Anime & Manga > Bleach
Segui la storia  |      
Autore: MIKYma    10/09/2008    3 recensioni
Rappresentazione senza mezzi termini del "dopo Aizen". Purtroppo non tutto sembra andare come dovrebbe essere... L'epilogo di Bleach raccontato da quattro uomini che ne hanno fatto la storia...smack Miky
Genere: Triste, Malinconico, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Hitsugaya Toushirou, Kurosaki Isshin, Renji Abarai
Note: What if? (E se ...) | Avvertimenti: Incompiuta
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
xxxx

LA MORTE SI SCONTA VIVENDO

Toshiro Hitsugaya memory

Toshiro Hitsugaya si svegliò e guardò il soffitto bianco dalla sua camera.

Quante volte lo aveva fissato?.

Quante volte si era svegliato con la voglia di non andare a lavorare?.

Da quanto tempo a quel sentimento se ne affiancava uno più gelido e opprimente?.

...Da quanto tempo Aizen era morto?.

Toshiro Hitsugaya si alzò dal letto con un fastidiosissimo mal di testa. Gli era solito sentirlo di prima mattina entrargli nelle viscere e fermarsi al suo cuore.

Si alzò dal letto e, portandosi una mano al petto, ripercorse mentalmente le cose avrebbe dovuto fare quel mattino. Andare alla brigata e lavorare, lavorare, lavorare!.

Non poteva fare altro, non poteva fare che quello. La sua mente doveva essere impegnata, non doveva avere momenti liberi, di lucidi pensieri.

Perché quando questo accadeva alla fine gli veniva voglia di morire.

Si portò in bagno e si sistemò i capelli bianchi candidi in modo che il suo ciuffettino non gli desse fastidio. Si guardò allo specchio e si chiese se avesse dovuto tagliare i capelli: erano più lunghi di come li teneva di solito, il ciuffetto quasi gli arrivava al naso.

Sospirò e si portò fuori dalla stanza come un corpo vuoto.

Oramai non aveva più voglia di fare nulla, stava in silenzio la maggior parte del tempo, rimuginando in se stesso e rivivendo quei momenti.

...Quando Aizen morì...

 

Uscì dalla sua stanza e si diresse verso la sua brigata, la 10°.

Quante cose erano cambiate da quei pochi mesi addietro! Tutto intorno a lui rimaneva uguale, tranne le persone e quel quieto silenzio che si diffondeva per tutta la Soul Society.

Strinse i pugni e guardò avanti, quasi giunto al suo ufficio.

"Salve Hitsugaya".

La voce profonda di Abarai Renji lo colse alla sprovvista, era la prima volta che lo vedeva dopo la sua cerimonia.

"Salve Abarai" disse con tono sorpreso, stranamente.

Il ragazzo sorrise imbarazzato. Quel lungo soprabito bianco gli veniva così scomodo da usare, eppure era il suo orgoglio...e la sua tristezza. Una casacca da portare come un peso.

"Scusi, ma non trovo Kira...sa per caso dov’è?".

Toshiro alzò gli occhi al cielo e poi fissò la caserma numero tre.

"Dove vuoi che sia, Abarai...".

Renji si passò una mano sui capelli, come imbarazzato.

"C’è qualche altro motivo per cui mi vuoi disturbare?" chiese Toshiro, non con la solita durezza, ma con una voce debole e sibillina.

Renji scosse la testa affranto.

"Nulla".

E si voltò.

Sulla sua casacca bianca c’era un numero.

6

Abarai Renji era diventato capitano della sesta compagnia dopo la morte di Kuchiki Byakuya.

Era successo esattamente il giorno della sconfitta di Aizen, ma in un altro posto, accanto alla sorella Rukia.

Era difficile da accettare, ma era proprio così.

Kuchiki Byakuya, capitano della 6° compagnia, non che ultimo discendente della casata Kuchiki era morto. Molto valorosamente, certo, ma era morto.

Toshiro gemette voltandosi verso la sua brigata, lasciandosi dietro Renji e il suo triste dolore: per aver perso un capitano, un superiore, ma anche un ottimo uomo.

Tutti avevano perso qualcuno in quella battaglia e per Toshiro Hitsugaya il capitano Kuchiki era l’ultimo della lista in quanto a dolore.

