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Autore: lukecalzolari    04/08/2014    0 recensioni
Una storia d'amore, Emily ed Eric.
Lei, la tipica ragazza che crede di non meritare nessuno, e lui, il tipico ragazzo sportivo che la nota dietro i suoi grossi occhiali da secchiona.
Vi innamorerete del loro amore, e insieme a loro piangerete.
Genere: Drammatico, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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"Stamattina fa proprio freddo!" pensai alzandomi dal letto, le dita dei piedi mi si erano congelate. Mi vestii, scesi a far colazione - mmh, riesco ancora a ricordare l'odore delle frittelle di quella mattina - ed uscii per andare a scuola.
Frequentavo un prestigioso liceo, dove avevo potuto accedere solo grazie ai numerosi sforzi dei miei genitori, il quinto anno più precisamente, quello più complicato per due motivi: gli esami, ma per me non erano un vero e proprio problema, e il ballo, l'evento che tutte le ragazze della scuola desideravano sin da quando erano bambine.
Tutte le ragazze da piccole sognano di essere incoronate un giorno Reginetta del Ballo, io sono l'eccezione alla regola; io non ho mai sognato un diadema tempestato di diamanti, ho solo sognato il principe azzurro, anche se sono pienamente consapevole del fatto che non riuscirò mai a trovarlo. Insomma, chi potrebbe mai volere una ragazza come me? Una ragazza con l’apparecchio ai denti e persino anti-vestiti alla moda.
Sapevo che quell'anno era il più importante della mia vita e che dovevo impegnarmi al massimo, ma per quanto, la mia mente era attirata da lui, Eric. Non era sicuramente il ragazzo più bello della scuola, ma aveva un nonsochè di misterioso ed affascinante; era alto circa dieci centimetri più di me, capelli neri come la pece, un leggero accenno di barba, magro e snello, portava gli occhiali dietro ai quali nascondeva due bellissimi occhi marroni. Insomma, per me era mozzafiato, ma lui non sapeva nemmeno chi fossi. Frequentavamo lo stesso corso di chimica - evidentemente oltre che bello era anche intelligente - e prendevamo lo stesso autobus la mattina. Non ci eravamo mai parlati, fino ad una mattina d’ottobre quando per sbaglio, mentre ero immersa nel ripasso degli appunti di filosofia, gli andai a sbattere contro. I miei ed i suoi fogli volarono in aria, entrambi ci chinammo a terra per raccoglierli e per volere del fato o per casualità le nostre mani si toccarono. Io arrossii all'istante, raccogliemmo le nostre cose, lui accennò un saluto ed io guardandolo mi allontanai velocemente, che vergogna.
Trascorsi la mattinata senza più incontrarlo; arrivata a casa sistemai i libri sugli scaffali, iniziai a fare i compiti di fisica - materia che odio e che odierò sempre - e come già sapevo, non riuscii a risolvere nessun problema, perciò decisi di chiamare Kristine, una ragazza che frequenta il mio corso e naturalmente portata per questa materia, presi la rubrica dallo zaino ed aprendola mi accorsi che non era la mia. Dovevo averla scambiata con quella di Eric nel momento dello scontro! Pochi istanti dopo squillò il mio cellulare, lo guardai e con sorpresa la chiamata in entrata proveniva dal cellulare del ragazzo di cui ero segretamente innamorata, naturalmente io avevo già il suo numero. 
Mi lanciai su di esso e risposi "Pronto? Chi parla?" lui titubante "Ciao Emily, sono Eric, per sbaglio oggi ci siamo scambiati le rubriche, sto venendo da te a riportartela.” io meravigliata e stupita del fatto che sapesse dov’era casa mia risposi con un semplice “okey…”.
Pochi minuti dopo era già arrivato al mio indirizzo, lo feci accomodare e gli servii un bicchiere d’acqua - era venuto correndo, e non immaginate quanto quella maglietta tutta bagnata gli stesse bene indosso - e notando i miei compiti di fisica, mi propose di aiutarmi; io sapevo che se avessi accettato, per il resto del pomeriggio non avrei fatto altro che pensare a lui, ma non resistetti e dissi di si. Passammo un bel pomeriggio insieme, e lui mi salutò con un “alla prossima, cercami quando vuoi, per te, ventiquattro ore su ventiquattro” e dandomi un bacetto sulla guancia. Quella notte non chiusi occhio, a dire il vero nemmeno le notti successive, ma questi sono dettagli.
