Libri > Il Signore degli Anelli e altri
Segui la storia  |       
Autore: kenjina    02/08/2014    6 recensioni
- Betulla sequel -
«Vedo che anche oggi ti sei dato da fare. Trascorri più tempo rinchiuso lì dentro, piuttosto che nella Sala del Trono, mio Re.»
Thorin fece una smorfia ironica. «Sai bene quanto non mi piaccia stare con le mani in mano.»
«Ebbene, non sarò certo io a trascinarti lontano dalla fucina tirandoti per un orecchio!» Balin strizzò un occhio, porgendogli una pergamena. «Ma forse c’è qualcuno, là fuori, che avrà il potere di osare ben oltre.»
L’altro si voltò per guardare l’anziano Nano, che aveva ora tutta la sua attenzione. Prese il rotolo di carta ancora chiuso ed osservò con interesse la cera che lo sigillava: era un albero incorniciato da sette stelle, con una corona alata in alto.
Era lo stemma di Gondor.

(tratto dal secondo capitolo)
Genere: Avventura, Guerra, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Boromir, Nuovo personaggio, Thorin Scudodiquercia, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
- Questa storia fa parte della serie 'Foreste di Betulle; giardini di Pietra.'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

*entra in punta di piedi*

Qualcuno si ricorda ancora di me? No? Sono quella che sparì per l’imminente laurea di Aprile e che dopo aver finalmente finito è caduta nel circolo vizioso del foglio bianco.

Sì, gente, sono ufficialmente un architetto (e ancora disoccupata, ovviamente) e non nego che ritrovare le forze per riprendere a scrivere dopo tutta quella stanchezza sia stato più che difficile.

Oltre al fatto che sono stata traviata altrove dall’ispirazione, il ché non ha aiutato di certo. E io non so scrivere capitoli tranquilli come quello che state per leggere, quindi peggio ancora!

Ma rieccomi qui, sperando che la vostra pazienza non vi abbia abbandonati.

Il nuovo trailer de Lo Hobbit mi ha forse ridato la voglia di scrivere sulla Terra di Mezzo e preghiamo Eru che non mi metta depressione e che non mi faccia uccidere tutti.

*paura eh?*

Vi lascio subito al capitolo, un po’ corto forse, e tremendamente orribile; ma vi ho già avvisato: non so scrivere di tranquillità. E l’ho riletto solo un paio di volte, spero di non aver lasciato orrori lungo la strada.

Un abbraccio e un bacio a chiunque continui a seguirmi e mi ha seguita!

Vi adoro,

Marta.

 

 

Pietra

-  sequel di Betulla -

 

 

 

24.

 

2 Ottobre 3019 T. E.

 

Se Ioreth non fece cadere il vassoio della colazione per la sorpresa, fu solo grazie al suo poco autocontrollo; ma era più che sicura che fosse sul punto di perdere la pazienza quando entrò nella stanza che ospitava il Signore di Osgiliath per quei giorni di riposo e trovò il letto vuoto. Non ebbe la stessa calma quando si diresse di tutta velocità verso la camera di Brethil, che sedeva sul bordo del letto e si controllava con attenzione la ferita sul fianco, ancora rossa e dolente, ma ormai sulla via della cicatrizzazione.

«Dove è finito il Sovrintendente?!»

Brethil sarebbe saltata dallo spavento se non l’avesse udita giungere prima ancora di vederla piombarle in camera. «Non ne ho idea. È per caso sparito?»

«Non fare la furba con me, mia signora.» replicò stizzita la vecchia curatrice, ficcandosi le mani sui fianchi e scrutandola con fare impettito. «Sono andata a portargli la colazione e tutto quello che ho trovato sono stati tre cuscini nascosti sotto le lenzuola! Per il buon nome del Re, lo faceva quando era un ragazzino!»

La Prima Guardia dovette sforzarsi di non ridacchiare e si strinse nelle spalle. «Giuro che non so dove sia; e no, non lo sto nascondendo sotto il letto, amica mia.»

«Non mi meraviglierei e anzi; forse dovrei controllare.» borbottò Ioreth, le labbra strette in una preoccupante linea sottile. «E tu, invece, cosa stai facendo in piedi?»

«Tecnicamente sono seduta.»

«Non ti dissi di rimanere sdraiata per il prossimi sette giorni?»

