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Autore: Rosalie97    04/08/2014    3 recensioni
Heather e Gwen sono due sorelle, costrette dalla madre a partire e a trasferirsi dalla nonna, un'arzilla vecchietta che vive in un luogo sperduto e circondato dai boschi.
La notte del ventun giugno, Heather nota qualcosa di strano. Una ragazza si trova fuori della loro casa, e quando lei incrocia i suoi occhi, la giovane scappa via. Così, accompagnata dalla sorella, decide di avventurarsi nel bosco e seguirla. Quello che scoprono cambia la loro vita per sempre: c'è molto di più di quel che si pensa, il mondo non è privo di magia, l'ha solamente occlusa.
Le due sorelle entrano così ad Elvenpath, la città incantata, attirate dal richiamo degli elfi, e le loro vite, cambiano per sempre.
Genere: Comico, Fantasy, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Alejandro, Gwen, Heather, Un po' tutti | Coppie: Alejandro/Heather, Cody/Sierra, Duncan/Courtney
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale
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Angolo autrice:
Ciao a tutti! Ed eccomi qui con una one shot song fic basata sulla canzone Elvenpath dei Nightwish. Devo dire che non ho idea di come sia il risultato, ci messo molto a scriverla e spero anche d'aver fatto un buon lavoro, anche se in alcuni parti non mi piace per niente. Temo che in alcuni punti Heather tenda ad essere un pochino OOC, ma non saprei, lascio giudicare voi. Mi auguro di non aver fatto una schifezza colossale, soprattuto riguardo l'ultima parte.
Vi invito a recensire e a dirmi cosa ne pensate.
Alla prossima <3

(In the sheltering shade of the forest
Calling calming silence…
Chiuse con forza la portiera, posando i piedi a terra e scendendo dall’auto. Alzò gli occhi al cielo, ma più che la distesa azzurra che si aspettava di vedere, vide alti arbusti pieni di rami ricoperti di aghi verdi. Odiava già quel posto, avrebbe acceso l’accendino e avrebbe dato fuoco a tutto quel fottutissimo luogo di “pace”. << Sarà bello per te, ti farà bene e ti aiuterà a controllare la rabbia >> le aveva detto sua madre con un sorriso. Da quando aveva conosciuto la sua “venditrice” di fiducia di tisane, una certa Dawn, pareva completamente impazzita. << Scommetto che invece che tisane le vende marijuana >> borbottò tirando verso di sé la valigia color rosa shocking che le aveva regalato sua cugina. << Ann Li è veramente messa male. Sarà fusa mentalmente, o magari ha qualche menomazione >> commentò tra sé ricordando la cugina, che sorridendo e saltellando le aveva dato quella valigia. “Ci mancava solamente che si mettesse a scodinzolare e sembrava un cane” pensò acidamente. Dio solo sapeva quanto odiava sua cugina.
<< Avanti, tesoro, sbrigati >> le disse la voce della nonna, dolce e gentile. Heather si sporse oltre la macchina color ciano e puntò gli occhi sulla donna anziana, che era scomparsa oltre la porta d’entrata della casa. Tirò fuori la lingua e fece una linguaccia al nulla, irata. Perché diavolo l’avevano costretta ad andare in quel posto? Non era come quella Dawn, una figlia dei fiori che si metteva a sniffare prati, parlava con gli alberi e mangiava petali di fiori. Lei. Odiava. Quel posto. Con tutto il cuore.
<< Perché se nostra madre, nostro fratello e nostra cugina sono potuti restare in albergo a noi due ci hanno mandate qui?! >> Esclamò, completamente scocciata, e la sorella tirò fuori la testa oltre la portiera aperta al sedile del guidatore.
<< Perché noi due siamo acide e siccome nostra madre è diventata una pazza figlia dei fiori, Ann Li è già fusa, Jack è più simile a una donna che ad un uomo e noi due siamo le uniche ciniche stronze, hanno deciso di mandarci qui per farci impazzire. Così poi potremo essere la bella e felice famigliola di sociopatici! >> Commentò Gwen con lo stesso tono di voce di Heather, che scoppiò a ridere non riuscendo a trattenersi.
<< Almeno, consoliamoci con il fatto che c’è la rete internet. Se così non fosse stato giuro che avrei potuto prendere l’auto, guidare fino al burrone che abbiamo visto prima e buttarmici dentro! >>
<< Come sopra, sorella >> sospirò esausta l’altra. Gwen era più bassa della sorella, ed era completamente diversa, tranne che per l’accenno acido nel carattere. Entrambe erano odiose, se lo volevano, ma Gwen riusciva ancora a trattenersi, mentre per Heather ormai era già troppo tardi. << A volte ci pensi >> disse scendendo con un salto dal sedile, << che io sono ancora quasi sana mentalmente mentre tu sei già sulla via della stronzaggine acuta? >> fece un mezzo sorrisetto cattivo, ed Heather nemmeno la guardò, aprendo il bagagliaio e prendendo le sue due borse piene di libri e quaderni.
<< Già, ma tu sei una darkettona metallara convinta, sospetto che tu faccia anche riti satanici, quindi diciamocelo, io sarò anche stronza, ma sono normale. >>
<< Ehi, anche tu ascolti metal! >> Esclamò l’altra difendendosi.
<< Questo è vero. E sai che altro è vero? >>
<< Cosa? >> Heather guardò la sorella con un’espressione da sberle dipinta in volto.
<< Che non hai smentito la storia dei riti satanici. >> Dopo aver parlato chiuse il bagagliaio con una sola mossa, si voltò e si allontanò in direzione della porta di casa.
<< Ehi, ma io dovevo prendere la valigia e le borse! >> urlò Gwen, e per tutta risposta, la sorella le mostrò il dito medio della mano sinistra.
La casa era antica e circondata dal bosco tranne che sul vialetto che portava direttamente alla strada, che si poteva vedere sin da lì. Non era molto distante, e si poteva scorgere  il sole dorato di quel pomeriggio di inizio estate scendere man mano che le ore passavano verso il mare. In lontananza si vedeva una collina a strapiombo sulla distesa blu su cui era posto un alto faro bianco e rosso al momento spento. Tutti quegli alberi mettevano in soggezione sia Heather che Gwen, che non amavano per niente gli spazi che non fossero stati una lussuosa camera d’albergo, una discoteca, un negozio d’abiti, un negozio di cd metal oppure un concerto al chiuso o una partita di football. Perché sì, entrambe amavano il football. Gwen stava insieme da due mesi con il quarterback della squadra della loro scuola, un punk con piercing e più tatuaggi che pelle e con una cresta rossa fluo irta in testa. Nessuno sapeva come fosse riuscito a entrare nella squadra. << Ma mollalo >> aveva detto Heather alla sorella, più volte, ma lei non ne voleva sapere.
<< No, >> le rispondeva, << bacia bene. >>
Heather posò la mano sulla zanzariera davanti all’entrata, la scostò e dopodiché superando la soglia poggiò nuovamente la mano destra sulla porta lucida. In cima e in fondo il legno era rovinato, il colore chiaro che le ricordava molto il caramello era rigato e mancavano dei pezzi; davano alla porta un’aria vecchia ma in qualche modo più bella, vissuta.
<< Tesoro, vieni pure >> disse la nonna comparendo dal nulla. Yasmine Lee era una donna di settantaquattro anni, alta e col fisico di una cinquantenne. Certo, aveva la pelle rugosa e macchiata da piccole macchioline marroni in alcuni punti, ma le si davano come massimo  cinquanta o sessant’anni. I suoi occhi erano tipicamente asiatici, erano a mandorla e di un marrone slavato. I lunghi capelli argentei e lisci erano legati in una coda di cavallo.
<< Dov’è la mia stanza? >> rispose sospirando esausta, trascinandosi dietro le due borse e la valigia.
<< Al primo piano, l’unica con i due letti. Dormirai lì con Gwen. >>
<< No, frena. Cosa?! >> Esclamò la dark entrando in casa e guardando la nonna con gli occhi spalancati ed un’espressione scioccata. << Devo dividere la stanza con lei? Io non posso dividere la stanza con lei! >> esclamò scioccata, e Yasmine Lee assunse un’espressione dura.
<< Ora capisco perché Lainee vi ha mandate qui. Vi serve una bella rieducazione. E tu, Heather, devi imparare a gestire la tua rabbia >> dopo aver parlato ed aver indicato l’alta asiatica, Yasmine Lee si voltò e tornò in cucina, asciugandosi le mani in uno straccio, anche se erano già perfettamente asciutte.
<< Cosa ho fatto adesso?! Non ho nemmeno aperto bocca! >> Urlò esasperata Heather, per poi cominciare a salire le scale portandosi dietro le sue cose.
<< E dobbiamo restare qui per quattro settimane?! >> Disse Gwen.
<< Ecco perché volevo buttarmi nel burrone. >>
Quando arrivarono alla loro stanza, ad entrambe cascarono le braccia. Le pareti erano tutte dipinte di un rosa fragola, e da alcune mensole di legno lisce disposte qui e lì pendevano dei fiori intagliati e colorati di giallo, arancione e verde pallido. C’erano due letti, uno accanto alla grande finestra che dava sul retro del grande bosco ed uno non molto distante, più vicino alla parete su cui si stagliava la porta. Heather si diresse senza dire nulla a quello più interno alla stanza e poggiò le sue cose sul letto, salendoci e sedendosi sulle ginocchia, piegando le gambe. Si sporse e guardò gli alberi. Le punte raggiungevano quasi l’altezza della finestra. Entrambi i piani della casa erano molto alti, quasi come fossero stati tre piani.