Passarono quattro giorni e lui non si era ancora fatto sentire - normalmente i ragazzi seguivano una tattica prestabilita: se vuoi abbordare una ragazza, fatti presentare, contattala dopo tre giorni ed è tua - evidentemente non gli interessavo come speravo… Stavo per andare a dormire quando il mio cellulare emise una leggera vibrazione, era arrivato un suo messaggio! La faccia mi diventò all’istante rossa, mi lanciai sul letto per prenderlo - intendo lanciarmi letteralmente - ma il mio letto-armadio si chiuse su se stesso; mi ritrovai a testa in giù cercando quel diabolico oggetto tra le coperte e per di più, al buio. Finalmente lo trovai - mai avrei pensato di leggere il suo primo messaggio in quella posizione e soprattutto in quel luogo, ma fu così - diceva “Ciao Emily, sono Eric, spero di non disturbarti, volevo dirti che domani io e la mia squadra di rugby giochiamo contro i Cani Rabbiosi, se ti va potresti venirci a vedere. La partita inizia alle 15:30. Spero di vederti tra il pubblico. A domani”. Praticamente mi aveva invitata ad uscire no? Non potevo rifiutare! A causa di tutto ciò non dormii nemmeno quella notte. L’indomani mi recai al campo sportivo, non volevo sembrare agitata, e forse non lo sembravo, ma dentro di me c’era il caos più totale.
Lui non mi vide subito, ma mi accorsi che scrutava il pubblico, quando i nostri occhi si incrociarono, i miei brillarono, e i suoi in risposta mi fecero l’occhiolino.
Durante la pausa tra i due tempi mi arrivò un sms con scritto “sono sotto gli spalti, scendi a salutarmi?”. Naturalmente io scesi, lui era tutto sudato, i capelli bagnati gli stavano in quel modo così scompigliato che adoro tanto. Chiacchierammo un po’ riguardo la partita, gli feci i complimenti e lui mi fece questa promessa - cito parole testali - “Se dovessimo vincere, sarà perché tu, il mio portafortuna, sei qui, perciò ti offrirò una pizza. Io e te.” Non mi diede nemmeno l’opportunità di accettare o meno perché dovette ritornare in campo.
Il fato - che io ringrazio immensamente - li fece vincere. Fu una serata indimenticabile, ridemmo, scherzammo, mi imboccò addirittura, parlammo del più e del meno, avevamo gli stessi gusti, ad entrambi piaceva soffermarsi a guardare il cielo, nuvole o stelle che fossero, adoravamo il gelato al cioccolato e gli stessi scrittori; lui mi parlò del suo sport, e io rimasi esterrefatta quando mi disse che era uno sport mortale - non voglio scioccarvi - perché se durante una partita un altro giocatore ti colpiva forte in una parte del corpo rischiava di danneggiare i tuoi organi interni!
Mi riaccompagnò a casa, sulla porta mi guardò dritto negli occhi, e fu in quel momento che mi accorsi che forse, i suoi occhi brillavano più dei miei; i nostri volti si avvicinarono e mi diede il mio primo meraviglioso bacio - naturalmente non dormii nemmeno quella notte - e mi ringraziò per la bellissima serata; tornò alla sua auto e partì veloce nella notte.
Era stato tutto così meraviglioso, proprio come me lo ero immaginata, anzi, meglio ancora!
Pensai a lui tutto il tempo, il giorno dopo a scuola lo incrociai lungo i corridoi, mi prese alla vita avvicinandomi a lui e dandomi un bacio passionale, io certo non mi staccai, ma quando lui lo fece lo “sgridai” perché non era permesso scambiarsi effusioni a scuola, pena la punizione; lui mi rispose con un sorriso e dicendo “se starò con te, non sarà mai una punizione”. Io non resistetti e lo ribaciai.