«Ne sono trascorsi quattro e mi sento decisamente b–»

«Se avessi a che fare con un esercito di neonati mi capirebbero meglio di voi.» borbottò tra sé e sé la guaritrice, scuotendo il capo e schiaffeggiandole una mano che stava palpando la ferita, di cui si prese cura personalmente.

«Ha davvero nascosto i cuscini sotto le coperte?» domandò Brethil dopo qualche lungo istante di silenzio, non riuscendo a nascondere un sorriso.

«Sì, e non è divertente.» sbottò l’altra, sospirando. «Soprattutto perché, quando soleva farlo da ragazzo, niente di buono ne seguiva.»

«Non credo che sarà in grado di creare troppi guai. Sta ancora riprendendo le forze.»

«Oh, ragazza, allora proprio non lo conosci.» Per la prima volta da quando Brethil l’aveva incontrata, l’espressione perennemente crucciata di Ioreth si distese in chissà quale piacevole e divertente ricordo. Ma fu rapido come il battito delle sue palpebre e subito quella tornò imbronciata. «Se dovessi vederlo prima che lo afferri io, raccomandagli di trovare una scusa più che valida.»

«Credo che ce l’abbia, buona donna.» fece la voce gioviale di Elrohir, che comparve con il fratello sulla soglia della porta.

«Oh, ce l’ha eccome. Dal Re in persona.» proseguì il fratello, strizzando un occhio a Brethil.

Ioreth scattò in piedi, brandendo il vassoio ormai vuoto dalle ciotole. «Dov’è? Ditemi dov’è?»

«Abbiamo giurato di non dirlo, signora. Neppure sotto tortura.» disse solennemente Elladan, alludendo all’arma che la vecchia donna minacciava di cadergli pesantemente sulla testa. «Ordini dall’alto.»

Per loro fortuna, quella se ne andò poco dopo promettendo vendetta, e i gemelli si richiusero la porta alle spalle.

«Allora, thêl, come ti senti oggi?»

«Hai certo un colorito migliore di qualche giorno fa.»

«Sto bene, fisicamente.» sospirò la donna, sdraiandosi contro la pila di cuscini alle sue spalle, mentre i fratelli le avvicinavano la colazione – porridge, profumate salsicce arrosto e fette di pane imburrato con prosciutto e formaggio. Pipino ne sarebbe andato matto, pensò con nostalgia. «È che odio stare chiu–»

«–chiusa in queste quattro mura.» terminarono in coro i gemelli, ridendo.

«Lo sai che ora non saresti di grande aiuto al Re, sì?»

Brethil sospirò. «Sapete meglio di me che l’ho servito in condizioni peggiori di queste.»

«Sì, ma non indossavi la divisa ufficiale di Gondor. Né lui indossava una corona.»

«Aragorn non ha mai avuto bisogno di una corona sul capo per ricordarmi chi sia.» La donna agitò una mano per scacciare qualsiasi cattivo pensiero. «Piuttosto, a proposito del Re, ditemi: cosa c’è dietro la sparizione di Boromir?»

I gemelli si scambiarono un’occhiata malandrina che non fece altro se non preoccuparla ulteriormente.

«Dobbiamo recarci qualche giorno nell’Ithilien per un incontro con il Principe Faramir.» disse Elladan. « Legolas e Gimli verranno con noi.»

«E Boromir in tutto ciò cosa c’entra? Vi accompagnerà anche lui, quando a malapena riesce a reggersi in piedi?»

«Oh, mi è parso parecchio energetico, prima.» commentò Elrohir, mentre il fratello annuiva con entusiasmo.

«Sto ancora attendendo una risposta, amici miei.»

«E tu sei intelligente a sufficienza per capire che stiamo tergiversando e non siamo autorizzati a darti spiegazioni di alcun tipo.»

Brethil alzò gli occhi al soffitto, ben sapendo che quando quei due decidevano di allearsi contro di lei, non ci sarebbe stato modo per vincerli.

Avrebbe dovuto aspettare.

Ancora. Su quel dannato letto che ormai aveva acquisito la forma del suo fondoschiena.

«Torneremo giusto in tempo, comunque.»

«Giusto in tempo per cosa?»

«Per rivederti in piedi, ovvio.»

Elladan rise nel sentire l’occhiata pesante di Brethil che, chiaramente, non si stava bevendo neppure una parola di ciò che le stavano dicendo. «Ad ogni modo, sarai contenta di sapere che la tua amica dama Trán stia facendo conquiste tra gli uomini di Éomer: pare che siano tutti molto soddisfatti dei suoi servigi.»

