L’ultimo
bacio
Tremava.
Dominique tremava, tenendo le braccia al petto come a raccogliere i
pezzi del
suo cuore infranto. Ma non c’erano lacrime, no.
Dominique non piangeva. Tremava, singhiozzava, ma nessuna lacrima
scendeva dai
suoi occhi di ghiaccio.
“James...”
James abbassò lo sguardo, provando improvviso interesse per
i piedi nudi della
ragazza, posati sul freddo pavimento della Tana. Piedi piccoli,
candidi. I
piedi di Dominique.
“James, ti prego...”continuò, senza
fiato, con le labbra tremanti, la voce
rotta dai singhiozzi, i capelli biondi che le coprivano gran parte del
viso.
“James, non puoi...”
“Ascoltami, Dominique...” Il ragazzo la prese per
le spalle e tra i loro volti
c’erano solo pochi centimetri. Una distanza che, se si voleva
dar retta alla
moralità, andava aumentata, ma che James, in barba a tutte
le leggi, a tutte le
morali e a tutti gli scrupoli, voleva diminuire. Ma non lo fece,
perché doveva
rimanere fermo su quella decisione.
“NO!” urlò lei, divincolandosi dalla
presa di lui e guardandolo con gli occhi
azzurri che sembravano fiamme ghiacciate. “Non capisci,
James. Tu...tu sei
tutta la mia vita!”
Il ragazzo sospirò. La voce tremava anche a lui. Avrebbe
pianto, ma non avrebbe
fatto differenza. Tutto quello che stava succedendo era sbagliato.
Sbagliato.
Perché James Sirius Potter non poteva amare sua cugina,
Dominique Gabrielle
Weasley, come invece era.
Perché James Sirius Potter non poteva stare con sua cugina,
Dominique Gabrielle
Weasley, come invece era.
E doveva lasciar perdere.
Era sbagliato.
Sbagliato.
L’unica cosa sbagliata è
quella che stai
per fare, James. E lo sai bene.
Quell’amore era sbagliato.
Baciare quelle labbra rosse era un errore, sfiorare quella pelle
candida era un
errore, passare una mano fra quei boccoli biondi era un errore.
Anche adesso era un errore, anche adesso che avrebbe voluto stringerla
a sé.
“Dominique, lo sai che stiamo facendo un errore” Piangeva, James. A lui le
lacrime riuscivano
a scendere dagli occhi e a solcargli le guance.
Dominique era stupita. Non si aspettava che James piangesse, non
credeva che ne
fosse capace, a dir la verità.
Quello le fece ancora più male.
“Non è un errore...”
bisbigliò, debolmente, ma sapeva anche lei che non era
così. Era un errore.
“Dominique, hanno ragione gli altri. Noi non possiamo stare
insieme” sussurrò
lui, posando la sua mano sulla guancia candida della ragazza, che
rimase rigida
al suo posto e lo guardò con gli occhi imploranti.
“Ti rendi conto della
verità? Noi siamo cugini, Dominique”.
“Ma...io ti amo”
L’innocenza, la noncuranza con cui aveva detto quelle parole
ebbero il potere
di fermare James, che la guardò tra lo stupito e il
rassegnato.
“Dominique...”
La ragazza lo bloccò, mettendogli un dito sulle labbra, con
gli occhi pieni di
lacrime che non aveva e che non avrebbe
versato.
“No, ora ascoltami tu” gli intimò,
afferrandolo per la camicia e diminuendo la
distanza fra i loro volti. “Io ti amo, James. E se tu mi
lasciassi, io non
riuscirei a vivere”
James sospirò, allontanandosi da Dominique, e si
passò una mano fra i capelli
neri, rassegnato.
“Neanche io, Dominique” mormorò,
guardando ovunque meno che il suo viso.
[Cerchi
riparo fraterno conforto
tendi le braccia allo specchio
Ti muovi a stento e con sguardo severo
biascichi un malinconico mugugno.]
Guardò
lo specchio, ma non vedeva
il suo riflesso. L’unica cosa che riusciva a vedere era la
schiena esile di
Dominique, i boccoli biondi accarezzarla dolcemente fino alla vita.
Il suo riflesso non esisteva. Lui non esisteva.