<< Perché lo prendi tu il letto accanto alla finestra? >> Inarcò un sopracciglio Gwen guardando la sorella.
<< Perché io sono più grande >> commentò l’altra alzando il mento con fare superiore.
<< Si, di due mesi. >>
<< Dettagli >> rispose, ed entrambe scoppiarono a ridere.

 
Se ne stava seduta a gambe incrociate sul letto, il computer portatile posto davanti a lei, la luce della sera che entrava dalla finestra. Aveva passato del tempo a fissare fuori, ma quando si era stancata aveva acceso il portatile. Il cielo era azzurrognolo, tendente al blu.
La cena era stata a base di insalate e vegetali, anche se Heather avrebbe preferito addentare una bella bistecca. O magari una barretta di cioccolato.
Cominciò a mordersi l’unghia del pollice della mano destra, il gomito poggiato sul ginocchio, mentre faceva scorrere velocemente gli occhi sullo schermo.
<< Che fai? >> Chiese Gwen entrando nella stanza.
<< Leggo >> replicò Heather, ma nello stesso istante in cui parlò, chiuse il portatile e lo poggiò sul piccolo mobile di legno che fungeva da comodino accanto al suo letto. << Sono tanto stanca >> commentò distendendosi. Poggiò la testa sul cuscino nello stesso momento nel quale lo fece Gwen e le due incrociarono lo sguardo.
<< Domani dovremo svegliarci molto presto perché nonna vuole andare a fare trekking e noi dobbiamo andare con lei. >>
<< Oddio >> sbuffò Heather voltandosi sul letto ed affondando il volto nel grande e comodo cuscino dalla fodera bianca e con disegni color acquamarina. << ‘Notte >> disse.
<< Notte >> rispose Gwen voltandosi sul fianco e chiudendo gli occhi.
Passò un’ora nella quale Heather non riuscì a chiudere occhio. Si era voltata, e dopo aver poggiato tre cuscini contro la testiera del letto ed essercisi poggiata lei stessa, aveva puntato gli occhi fuori della finestra. Senza nemmeno guardare, prese l’IPod dal comodino e mise le cuffie alle orecchie, facendo partire una canzone metal e molto fantasy strumentale. Continuò a guardare fuori, e passarono altre due ore, nelle quali lei aveva fatto partire e ripatire la canzone come in un loop.
I suoi occhi neri scandagliavano il paesaggio al di fuori della casa, gli alti arbusti ed il buio. Erano le nove di sera di un giorno di giugno. Non era ancora tecnicamente estate, il giorno dopo lo sarebbe stato; il 21 giugno, una notte magica in cui il confine tra il mondo reale e quello fantastico si assottigliava ed era possibile, per alcuni, attraversarlo. “Certo che però è pericoloso. Se resto intrappolata dall’altra parte?” pensò. Dawn e sua madre ci credevano, e Ann Li si aggregava, ma era la realtà?
Con la mente inebetita da quei pensieri, Heather quasi fece un salto lanciando un gridolino quando le parve di vedere qualcosa tra gli alberi del bosco. Scattò a sedere sul letto, avvicinandosi al vetro che incredibilmente era ghiacciato. Quando ci poggiò la fronte ed i palmi aperti, dei brividi le corsero giù per la spina dorsale. Rivide nuovamente quella strana apparizione, ed il cuore le si fermò nel petto. Sembrava… una ragazza. Da quel che aveva potuto vedere, aveva la pelle abbronzata, lo si poteva notare anche sotto la luce bluastra di quella sera. Avrebbe dovuto essere buio, ma sembrava che l’aria fosse lucente, che migliaia di lucciole azzurre intessessero la tela di quel mondo. Era la stessa luce che pervadeva tutto la mattina presto sul mare, sulla loro casa ora messa a disinfestare.
L’apparizione indossava un vestito bianco perla luccicante, leggero e che svolazzava. Le lasciava nude le gambe, le braccia, le spalle ed i piedi della ragazza erano nudi. Camminava avanti e indietro tra gli alberi, sulla terra stranamente piena di foglie cadute marroncine e gialle. I suoi capelli erano corti fino alle spalle ed erano di un bel castano.
<< Ma chi diavolo è? >> sussurrò con le labbra contro il vetro freddo, e, come se l’avesse sentita, la ragazza si voltò a guardarla. Era in piedi sullo spiazzo dietro casa, ed i suoi occhi scuri erano puntati e fermi in quelli di Heather. << Ma cosa… >> disse, e la giovane scappò via, rifugiandosi nel folto del bosco. << Oh no! >> disse l’asiatica, e scattò in piedi. Afferrò il telefono e l’IPod. Quando si voltò quasi fece un salto dalla paura.
<< Oh, ma che diavolo, Gwen! >> Urlò sedendosi sul letto e tenendosi una mano sul cuore.
<< Dove stai andando? >> domandò l’altra inarcando un sopracciglio perfetto, senza un’emozione in volto o nella voce.
<< Fuori. C’era. Una. Ragazza. >> disse l’altra scandendo bene le parole e scattando in piedi.
<< Cosa? >> stavolta Gwen si mostrò confusa.
<< Si, una diavolo di ragazza. Indossava un vestito bianco. Mi ha guardata. >> La voce dell’asiatica sembrava spezzata, come se avesse avuto paura, e ciò era strano, molto strano, per una come lei.
<< E tu vai fuori? >>
<< Si, è scappata nel bosco >> scostò la sorella e si diresse alla porta. Uscì in corridoio e cominciò a scendere le scale nel buio della casa rischiarato solo dalla strana luce che entrava dalle finestre.
<< Ripeto, e tu vuoi andare fuori? La vuoi seguire? In un bosco? Di notte? >> Esclamò la dark. Si fermarono entrambe davanti alla porta di casa, ed Heather si voltò a guardare la sorella, aprendo la porta.
<< Si >> disse.
<< Ma c’è buio… >>
<< Dove lo vedi il buio? >> replicò voltando il viso verso lo spiazzo davanti la porta di casa, puntando gli occhi sul cielo e poi voltandosi, di nuovo su Gwen.
L’altra spalancò le labbra ed uscì fuori. Indossava un pigiama nero, la maglia a maniche corte ed i pantaloni lunghi, mentre Heather aveva una lunga camicia da notte color bianco perla. Erano entrambe a piedi nudi, e quando uscirono chiudendo la porta alle loro spalle nemmeno pensarono di cambiarsi.
<< No, aspetta, dove vai? >> esclamò la dark seguendo la sorella, che si era avviata per il sentiero che si inoltrava nel bosco.
<< La seguo, non l’avevi capito? >> rispose brusca.
Le due cominciarono a camminare sul sentiero di terra battuta, che sporcava i loro piedi di un sabbioso color marroncino. Faceva fresco, ed Heather si maledisse di non aver preso un maglioncino o di essersi messa dei vestiti seri invece di andare nel cuore del bosco con quel suo insulso pigiama. Almeno delle scarpe avrebbe potuto metterle!
<< E se è una pazza? Se c’è qualche malintenzionato o qualche… che ne so… drogato? Malintenzionato pure quello? >>
<< Te ne intendi di drogati tu eh? Con quel strano tizio che ti ritrovi per ragazzo… >> commentò acida l’altra.
<< Senti >> Gwen fermò la sorella e la prese per le spalle. << Io parlo sul serio. Non è sicuro. Come fai a sapere che seguire quella non ci metterà nei guai? >>
<< L’ho guardata negli occhi. Erano neri come la pece, come i miei >> si indicò gli occhi con l’indice sinistro. << E ci ho visto qualcosa. Non so dirti cosa, ma qualcosa. È come se la conoscessi, o come se mi chiamasse… >>
<< Ho capito… Cos’hai fumato? >> Rispose l’altra, ed Heather le diede una spinta.
<< Oh, ma piantala. Puoi decidere. O vieni con me o torni in casa e vai a dormire così domani ti svegli presto per fare trekking con nonna. >>
Gwen parve pensarci su, ed Heather sorrise compiaciuta tra sé. << E va bene. Ma solo perché così posso tenerti d’occhio. Almeno hai avuto la decenza di prendere il telefono, anche se non so quanto possa aiutare in un bosco. Non credo ci sia campo. >> Le disse acidamente, lanciandole un’occhiataccia e riprendendo a camminare.
Andarono avanti per molto, finché non seppero più dove di trovavano. Si erano perse nel bosco.
<< Oh cazzo, e ora dove siamo? >> disse Gwen, guardandosi attorno mentre la paura prendeva possesso del suo cuore. La dark era terrorizzata, ma Heather era tranquilla, anche se non sapeva effettivamente perché. Si sentiva bene, a casa. Ma com’era possibile?  << Ehi, ci sei?! Parlo con te! >> Disse l’altra, ed Heather alzò un indice, facendole cenno di tacere. << Cosa?! Io tacere? No! >>
<< Zitta e piantala. Ascolta >> disse guardandosi attorno come se stesse cercando qualcosa.
