Serie TV > Squadra Speciale Cobra 11
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Autore: Maty66    04/08/2014    2 recensioni
Un segreto custodito per venticinque anni, un pericolo mortale che si annida nelle persone di cui più ti fidi, una realtà sconvolgente scoperta per caso.
Questa è una storia scritta a quattro mani, in notti insonni un po’ folli e colme di risate. Speriamo che vi piaccia. A noi è piaciuto scriverla e condividerla.
Genere: Avventura, Azione, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Segreti di famiglia di Maty66 e ChiaraBJ

Capitolo 18
RESTEREMO SEMPRE INSIEME
 


Mezzo distretto si era radunato nel pronto soccorso dell’ospedale.
Andrea ed Elizabeth sembravano due leonesse in gabbia mentre si aggiravano per il reparto inquiete e incapaci di sedersi.
“Mamma!” Elizabeth sentì la voce di Sofia che la chiamava. La ragazza entrò trafelata nel reparto, seguita da Julia.
Elizabeth venne quasi travolta dall’abbraccio tempestoso della sua figlia minore.
“Si sa qualcosa?” chiese la ragazza guardandola negli occhi.
“No … lo stanno ancora visitando” rispose la madre accarezzandole i lunghi capelli scuri.
Elizabeth però non poteva fare a meno di guardare verso l’altra sua figlia.
“Julia, bambina, non vuoi venire da me?” le disse aprendole le braccia con gli occhi pieni di lacrime.
Per un attimo Julia sembrò indecisa, ma poi con gli occhi bassi si rifugiò anche lei nell’abbraccio di sua madre.
Elizabeth strinse entrambe le sue figlie nelle braccia.
“Le mie splendide bambine … finalmente siamo insieme. Ora che ci diranno che Ben sta bene staremo sempre tutti insieme, non ci lasceremo mai…” disse commossa, sperando di poter stringere presto anche il suo primogenito fra le braccia.
 
Poco dopo uscirono dalle porte scorrevoli due medici.
Il gruppo in attesa si fece vicino ansioso.
“Dunque l’ispettore Gerkan sta bene, abbiamo rimosso il proiettile che non ha leso né nervi né ossa. Tempo una settimana e sarà fuori di qui” disse uno dei medici.
Andrea tirò un sospiro di sollievo, ma subito si rifece seria.
“E Ben?” chiese per prima.
“L’ispettore Jager è rimasto per molti minuti senza ossigeno. Gli esami non hanno evidenziato nulla di anomalo per ora, ma dobbiamo aspettare che si svegli per essere sicuri che non ci siano danni permanenti” rispose l’altro medico con sguardo contrito.
Sul gruppetto calò un  silenzio glaciale.
“Starà bene, vedrete che starà bene” disse sicura Elizabeth.
 

Ormai erano diverse ore che Elizabeth era seduta accanto al letto di Ben e lo guardava dormire.
Le passavano in mente le mille immagini dell’infanzia del giovane, le ore passate seduta in quello stesso modo quando aveva avuto la polmonite e rischiato di morire a sei anni, le ninne nanne cantate a bassa voce per far passare gli incubi, i baci, le carezze, l’immensa gioia che quel bambino era capace di darle. E tutto il tempo perduto che non sarebbe mai più tornato.
Ora che sapeva che in fondo Konrad aveva fatto di tutto per salvarle la vita  sentiva di non odiarlo più, provava solo un immenso rimpianto per quello che poteva essere e non era stato.
Anche se, guardando dalla finestra della stanza, si diceva che se non fosse successo Sofia non sarebbe venuta al mondo.
In fondo per tutto c’è una ragione e se ora riaveva suo figlio sano tutto sarebbe tornato a posto.
La porta si aprì ed entrò in sedia a rotelle Semir, spinto da Andrea.
“Possiamo entrare?” chiese timido l’ispettore guardando smarrito verso il letto.
“Certo, venga…”
In fondo lui aveva molto più diritto di stare  vicino a Ben pensò Elizabeth
“Dorme ancora?” chiese Andrea ed Elizabeth si limitò ad  annuire.
“Ben… forza dai svegliati, hai dormito abbastanza” Semir prese la mano dell’amico nella sua.
E come per magia il giovane aprì gli occhi.
“Semir…” balbettò guardandolo confuso.
 