L’espressione crucciata della donna si distese in un sorriso. «Oh, questo sì che mi fa piacere. L’ho veduta poco, questi giorni; immagino che sia molto indaffarata.»

Elrohir annuì. «Dovresti vedere Re Thorin, però: non so se sia più contento di averla sott’occhio alle forge, o più imbestialito dai commenti dei Rohirrim.»

Quelle parole le fecero tornare in mente un particolare che, tra una cosa e l’altra, si era dimenticata di chiedere alla sua amica. «Mi è parso di capire che ora siano più... come dire, in buoni termini?»

«Oh, direi di sì.» ammiccò Elladan. «Ma non sta a noi raccontarti la storia. Sai cosa possiamo dirti, invece?»

«Cosa sta facendo Boromir?» tentò la donna.

«Gimli aveva fatto una scommessa con Legolas, durante la battaglia. E a quanto pare ha perso.» disse invece Elladan.

«Anche se continua a rifiutarsi di ammetterlo – i Nani hanno davvero la testa più dura della roccia che lavorano.»

Brethil ebbe quasi timore di chiederlo. «E cosa avevano scommesso?»

I gemelli risposero in coro, come sempre. «La sua barba.»

Gli occhi grigi le si spalancarono immediatamente, così come la bocca. «Non ditemi che ha dovuto tagliarla?»

Ci furono attimi di silenzio che, per un istante, le fecero credere ad una risposta affermativa. Sapeva quanto i Nani e le scommesse andassero a braccetto come gli Hobbit con i funghi, ma non poteva credere che potessero addirittura giocarsi il motivo del loro orgoglio e simbolo della loro famiglia.

«No, può stare tranquillo; Legolas è stato fin troppo buono.» fece Elladan, e il gemello aggiunse: «Se fosse stato per noi, gliel’avremmo rasata personalmente.»

«Oh, non lo metto in dubbio!» ridacchiò Brethil, ora più rilassata. L’idea di un Gimli senza barba l’avrebbe scossa più del dovuto. «E come pensa di ripagarlo, dunque?»

«Ci accompagna nell’Ithilien, come ti abbiamo detto.»

«Niente lo fa infuriare più delle foreste.»

«E di altri Elfi, chiaro.»

La donna scosse il capo, sinceramente divertita. «Quanto tempo starete via?»

«Un paio di settimane, al massimo. Ti mancheremo, vero?» domandò Elladan, malandrino.

«Assolutamente no.» replicò lei. Ovviamente, ciò che intendeva era l’esatto contrario, ma non lo avrebbe mai ammesso a voce alta. «E quando partirete?»

«Questa mattina; siamo infatti passati a salutarti prima di metterci in viaggio.»

Se l’idea di non rivederli, seppure per una settimana, la rattristasse e le stringesse la bocca dello stomaco, Brethil non lo diede a vedere; ma vi era stata quell’ultima volta in cui aveva salutato qualcuno, consapevole che non stesse andando in guerra, e alla fine della corsa lo aveva quasi perso; ma non voleva rinchiudersi nel pessimismo. Per quello bastava ed avanzava Trán.

«Perdonatemi se non vi accompagno fino al cancello principale, amici miei.» disse solo, abbozzando un sorriso stanco.

«Ah, thêl, conosciamo la strada, ormai.» Elladan si chinò per baciarle la fronte, e così il fratello. «Torneremo prima che te ne renda conto.»

Brethil annuì, sapendo bene che avrebbero mantenuto fede alla loro parola, come sempre avevano fatto. Se ne andarono poco dopo, quando anche Legolas e Gimli furono passati per un breve saluto – uno gioviale come sempre, l’altro più scuro di una nuvola carica di pioggia.

Terminò in solitudine la sua colazione, chiedendosi che fine avesse fatto Boromir e cosa stesse architettando con Aragorn. Ma durante tutto l’arco della giornata, che trascorse lenta e noiosa come le precedenti, non riuscì a ricevere alcuna notizia; neppure Rainiel, la sua fidata ancella, né Ioreth, che tornò a farle visita più tardi prima di pranzo, le seppero dare qualche notizia in più.