L’altra fece come detto. << “Ascolta” cosa precisamente? >>
<< Ascolta. Dimmi cosa senti. >>
Il sentiero sotto i loro piedi si era man mano riempito di foglie, ma loro riuscivano ancora a seguirlo. L’unico problema era che lungo la strada più volte avevano incontrato biforcazioni, e non avevano fatto attenzione a dove erano andate.
<< Non sento niente >> disse guardandosi attorno e poi volgendo gli occhi alla sorella.
<< Appunto. C’è il completo silenzio >> Heather parlò con un tono di voce strano, come se fosse contenta di tutto quel silenzio, di essersi persa in un bosco che non conosceva.
<< Ma ti sei bevuta il cervello? Io mi preoccuperei a sentire tutto questo silenzio, non è positivo. Si dovrebbe sentire almeno qualche animale! >> Urlò, per poi abbassare di colpo la voce e guardarsi attorno spaventata.
<< Ma non lo senti? >> si guardò attorno Heather estasiata. << Qui nell’ombra della foresta, io mi sento a casa. È un richiamo, com’è che io lo sento e tu no? >> disse guardando la sorella inarcando un sopracciglio, e Gwen chiuse gli occhi, inspirando piano dal naso, cercando di concentrarsi. Aprì la mente e tese le orecchie, e d’un tratto lo sentì. Non c’era nulla. Nessun rumore, niente, pareva il nulla più assoluto, ma non era spaventoso come aveva creduto, era pacifico, era la pace più assoluta. Prima di allora aveva sempre odiato gli spazi aperti come quello, o i boschi in generale, soprattutto di notte. Anche se i film horror le piacevano non ci teneva a viverne uno. Ed ora si chiedeva come aveva potuto farlo. Come aveva potuto pensare una cosa talmente sbagliata?
Accompanied only by the full moon
The howling of a night wolf
Tutto era silenzioso, e l’unica cosa che attirava la loro attenzione oltre a quella pacifica mancanza di qualsiasi suono era la presenza della luna. Era completamente tonda, piena, ed alta nel cielo direttamente davanti a loro. Illuminava il loro mondo e la loro via, nel cielo azzurrognolo tendente al blu.
Erano sole, completamente sole, ma non si sentivano tali. Sentivano che c’era vita in quel luogo, ma questo non le spaventava, anzi, le spingeva ad andare avanti, verso gli occhi che le osservavano curiosi come le stessero mettendo alla prova.
D’un tratto, il silenzio fu interrotto da un ululato profondo e selvaggio. Nella mente di Heather apparve l’immagine di un lupo solitario in cima ad una collinetta a strapiombo sul nulla, illuminata dalla luna. Il pelo dell’animale era grigio e bianco, e quando voltò la testa, gli occhi blu glaciali si puntarono nei suoi, neri, ed il suo cuore cominciò a battere forte.
Quando l’immagine scomparve, lei e la sorella si guardarono spalancando gli occhi e le labbra.
<< Lo hai visto? >> esclamarono all’unisono, per poi scoppiare a ridere. Tutto quello che stava accadendo era da pazzi!
And the path under my bare feet...
...The Elvenpath)
<< In qualche modo, io sento che dovevamo trovarci qui >> disse Heather.
<< Lo penso anch’io, anzi, no, lo sento! Cosa diavolo sta succedendo?! >> esclamò Gwen.
Avevano seguito quel sentiero, ed ora si trovavano lì.
Alla loro destra c’era un grande albero dal tronco marrone e contorto. La corteccia però sembrava liscia, come la pelle di un bambino, ed era diverso dal resto degli arbusti del bosco: non era un pino, ma un salice! Le fronde scendevano giù delicatamente, le foglioline verdi parevano creare una tenda della natura. Heather e Gwen fecero un passo verso l’albero, che disturbava la strada del sentiero, scostando le fronde.
Si fermarono davanti alla grande corteccia, a qualche centimetro di distanza. Heather aveva la schiena ritta e le braccia distese lungo il corpo, le mani chiuse flebilmente a pugno. Gwen invece aveva una gamba piegata, poggiava la punta del piede destro sulla terra polverosa e compatta del sentiero, ed aveva le braccia lungo il corpo, contro i fianchi stretti.
L’asiatica alzò il braccio destro verso la corteccia, ma prima che potesse toccare il tronco, dal nulla comparì una porta, proprio al centro dell’albero. Era circondata da archi dorati pieni di ghirigori, e le due parti, le ante, si aprirono verso di loro. Erano di legno scuro e alla vista pareva ruvido.
Al di là del portale, l’aria sembrava avere una consistenza, sembrava rosa e potevano vedere cadere giù, delicatamente, piccoli petali dello stesso colore. Gli alberi in lontananza, salici, erano scossi da un leggero vento, e quando Heather alzò un braccio e lo allungò oltre il portale, sentì che era caldo.
Dai lati, oltre il portale, comparvero due ragazzi, ma ad un’occhiata più profonda, le due sorelle si accorsero che erano strani, diversi da qualunque altra persona. Erano un ragazzo ed una ragazza. Lei era alta ed aveva i capelli castani corti fino alle spalle, lasciate scoperte come le braccia e le gambe dal leggero abito bianco. Aveva la pelle abbronzata e piena di lentiggini, ed i suoi occhi erano neri. È la ragazza di prima!
Il ragazzo invece indossava dei pantaloni marroncini, una camicia bianca e larga sistemata dentro le brache ed un gilet rosso sangue ricamato con ghirigori ancor più rossi. La sua pelle era bianca, chiara, aveva il pizzetto sotto al labbro inferiore, un piercing al sopracciglio sinistro e due profondi occhi azzurri. I suoi capelli erano neri, tranne che per la cresta verde irta in testa. Portava un orecchino, ed aveva qualcosa di decisamente non umano. Entrambi, se ci si pensava, avevano qualcosa di non umano.
La ragazza aveva lunghe orecchie da elfo (come aveva Heather fatto a non notarle prima?!) ed il ragazzo non aveva le gambe, o meglio, ce le aveva, ma non erano gambe. Erano ricoperte di pelo marrone, e terminavano con zoccoli al posto di due piedi, ed in testa aveva due corna ricurve. In mano il giovane teneva una piccola arpa, ed al fianco, alla cintura, aveva appeso un liuto.
<< Cosa diavolo…?! >> esclamò Gwen, ed il ragazzo rise cattivo.
<< Ciao >> disse con una voce che diceva chiaramente “oh-ma-guarda-quanto-sono-figo” e “oh-ciao-bella”.
<< Duncan! >> Disse la ragazza in modo scocciato, colpendolo al petto, cosa che lo fece ridere.
<< Calma, principessa, ci stavo solamente provando >> replicò lui, con fare tranquillo, e la ragazza si voltò verso di lui, incrociando le braccia al petto e guardandolo malissimo.
<< Sei una principessa? >> Inarcò un sopracciglio Heather, curiosa, e l’altra sbuffò alzando gli occhi al cielo.
<< No, macché, è che questo idiota adora chiamarmi così >> sospirò.
<< Ah… >> dissero all’unisono le sorelle, guardando i due in un modo strano, Heather giudicandoli e Gwen preoccupata.
<< Sai, non stiamo facendo una bella impressione >> disse la ragazza con le lunghe orecchie al ragazzo. Teneva le braccia incrociate al petto e la testa inclinata di poco verso destra.
<< Già, non erano questi i piani >> disse Duncan.
<< Già, volevamo fare una bella figura, tipo “oh guarda io sono un’elfa e lui è un satiro e siete i benvenuti a Elfenpath!” >> La ragazza aprì le braccia in modo teatrale. << Ma a quanto pare come presentatori facciamo altamente schifo. >>
<< Ehi, parla per te, io solo a vedermi sono uno spettacolo >> disse Duncan sfiorandosi i capelli con la mano, chiudendo gli occhi e sorridendo compiaciuto.
<< Tu dici che si è montato la testa o lo fa apposta? >> disse Heather voltandosi verso la sorella.
L’altra restò senza parole, con le labbra spalancate a fare un suono simile ad “aaa”. << Io dico che s’è montato la testa >> annuì piano.
<< L’ha battuta quando era piccolo. >> Commentò annuendo e sussurrando la ragazza. << Piacere comunque, io sono Courtney, e no, questo non è un cosplay, sono davvero un’elfa. >> Allungò il braccio destro e pose la mano ad Heather, che l’afferrò malvolentieri.
<< Sai cos’è un cosplay? >> Chiese Gwen inarcando un sopracciglio quando strinse la mano a Courtney.
<< Si, chi è venuto qui prima di voi mi ha raccontato alcune cose. >>
<< Ma tu quanti anni hai? È vero che gli elfi sono immortali? >> Domandò la dark.
<< Oh no, ne ho solo diciotto, come il nostro idiota qui. Non siamo immortali, solo molto più longevi degli umani. >>
<< Ma… Cos’è Elvenpath? >> Domandò Heather.
<< Elvenpath? >> rispose Courtney inarcando un sopracciglio e sorridendo. << Semplice, Elvenpath è la nostra casa, la nostra città. Qui ci sono elfi, gnomi, nani, satiri, streghe, qualche sirena e anche qualche umano. Insomma, un po’ di tutto. >>
<< Ma sul serio? >> replicò sospettosa Gwen.