“Tutto bene, gli esami sono perfetti” disse il medico uscendo dalla stanza con un gran sorriso.
“Signore ti ringrazio” sbottò Semir mentre cercava di spingere la sedia a rotelle verso la stanza per entrare.
“Aspetta Semir…”  Andrea fece cenno verso Elizabeth che aspettava poggiata al muro.
“Elizabeth, entri prima lei” disse subito Semir facendo un sorriso di intesa verso la moglie.
 
“Mamma” fece Ben vedendola entrare.
“Dillo ancora…” fece Elizabeth avvicinandosi.
“Cosa?”
“Chiamami ancora mamma”  sussurrò la donna
“Mamma” ripeté Ben con gli occhi pieni di lacrime
“Potrai mai perdonarmi?” disse ancora il giovane mentre le lacrime scendevano sulle guance.
“Non piangere bambino mio, non c’è nulla da perdonare. Anzi sei tu che devi perdonarmi per non averti detto nulla in Italia… per non aver cercato di farmi viva con voi per tutti questi anni…”
“Io… io..” Ben non riusciva a dire nulla.
La madre si avvicinò e lo prese fra le braccia.
“Ora è finito, andrà tutto bene, resteremo sempre insieme” disse cullandolo dolcemente.
 

Semir e Ben ridevano rilassati.
Erano stati messi per alcuni giorni nella stessa stanza, ma mentre Semir stava per essere dimesso Ben doveva rimanere ancora una settimana.
Il che aveva provocato proteste e bronci a non finire.
Kim e Dieter erano anche loro in stanza, erano venuti a prendere Semir e a salutare Ben.
“E dai… è solo una settimana…” rise Semir nel vedere lo sguardo imbronciato del giovane amico
“Ma io mi annoio qui”
“Jager ora non faccia come al solito, rimanga qui buono altrimenti la  ammanetto al letto” sorrise Kim.
Il Commissario appariva straordinariamente calma e rilassata,  nonostante le ricerche di Luis non stavano dando alcun esito.
L’uomo era sparito dalla faccia della terra.
“E poi c’è l’infermiera Kiara, quella carina … lei ti farà passare il tempo in un attimo” fece Semir ridacchiando
“Sì… ma sai... non può essere più bella di quella che ho visto in sogno…” fece Ben sognante.
“Quale sogno?”
“Quello che ho fatto prima di svegliarmi qui in ospedale … una donna bruna e bellissima che mi baciava. Aveva delle labbra fantastiche, dolcissime, carnose e morbide, mentre mi baciava  mi diceva, resta con me, non mi lasciare”
Ben era talmente sognante  che si era dimenticato che Kim era nella stanza.
Il Commissario avvampò all’istante, mentre Semir e Dieter iniziavano a ridacchiare come due matti.
“Signori vi lascio, io vi aspetto in ufficio” disse mentre usciva precipitosamente dalla stanza.
Una volta fuori Kim cercò di riprendere il controllo, ma passando davanti allo specchio non poté fare a meno di fermarsi.
Con un piccolo gesto si accarezzò le labbra e sorrise pensierosa, prima di ritornare seria e uscire dal reparto.
 
“Beh, che le è preso?” chiese Ben mentre Semir e Dieter non si trattenevano più e iniziavano a ridere a crepapelle.
“Ben tu sai.. chi… chi ti ha fatto la respirazione bocca a bocca?” Semir non riusciva a parlare dalle risate
Ben guardò i due con aria sempre più perplessa.
“Noooo, non mi dite!! Dio che figura…” balbettò capendo tutto.
Semir e Dieter stavano per sentirsi male dalle risate.
“Potevate avvertirmi brutti stupidi!!” disse, ma anche a lui veniva da ridere ormai.
“Che labbra dolcissime … succose e carnose …” lo sfottò andò avanti per parecchio.
 