E giacché nessuno pareva ricordarsi della sua esistenza, per quel giorno, decise che ne avrebbe approfittato per scappare lontano da quelle Case tranquille che ormai le andavano troppo strette. Si spogliò lentamente della veste bianca da camera, per indossare una tunica grigia con dei pantaloni scuri e i suoi logori stivali. Afferrò il suo vecchio mantello e si nascose il viso sfregiato sotto il cappuccio, sperando che nessuno la riconoscesse e la fermasse.

Dopo una rapida occhiata al corridoio su cui si affacciava la sua stanza, Brethil si dileguò verso i livelli inferiori di Minas Tirith, silenziosa ed invisibile come sempre era stata.

 

 

 

Se sguardo avesse potuto incenerire, il soldato che aveva appena lasciato la bottega si sarebbe ritrovato con la schiena perforata. Nessuno di quegli Uomini poteva sapere che la bella Nana, che di Nanico aveva ben poco, fosse la compagna del Re e che i loro sorrisi ammiccanti e i loro complimenti sulle sue notevoli doti di fabbro erano del tutto inopportuni. Il tutto sotto lo sguardo infuriato di Thorin, quello divertito dei nipoti e dei suoi amici più fidati e quello innocente della diretta interessata che, ovviamente, non si rendeva conto di niente. Trán, infatti, era talmente concentrata sul suo lavoro, nel tentativo di non ricadere nello sconforto del lutto e di non distrarsi dalla presenza troppo vicina del suo Re, per accorgersi di quello che le stesse accadendo intorno; anzi, a volte neppure sentiva le belle parole che le venivano rivolte.

«Zia Trán potrebbe ritrovarsi un Orchetto accanto che neppure lo vedrebbe.» commentò Kili, rimarcando il nomignolo che lui ed il fratello avevano deciso di darle – più per dispetto allo zio, che per imbarazzarla. Ovviamente lei neppure li udì, facendoli ridere. «Visto? Che vi ho detto?»

Thorin, che non aveva più neppure la forza di riprenderli, gli scoccò solo una penetrante e severa occhiata e quelli ripresero a lavorare. La porta della fucina si riaprì ancora una volta e, con un sospiro esasperato, osservò il nuovo arrivato, pronto a sbottare qualcosa di poco elegante se non si fosse comportato decentemente nei riguardi della sua corteggiata; ma ogni parola bellicosa svanì nel momento in cui lo straniero si tolse il cappuccio calato sul viso e gli occhi grigi e brillanti di Brethil lo salutarono.

«Mia signora! In nome di Durin, cosa ci fai qui?» le domandò, mentre Trán parve risvegliarsi, sollevò subito lo sguardo sull’amica, quasi non credendo alle sue orecchie, e le corse incontro per aiutarla a sedersi.

Fili, che ovviamente non poteva non civettare con la donna, in quello che ormai era diventato più un passatempo che qualcosa di serio, spostò con gran fracasso degli attrezzi da una sedia lì vicino e Brethil si sedette, affaticata ma divertita. «Perdona il caos, dama Brethil, non attendevamo visite di riguardo.» le disse, ammiccando.

Quella scosse il capo. «Perdonatemi voi per l’arrivo inaspettato. Ma non potevo più stare su quel letto.»

«E giustamente hai ben visto di camminare per mezza città con un fianco ferito.» la riprese Dwalin, la cui espressione dura ed impassibile si distese in un ghigno. «Mi piaci proprio, ragazza.»

«Sei un’incosciente, amica mia.» dissentì Trán, le mani sui fianchi e l’aria impettita. «Devi riposarti, non sottoporti a sforzi simili!»

«Oh, per favore; Ioreth ti ha per caso istruita?» La Nana arrossì, guardandosi le punte dei piedi, e Brethil le strinse una mano. «Sto meglio, Trán, davvero. Non mi sarei mossa se ciò avesse significato rischiare di arrecarmi ulteriore danno. Beh? Cosa sono quelle espressioni?» aggiunse, perplessa, quando incontrò gli sguardi poco convinti dei Nani.

 «Hai la mia stessa pazienza, quando si tratta di degenza, mia signora.» disse Thorin, tornando alla sua postazione. «E con questo intendo che non ne abbia affatto.»

Brethil sorrise, rilassandosi. «Spero di non disturbarvi; ma non sapevo dove andare senza destare l’ira di qualcuno.»

«La desterai sicuramente appena si accorgeranno della tua assenza.» replicò il Re. «Ma per il momento puoi considerarti al sicuro.»