Voltò il viso nella direzione della ragazza. Gli occhi di
lei erano lastre di
ghiaccio infuocato.
“James...”
“Dominique, pensa se un giorno ci lasciassimo...Come potremmo
continuare a
vederci ogni giorno ricordando quello che c’è
stato tra noi?” chiese,
giocherellando con i capelli di lei, con la voce tremante.
“Perché, se ci lasciassimo ora non
succederebbe?” domandò in risposta, tirando
su col naso e scostandosi dal delicato tocco del ragazzo.
James tacque.
“Dimmi la verità, James” Lo
implorò lei, guardandolo negli occhi. “Cosa ti ha
detto mia madre, per mollarmi?”
“Dominique, lei...”
“James, lo so che ti ha parlato” tagliò
corto, tirando su col naso e tenendo le
braccia strette al petto.
“Mi ha detto che... non avremo sopportato per molto tempo
tutte le pressioni
che gli altri ci fanno per spingerci a lasciarci, che non avremo potuto
vivere
per sempre da nonna Molly, perché è
l’unica che ci capisce...e ....” mormorò
lui, chiudendo gli occhi e passandosi una mano fra i capelli.
“Ho capito” mormorò, fredda, lei,
allontanandosi da lui e dandogli le spalle.
“No, Dominique, non hai capito” la
abbracciò e l’attirò a sé,
baciandole
dolcemente la tempia. “Dominique, io ti amo, ma hanno
ragione”
“Ti amo” biascicò lei, singhiozzante,
lasciandosi abbracciare da James, che
sospirò e la voltò verso di sé.
“Anche io” mormorò, ad un soffio dal suo
viso. Dominique chiuse gli occhi e
dischiuse le labbra, ma il ragazzo si allontanò un
po’.
“Posso almeno baciarti per l’ultima
volta?” chiese, esitante, posando la sua
testa sul petto del ragazzo. Lui la guardò stupito, poi le
alzò il viso e la
guardò negli occhi.
“Sì” disse, infine, con voce ferma.
Stranamente ferma.
[Di
quei violini suonati dai vento
l'ultimo bacio mia dolce bambina
brucia sul viso come gocce di limone
l'eroico coraggio di un feroce addio]
Dominique
chiuse gli occhi, mentre le mani di James
correvano dalla sua schiena al suo collo, lasciando una scia infuocata
ovunque
si fermassero.
Il viso del ragazzo era vicinissimo al suo, Dominique se ne rendeva
conto, ne
sentiva la presenza e il respiro caldo sul collo, eppure lui non si
decideva a
baciarla.
“Ehi, che aspetti?” domandò, con voce
tremante, con le mani poggiate sul petto
di lui, che intanto vagava con le mani sul collo, sul mento, sulle
guance,
sulle palpebre.
“Voglio ricordare ogni millimetro di te” le
sussurrò, nell’orecchio,
stringendola a sé.
Poi, improvvisamente, Dominique scoppiò a piangere e lacrime
vere le solcarono
le guance.
“Dominique!” esclamò, James, stupito,
scostandola leggermente da sé. Anche lui
aveva gli occhi lucidi. “Stai piangendo”
“Anche tu” mormorò lei, in risposta,
senza neanche asciugarsi quelle lacrime
così insolite.
Senza dire altro, James la strinse a sé, tanto da sollevarla
leggermente da
terra, e la baciò, cosicché le loro lacrime
diventarono un solo pianto e i loro
respiri si fusero in uno.
“Dominique...” Il viso della ragazza non gli era
mai parso più bello, tra le
lacrime e la disperazione, con la bellezza glaciale intaccata
dall’imperfezione
dell’angoscia, i capelli biondi scombinati lungo la schiena,
gli occhi azzurri
lucidi.
“James...” Si passò una mano fra i
boccoli biondi, mentre con l’altra si
toccava le labbra rosse, guardando il ragazzo davanti a sé.
“Era l’ultimo
bacio?”
James la guardò a lungo, prima di voltarsi e fissare il
letto sfatto dove fino
a pochi giorni prima trascorrevano le giornate, tra baci e carezze.