<< Si. Entrate, se volete. >> Courtney si scostò di poco, ed allo sguardo che si scambiarono le due sorelle aggiunse: << Potrete uscire quando vorrete. Qui il tempo scorre più lento che sulla Terra, perché effettivamente siamo in un altro mondo, ma possiamo far tornare indietro il tempo. Ovviamente i ricordi restano. Basta che quando volete andare lo diciate. >>
Le due sorelle, senza dire niente, avanzarono una dopo l’altra e varcarono il portale, che restò aperto anche dopo che furono passate. Courtney le affiancò, mettendosi tra loro e le prese a braccetto.
<< A me le sirene stanno poco simpatiche >> disse. << Sono stupide, ve ne farò conoscere una. >> Annuì tra sé, decidendo già per loro.
“Ecco cos’era il sentiero che stavo seguendo”, pensò Heather. “Il sentiero sotto i miei piedi nudi era il sentiero degli elfi.”
Hearing music from the deepest forest
Songs as a seduction of sirens
The elf-folk is calling me
<< Eri tu quella che ho visto prima fuori dalla casa di mia nonna >> disse Heather, e seppur non fosse una domanda, Courtney annuì e disse:
<< Si, ero io. Cercavo. Solitamente il ventuno di giugno ci capitano molti visitatori. >>
<< Come mai? >> Chiese Gwen
Fu Duncan a rispondere: << Ai solstizi il velo diventa visibile e molta più gente vuole attraversarli. Molta più gente sente il richiamo. >>
<< Mentre agli equinozi siamo noi elfi a uscire. >>
<< Come mai? >> Stavano camminando sul prato verde. Il cielo sopra le loro teste era rosa, e le nuvole sembravano zucchero filato. Stavano cadendo giù petali rosa delicati e profumati, come fossero stati una leggera pioggerellina.
<< Non ti so dire esattamente il perché, è così da sempre e basta. >>
<< Richiamo? Siete stati voi due a chiamarci? >> Disse nuovamente Heather.
<< No, il richiamo è libero ai solstizi. Chiunque può udirlo se libera la mente e tende bene le orecchie. >>
<< Il silenzio pareva una musica >> notò l’asiatica, e la sorella si trovò d’accordo con lei.
<< Per ognuno è diverso. Per alcuni può essere un silenzio rassicurante, per altri una canzone, per altri invece il rumore di un corso d’acqua… Dipende dalla persona e da cosa vuole veramente dentro di sé. Hai sentito anche tu il silenzio come richiamo? >> domandò Courtney voltandosi verso la dark, che annuì. << Allora >> disse sospirando, << siete nel posto giusto. Venite, voglio presentarvi dei miei amici. >>
Heather, Gwen e Duncan camminarono dietro a Courtney, che cominciò ad attraversare il grande prato. Sopra di loro, il cielo era immutato, sempre di quel rosa che ricordava tanto lo zucchero filato, e l’aria sapeva di fragola. Era uno di quei posti che parevano creati dall’immaginazione di un bambino.
<< Avete fame? >> chiese l’elfa, e senza aspettare che le altre rispondessero aggiunse: << Potete tranquillamente mangiare i petali. Sono buoni e assumono il sapore del cibo che si preferisce. Averle ‘ste cose sulla Terra, eh? Io sono un’elfa e ce le ho sempre a disposizione >> finì la frase con un tono superiore e da maestrina, per poi scattare in avanti e continuare a camminare.
Duncan affiancò Gwen. << Io mi sarò montato la testa, ma anche lei non scherza eh. >> La dark per tutta risposta rise.
Quando giunsero alla loro destinazione, Courtney si voltò sorridente. << Ragazze, vi presento Alejandro e José. >> Indicò i due ragazzi che se ne stavano seduti contro il tronco di un enorme salice piangente e che si stavano lanciando occhiatacce piene di odio. << Psst. Ragazzi? Ragazzi! >> Urlò infine, ed i due si voltarono.
<< Che c’è?! >> urlarono all’unisono.
<< Successo qualcosa? >>
<< Si! Questo idiota ha bollito del rosmarino e mi ha versato l’acqua nel cassettone dei vestiti! >> urlò furioso uno dei due alzandosi in piedi. Era alto, muscoloso ed indossava dei pantaloni neri ed una camicia rossa sbottonata che lasciava vedere i pettorali. Al collo portava una strana collanina a forma di teschio di toro.
I suoi capelli erano lunghi fino alle spalle, le ciocche erano lucenti ed erano di un bel castano. Aveva il pizzetto sotto al labbro inferiore, e la pelle abbronzata in qualche modo si intonava alla perfezione con gli occhi verde smeraldo. E cosa più importante, aveva due lunghe orecchie da elfo.
Heather, senza riuscire a trattenersi scoppiò a ridere, ed uno dei fratelli, il più alto, sorrise.
<< Cosa diavolo ridi tu? >> replicò arrabbiato l’elfo, ed Heather per tutta risposta rise ancora più forte.
<< Beh, sai… >> cominciò quando si fu calmata, << sei un elfo sfigato. Pretendi anche che non rido? >>
<< Io non sono sfigato >> replicò l’altro.
<< Si che lo sei >> sorrise cattiva l’asiatica.
<< José, perché continui a trattare così tuo fratello? >> domandò Courtney. L’elfa pareva avere un qualche strano ascendente su José, che abbassò il capo, quasi vergognandosi.
L’altro fratello era più alto di Alejandro, i suoi capelli erano corti ed erano ritti in una cresta. Indossava una camicia blu e dei pantaloni neri simili a quelli del fratello. Anche lui era senza scarpe, ed aveva due brillanti occhi color verde scuro. La stessa collana di Alejandro pendeva anche dal suo collo e le sue orecchie erano uguali a quelle del fratello, forse un po’ più lunghe.
<< Perdonami, fratellino >> disse alzando lo sguardo e con un sorriso che faceva chiaramente capire la realtà. Invece di guardare Alejandro, per tutta risposta puntò i suoi occhi bellissimi in quelli di Gwen, e qualcosa, nel suo sguardo, cambiò. Apparve una luce strana, come se qualcuno da dentro di lui avesse acceso un fiammifero. José era affascinato dalla giovane dark, così come Gwen era affascinata dal giovane elfo.
Tutti i presenti continuarono a far andare gli occhi da uno all’altra, finché Courtney non intervenne. Batté le mani e disse: << Oookay! Venite con noi? Voglio presentar loro la nostra amica sirena >> ammiccò, ed i due fratelli, come se fino a quel momento non fosse successo niente scoppiarono a ridere cattivi.
<< Quella mi fa pena >> commentò Alejandro quando si avviarono. In testa al gruppo camminavano Duncan e Courtney, al centro José e Gwen, che si scambiavano di tanto in tanto delle occhiate, ed a chiudere la fila c’erano Alejandro ed Heather. << Hai sentito? Ho detto che quella mi fa pena >> ripeté quando Heather non gli rispose.
<< Si, ho sentito. Ma chi ti dice che puoi parlare con me? >> Disse la ragazza con tono acido.
<< Il fatto che io sono un magnifico esemplare di elfo, sono splendido e tu sei una semplice umana che deve accettare che sono fascinoso. >> Alzò il mento con fare superiore.
<< Uno: ma è un problema tanto diffuso qui a Elvenpath quello dell’ego smisurato o gli ho beccati io gli unici elfi e l’unico satiro messi male? >> fece una pausa. << Due: sarò anche un’umana ma posso prendere a calci quel tuo didietro da elfo quando mi pare. >> Gli puntò contro l’indice destro e lui scoppiò a ridere.
<< Ci sono molti elfi e altre creature vanitose qui, ma noi lo siamo di più perché beh, devi ammettere che siamo fantastici e ce lo possiamo effettivamente permettere. E… sarei proprio curioso di vederti provarci, >> fece un ghigno avvicinandosi di poco al viso di Heather, << chica. >>
<< Non mi chiamare “chica” >> replicò lei acida.
<< Ma certo, chica >> sussurrò l’ultima parola ma Heather la udì comunque e con forza gli pestò un piede.
Lui lanciò un urlo: << Madre de dios >> e fece un salto tenendosi stretta al petto la gamba. Gli altri si fermarono e li squadrarono alzando un sopracciglio.
<< Tutto okay? >> chiese l’elfa, e Heather rispose con un ghigno cattivo.
<< Certo, tutto bene. Chico >> imitò l’accento spagnolo guardando con la coda dell’occhio e con un sorriso cattivo Alejandro.
<< Beh, comunque, siamo arrivati >> disse Courtney. << Lei >> si scostò e davanti ai loro occhi apparve una enorme piscina piena di acqua sistemata tra due grandi tronchi di pini veramente altissimi. Nell’acqua nuotavano delle sirene. Una in particolare, era accanto al bordo, e li guardava con un sorriso. Courtney li guardò. << Lei è Lindsay. >>
<< Ciaao! >> Urlò l’altra strascicando la “a”.
<< Ciao >> risposero tutti all’unisono, meno euforici.