Natale era ormai alle porte, mancavano circa venti giorni alla fatidica data del ballo studentesco; l’idea di andarci non mi era nemmeno passata per la mente, ma poi trovai un bigliettino infilato nel mio armadietto, che mi invitava a recarmi nell’aula quarantuno alla terza ora. Con un po’ di esitazione accettai. Entrai in una stanza tutta buia, si accese uno schermo, partì un video, subito non capii, ma poi mi resi conto che il bel ragazzo nel video era lui, Eric. Nel video mi chiedeva di essere la sua Principessa al ballo, la sua Dama, chiamatela come volete. La mia risposta non poté che essere un acuto Si.
Lo schermo si spense, si accesero le luci, e lui era lì, davanti a me, sorridente e con un mazzo di rose bianche - le mie preferite - in mano. Io mi gettai all’istante al suo collo baciandolo come non mai.
Sarei andata al ballo, ci sarei andata col ragazzo che amavo, e forse avrei provato quella sensazione che non avevo mai neppure desiderato.
I pomeriggi seguenti li trascorsi con il mio ragazzo, ero veramente innamorata, stavo persino pensando di dirgli che lo amavo fino a quando… Un pomeriggio mi disse che non potevamo uscire perché aveva altri impegni, mi sembrò strano ed in alternativa andai a prendere una cioccolata calda - una delle miglior cose da poter fare in inverno - con Kristine. Il pomeriggio passò molto velocemente; insieme ci eravamo sempre divertite un sacco, l’accompagnai a casa dopodiché mi avviai per fare ritorno alla mia. Mentre camminavo cominciò a piovere, così mi fermai al coperto della tettoia di un bar. Voltandomi lo vidi. Si, era proprio lui, e lei, non ero io. Lui quel giorno doveva essere occupato, perché era con quella ragazza?
Entrambi si alzarono e si abbracciarono; in quell’istante il mio cuore si frantumò. Corsi a casa, le mie lacrime scendevano veloci come le gocce di pioggia. Perché lo aveva fatto? Mi aveva solo illuso, mi aveva solo usata. Per tre giorni non andai a scuola, lui provò a chiamarmi, mandarmi messaggi e persino a suonare al mio campanello. Io non gli dissi niente, gli inviai solamente un messaggio con scritto “vi ho visti insieme.”; naturalmente lui mi inviò un sacco di altri messaggi, ma io non li aprii, li eliminai direttamente, non volevo avere più niente a che fare con lui…
Mancava solamente una settimana al ballo e quindi anche alla chiusura del campionato di rugby.
Non volevo più pensare a lui, ma volevo vederlo, il mio cuore lo voleva ancora…
Andai perciò all’ultima partita, non volevo che lui mi notasse perciò mi nascosi sotto gli spalti. La partita procedeva bene, erano in vantaggio di quattro punti, mancava ancora qualche minuto, perciò la situazione si sarebbe potuta facilmente ribaltare; Eric aveva la palla in mano, ora lo scopo era evitare che gli avversari la prendessero. Lui giocava veramente benissimo, agile come una lepre saltellava tra i vari giocatori. Si voltò verso il pubblico, poi, mi notò, si, vide me, nascosta a fissarlo; si immobilizzò, palla sotto il braccio. In quei pochi istanti dimenticai tutto l’odio che provavo nei suoi confronti. Il numero nove si lanciò contro di lui e lo colpì forte al petto. Si impossessò della palla e segnò.
Ma… Eric non si era rialzato. Perché? Tutta la squadra lo raggiunse, molti urlarono di chiamare un’ambulanza. Non resistetti, attraversai l’intero campo in pochi secondi, il suo sguardo era distaccato, la gente intorno a lui urlava che non aveva polso, non c’era battito. L’ambulanza lo portò in ospedale. Io lo seguii con i suoi genitori.
Un’ora dopo uscì il dottore dalla stanza di medicina d’urgenza, il suo sguardo addolorato, le grida della madre, le lacrime del padre mi bastarono più delle parole; Eric a causa del colpo ricevuto aveva subito un arresto cardiaco, i dottori avevano fatto di tutto, ma non c’era stato modo di salvarlo. Scappai, corsi via, il più in fretta che potevo, volevo andarmene, non poteva essere vero, non potevo accettarlo…
Mia madre mi vide rientrare correndo, con gli occhi rossi e colmi di lacrime, anche lei stava piangendo; la perdita di un così giovane ragazzo era sempre una grave tragedia, ma lui non era un giovane ragazzo, lui era il mio giovane ragazzo, io lo amavo. 