«I lavori come procedono?»

Thorin sospirò. Le raccontò che stessero lavorando giorno e notte per risanare ciò che la battaglia aveva distrutto, soprattutto per ridare una casa a chi l’aveva persa con l’esplosione; tutti gli Uomini in forze, ovviamente, si stavano dando da fare per velocizzare il processo. D’altra parte, il cancello aveva ben retto e sarebbe stato terminato in due settimane, tre al massimo. «I Nani di mio cugino, invece, credo che rimarranno ad Osgiliath più del tempo previsto. A quanto pare gli Olifanti hanno triplicato il lavoro.»

Quelle parole ebbero il potere di raggelarla. Se Thorin e i suoi avessero finito i loro compiti in tre settimane, allora sarebbero presto ripartiti verso il Nord. E ciò significava salutarli... salutare lei.

Eru, non si sarebbe mai abituata agli addii. Vi erano notti in cui ancora sognava il momento in cui lei e Boromir avevano salutato Pipino e Merry, ed il solo ricordo faceva ancora male.

«Quando starai meglio verrai a trovarci, mia signora?» domandò Káel. «Avevi detto di essere nata a Dale.»

«Oh sì!» esclamarono Fili e Kili in coro. «Certo che verrai!» Persino Trán aveva alzato lo sguardo, speranzosa di una sua risposta positiva.

Brethil sorrise tristemente. Sarebbe voluta tornare nel lontano Nord, per visitare i posti che l’avevano vista crescere, per farli vedere a Boromir e raccontargli della sua vita lassù; e magari fare un salto nella Contea, dopo aver salutato i Nani di Erebor.  «Mi farebbe molto piacere ripercorrere quella strada. Chissà, magari un giorno.»

«Beh, dovrai venire per forza, una volta che ci sarà una data.» fece pensieroso Kili. «Vero, zio?»

«Oh, solitamente cade per il Giorno di Durin, ma forse ora sarebbe ancora troppo presto per–»

«Silenzio.» sbottò Thorin, che parve arrossire fin sopra le orecchie; Trán, invece, e che Mahal la tenesse innocente come l’aveva fatta, non capì di che data stessero parlando. Ovviamente, tutti scoppiarono a ridere quando chiese spiegazioni e il fratello le batté una manona sulla schiena, come per consolarla.

«Ad ogni modo, bisogna ricambiare il favore.» proseguì Fili.

«Che favore?» fu ora la volta di Brethil, a cui non sfuggirono le occhiate che i Nani si scambiarono. Ma lei non era addormentata ed ingenua come l’amica e capì che anche loro sapessero qualcosa in più di lei. «Perfetto, sono circondata da persone che credevo fidate e invece mantengono segreti.»

«No, stai pure tranquilla.» la rassicurò Fili, con un occhiolino. «Solo una cerchia ristretta di persone.»

Brethil scosse il capo. Era più che sicura che stessero preparando qualche festa per la fine della battaglia e per festeggiare i vivi e i sopravvissuti, ma, per qualche assurdo motivo, lei non doveva esserne al corrente. Del resto, tutti i suoi più vicini amici sapevano quanto odiasse celebrare qualsiasi cosa – dal suo compleanno al giorno del Yuletide; probabilmente volevano solo farla arrabbiare, più che farle una piacevole sorpresa.

L’ora del pranzo giunse velocemente, ora che Brethil aveva trovato della compagnia, e Trán fu come sempre gentile e premurosa, chiedendole di attenderla nascosta alle forge, mentre lei andava a recuperare del cibo per entrambe; chiaramente, anche gli altri Nani decisero di non attardarsi alla mensa e tornarono carichi di ciotole fumanti e boccali di birra, ripulendo un lungo tavolo dagli attrezzi di lavoro ed apparecchiandolo.

«Mia signora!» esclamò una voce sottile sull’uscio della porta, affaticata dal fiatone. Le teste dei presenti si voltarono verso la nuova arrivata, che arrossì furiosamente e chinò il capo. «Chiedo perdono per l’interruzione, ma lassù stanno impazzendo per trovarti, dama Brethil.»

«Oh, Rainiel, mi domandavo quanto tempo ancora sarebbe passato prima che suonassero le trombe d’allarme.» scherzò Brethil. «Come vedi sto bene e nessuno mi ha rapita; ma per favore, non una parola sul mio nascondiglio.»

