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Autore: HarlockedMamie    04/08/2014    11 recensioni
Questa storia è per le due vincitrici del TotoYama indetto da Harlocked nella sua storia Wonderwall.
Le fortunate, Danish e Oscartango, hanno ricevuto un ambitissimo invito a cena a bordo dell'Arcadia... solo che la serata non andrà proprio come previsto!
Ovviamente il titolo è "rubato" dal famosissimo film di Stanley Kramer.
Buona lettura!
Genere: Comico, Demenziale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Dottor Zero, Harlock, Nuovo personaggio, Yuki
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Carissime Danish e Oscartango, questa fanfic è tutta per voi, ma ci permettiamo di renderla pubblica perché anche le altre hanno diritto alle briciole che cadono dalla tavola del Capitano. Come vincitrici del TotoYama indetto da Harlocked, avete diritto alla vostra cena privata con Harlock in persona! Vi siete messe in tiro? Siete andate dal parrucchiere?  Avete fatto la manicure? Vi siete lavate i denti? Bene, si comincia!!
Un’unica raccomandazione, prima di mettervi a piangere e strapparvi i capelli per quanto andremo a scrivere, aspettate la fine della fic! Dopo potrete tirarci i pomodori o qualsivoglia altra verdura abbiate a disposizione. Ci teniamo a spiegare anche che c’è un perché se prima viene la cena di una piuttosto che dell’altra, altrimenti avremmo adottato il salomonico ordine alfabetico. Come sempre scoprirete l’arcano  leggendo!
Naturalmente alla fine ciascuna di voi avrà il proprio menù personalizzato, che provvederemo ad inviarvi privatamente. Ed ora… a voi la vostra serata magica!

Nota di Harlocked: Ci tengo a precisare che l’idea nasce ed è di mamie, lei si è proposta dimostrando grande spirito di partecipazione e condivisione, quello che dovrebbe animare a mio avviso un fandom degno di questo nome! :) 
Io ho partecipato, ma è giusto che sappiate che il 70/80 per cento del lavoro è suo.  Quindi  pubblicamente la ringrazio di cuore e non ultimo per il fatto che mi sono divertita un sacco a fare questa cosa assieme a lei! Speriamo che vi divertiate anche voi a leggere, soprattutto le protagoniste :D

Nota di mamie: Non esagerare, Harlocked! Al massimo 60 %... e prenditi la tua parte di pomodori! Inoltre le due vincitrici hanno scelto di persona l’abbigliamento, l’apparecchiatura e il menu: cena vegana per Oscartango, cena carnivora per Danish… noto però che entrambe hanno optato per un risotto come primo piatto. Freud ci ricaverebbe sicuramente materiale per le sue interpretazioni!

 
INDOVINA CHI VIENE A CENA…
 


Menu:  Crudité a julienne con pinzimonio e maionese vegan
Risotto alle fragole di bosco e Champagne
Carpaccio di seitan e muscolo di grano con scaglie di formaggio veg stagionato
Verdure al cartoccio
Torta di miglio al cioccolato fondente e uvette
Champagne Dom Perignon
Beaujolais Nouveau
Lambrusco di Sorbara
Corvo di Salaparuta
Passito di Pantelleria
Digestivo alle scorze d’arancio.
 
  
1. Nella Cripta dei Cappuccini[1]
  
Oddio, a cena col capitano… cosa mi metto?
Lady Oscar stava meditando seriamente davanti alle ante aperte dell’armadio. Quella era un’occasione da NON lasciarsi sfuggire. Ripensò un attimo alle mise che indossavano sempre le donne che stavano intorno al Capitano… quelle cui lui pareva vagamente interessarsi per lo meno! Di solito erano abiti fluidi, che assecondavano ogni movimento e lasciavano poco all’immaginazione. Bene. Gliel’avrebbe fatta vedere lei come si veste (o si sveste) una vera signora per una cena! Tirò fuori con piglio deciso l’abito lungo color granata, con la fodera nera. Il bustino stretto lasciava le spalle e la schiena scoperte e lo spacco arrivava convenientemente in alto! Ai piedi stivali alti con ganci a vista, un po’ da pirata. L’avrebbe battuto sul suo stesso terreno! Quindi si mise davanti allo specchio provando varie acconciature e optando alla fine per un morbido chignon con qualche ciocca sfuggente ai lati del viso. Un filo di ombretto color malachite diede ai suoi occhi di giada l’espressione altera e sognante delle antiche regine egizie. Era perfetta, era agguerrita, insomma, era pronta!
 