“Sì” disse, infine, tornando a guardare
la ragazza, che tremava, con le braccia
al petto per raccogliere i frammenti del suo cuore. Gli sembrava
così fragile e
delicata, pronta a spezzarsi da un momento all’altro che a
James venne voglia
di riprenderla tra le braccia,
ma non lo
fece. “Sì, è stato l’ultimo
bacio”
“Quindi è un addio?”
James la strinse a sé – per l’ultima
volta -
prima di posarle un bacio sulla fronte e voltarsi in
direzione della
porta.
“Sì, è un addio”
Dominique rimase immobile al suo posto, come inchiodata a terra, fino a quando non
sentì la porta sbattere e il
passo di James avviarsi verso il piano inferiore. Solo allora si
accasciò per
terra, con la schiena contro il letto, e pianse quelle lacrime che
aveva nascosto
fino ad allora, per orgoglio.
[Magica
quiete velata indulgenza
dopo l'ingrata tempesta
Riprendi fiato e con intenso trasporto
celebri un mite e insolito risveglio.]
“Dominique?”
La ragazza non rispondeva. Erano giorni che Victoire non aveva notizie
della
sorella. Le lettere che le scriveva ogni due giorni erano di colpo
cessate,
senza nessun avviso, così la ragazza si era precipitata alla
Tana a verificare
che non fosse successo nulla a sua sorella.
Nonna Molly non l’aveva certamente fatta sentire meglio. A
sentire lei,
Dominique usciva raramente dalla sua camera, se non per qualche pasto
occasionale e qualche bicchiere d’acqua. Per il resto della
giornata rimaneva
chiusa in camera sua e la nonna non aveva avuto il coraggio di parlarle.
“Dominique, posso entrare?” Nessuna risposta.
Victoire si decise ad entrare,
pronta a qualsiasi spettacolo...ma non a quello.
Dominique giaceva sul letto, stretta tra le coperte, con gli occhi
vuoti e i
boccoli biondi che le coprivano il viso. L’unico segno di
vita era il suo lento
respiro.
“Ehi, Nicky” La ragazza si inginocchiò
accanto al letto, scuotendo la figura
della sorella in cerca di attenzioni, ma l’altra non la
degnò neanche di uno
sguardo e una lacrima solitaria scese sulla sua guancia. “Oh,
Dominique!”
Dominique non aveva più lacrime da piangere, ormai. Erano
trascorse più di due
settimane da quel giorno e l’unica cosa che rimaneva di lei
era il suo corpo.
L’anima, la vita vera, l’aveva persa quando James
aveva sbattuto la porta
dietro di sé.
“Victoire?” chiese, infine, guardando la sorella,
che, preoccupata, le si
avvicinò immediatamente e la spinse a parlare.
“Dimmi, Nicky” Posò una mano su quella
di lei e, al contatto con la pelle
gelida di lei, sussultò, ma non la spostò.
“Puoi chiamare James?” chiese, mentre le ultime
lacrime scivolavano dalle sue
guance al cuscino. “Ho bisogno di lui”
“Dominique, lo sai che non...non puoi...”
“Non è questo, Victoire” La voce
incolore, gli occhi vuoti. Una bambolina
rotta. “Devo vederlo. Devo vederlo...per riprendere a
respirare”
[Mille
violini suonati dal vento
L'ultimo abbraccio mia amata bambina
nel tenue ricordo di una pioggia d'argento
il senso spietato di un non ritorno]
“Mi
volevi vedere?”
Dominique respirava, ora.
Lento, ben poco incoraggiante, ma il suo respiro c’era.
Era bastato vederlo, vedere quei capelli neri, quegli occhi castani,
quelle
labbra, quelle mani per riprendere a respirare.
“Sì”
James la guardò con un sopracciglio inarcato, come se nulla
di quello che c’era
stato tra di loro fosse successo. Si stava comportando esattamente come
quando
erano solo cugini, ma la ragazza non ci fece caso, impegnata
com’era a
riprendere a respirare.
“Cosa c’è?” chiese lui, brusco. Lei lo
guardò negli occhi e, d’un tratto, tutte le difese
che il ragazzo si era costruito,
caddero, inevitabilmente, e si ritrovò a fissare il volto
devastato di
Dominique.
“Dovevo vederti. Non respiravo” sussurrò
lei, in risposta, seduta sul letto,
stringendo le coperte a sé, come a mettere una barriera tra
sé e il dolore.