<< Io sono una sirena >> disse sorridendo felice. << Mi piace essere una sirena. Mi piace vivere nell’acqua! >> cominciò a cantare. La sua voce era bellissima, affascinante, seducente, ed intimava Heather e Gwen ad andare verso di lei. << Tra le onde del mar io sono cresciuta. La regina del fiume era mia madre, lei mi ha sorriso ed io sono andata e qui ad Elvenpath mi son fermataa! >> fece un acuto finale che costrinse Courtney a tapparsi le orecchie.
Heather e la sorella cominciarono a camminare verso la vasca, ma Alejandro e José le fermarono.
<< Oh, diavolo, Lindsay, lo sai che non puoi fare così! Sono umane, non puoi cantare, o cadono sotto la tua magia. >>
<< Oh, scusate! >> nello stesso istante in cui parlò Heather e Gwen tornarono alla realtà. Il gruppo si allontanò salutando la sirena, tutti tranne Heather, che andandosene la fulminò con un’occhiataccia piena di odio. Nessuno poteva “incantarla”.
Tapio, Bear-king, Ruler of the forest
Mielikki, Bluecloak, Healer of the ill and sad
Open the gate and let me follow the uncarven path
Si fermarono accanto ad un grande salice, che aveva qualcosa di strano. Le fronde parevano muoversi da sole, perché anche se il vento c’era, Heather poteva vedere che c’era qualcosa di diverso in quell’albero. Si sedettero a cerchio ai piedi dell’arbusto, Alejandro e Josè con le schiene contro il tronco. Lì accanto c’era un ponticello di pietra sotto cui scorreva un limpido fiumiciattolo blu.
<< Ah, che sfiga essere umani eh? Ti fai intortare così da una sirena e per di più stupida come Lindsay >> Alejandro scoppiò a ridere cattivo, ed Heather, seduta alla sua sinistra con la schiena rivolta verso il ponte, gli tirò un pugno.
<< In quanto umane, non sapete nulla del nostro mondo. Volete chiederci qualcosa? >>
<< Parlaci un po’ di questo mondo. Avete religioni, feste o altro? >> Chiese Gwen, ed Heather alzò gli occhi al cielo esasperata.
<< Noi abbiamo diverse credenze, ma tutti concordano sul venerare il nostro dio e la nostra dea. >> Rispose Courtney, che ad un’occhiata di Gwen continuò. << Il nostro dio è Tapio, un satiro che governa la foresta. Nei dipinti è ritratto seduto su una grande roccia con un liuto d’oro in mano. Duncan è uno dei sacerdoti più convinti di Tapio. C’è chi dice di averlo visto, in uno dei suoi lunghi peregrinaggi nei boschi. >>
Duncan annuì, e Gwen lo guardò scioccata. << Sul serio sei un sacerdote? >>
<< Si, perché? >> chiese l’altro sorridendo cattivo.
<< Perché somigli di più a un punk vandalo >> commentò Heather, ed il satiro sbuffò.
Courtney alzò gli occhi al cielo. << Poi c’è la nostra dea, Mielikki. Lei è la regina della foresta ed insieme al marito si occupa dei suoi figli e delle sue figlie. Io sono una sacerdotessa di Mielikki, ed un giorno dovrò sposare un sacerdote di Tapio. >> Spiegò, << Finora ho solo due pretendenti, questo idiota qui >> indicò il satiro con un cenno del capo, << e un altro sacerdote di nome Scott. Non so chi mi sceglierà la dea. >>
<< Me, ovviamente, perché sono migliore di quell’idiota dai capelli rossi >> disse acidamente e scocciato Duncan, cosa che fece ridere Courtney.
<< Mielikki è la curatrice dei malati e dei tristi. Coloro che non sono felici o non sono sani fisicamente vengono al nostro tempio e noi li curiamo con le doti curative che ci ha fornito. >>
<< Interessante. >> Disse Gwen, che poi spalancò gli occhi e saltò in piedi. << Che diavolo è quello?! Perché sei seduta su un orso?! >>
Tutti coloro che erano di schiena si voltarono, mentre Heather scattò in piedi.
Davanti ai loro occhi stava una ragazza. Indossava un lungo abito color arancio; le maniche del vestito consistevano in nastri di tessuto che le avvolgevano le braccia, e la gonna cadeva liscia sulle gambe. I suoi capelli erano di un bel rosso sangue, e le sue labbra erano dipinte anch’esse di rosso. La pelle era talmente bianca da sembrare traslucida, e gli occhi erano grandi e color nocciola. Intorno al collo portava una striscia di tessuto di velluto nera.
Ma la cosa più incredibile non erano le lunghe orecchie da elfo, bensì il fatto che se ne stava seduta sul dorso di un grande orso bianco dal pelo lungo. L’animale li guardava con i suoi occhi neri e pareva stare scrutando nelle loro anime.
<< Oh, Zoey! >> disse Courtney. << Ragazzi, lei è Zoey, è una delle due figlie della nostra regina. >>
<< Ciao >> fece un cenno del capo e sorrise.
<< E perché te ne vai in giro su un orso bianco? Non dovrebbe trovarsi al Polo Nord? >> Gwen inarcò un sopracciglio.
<< E lui è Bear-King, il re degli orsi. È uno dei tanti figli di Tapio, uno tra i più importanti. >>
<< Bear-King? >> Chiese Heather.
<< Si, ma noi lo chiamiamo affettuosamente Mike. >> Rispose l’altra, per poi aggiungere: << Ma non rubategli Zoey altrimenti diventa cattivo >> sussurrò. << Quando lo fa lo chiamiamo Mal, meglio che ci stiate lontane. >>
<< Okay… >> rispose Gwen confusa.
<< Beh, è stato un piacere ragazze, ma ora devo andare >> disse la rossa, e senza aggiungere altro l’orso si voltò e scappò via con lei sul suo dorso.
<< Quella è strana >> commentò Heather. << Deve avere qualche strana menomazione mentale per andare in giro sul dorso di un orso gigantesco come quello. >> Scosse la testa.
<< Già, tu preferisci gli elfi, no? >> Replicò Alejandro con un sorriso malizioso.
Lei lo guardò con gli occhi stretti a fessura. << No, gli elfi me li mangio a colazione. >> Il ragazzo scoppiò a ridere e Courtney intervenne.
<< Ehi, perché non ci dividiamo e andate a fare una passeggiata? Non è passata ancora un’ora, vuol dire che da quando siete uscite di casa sono passate, contando il tempo che ci avete messo a raggiungerci, solamente due o tre ore. Fuori è mezzanotte, ed ora >> Courtney si fermò, facendo una pausa, ed in quei pochi secondi, il cielo, da rosa fragola divenne di un blu scuro, << è notte. >>
<< Ma cosa diavolo… >> Gwen si guardò attorno.
<< Qui a Elvenpath è da sempre così. Un secondo prima è giorno e un secondo dopo è notte. La cognizione del tempo è completamente diversa, e l’ora del tramonto cambia come più le pare e piace. >>
<< È… viva? >> Domandò Heather, e Courtney annuì.
<< Beh, ora andate pure. >> Dopo aver parlato, l’elfa e il satiro di dileguarono, così come Gwen e José.
<< Ma che diavolo… Oh no! >> Urlò quando si voltò verso Alejandro, che sorrideva cattivo.
<< Siamo rimasti solo tu ed io, chica. >>
<< Chiamami ancora chica e giuro che ti faccio mangiare le tue stesse orecchie >> strillò lei, e lui scoppiò a ridere.
<< Va bene, chica. Andiamo a farci una passeggiata? Vieni con me. >> Senza aspettare una risposta, l’elfo superò il salice, attraversò il ponte ed entrò nel bosco. Sbuffando e di malavoglia Heather lo seguì. Non voleva dargliela vinta, ma non sarebbe rimasta lì da sola e impiantata in un mondo che non conosceva. Se fosse passato troppo tempo e fuori il mondo avesse continuato ad andare avanti, lasciandola lì intrappolata, lei non sapeva cosa avrebbe fatto. Era meglio avere accanto a sé un elfo che conosceva, anche se avrebbe preferito non fosse stato proprio quello che odiava.
The way to the lands
Where as a hero I stand
The path where Beauty met the Beast
Elvenpath
Cominciarono a seguire un sentiero che si inoltrava nel profondo del bosco. Lì gli alberi erano diversi dai soliti salici che si vedevano in giro per Elvenpath. Pareva quasi che ogni angolo di quel mondo fosse un altro mondo a parte. Heather si aspettava di veder comparire altri portali, magari stavolta l’avrebbero portata nel mondo dei vampiri. << Esistono i vampiri? >> Chiese, ed Alejandro scoppiò a ridere.
<< Vampiri? Tipo Twilight? No. Non esistono e non sono palle da discoteca ambulanti. >>
L’altra per tutta risposta alzò gli occhi al cielo, che in quel bosco non si vedeva nemmeno tanto bene. Gli alberi erano altissimi, ed il cielo era talmente scuro da sembrare un ammasso di nulla. Quando rialzò nuovamente lo sguardo, però, vide comparire piccoli puntini luminosi che si accendevano e spegnevano. Parevano diamanti, ma in realtà erano stelle.
<< Si può sapere dove diamine mi stai portando, elfo dei miei stivali?! >>
<< Ma se sei scalza >> rispose l’altro, ricavandone solamente un pugno. Heather lo colpì fortemente alla scapola destra, e lui urlò un: << Ahia! Ah, gli umani >> sussurrò sfiorandosi la spalla.