La porta si aprì cigolando leggermente su quella che a prima vista parve a Lady Oscar la Cripta dei Cappuccini di Palermo.
Stesso buio.
Stessa atmosfera lugubre.
Non si mise a contare i teschi, ma giudicò ad una prima occhiata che ce ne fossero quasi altrettanti…
La luce soffusa delle candele nere ricadeva mollemente sul lungo tavolo apparecchiato con antiche porcellane di Sèvres e posate d’argento. Due candidi tovaglioli di fiandra facevano da segnaposto… ai due lati opposti del tavolo.
“Cominciamo bene” pensò la ragazza avanzando con passo sicuro pur nella penombra.
Intanto il Capitano, appena l’aveva sentita entrare, si era alzato in piedi. Di lontano era solo una figura quasi indistinta in tutto quel buio, ma quando si avvicinò, facendo frusciare appena il mantello, Lady Oscar rimase incantata dai giochi di luce tra i suoi capelli e dalle ombre scure che giocavano a nascondino col suo viso.
Quando fu davanti a lei si produsse in un baciamano perfetto e, con un lievissimo accenno di sorriso (non sia mai che gli si scomponesse l’espressione austera), la accompagnò al suo posto.
Sulla tavola facevano bella mostra cestini di verdure freschissime che dovevano essere costate da sole più della coppia di candelieri barocchi. Adagiate sul lucido ripiano di legno scuro c’erano anche alcune peonie rosso sangue, che completavano piacevolmente l’insieme.
Lui le versò lo Champagne in modo impeccabile, senza sbagliare fra i tanti bicchieri di cristallo di Boemia schierati davanti a lei e accennò ad un brindisi. Poi andò a sedersi anche lui… a tre metri di distanza.
No, questa cosa non poteva proprio funzionare.
Lady Oscar prese con la punta delle dita una rosellina, delicatamente intagliata da una carota, la intinse gentilmente nella maionese e se la mise in bocca, masticandola piano. Il Capitano la guardava, limitandosi a sorseggiare lo Champagne.
La donna fece la stessa cosa con una zucchina novella, poi prese una ravanello intagliato a forma di fiore, si alzò e andò a porgerglielo direttamente fra le labbra. Quindi si avvicinò con un piede lo sgabello di Meeme che stava lì in disparte, e lo accostò al tavolo. Lui la guardò curiosamente, ma accettò l’offerta.
‒ In un tempo remoto, Capitano – flautò  lei – a corte c’erano un piatto e un bicchiere ogni due commensali. E così dicendo prese il bicchiere di Harlock e bevve direttamente da lì, badando bene a mettere le labbra esattamente dove le aveva messe lui.
Il Capitano sorrise, riconoscendo l’antico giochetto che già Ovidio raccomandava ai suoi inesperti lettori.
Poi lei prese una cucchiaiata di risotto alle fragole e Champagne e la mise nel piatto.
Il resto fu più simile ad una performance pittorico-concettuale che ad una cena. Quando arrivarono alla torta di miglio al cioccolato fondente i lacci del corpetto di Lady Oscar si erano già ampiamente allentati e il mantello del capitano, nonché la giacca e la maglia, erano gettati negligentemente sul pavimento.
‒ Questa torta è veramente soffice – mugolò Lady Oscar mentre prendeva una ditata del dolce morbido e la spalmava voluttuosamente sulla pelle, invitando il suo commensale ad assaggiarla direttamente da lì.
 
