Capitolo primo. Vanessa Andetti. 23 settembre 1950... Era il giorno del mio ventesimo compleanno. Nonostante la mia natura gracile, ero vissuta fino a quel punto: ero arrivata ai vent'anni. Mia madre era morta partorendomi. Anche lei era una donna fragile, sia fisicamente che mentalmente. Mia sorella mi disse che mentre mi aspettava, piangeva perché aveva paura di morire. Aveva superato per un soffio il primo parto, ora un secondo. Che strano, sapeva già che sarebbe morta. E cosi, quella notte, lei moriva e io venivo al mondo, venivo alla vita. Avrei portato su di me il peso della sua morte, lo sapevo già, lo sapevano tutti. Eppure sono cresciuta bene, come una bambina spensierata. Molte volte mi ammalavo, rimanevo per giorni chiusa in casa e facevo passare il dottore ogni santo giorno da me. Giuseppe Bardelli, cosi si chiamava. Un uomo sulla trentina, sempre dolce e gentile. Non aveva figli, chissà perché. Col tempo, tra una febbre e l'altra imparai ad amarlo, fu come un secondo padre. Anzi fu come un padre per me. Il mio.. Bè lui dopo che gli avevo ucciso la moglie, non riusciva neanche a guardarmi in viso. Gli ricordavo mia madre, me lo diceva mia sorella Rachele. Nonostante questo volle darmi il nome di mia madre: Vanessa. Che volesse che io seguissi la stessa sorte? Non lo saprò mai.. Quando compii dieci anni lui morì, Dio solo sa per quale malattia. Mia sorella che allora era appena quindicenne si sbrigò a trovarsi un marito e ad andare via da Volterra. Volterra, si. La mia città di nascita, il luogo in cui io adesso vivo, il luogo in cui morirò. Mi lasciò da sola la mia adorata Rachele. Ma non mi importava dopo tutto. Avevo una casa, dei soldi e un dottore che per me stravedeva. Andava bene cosi. Avevo la mia quiete e la mia vita. Ero Vanessa Andetti, contessina di Monterosso. Niente di più, niente di meno. Ero fiera della mia vita e di me stessa, non avrei cambiato niente. Ma allora.. Allora non sapevo come sarebbe cambiata la mia vita.