<< Che posto è questo? >> Chiese l’asiatica.
<< Questa, mia cara umana, è la via verso le terre incolte. Da qui la gente parte per fare i peregrinaggi verso le lande lontane. Elvenpath è la nostra città, il nostro mondo, ma ci sono castelli, altre cittadine… C’è molto di più da scoprire. >>
Quella frase lasciò Heather in un modo strano. << C’è molto di più da scoprire? Che sei adesso, un poeta? >> lo prese in giro lei, e lui fece per aprire bocca ma lo bloccò prima. << E non mi chiamare chica o giuro che ti strangolo qui e abbandono ciò che resta di te, così quel grande orso King qualcosa o Mike come-diavolo-si-chiama ti mangia. >>
Alejandro la guardò contrariato, per poi scuotere la testa. << Tu, umana, non sei normale. >>
<< Beh, nemmeno tu se è per questo. Ah e, puzzi di rosmarino! >>
<< Odiosa! >>
<< Grazie, sono felice di esserlo. Sono fantastica, lo so, mentre tu sei praticamente… Uno stupido elfo sfigato. Vivi ancora con la mamma, non è vero? >>
Lui la fulminò con un’occhiataccia e lei lo superò ridendo cattiva.
<< Allora, che sentiero è questo? Porta solamente a terre lontane? >>
<< No, chica. >>
Lei si trattenne dal voltarsi e tirargli un pugno e si limitò a guardarlo con gli occhi chiusi  a fessura.
<< Questo è il sentiero dove si racconta la Bella abbia salutato per l’ultima volta la Bestia. >>
<< Cosa? Ti sei bevuto il cervello? >> Lei lo guardò con un sopracciglio inarcato. Si era persa in un fitto bosco insieme ad un elfo psicopatico?
<< La storia de la Bella e la Bestia era vera. Un umano che è venuto qui, ha assistito a tutta la loro storia, se l’è fatta raccontare dalla stessa Bella, ci ha scritto una fiaba ed è tornato al suo mondo per farla conoscere. >>
<< Mi stai prendendo in giro? Credi che ci caschi? >>
<< Lo giuro sulle mie orecchie che è vero >> replicò l’altro con un sorriso da idiota, e lei lo colpì con una sberla. << Ahio, perché mi hai colpito?! >>
<< Perché avevi una faccia da sberle. >> Replicò solamente, continuando a camminare. Ora il bosco si era diradato, e si stagliava solamente alla loro destra, folto e oscuro. Alla loro sinistra c’era un immenso prato verde, che alla luce della luna di quella notte pareva blu. Era talmente tanto grande che non se ne vedeva la fine.
It's the honesty of these worlds
Ruled by magic and mighty swords
That makes my soul long for the past
Elvenpath
<< Sai cosa caratterizza il mio mondo? >> disse dopo un po’ Alejandro, ancora arrabbiato.
<< No, come diavolo faccio a saperlo, spiegamelo, elfo-rosmarino >> replicò lei, e lui la guardò socchiudendo gli occhi.
<< Il mio mondo, Elvenpath e tutte le altre lande, sono impregnate da una magia antichissima. >>
<< Magia antichissima? >>
<< L’onestà è intessuta nello stesso velo di questo mondo. Tutto è onesto, beh, a parte me e mio fratello, noi siamo un’eccezione. >> Fece una pausa e la guardò negli occhi. << Elvenpath è governato dalla magia e come in passato, ancora da possenti spade. C’è chi è cattivo, chi vuole sterminare interi popoli, e c’è chi combatte per difenderli. Io sono uno di quelli. >>
<< Coosaa?! >> Urlò Heather strascicando la “o” e la “a”.
<< Si >> rise lui, << che tu ci creda o no, io sono un cavaliere. Sono un freddo e cattivo calcolatore, oltre che leader nato ed un perfetto esempio di “bellissimo elfo”, e combatto contro i tiranni che vogliono invadere Elvenpath. >>
<< Oh, chi l’avrebbe mai detto. >> Lo prese in giro Heather.
The moonwitch took me to a ride on a broomstick
Introduced me to her old friend home gnome
Told me to keep the sauna warm for him
<< Oooohh cavolooo! >> Urlò qualcuno, e pochi secondi dopo qualcosa cadde poco distante da loro con un fracasso infernale.
<< Oh no, Sierra! >> Urlò il ragazzo, correndo verso quel disastro. A pochi passi dai due, si era schiantata una ragazza. Heather non sapeva da dove diavolo fosse comparsa, ma non pareva stare tanto bene.
<< Ahio >> commentò lamentandosi.
L’asiatica notò la scopa caduta a terra poco lontana, e poi alzò gli occhi sulla ragazza. Non doveva avere più di diciotto o diciannove anni. Era alta, magra ed aveva una lunghissima treccia di capelli color viola scuro. Alle orecchie portava due piccoli orecchini tondi e color oro. Indossava un lungo abito giallo canarino con ricamati motivi strani. Sembrava vestita da zingara. Alle caviglie aveva dei bracciali tintinnanti, i piedi erano nudi ed al collo portava una strana collana. Pareva un medaglione d’oro e c’erano incisi strani simboli.
Alla luce della luna, Heather poteva vedere che la pelle della ragazza era molto abbronzata, ed i suoi occhi erano neri come la pece. Due spilli che potevano leggerti l’anima.
<< Chi diavolo è? >> chiese.
<< Sono una strega >> rispose l’altra con una voce sgradevole e poggiando i pugni sui fianchi.
<< Sei una strega e sei caduta dalla tua scopa? Certo che sei parecchio impedita per essere una strega. >> Notò l’asiatica.
L’altra sbuffò voltando il capo.
<< Devi ammettere che ha ragione >> commentò Alejandro, stupendo Heather.
<< Si okay… >> replicò l’altra. << Forse lo sono. >> Alzò gli occhi al cielo sospirando esausta. << Chi è questa? >>
<< Io sono Heather. Sono un’umana >> nel suo tono di voce c’era molta vanità, come se essere umani, in quel luogo, fosse stato qualcosa di incredibile e magico.
<< Piacere Heather l’umana, io sono Sierra la strega. E mi serve una mano. >>
<< A fare cosa? >>
<< Cody, sta male. Ho bisogno che qualcuno venga ad aiutarmi… >>
<< Io no! >> Intervenne urlando d’un tratto Alejandro mettendosi l’indice sulla punta del naso.
L’elfo e la strega si voltarono verso l’asiatica.
<< Oh no… Non ci pensate nemmeno! >> Urlò furiosa.
<< Per favore, ti pagherò >> replicò l’altra, ed Heather si bloccò.
<< Mi pagherai eh? E quanto? >>
<< Puoi scegliere tu come. Ti dovrò un favore, potrai chiedermi un incantesimo, cosa nel quale non mi batte nessuno… >> fu interrotta da Alejandro che disse: << È vero. >>, e poi aggiunse: << Oppure in contanti. Come preferisci. >>
<< L’incantesimo può essere qualsiasi cosa? >>
<< Si, non ci sono limiti alla magia, ma non chiedermi di riportare qualcuno in vita perché potrei accidentalmente creare uno zombie… >> l’altra si morse il labbro.
<< Okay. Andiamo allora. Ma sbrighiamoci. >> Heather era facilmente corruttibile.
<< Avanti allora >> disse la strega afferrando la scopa e sedendosi sopra. Heather la raggiunse e salì dietro di lei. In meno di due secondi si ritrovarono in cielo, in quella distesa blu, e l’asiatica guardò sotto di sé estasiata. Poteva vedere il mondo ai suoi piedi, tutto era più piccolo a quell’altitudine, e le sembrava di essere una dea che vegliava sul suo regno.
Quando atterrarono, ci mancò poco che si spezzassero l’osso del collo.
<< Sta più attenta, e che cavolo! >>
Si fermarono davanti ad un albero. Sul tronco c’era una piccola porticina color rosso sangue. Sierra poggiò la scopa nella cavità di un ramo e la aprì, mettendosi a quattro zampe ed entrando nell’albero. Dopo qualche secondo la sua testa spuntò fuori. << Allora? Ti sbrighi o no? >>
Heather senza dire niente seguì i movimenti della strega ed entrò nell’albero.
<< Allora >> disse, << che razza di strega sei? >>
<< Sono una strega della Luna. >>
<< Una strega della Luna? >> Inarcò un sopracciglio Heather.
<< Si, esco solo di notte. La luce del giorno non mi piace. Preferisco la notte, è più magica. >> L’asiatica la seguì fino a che la strega non la condusse su una grande terrazza priva di qualunque ringhiera che dava sul bosco selvaggio. In una piscina molto più simile ad un idromassaggio c’era un ragazzo. Era basso e mingherlino, e Sierra le sorrise facendo andare gli occhi da lei a lui.