«Mia signora, Ioreth mi strapperà l’informazione dalla lingua, sai bene come sia insistente quella donna.»

«Oh beh.» esordì Kili, dando una gomitata al fratello, e saltando in piedi. «Allora temo che dovrai attardarti con noi, finché la tua signora non deciderà di tornare alle sue stanze.»

Brethil rise nel vedere gli occhi spalancati per lo stupore e l’imbarazzo, mentre scuoteva veementemente il capo.

«Non–non potrei mai, miei Principi!» disse infatti l’ancella. «Sono attesa per i miei compiti e non posso–»

«Sciocchezze!» esclamò Fili, che insieme al fratello la prese per mano e le fece posto tra loro.

Rainiel lanciò una tacita supplica alla sua signora, che alzò le spalle impotente. «Sono Nani e sono testardi; non c’è niente che possa fare per fargli cambiare idea, ora.»

E con quelle parole, iniziarono a mangiare.

Brethil fu ben accorta a tenere un occhio sulla sua piccola amica, giacché non sembrava avere molto appetito, e notò che anche Re Thorin la stesse tenendo sotto controllo, dalla parte opposta del tavolo. Quel Nano aveva davvero preso in parola la sua richiesta di non perderla di vista.

Discussero principalmente di lavoro, come sempre facevano ogni volta che si riposavano, e Brethil preferì ascoltarli piuttosto che interromperli. Gli unici che non presero viva parte alla discussione furono i due malandrini dei Principi, troppo intenti a vezzeggiare e far ridere la sua ancella, che sedeva stretta tra loro, piuttosto che preoccuparsi dei loro doveri. A quanto pare, quando una preda non era disponibile si fiondavano su una nuova, pensò Brethil divertita.

Il pranzo volò via velocemente, lasciandoli con lo stomaco pieno e soddisfatti, pronti a tornare a lavorare in men che non si dica. Brethil si alzò con un po’ di sforzo, aiutata da Trán che la sorresse, per quanto la sua statura glielo permettesse.

«Mi accompagneresti alle stalle?» domandò la donna alla Nana, i cui occhi verdi saettarono sui suoi, spalancati e sorpresi.

«E magari poi potremmo camminare fino ad Osgiliath, perché no.» replicò sarcasticamente Trán. «Sai, non credo proprio che sia il caso di affaticarti ulteriormente.»

«Non mi affaticherò troppo; e sono qui vicino.» la rassicurò, stringendole una mano sulla spalla. «Ho solo bisogno di vedere il mio cavallo. Aveva una brutta ferita quando lo lasciai e non ho ancora avuto modo di accertarmi che stia bene. E vorrei spendere qualche minuto in tua compagnia; se il tuo Re te lo permette, chiaro.»

Thorin annuì, percependo la sua tacita richiesta, e Trán sospirò. «E sia.»

«Mia signora.» fece Rainiel, le guance ancora imporporate dalle risate, ma ora visibilmente preoccupata. «Cosa dovrei fare? Verrò sicuramente ripresa e–»

«Mi assumo ogni responsabilità, amica mia; non devi preoccuparti. Racconta pure la verità; io ti raggiungerò presto.»

«Non torni con me? Dove devi andare, ancora, mia signora? Non è saggio tirare troppo la corda.»

Trán fece scivolare lo sguardo dall’ancella all’altra donna, un “ha ragione lei” ben visibile nell’espressione del suo minuto viso.

Brethil le strinse una mano, rassicurante. «Ormai ho messo in allarme tutti; se dovessi mancare una mezzora in più o una in meno non cambierebbe troppo le carte in tavola, no? Farò presto, stai pure tranquilla.»

Rainiel non fu per niente convinta dalle sue parole, ma del resto non era nei suoi poteri – né nelle sue capacità fisiche – prendere la sua signora di peso e portarsela in spalle fino alle Case di Guarigione. Oh, se solo il Sovrintendente fosse stato disponibile!

La Dúnadan e la Nana si diressero a passo lento verso le scuderie, che si trovavano al Primo Livello, non lontano dal Grande Cancello. Trascorsero la prima parte della passeggiata in silenzio, una sorretta sulle spalle della più bassa, intenta a pensare un modo per iniziare il discorso che aveva in mente. «Ho saputo che il tuo lavoro è parecchio apprezzato dai soldati di Éomer.»

