto, prima di decidersi finalmente ad avviarsi – a malincuore – verso l'ingresso.

“Potrei morire mentre non ci sei!”

“Soffocata dai verbali in burocratese anni Quaranta di Rogers?” La porta che si apriva, il passo di Clint di nuovo fermo.

“Non sei divertente.”

“Lo so,” scimmiottò (malissimo) l'inflessione della sua voce.

“Ti odio!”

“Mi mancherai!” La porta si chiuse su quelle poche, ultime sillabe.

 

****************

E penultimo capitolo sia! Con tutti i siparietti stupidi che ci siamo guadagnate dopo tanto patire ù_ù Per quanto riguarda la scenetta Manila/Taipei ho ripreso un'idea che avevo usato per un mio photoset su Tumblr; mentre la possibilità che la collana col ciondolo a freccia sia di Tiffany l'ho letta casualmente in giro e me ne sono appropriata senza troppe cerimonie. L'episodio del Capitano che chiama a casa di Clint invece è rubata da un fumetto (o almeno spero, sennò ti ho scippato anche questo dettaglio, Eli! XD)
Come avrete intuito, mancano da rimettere insieme solo gli eventi di CA:TWS e poi siamo... a cavallo :P
Non mi rimane nient'altro da dire, a parte ringraziare per la penultima volta la mia beta/socia/terapista Eli per il sostegno e la sopportazione (XD) e tutti voi che state ancora leggendo/commentando :3 sono contenta che mi abbiate seguito fin qui! *sigh*
Allora alla prossima con... bè, la fine!
S.

 

  
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