Si portò verso la sua brigata entrando e abbassando gli occhi davanti a quella teca di cristallo posta davanti al suo ufficio, davanti a tutti, che si potesse vedere ogni giorno come a ricordarla.

Ma per lui era soltanto una tortura.

Non era riuscito ancora a capacitarsi di una cosa del genere...e di come era successo! E che lei non ci fosse più!.

Entrò sbattendo la porta nel suo ufficio.

"Salve Capitano!".

Il ragazzo aprì la bocca alzando gli occhi, pronto a rispondere, ma davanti a quella ragazzina dai capelli biondi, piccolina e magrolina con la fascia da tenente, non ebbe la forza di dire una parola.

Si sedette alla sua scrivania e attese, attese che il senso di nausea svanisse.

Già, anche Rangiku Matsumoto era morta.

E il modo era proprio scemo, in stile suo d'altronde, aveva pensato il capitano.

Abbassò gli occhi sul suo ventre, ma la voce del suo nuovo tenente lo richiamò alla realtà: lo fissava triste e delusa, un ennesima volta. Da quando quella ragazzina era arrivata era diventato ancora più difficile pensare che Matsumoto non ci fosse più.

"Capitano...posso portarle qualcosa da bere?" disse con quella finta cortesia che nascondeva imbarazzo e la tristezza del rifiuto di Toshiro per lei.

Non le aveva mai parlato e non sembrava intenzionato a farlo. I primi giorni ci era rimasta molto male, ma dopo aver saputo com’era morta il suo tenente aveva cercato di cambiare, di poter sembrare anche un minimo d’aiuto per quel ragazzino trafitto dal dolore.

Lui annuì ringraziandola con il pensiero.

Oramai quella ragazzina aveva capito tutto di lui e quello gli piaceva. Aveva capito che meno la vedeva meglio era, che lasciarlo solo era la cosa migliore da fare per una persona tanto introversa come lui, che si chiudeva nel suo dolore, cercando almeno di non mostrarlo agli altri, comportandosi come sempre.

Se qualcuno avesse dovuto vedere l’anima di Toshiro Hitsugaya sarebbe impazzito. Era un groviglio di pensieri, di buio, di follia. Se solo la gente avesse saputo quante volte aveva tentato di uccidersi...ma codardo com’era non c’era mai riuscito.

Perché di vecchi capitani ne erano rimasti davvero pochi...e anche di tenenti.

A quella parola gli si strinse ancora il cuore.

Tenenti...

Matsumoto e Hinamori... come avrebbe voluto ricordarle separatamente, come avrebbe voluto che nella sua mente quei due nomi non si ritrovassero vicini.

Cominciò a sudare, la sua vista si appannò, boccheggiava anche se l’ufficio pareva così fresco.

Ancora una volta stava rivivendo quel dramma, quel ricordo che avrebbe voluto cancellare dai suoi ricordi...per sempre.

Chiuse gli occhi e attese di essere invaso dall’ira, dal pianto, dalla disperazione...non c’era nulla da fare...se non aspettare.

 

Quel giorno, un giorno indefinito, a Las Noches, si combatteva la battaglia finale.

Aizen era scappato dalla sua roccaforte, ma la forza degli shinigami lo aveva rispedito lì, a vivere gli ultimi suoi istanti di vita, prigioniero della sua stessa prigione.

Non erano rimasti in tanti, gli espada erano stati tutti battuti, tranne Grimmjow che aveva dato una mano a Ichigo per arrivare alla sala dell’Hogyoku, la gemma della distruzione, il vero motivo per cui shinigami ed Espada si erano battuti; e Ulquiorra, affidato alle amorevoli cure di Orihime Inoue.

Ma per i capitani del Gotei 13 non era ancora finito nulla, Aizen era ancora in grado di respirare e respingere i loro attacchi e questo bastava per mobilitare tutti.

C’erano delle trappole, Toshiro le ricordava bene, e ben presto, dei 10 capitani rimasti e dei 10 tenenti (Non si potevano di certo contare Hinamori che era in infermeria e Yachiru che era troppo piccola) rimasero solo Matsumoto, Toshiro e Isane Kotetsu.

Tutti gli altri erano stati fermati dalle trappole di Las Noches.

Ma non ci si doveva fermare, bisognava andare avanti e sconfiggere Aizen Sosuke.

Toshiro era giunto al suo cospetto, si vedeva che era stanco, ma ancora sul suo volto aleggiava quel sorriso vincente, di chi aveva ancora un asso nella manica.