«Oh, l’ho sentito dire anche io.» scherzò Trán, arrossendo. «Temo che mi lusinghino troppo; non è un grande e difficile compito quello che mi chiedono di fare.»

«Ma lo fai bene, e ciò è quello che conta.» disse in un sorriso la donna. «Re Thorin sarà orgoglioso, immagino; anche se non è esattamente il tuo sovrano, certo.» Le gote della Nana divennero ancora più paonazze, se per l’imbarazzo o per lo sforzo di rimanere impassibile Brethil non seppe dirlo. Ma capì di aver toccato il tasto giusto quando la sentì balbettare qualche parola di assenso.

«Ad ogni modo, ti stai tenendo ben occupata e questo è ottimo; anche se ho sentito la mancanza delle tue visite.»

«Perdonami, non sai quante volte avrei preferito scappare e andare a trovarti!»

«Ognuno ha i propri doveri, amica mia. Non devi scusarti. Sono felice che stia lavorando, invece; servire il Re di Rohan non è un qualcosa che tutti possono vantare.» Dopo qualche altro lungo istante di silenzio, Brethil continuò. «E dimmi; prima di partire mi dissi che le trecce hanno un significato nella tua cultura.» esordì la donna, spiando la sua reazione con la coda dell’occhio. «E non ho potuto non notare che la tua pettinatura sia un po’ cambiata.»

Il colore arrossato delle guance si propagò fino alla punta delle orecchie e la donna si morsicò le labbra pur di non sorridere.

«Hai... un occhio attento.»

«Devo averlo, amica mia. Ebbene? Hanno un significato particolare?»

Trán sollevò lo sguardo su di lei, aggrottando le sopracciglia. «Provo la cattiva sensazione che tu sappia bene cosa ci sia dietro queste trecce, ma nonostante tutto voglia sentirmelo dire a voce alta.»

«Oh, no, no!» si affrettò Brethil, sorridendo malandrina. «Non ne sono sicura, vorrei solo avere la conferma; e la tua pettinatura non è la sola cosa che ho notato essere cambiata, durante la mia assenza.»

Nonostante l’imbarazzo dell’argomento, Trán sorrise sognante e scosse il capo. «Non saprei dove cominciare.»

«Proviamo dalla fine; il resto verrà da sé.»

E così Trán fece. Le raccontò, all’inizio con un po’ di imbarazzo, che indossasse trecce e clip tipiche di un corteggiamento, e quasi non credette alle sue stesse parole quando disse a voce alta chi fosse il Nano che gliele aveva intrecciate. «Se penso che fino a qualche settimana fa ci detestavamo...»

«Sicura che vi detestaste sul serio?»

Trán strinse le labbra, ricordandosi le parole di Thorin. Ti odio perché non riesco a farlo. «No, forse non realmente. Anche se c’erano momenti in cui avrei desiderato picchiarlo, piuttosto che guardarlo in viso; e credo viceversa! Ad ogni modo, se avessi pensato che avrei indossato il simbolo dei Durin tra i capelli, avrei riso fino a non avere più forze.»

«Cosa è cambiato, dunque?»

E la Nana proseguì il suo incredibile racconto: dal chiarimento, quella notte lungo le mura, a come le cose tra loro, lentamente ma inesorabilmente, fossero migliorate. «È tutto così irreale e bello, per essere vero, che temo un giorno o l’altro di risvegliarmi e rendermi conto che fosse tutto un lunghissimo sogno.»

Brethil le baciò il capo. «È tutto reale, quanto me e te in questo momento. E non posso esserne che felice. Ma sai cosa significa questo, sì?» L’occhiata confusa della Nana quasi la fece ridere. «Che diventerai Regina di Erebor, un giorno.»

«Oh Mahal.» mormorò Trán, sentendosi mancare per un momento. Non che l’idea non le avesse accarezzato la mente, nei giorni precedenti; ma era stata fin troppo occupata a lavorare e a piangere la perdita di suo padre, per rendersi realmente conto di cosa avrebbe probabilmente portato quel corteggiamento. «Ecco, ancora non è niente di ufficiale. Insomma, sire Thorin potrebbe anche decidere di interrompere l’assurdità che sta compiendo nei miei confronti.»

«Non dirne tu, di assurdità.» la rimbeccò la donna. «Hai detto bene sulla mia vista: osservo più di quanto occhio riesca a vedere; e persino un cieco si accorgerebbe di cosa vi lega. Piuttosto dimmi, quanto dura un corteggiamento?»