 
 
Un mese dopo
 
“Allora ti sbrighi, guarda che se tardi  un altro po’ Helga, Elizabeth e Sofia perdono l’aereo” urlò Semir mentre Ben scendeva di corsa le scale.
“E un momento, vai sempre di corsa tu” rispose il giovane amico mentre caricava le  valigie in macchina.
  “Se vuoi puoi venire con me in macchina” fece Hartmut guardando imbambolato Sofia, con un sorriso cretino sul viso.
Ben gli lanciò uno sguardo furibondo mentre i due si avviavano verso la macchinetta scassata di Hartmut.
“Quello fa troppo il provolone con mia sorella” disse furibondo mentre entrava in auto.
Semir scoppiò a ridere.
“Ma che fai il fratello geloso ora? Sofia è grande e Harty innocuo”
Ben sbuffò.
Semir cercò di consolarlo.
Elizabeth e Sofia stavano per tornare in Italia e anche se avevano promesso di tornare almeno tre quattro volte l’anno si vedeva che Ben soffriva per il distacco. Anche da Helga, che aveva deciso di andare a lavorare nell’albergo di Elizabeth in Italia.
“Notizie di Sifer?” chiese Ben con sguardo scuro.
Semir scosse il capo.
“Nulla, sembra sparito dalla faccia della terra” fu costretto ad ammettere
“Io non mi preoccuperei … lo faranno fuori i suoi amici mafiosi, quelli non perdonano un  fallimento”
Ben si limitò ad annuire.
I giorni passati non erano stati facili.
Lui e Julia avevano deciso di far rimuovere tutti i rifiuti tossici dalle fondamenta dei palazzi costruiti, anche se questo con tutta probabilità significava il fallimento sicuro della impresa.
Per Ben non era importante, aveva il suo lavoro ed anche la più che sostanziosa eredità dei nonni paterni, ma Julia e Peter, anche se la cosa  non significava restare senza denaro, non avrebbero più avuto un lavoro.
E poi Julia doveva fare i conti con la certezza che  il suo adorato padre era un malvivente.
Il gruppetto delle auto arrivò all’aeroporto, con in testa l’auto di Andrea.
Lei e le bambine avevano insistito per accompagnare anche loro Elizabeth a cui le piccole si erano affezionate in modo esagerato.
La chiamavano nonna e avevano passato quasi ogni giorno con lei a cucire vestitini per le bambole e fare collane di pasta colorata.
Il gruppetto vociante si avviò verso l’area partenze, dove Julia e Peter erano già in attesa.
Helga abbracciò Ben e Julia, piangendo sommessamente.
Elizabeth stava lì a guardare i suoi primi due figli senza dire una parola.
Era troppo emozionata.
“Ci vediamo in Italia fra due mesi allora…” disse e accarezzò il figlio maggiore sulla guancia.
“Abbi cura di te, mi raccomando. Dovresti trovarti una bella ragazza sai… starei più tranquilla…” fece guardandolo dolce.
“Impresa difficile, il nostro Ben è un farfallone… lo dico  sempre anche io che è tempo di mettere la testa a posto” intervenne Semir
“Eppure mi sembra che ce ne siano di belle ragazze in giro… ad esempio il tuo capo è una donna bellissima…”
“Infatti è una donna bellissima, con delle labbra stupende” fece Semir
“No, per favore no” fece Ben con aria terrorizzata, mentre  il socio ridacchiava di nuovo come non aveva mai smesso di fare da un mese a questa parte.
“E va bene, chissà quando i miei figli mi faranno diventare nonna. Oltre alle tue figlie Semir ovviamente..” fece Elizabeth mentre stringeva le due piccoline
“In realtà…” la voce di Julia era leggermente imbarazzata
“Io volevo dire proprio questo. Fra sei mesi sarai nonna e voi due zii” disse poi  guardando la sua famiglia.
Ben rimase a guardare la sua famiglia, mentre tutti si congratulavano con Julia e Peter.
Era una vera famiglia e lui  ne era orgoglioso.
Ora non c’erano più segreti di famiglia da custodire, solo gioia da conservare nel cuore.
 

L’uomo con lo sfregio sulla guancia si sedette al bar del piccolo paese italiano.
Era un paese minuscolo e poverissimo e lui si era dovuto adattare ad una vita miserevole, sempre in ansia e sempre attento a non farsi scoprire.
Bevendo l’orrendo caffè che gli avevano portato guardò la campagna brulla che c’era davanti a lui.
“Me la pagherete, me la pagherete tutti” pensò
 E quel pensiero magicamente lo calmò.
Avrebbe avuto la sua vendetta. Era solo questione di tempo.
 
Siamo alla fine della storia, ma... non vi perdete l'appendice che pubblicheremo domani. Ne vale la pena, ve lo assicuriamo.
Già da adesso  un enorme gigantesco GRAZIE a tutti quelli che ci hanno seguito, letto e recensito.

Maty e Chiara
  
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