Oh, quanto avrebbe dovuto sospettarlo...

Parlarono, Toshiro non ricordava cosa si dissero, ma sentiva ancora benissimo che i nervi stavano per saltare se solo non ci fosse stata Matsumoto a calmarlo.

Poi Toshiro non si trattenne e sfoderò la spada e il suo Bankai.

"Ancora non hai capito?" gli aveva detto Aizen mentre si avvicinava sprigionando HiorynMaru.

"Non hai ancora capito che non puoi attaccarmi?".

Sorrise.

Quel sorriso odioso che poi avrebbe tormentato le notti insonni di Toshiro in infermeria, troppo addolorato per poter dormire, troppo scioccato per chiudere gli occhi e poter sognare che tutto quello non fosse mai esistito.

La sua spada era ad un passo dal traforarlo, dal bucare quella carne malefica di demone e poterlo finalmente dire morto. Ma una lieve inquietudine lo aggrediva.

Si, perché Aizen non mostrava il minimo segno di sconfitta, anzi, continuava a sorridere.

Pensò che forse la sua spada poteva ancora salvarlo, ma Kyoka Suigetsu non era più attiva, Aizen la brandiva ancora, ma oramai non aveva più la forza per usarla.

E allora perché?! Perché non si spostava? Perché non urlava o non sembrava impaurito?!.

"Capitano Aizen!".

La voce disperata, un urlò femminile...e Toshiro capì.

Chiuse gli occhi per un istante, un gemito lo accompagnò. No, non poteva credere che...

Spalancò gli occhi nel vederla lì, davanti a lui, ancora una volta gli occhi pieni d’odio e lacrime rivolti contro di lui...come la sua spada.

No, Toshiro non poteva fermarsi proprio in quel momento, oramai il suo colpo o sarebbe andato a buon fine...o...

Già, o l’avrebbe colpita...

Ma nello stesso istante in cui il suo colpo trapassò Hinamori Momo la spada della ragazza lo colpì sul volto, all’altezza del sopracciglio.

Nulla in confronto a tutto quel sangue che sgorgava dal piccolo petto della ragazza e che pian piano ricadeva a terra, con un rumore sordo.

Toshiro rimase a fissarlo inorridito...AVEVA COLPITO HINAMORI!.

C-come era possibile?! Com’era potuto succedere?!.

"Bastardo!" urlò, ma le parole in seguito gli morirono in bocca.

Aizen gli puntava un dito sulla fronte a poca distanza. Stava recitando una formula, quella del Byakurai, del fulmine bianco.

A quella distanza di certo non l’avrebbe potuto mancare...

A quel punto Toshiro si sentì in pace: aveva ucciso la sua migliore amica, che pena migliore se non quella di morire?.

Si stava arrendendo, la sua spada già era abbassata e la sua fronte quasi si avvicinava a quell’indice brillante.

"No!" ancora la voce di una ragazza, di una donna.

Toshiro ricordava che in quel momento la voce di Matsumoto sembrava quasi dolce e non la solita stridula e fastidiosa.

In quell’istante riuscì persino a sorridere.

Addio, aveva pensato.

Ma l’addio non era poi stato il suo. Matsumoto si era messa in mezzo, spostando il suo capitano.

Ma il Byakurai non per questo si fermò, anzi, con l’allettante desiderio di ucciderne due in un colpo solo, Aizen aumentò il potere del Byakurai.

E Mtasumoto ne fu trafitta. Il colpo giunse anche a Toshiro, sul ventre, nella parte bassa, all’altezza della milza.

Ma non fu nulla in confronto a quello che era successo a Matsumoto. Appena si risvegliò da quel momento di calo di pressione e dal dolore lancinante fu spaventato dai suoi occhi.

Era riversa a terra, sulla schiena. La sua bocca semi aperta, il viso pallido e gli occhi...quegli occhi chiari che l’avevano sempre guardato con affetto...

....dio, come fare a scordarli?! Lo fissavano, lo guardavano spenti, ma accusatori.

Per colpa sua Matsumoto era stata uccisa.

Del momento seguente non ricordava molto: solo Isane Kotetsu accorrere al capezzale di Matsumoto e fargli cenno di no, che non ce l’avrebbe fatta.