“E non pensi che tu possa tornare in apnea quando io me ne
sarà andato?”
“Sì” rispose, piegando leggermente la
testa. “Ma...volevo vederti un’ultima
volta, per rendermi conto della verità”
James sospirò e si sedette accanto alla ragazza, facendo
attenzione a non sfiorarla
neanche per sbaglio.
“E’ la verità, Dominique, la
realtà” Doveva farle male, per farle capire la
verità. “Io e te non stiamo più
insieme”
Dominique annuì. Non tremava, non singhiozzava. Non una
lacrima solcò il suo
volto.
“Lo so” sussurrò, giocando con un
boccolo biondo. “Volevo sentirmelo dire”
Si alzò e si avvicinò alla finestra, per poi
voltarle le spalle e fissare il
ragazzo con gli occhi di ghiaccio.
“E’ finita”
Un vago senso di non ritorno.
Una fitta al petto.
James si alzò e l’abbracciò,
l’ultimo abbraccio di un uomo alla donna che
amava. Si scostò da lei e le sorrise, per poi scostare un
ricciolo dalla
fronte. Il primo gesto di un cugino verso sua cugina.
Sono
passati cinque anni da quel giorno, Dominique.
E’ impossibile che sia passato così tanto tempo,
non è vero? Eppure è successo.
Siamo grandi, maturi. Non ci amiamo più, vero?
Perlomeno, tu non mi ami più. Già.
Oggi non mi ami, mentre procedi spedita nel giardino, col tuo abito
bianco di
seta purissima, che ti dona l’aspetto di un angelo. Oggi non
mi ami, con i
capelli raccolti in una morbida pettinatura, con alcuni boccoli attorno
al viso
delizioso. Oggi non mi ami, con gli occhi scintillanti di
felicità.
Oggi ami lui, non è vero, Dominique? Ami il mio migliore
amico. Da oggi sarete
marito e moglie.
Hai davvero messo da parte quella sciocchezza da adolescenti per cui
siamo
stati così male, Dominique? Mi hai dimenticato davvero?
Sono il testimone, oggi. Il testimone del mio migliore amico al tuo
matrimonio.
Buffo, eh? Buffo e doloroso. Perché io non ho mai smesso di
amarti.
Ecco, procedi, spedita, con il tuo bouquet perfetto fra le mani, con il
tuo
abito perfetto che ti fascia il corpo perfetto vero il tuo sposo
perfetto,
mentre io ti guardo da lontano. Io, il testimone imperfetto, il cugino,
l’uomo
che è ancora innamorato di te.
Sei arrivata, Dominique. Ti sei fermata davanti al tuo sposo, con un
meraviglioso sorriso sulle labbra. Lo guardi, innamorata. Lo ami,
Dominique? Lo
ami come hai amato me?
Ti volti verso di me, io ti faccio un sorrisetto esitante, tu rispondi
imbarazzata.
Chiudi gli occhi e per un momento rivedo l’immagine di te,
fragile e minuta, in
attesa dell’ultimo bacio. Poi mi rendo conto della
verità. E’ finita.
Questa volta davvero.
E quell’ultimo bacio brucia sul mio viso, brucia come una
ferita ancora aperta,
come il gesto di un eroico addio.
Ecco, è fatta. Siete marito e moglie. Mille e più
violini suonano per voi una
musica allegra. Tu, nella confusione, ti giri a guardarmi e pieghi le
tue
labbra rosse in un sorriso.
Ti rispondo con il migliore dei miei sorrisi falsi.
Poi baci il tuo sposo e io ripenso al nostro ultimo bacio.
E quell’ultimo bacio brucia ancora, Dominique.
[Di
quel violini suonati dal vento
l'ultimo bacio mia dolce bambina
brucia sul viso come gocce di limone
l'eroico coraggio di un feroce addio]
Angolo
Autrice
Certo, è impossibile, però mi piace.
Ho, tra i prossimi progetti, una long fic su di loro – il prologo e il primo capitolo sono già pronti – ma la posterò dopo aver terminato Meeting Your Parents – che, in questo momento, è ferma al terzo capitolo che vorrei terminare – e Rancore.
Questa è una specie di spezzone della long fic. Spero vi piaccia.
La canzone è l’ultimo bacio di Carmen Consoli.