<< Chi è questo? >>
<< Lui è Cody, un mio vecchio amico. È lui che non sta bene. Ha la febbre e siccome gli gnomi sono strani, si cura con l’idromassaggio. >>
<< Ciao >> l’altro fece un cenno del capo. << Io sono lo Gnomo di Casa, ma chiamami pure Cody. >>
L’asiatica neppure non rispose. << Allora, che devo fare per essere pagata? >>
Sierra la guardò e sorrise. << Deve aiutarmi a fargli fare una sauna per eliminare la febbre, e poi a fare un incantesimo. >>
At the grove I met the rest - the folk of my fantasies
Bilbo, Sparhawk, goblins and pixies
Snowman, Willow, trolls and the seven dwarves
The path goes forever on
Quando tornarono al salice dove si era raggruppato in precedenza il gruppo, era passata un’ora, ed Heather era stanchissima. Non appena Sierra si avvicinò a terra, l’asiatica fece un salto ed atterrò da sola, per poi allontanarsi dalla strega.
<< Cos’hai? >> Chiese Alejandro curioso.
<< Quella è pazza! Mi ha fatto ballare per un’ora! >> ringhiò furiosa l’umana. << Cosa non faccio per essere ripagata >> sospirò, e la sorella si mise a ridere. << Tu. Stai zitta. >>
<< Già, che quando ti abbiamo trovata ti stavi sbaciucchiando in un modo osceno con José >> commentò Courtney disgustata, e la dark alzò gli occhi al cielo.
<< Lo baciavo io, non tu. Saranno anche fatti miei, no? >>
<< Ma non stavi con quel drogato pieno di piercing? >> chiese Heather, e l’altra fece un gesto vago con la mano.
<< Può andare a quel paese. >>
L’asiatica scosse la testa. << Mi dovrai ripagare con un incantesimo a mia scelta >> disse a Sierra, << dato che i soldi qui non c’entrano nulla con i dollari che voglio io. Se la valuta è diversa a me non serve. >>
<< Perfetto. >> Rispose la ragazza dai capelli viola strappandosi la collana. << Quando vorrai riscattare il favore, stringi questo medaglione nella mano destra e dì “Elfolk”, io ti sentirò e ti raggiungerò in un batter d’occhio. >> Dopo aver parlato, lanciò la collana all’asiatica, salì sulla scopa e volò via.
Heather si sedette tra Duncan ed Alejandro, e chiese: << Ma davvero Bilbo esisteva sul serio? >>
<< Te l’ha detto Sierra? >> sospirò Courtney.
<< Si. >>
<< Si, è esistito sul serio, Tolkien una volta ci ha fatto visita e ha voluto scrivere qualcosa su un mondo con elfi, hobbit e sulla Terra di Mezzo. >>
<< Ma sul serio? >> Esclamarono entrambe le sorelle.
<< Si… >> disse Courtney confusa. << Perché? >>
<< Scherzi? Io adorerei andare alla Contea e visitare la Terra di Mezzo! Anche se Mordor lo lascerei perdere, non è esattamente un luogo vacanza ideale >> commentò Gwen, ed Heather scoppiò a ridere. << Io ho incontrato un tizio di nome Sparhawk mentre venivamo qui >> continuò poi guardando la sorella. << Courtney mi ha spiegato che anche lui è stato usato in una storia fantasy di un umano che ha scritto della sua vita. >>
<< Ah si? >>
<< Si. È alto, ha folti capelli neri, ama la musica ed è solitario. Era un cavaliere ed il campione della sua regina. Non so come sia finita la sua storia, mi leggerò i libri. Alcuni lo chiamano Trent, ma Sparhawk come nome è più figo. >>
<< Avete mai sentito la storia dell’Uomo delle Nevi? >> chiese una voce alle loro spalle, e Gwen ed Heather si voltarono di colpo. << Oh, scusatemi, non volevo spaventarvi. >>
Al centro del tronco contorto, ma liscio come fosse stato levigato, dell’albero, c’era un volto. Il salice era vivo.
<< Oh, scusaci Salice, ti abbiamo svegliato? >> Disse Courtney, e l’albero scosse le fronde.
<< No, tranquilla sacerdotessa di Mielikki, amo sentire le voci dei figli della dea. >>
<< Ragazze >> disse l’elfa alzandosi in piedi e sorridendo, << questo è Salice, l’antico albero consigliere di Elvenpath. Più di una volta ci ha aiutate, noi sacerdotesse, nel nostro lavoro. Io personalmente passo molto tempo a parlare con lui. >>
<< Piacere di conoscervi. Allora, avete sentito la storia dell’Uomo delle Nevi? >>
<< Si, un grande bigfoot che vive sulle montagne innevate, no? >>
<< In realtà no. L’Uomo delle Nevi era un giovane che aveva abbandonato la sua casa per viaggiare per il mondo, cercare avventure e conoscere fanciulle. Un giorno incappò in una strega, e lei gli fece una domanda. Gli chiese “È più giusto proteggere l’amore con la spada o proteggere la spada con l’amore?”. >>
<< Cosa diavolo vuol dire? >> esclamò Heather.
<< Vuol dire: è meglio che un guerriero combatta con la spada per proteggere la sua fanciulla o è meglio che la fanciulla faccia smettere di combattere il suo guerriero? >> intervenne Alejandro. L’elfo, mentre e dopo aver parlato continuò a fissare negli occhi l’asiatica. Il suo sguardo era serio, non stava tentando di prenderla in giro, voleva una risposta.
<< Il giovane rispose in modo sbagliato, e la strega lo condannò a girare per quelle terre innevate. >>
<< Che senso ha? E cosa ha risposto? >>
<< Lui ha risposto in modo errato, e non ci è dato sapere la risposta. Voi piuttosto, cosa rispondereste? >> Continuò Salice.
Heather, prima di rispondere, puntò gli occhi in quelli di Alejandro, che la stava ancora guardando, aspettando una risposta.
<< Il guerriero >> cominciò abbassando gli occhi, << rischiava la vita combattendo. >> Non sapeva perché, ma nella sua testa c’era una singola immagine: Alejandro, con una spada in mano e coperto di sangue mentre combatteva. << Per me è più giusto che la fanciulla faccia smettere di combattere il guerriero >> disse infine.
<< Lo penso anch’io >> disse Gwen.
<< Come mai? >>
<< Non ha senso che lui combatta per proteggerla. Può proteggerla in altri modi. Se muore combattendo poi chi la protegge? >> Esclamò in modo intelligente Heather, e Salice parve sorridere.
<< Risposta giusta, piccola umana. >>
<< Non chiamarmi piccola >> replicò lei guardando male l’albero, che rise piano.
<< Ragazzi >> disse infine Salice, << fuori è passato parecchio tempo >> guardò giù verso di loro e Courtney saltò in piedi.
<< Si, se volete andare ora è il momento giusto. Il portale sarà sempre aperto, basta che seguite il sentiero tenendovi ogni volta sulla destra se vorrete tornare. >>
<< Bene >> tutti si alzarono e salutando Salice iniziarono a tornare verso il punto in cui si trovava portale. Heather si sentiva strana, c’era qualcosa che non andava. Sentiva la gola chiusa e il cuore battere dolorosamente. Non voleva andare.
Giunsero dinanzi alla porta, e Courtney e Duncan si voltarono a guardarli. << Vi lasciamo un po’ di spazio >> disse lei, ed oltrepassarono il portale. José e Gwen se ne andarono per conto loro un po’ più lontano e Heather e Alejandro restarono da soli, lì impalati.
<< E cosi… >> cominciò lui, << Il guerriero deve smettere di combattere perché altrimenti non può proteggere la fanciulla. >>
<< Già >> replicò lei in modo distante incrociando le braccia al petto.
<< Lo sai che sei strana, Heather l’Umana? >> Disse con un sorriso sincero e caldo, che fece qualcosa al cuore di Heather. La ragazza non sapeva esattamente cosa, ma lo sentì battere forte. Fino a quel momento, lei non aveva mai visto qualcuno, se non la sua famiglia, come una vera persona. Non le importava degli altri, e spesso nemmeno sprecava tempo a litigarci, ma vedendo quell’elfo insopportabile, lei sarebbe rimasta lì anni per litigare con lui.
<< Lo so >> sorrise. << Ma sono fantastica, ammettilo. >>
<< Se tu ammetterai che lo sono anche io. >>
Lei gli fece una linguaccia. << Non lo ammetterò mai, elfo. >> Si chinò in avanti, e al momento pensò fosse uno sbaglio, ma pensandoci, con il tempo cambiò idea. Lui scattò in avanti, e senza dire niente posò le labbra su quelle della ragazza. Fu un bacio dolce, gentile, cosa che stupì Heather.
<< Nessuno ti ha detto che potevi farlo >> disse lei in tono freddo,  ma poi aggiunse: << Pensavo baciassi in modo diverso >> per punzecchiarlo e prenderlo in giro. Trovava tutta quella situazione ironica e divertente in un modo pietoso.
<< Non volevo usare tutto il mio fascino in una volta sola >> disse l’altro vanitosamente.
<< Pensi ci rivedremo? >> tornò a usare il tono freddo.
<< Tu no? >> Domandò lui, ma prima che lei potesse rispondere, Courtney e Duncan tornarono.
<< Allora, pronte? Sono le tre del mattino nel vostro mondo. >>
<< E domani, cioè… oggi… >> Gwen alzò gli occhi al cielo facendo due conti. Lei e Josè erano tornati senza che Heather e Alejandro se ne accorgessero, << Dobbiamo fare trekking! O per Mielikki! >>
L’elfa rise piano, << Vedo che già impari. Ora, >> si voltò a guardare Heather, << se vorrete tornare, ricordatevelo. Destra andata e destra ritorno. Giunte qui vi basta aprire le porte e entrare. >>
Le due annuirono.