Fu a quel punto che ad Harlock si accese la famosa lucetta rossa di pericolo.
‒ Mia cara signora, pensavo che fosse orami risaputo che non  mangio dolci, non perché non li gradisca, ma ahimè soffro di colite spastica e devo mio malgrado declinare l’invito.
Lady Oscar si sentì morire. Come colite spastica!? Con tutte quelle verdure che avevano mangiato avrebbe rischiato di passare l’intera nottata sul pitale dei Cappuccini di Palermo!
‒ Oddio  Capitano sono mortificata. C’è qualcosa che posso fare? Ho sentito dire che può essere utile un massaggio al basso ventre per rilassare il… ehm…
Harlock la guardò torvo, ma ovviamente non parlò, accennò un mezzo sorriso e le disse: ‒ Mia cara, siete davvero premurosa, ma non vorrei mai che ciò causasse dei danni collaterali imbarazzanti. Meglio non rischiare.
Lady Oscar non era minimamente intenzionata ad arrendersi.
‒ Ah, ma guardate, Capitano, sono abituata con i miei cavalli, non mi scompongo facilmente.
Cos’è che fa coi suoi cavalli? Pensò Harlock, irrigidendosi di colpo.
Lady Oscar non si diede per vinta! Si avvicinò con passo di pantera, poggiò il palmo della mano sul petto del Capitano  e lo guardò languidamente sussurrandogli: ‒ Se ti rilassi come  intendo io, vedrai che ti passa tutto.
E, smaneggiandolo un pochino, aggiunse: ‒ Che poi per me sei solo timido, ma se ti lasci andare sono certa che sei peggio di un vulcano in eruzione!
Harlock consultò senza fasi scorgere il suo orologio da taschino dell’ottocento e si domandò dove  fosse finito quello scellerato di Zero, che stava tardando.
Come evocato dai pensieri del Capitano irruppe in cabina proprio il dottore in persona.
Era vestito come se dovesse fare un operazione e agitava con la mano destra un seghetto dall’aria inquietante.
‒ Eccomi! Sono pronto! ‒ disse avvicinandosi ai due.
Lady Oscar lo guardò interdetta, pensando: E mo’ questo che vuole?
Fu Harlock a parlare.
‒ Sai,  mia cara Oscar. Io non leggo solo le fan fiction, ma anche i commenti! E i tuoi sono molto interessanti e sono argomento di conversazione in tutta L’Arcadia e oltre, direi!
 Quell’oltre parve a lady Oscar pronunziato con una punta d’irritazione, ma non fiatò. Qualcosa le diceva che le cose stavano per prendere una  piega che non era quella che avrebbe sperato.
‒ Per farla breve ti cito - le disse sornione quel gran paragnosta di Harlock e riportò la frase che gli interessava: ‒ “Miii io mi squarcerei una vertebra pur di farmi medicare così da Harlock!! Anche amputare un gamba in realtà...”.
‒ Ecco cara se vogliamo giocare al dottore… Zero può tagliarti la gamba così poi, io ti medico! E magari tu mi fai quel massaggio, flatulenze alla dark matter permettendo, s’intende!
Lady Oscar fece un mezzo sorriso isterico: ‒ Non vorrai mica che creda che davvero Zero mi taglierebbe una gamba eh?-.
Harlock non rispose, incrociò le braccia al petto e alzò il sopracciglio dell’occhio buono.
Mentre Zero le piombava addosso come un falco.
‒ Uhmmmm… ha anche delle belle gambine sode, dovrebbe venire un lavorino di cesello. Non più di un paio d’ore, che segare l’osso richiede il suo tempo! ‒ E così dicendo afferrò la coscia della ragazza.
‒ Oh non scherziamo! Giù le mani!
‒ Ma come? Non sei disposta a dare la tua gamba, per avere la mia gamba?
‒ Oh, bellino! Non t’allargare! Già che il tuo sbarabau[2] non è certo paragonabile ad una terza gamba! Abbiamo le CG prove! E alla mia di gamba ci tengo parecchio, sennò come faccio con i miei cavalli?! Sai che c’è di nuovo? Ho fatto a meno di te per trent’anni, facciamo che faccio trentuno!
E così dicendo pensò bene di andarsene via di corsa dalla famigerata Cripta dei Cappuccini di Palermo, finché poteva farlo ancora con le sue due gambe!
 
Continua…
 
 
[1]  Per aver così denominato la cabina del Capitano, si ringrazia sentitamente Oscartango alias Lady Oscar.
[2] Modo di dire di incerta provenienza per gentile concessione di Tamy (mi ha detto lei di dire così! ;)
   
 
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