Poi buio, solo l’urlo di Aizen e la sensazione di sangue sul suo volto, sul suo corpo. E ancora, ancora, anche se di Aizen non c’era più nessun suono ne certezza che fosse vivo.

Lui continuava con la sua spada a colpirlo senza sosta, incapace di fermarsi, non sentiva dolore ne stanchezza, avrebbe continuato a colpirlo, colpirlo senza fermarsi.

Non ricordava chi l’aveva fatto smettere.

L’unica cosa che ebbe modo di vedere prima di svenire per il dolore lancinante e per la fine dello sprigionamento del bankai furono il comandante generale al suo fianco e il comandante Unohana.

"Ottimo lavoro, Capitano Hitsugaya" gli aveva detto il vecchio.

Se solo fosse riuscito a muoversi gli avrebbe sputato in faccia.

Ottimo lavoro?! Aveva ucciso Aizen, si, ma cosa era successo?! Anche Hinamori e Matsumoto avevano perso la vita...

Forse intuendo questi suoi pensieri il comandante generale sospirò.

"Purtroppo non c’è guerra senza morti, Capitano Hitsugaya...l’avrebbe dovuto sapere...e lo sa".

Toshiro ricordava anche che a quel punto il capitano della prima brigata si era alzato e aveva lasciato spazio a quelle immagini: il capitano Unohana che raccoglieva le spoglie di Matsumoto e di Hinamori e con delicata leggerezza le appoggiava su un lettino.

Toshiro alzò gli occhi al cielo faticando a respirare...

...lui era vivo...

...steso a terra, sul freddo pavimento di Las Noches...l’unica differenza tra lui e quelle due donne era che lui respirava ancora.

Pianse senza riuscire a fermarsi.

 

"Capit- oh scusi...".

La nuova tenente lo svegliò dal suo ricordo e Toshiro, sudato fradicio e con il fiatone, si tirò su dallo schienale della sua sedia e rimase a fissare il volto incerto di quella ragazzina.

Avrà avuto al sua età, biondina e carina, la divisa risultava un po’ grande per lei.

Chissà se anche lei avrebbe avuto il suo stesso destino...

Scacciò quel pensiero e cercò di sorridere.

"Grazie Elise" disse prendendo il bicchiere che la ragazzina gli offriva.

Per la prima volta la tenente sorrise, forse stava cambiando qualcosa.

"Oggi, capitano...ha una riunione alla sede della prima brigata, se lo ricorda?" chiese a bassa voce, come a non voler rompere quell’incantesimo.

Toshiro appoggiò rumorosamente il bicchiere sul tavolo e, un po’ irritato, annuì.

"Si, ora vado" tagliò corto.

Corse fuori dalla stanza dimenticano di abbassare lo sguardo: si ritrovò faccia a faccia con la teca.

Si era opposto a quell’affare, non voleva minimante ricordarsi di Matsumoto.

No, non per cattiveria, ma perché se ricordava il suo tenente alla fin fine credeva che ad ucciderla fosse stato proprio lui...e non voleva pensare così, se no quella smania di dolore e pazzia l’avrebbe ripreso...un ennesima volta.

Passò oltre la teca e l’immagine di quella donna che aveva segretamente pensato essere una madre per lui.

Uscì dalla sua brigata e si diresse sotto il sole cocente alla prima caserma, anche se contro voglia.

C’era stata un’inversione di rotta negli ultimi tempi: più nessuno aveva intenzione di riunirsi, meno ci si vedeva, meglio era. Era come una difesa naturale al ricordo spinoso di tutto quello che era successo.

Arrivò lì davanti all’immenso portone...

______________________________________________________________________________________________________________

Salve a tutti.

Non sono decisamente nuova del genere drammatico, ma su Bleach la mia unica passione fino ad adesso è stata solo quella di prendere in giro Renji.

Quindi mi scuso con chi credeva di aver trovato qualcosa di simile a Go Home. Sta volta ho voluto dare il meglio di me anche in questo frangente.

Aizen è morto, ma nulla sembra felice come prima. Il titolo mi sembra più che azzeccato, e si, si tratta di una frase di Ungaretti, studiuato quest'anno a scuola...chi l'avrebbe detto che sarebbe servito a qualcosa?!.

Grazie a chiunque abbia letto ^^...al prox capitolo! fatemi sapere...

  
Leggi le 3 recensioni
Segui la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Bleach / Vai alla pagina dell'autore: MIKYma