<< Siete pronte? >> Chiese Courtney, e le due annuirono di nuovo, facendo un passo avanti, ma né l’elfa né il satiro si spostarono. Courtney invece, senza dire altro alzò il braccio destro, fece un ampio giro davanti alle due e disse: << Mankind-folk, Manpath >> e poi, ci fu solo buio.
The way to the lands...
Heather aprì gli occhi di colpo e si ritrovò sotto le coperte, nella sua stanza. Aveva sentito quella frase.
<< La strada verso le terre… >> sussurrò, e di colpo, anche Gwen scattò a sedere, tirando rumorosamente un respiro, come se prima fosse stata sulla via di soffocarsi senza l’aria che le serviva per vivere. Cosa era successo?
Le due si guardarono. Dalla finestra chiusa entrava la luce del sole di prima mattina. Heather guardò la sveglia sul comodino e vide che erano le otto del mattino.
<< Cosa diavolo… Lo ricordi anche tu, vero? >>
<< Di noi due… >>
<< … nel bosco, stanotte. >>
<< E degli elfi! >> Urlò infine Heather, per poi abbassare la voce. << Era vero? O era solamente un sogno? >>
<< Ricordo tutto in modo vivido, e a meno che non fosse un sogno condiviso, cosa che non credo, penso fosse tutto reale. >>
Heather si frugò in una delle due tasche della camicia da notte che indossava e quando tirò fuori la mano, nel palmo aveva il medaglione d’oro su cui erano incise rune antiche e sconosciute. Le due si guardarono spalancando gli occhi e scoppiarono a ridere.
<< Ma allora era vero! >> Esclamò Gwen, e Heather annuì.
<< Ragazze, è pronta la colazione! >> Urlò la voce di Yasmine Lee, e le due scattarono in piedi, alla velocità della luce si vestirono per andare a fare trekking e scesero di corsa le scale.
<< Ciao nonna >> dissero all’unisono presentandosi sulla soglia della cucina.
<< Come mai così pimpanti? >> Domandò la donna, e loro scossero le teste sedendosi al tavolo apparecchiato per tre. << Siete pronte a fare trekking? >> domandò dopo un po’ la donna.
<< Si >> risposero. Avevano un piano.
<< Cos’è quella collana? >> Domandò la donna con fare sospettoso indicando il medaglione che pendeva dal collo di Heather.
<< Niente, è una semplice collana. >>
<< Con incisioni elfiche? Cosa credi, che sia stupida? >> Replicò la donna anziana, e Gwen e Heather alzarono di colpo la testa, bloccandosi. << Dov’è che l’hai trovata? >> Continuò.
<< Nonna… >>
<< Pensi che non abbia visto che stanotte non c’eravate? Ho visto l’elfa fuori dietro casa. Allora, dove l’hai trovata quella collana? >>
<< Me l’ha… Me l’ha data una strega. La ho aiutata con un suo amico, lo Gnomo di Casa, che era malato, e lei deve ripagarmi. Ho deciso che in cambio voglio un incantesimo, e lei mi ha dato il medaglione per chiamarla. >> Se lo avesse detto ad alta voce a qualcun altro sarebbe sembrata pazza. Già lei si sentiva una pazza a dir quelle cose!
<< Hai conosciuto uno Gnomo di Casa? >> Domandò Yasmine Lee inarcando un sopracciglio. << Sono strani gli gnomi. Avete visto Salice? >> Domandò curiosa.
<< Si… >> rispose titubante Gwen.
<< Vi ha raccontato dell’Uomo delle Nevi? >>
<< Nonna! Sei stata ad Elvenpath? >> Urlò Heather.
<< Ma ovvio che sì. Pensavate di essere le uniche due speciali? Prima di vostro nonno io sono stata insieme ad un avvenente giovane elfo >> rise ed arrossì come una ragazzina. << A volte vado a fargli visita. >>
<< Nonna? >> Disse Heather.
<< Si? >>
<< Invece di fare trekking, possiamo tornare ad Elvenpath? >>
<< Oh, ma certo. Dopo chiamerò vostra madre e le dirò che starete qui per tutte le vacanze estive. Le potrete passare ad Elvenpath, non c’è problema. >>
Le due ragazze sorrisero compiaciute.
As I return to my room
And as sleep takes me by my hand
Madrigals from the woods
Carry me to neverland
Erano ritornate nella loro stanza con un singolo gesto di Courtney, ed avevano dormito finché la mattina non si erano svegliate. “Voglio tornare a quella terra che non esiste” disse tra sé Heather mentre camminavano per il sentiero, seguendo sempre la destra.
In this spellbound night
The world's an elvish sight
<< La notte del 21 giugno è veramente incantata >> disse Heather mentre lui la guardava. Si trovavano davanti al portale aperto, ed i due fratelli, insieme a Courtney e Duncan le guardavano sorridendo.
<< L’intero mondo è un’elfica visione, non trovi? >> disse Alejandro sorridendo e lanciando un’occhiata alla vecchia signora in piedi dietro le due giovani umane.
<< Perché noi elfi siamo i migliori >> aggiunse Courtney sporgendosi oltre la spalla dell’amico.
Per tutta risposta, Heather scosse la testa alzando gli occhi al cielo e Gwen rise.
Oltrepassarono la soglia ed il portale si chiuse alle loro spalle. Non era più notte, ora il richiamo era svanito, non era saggio lasciar aperta la porta.
Tutto il gruppo avanzò per conto suo così come Yasmine Lee.
Heather e Alejandro rimasero indietro a camminare l’una accanto all’altro, lentamente.
In this spellbound night
The world's an elvish sight
<< Resterai qui per tutta l’estate allora? >> Chiese il ragazzo.
<< Si, ti insulterò, litigheremo, ti tirerò pugni e riderò agli scherzi di tuo fratello per tutto il tempo >> rispose l’altra con un sorriso cattivo. << Non lo trovi divertente? >>
<< Divertentissimo >> rispose l’altro con un debole sorrisetto, per poi fermarsi e guardarla serio. << Heather. >
<< Si? >>
<< Conosci la storia delle anime gemelle? >>
<< Ovvio che si. Tu ci credi? >>
<< Ogni elfo ci crede. Sono stati la stessa Mielikki e Tapio a creare questa magia >> abbassò gli occhi. << Io non ho mai trovato la mia anima gemella. Sai come si capisce quando la si è trovata? >>
<< Come? >> replicò lei ridendo sotto i baffi.
<< Quando negli occhi dell’elfo si vede una strana luce, simile a piccole fiamme o ad un scintilla, allora si può dire che ha trovato l’anima gemella. Non sempre gli umani lo capiscono, dipende da persona a persona. C’è chi, come Gwen, ha capito subito che era José la sua anima gemella. Non hai visto la luce negli occhi di lui? Anche se effettivamente non so come faccia a piacerle >> lui si grattò piano la fronte e alzò gli occhi con aria pensierosa.
<< E tu hai avuto quella specie di “luce negli occhi”? >> chiese lei quasi sbuffando.
<< Si. Non appena ti ho vista. Ma ho fatto finta di niente. >>
<< …Capisco… >> disse lei sospettosa.
<< Lo sai che faccio fatica a sopportarti? >> Le disse.
<< Grazie >> rispose acidamente lei.
<< Ma vorrei tu potessi rimanere qui per sempre, non come il vecchio Nene che deve aspettare Yasmine Lee, che si è pure sposata e ha avuto dei figli e nipoti. >>
<< Mi stai chiedendo di rimanere ad Elvenpath? >> Lo guardò malamente.
<< Pensaci, vivresti una vita più lunga, qui il tempo ha una concezione diversa. Fuori possono passare tre ore e qui tre minuti oppure fuori tre mesi e qui tre giorni. >>
<< Vale anche per gli anni? >>
<< Si. Potrebbero passare tre anni e qui uno. >>
<< Quindi sarei giovane per molto più tempo… >> notò lei con un sorriso compiaciuto.
<< Si. Ci penserai? Va anche a tuo vantaggio >> disse con aria superficiale.
<< Ma come è possibile, stupido elfo? >> rispose lei acida. << Fuori si ricorderanno di me, che sono scomparsa. >>
<< Hai quel medaglione, puoi far fare a Sierra un incantesimo, uno qualunque. Puoi pensarci. Poi, non serve che resti qui proprio per sempre, poi, dopo un po’, mi stancherei di te. >>
<< Ha-ha-ha. E io di te no? >> lo fulminò lei. << Hai presente quei peregrinaggi? >>
<< Si. >>
<< Voglio visitare le terre lontane. Sei mai stato in un peregrinaggio? >>
<< No, ma volevo partire, almeno mi libero di José per qualche tempo. >>
<< Bene. >> Heather corse via, salì la collinetta e si voltò verso di lui che la guardava. << Io ci vado >> urlò, << se vuoi, elfo-rosmarino, puoi venire con me. Ti proteggerò io dai tiranni! >> lo prese in giro con un ghignò. << Stupido elfo! >> urlò voltandosi e correndo via.
  
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