«Dipende...» mormorò. «Insomma, non sono un’esperta in materia, credo più di qualche mese. Ma non ho idea di come le cose funzionino per la Famiglia Reale. Oh, Brethil, sarei una pessima Regina!»

«Ne dubito.» la rassicurò la Dúnadan.

«E se il Consiglio Reale dovesse andare contro la sua decisione?»

«Oh beh, è il Re. Potrebbe anche essere un tiranno, per una volta.»

Le due ridacchiarono.

«E tu ed il Sovrintendente, invece?» chiese la Nana, tentando di cambiare argomento. «Da quanto tempo vi corteggiate?»

«Noi non ci corteggiamo.» La sola idea la fece ridere di sincero divertimento. «Non siamo esattamente la coppia più romantica che possa incontrare, Trán. Non credo nemmeno che Boromir sappia il significato di corteggiare qualcuno.»

«Oh... ma vi sposerete un giorno, no?»

Brethil sospirò. «Ne abbiamo parlato... un paio di volte.»

«E?»

Si strinse nelle spalle. «Non credo che sposarci cambierebbe molto le cose, tra noi, né il modo in cui comportarci in presenza di altre persone. Sarebbe una cerimonia più ufficiale, che altro.» E con sguardo inorridito, aggiunse: «Oltre al fatto che dovrei indossare un abito

Trán rise con lei e si ritrovarono presto alle scuderie.

Trovarono Nerian accovacciato in un angolo della sua stalla, la coscia ben fasciata e tremante. Lo stalliere, che le accolse subito, spiegò loro che avesse subito un forte trauma, tra l’esplosione e la ferita che aveva subito, ed era evidente che non sarebbe stato più in grado di farsi montare. Zoppicava vistosamente e avrebbe continuato a farlo per il resto dei suoi giorni.

Brethil ascoltò le sue parole in silenzio, l’espressione tremendamente addolorata, e Trán capì che vi era molto legata. «Da quanto lo cavalchi?»

«Da numerosi anni, ormai.» mormorò Brethil, aprendo il cancello in legno ed inginocchiandosi su di lui, accarezzandogli il collo. Il cavallo sollevò subito il capo, rianimandosi nel vedere la sua padrona, e lei sorrise. «Da quando ancora servivo Re Théoden, a Rohan. È stato un fidato compagno di viaggi; ma ahimè, temo che le nostre avventure insieme terminino qui.» Si rimise in piedi e quello ne seguì i movimenti, rialzandosi a fatica e scuotendo la criniera, orgoglioso per esserci riuscito. Dopo aver controllato che riuscisse a poggiare lo zoccolo della zampa lesionata, lo afferrò per una briglia e lentamente lo portò fuori dalla stalla, fino al Grande Cancello. Trán li seguì senza una parola, forse indovinando ciò che stava per succedere. Oltre le mura della Città Bianca, Brethil si fermò e gli baciò il manto ramato, abbracciandogli il collo per interminabili istanti. Poi, con cautela, gli tolse le briglie, stando ben attenta a non spaventarlo. Era irrequieto per lo shock che aveva avuto, ma si era calmato visibilmente quando la sua padrona era finalmente tornata.

Sarebbe stato ancora più difficile dirgli addio.

Con un ultimo bacio tra gli occhi castani, Brethil gli diede una pacca sulla coscia, per intimargli di andare. Ma Nerian non si mosse, quasi non capendo cosa stesse facendo. Gli sussurrò così qualche parola in elfico, che Aragorn le aveva insegnato decenni addietro, e il cavallo sbuffò, scuotendo la criniera come se dissentisse.

«Andiamo, amico mio. Sei libero.»

Nerian parve accarezzarle il viso con il muso in un bacio d’addio e lei rise, le lacrime sul punto di bagnarle le guance sfregiate. Con un’ultima pacca, il cavallo finalmente si mosse e cavalcò qualche metro, zoppicante ma apparentemente in forze, prima di girarsi e controllare che lo stesse seguendo. Ma Brethil non ebbe più la forza di osservarlo e gli diede le spalle, accompagnata dall’amica, e più si guardò indietro.

 

 

 

*

 

A voi l’ardua sentenza – io continuo a credere che sia un capitolo terribile.

A presto (?),

Marta.

 

   
 
Leggi le 6 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Il Signore degli Anelli e altri / Vai alla pagina dell'autore: kenjina