Piansi tutta la notte - per la prima volta, non dormii a causa di un motivo orribile - e la mattina seguente sentii mia mamma parlare al telefono, credo parlasse con la madre di Eric dato che lo nominarono più volte, questo mi strinse il cuore in una morsa ancora più dolorosa.
Durante il pomeriggio mia madre salì in camera, io piangevo ancora, mi portò qualcosa da mangiare ed uno scatolone con tutte le mie cose che avevo lasciato a casa del mio cucciolo - così mi piaceva chiamarlo - più alcune che i suoi genitori pensavano volessi avere.
C’erano un sacco di foto, di bigliettini scambiati durante le lezioni, un sacco di canzoni e poesie dedicate a me; il vedere tutte quelle cose mi fece scoppiare in un nuovo pianto.
Notai una busta, portava il mio nome.

“Cara Emily,
Sono giorni ormai che non ci parliamo più, subito non riuscivo a capire il perché, pensavo che tu ti fossi stancata, che avessi trovato un altro dato che sei una ragazza così dolce…
Invece il motivo era tutt’altro, tu mi hai visto al Cafè con Rose…
Non so cosa tu abbia visto, ma so cos’hai pensato. Hai pensato che ti stessi tradendo, ma non era così, lei… è una mia amica, una amica con la quale mi confido, le avevo raccontato di quanto desiderassi dirti Ti Amo per la prima volta, di quanto volessi dirtelo durante il ballo, ma non sapendo come fare ero preoccupato, perciò lei mi aveva proposto di darmi qualche lezione di… Lei era la mia insegnante di danza, lei mi stava insegnando come riuscire a farti sentire unica la sera del ballo… Non so se riuscirò a darti questa lettera, probabilmente no, quasi sicuramente la sto sfruttando più per riuscire a sfogarmi. Emily, se ti ho dato questa busta leggerai che ti amo, leggerai che è te che voglio, che sei unica, ma ricorda, ogni tuo singolo bacio è un ricordo indelebile perché la mente dimentica, ma il cuore no.
Con amore, sempre tuo,
Eric
P.S. se ho avuto il coraggio di darti questa lettera prima della partita di chiusura del campionato, spero di vedere tra la folla il mio portafortuna.”

Le lacrime mi uscirono dagli occhi come non mai, io avevo sbagliato, non lui, lui mi amava, lui mi voleva, almeno tanto quanto lo volevo io. Ed ora non c’era più. Perché il fato me lo aveva fatto incontrare per poi strapparmelo? Era una vera ingiustizia, una vera crudeltà.
Lui era morto per colpa mia, ero io la causa della sua fine.
Voltai la lettera, dietro c’era una frase “Emily, voglio ringraziarti, hai reso questi giorni insieme magici ed unici, mi hai fatto passare i migliori mesi della mia vita, non sprecare la tua. Grazie per tutto.”
Trovai non so ancora come la forza per alzarmi, per andare avanti, per riuscire a mangiare qualcosa, per non sentirmi così… colpevole.
Il giorno dopo venne celebrato il funerale, all’aperto, lui adorava la neve, e quel giorno ce ne era ovunque. Una volta gli chiesi perché la adorasse tanto, subito non volle rispondermi, ma dopo qualche preghiera riuscii a farmi dire il motivo, lui adorava la neve, come adorava la mia bianca pelle, diceva che la neve gli ricordava me; era veramente dolcissimo.
Mi avvicinai alla sua bara, fece più male del previsto. Era tutta nera. Perché? Lui detestava quel colore… Posai sulla bara una rosa bianca, naturalmente in mezzo a tutte le altre rosse si notava molto, e legata ad essa c’era una busta, intestata a lui, la quale conteneva un foglio con quattro importanti parole…

“Ti amo anche io”
   
 
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