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Autore: BlueSkied    04/08/2014    0 recensioni
Leggono Shakespeare, hanno una band che s'ispira alle correnti alternative del rock e del pop inglese tra la fine degli anni Ottanta e l'inizio dei Novanta, vivono a Londra, ma nessuno di loro è completamente inglese, sono amici da sempre anche se uno diverso dall'altro.
Alle soglie della vita adulta, i Midwinter's Nightmare devono imparare a uscire dal mondo dei sogni, e che l'amore mette in crisi, molto di più di quanto s'immagini il teatro o la musica.
Note: ideata insieme a miss lovett e a lei dedicata, è un'operazione amarcord. Spero che mi si sapranno perdonare piccole ingenuità, ma forse, a ventiquattro anni suonati, si sente il bisogno di tornare ad essere adolescenti, una volta tanto.
BlueSkied
Genere: Malinconico, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Contesto generale/vago, Scolastico
Capitoli:
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23. We hit a wall



Jerome non era mai stato un granché con i bambini, ma Sybil era diversa. Un' adulta in miniatura, e non era una metafora. La consapevolezza con cui quegli occhi, identici a quelli di suo fratello ma privi della loro implacabilità, lo studiavano, era altra cosa rispetto alla curiosità di un marmocchio.
Non sapeva come si era svolto il colloquio, ma lei non sembrava turbata, anzi. Era intenta a leggere il retro di copertina della sua copia de " La collina dei conigli ", ma di tanto in tanto alzava lo sguardo e lo fissava, schiettamente. Jaime tentava di sorriderle ogni volta che lei lo faceva, ma avrebbe potuto far parte del muro, per quanta attenzione Sybil gli prestasse. Guardava palesemente dentro di lui, e Dio solo sapeva come faceva.
- L'hai mai letto?- chiese la ragazzina, all'improvviso, indicando il libro.
Jaime scosse la testa:
- No. Per qualche motivo, l'idea di conigli che parlano e si uccidono fra di loro mi spaventava - rispose.
- Credevo fosse una storia per ragazzi un po' più grandi di te - aggiunse, schiarendosi la voce.
L'arco sottile e incolore delle sopracciglia di Sybil si incurvò in un'espressione compassionevole:
- Allora sì che ti fa paura - osservò, senza scherno. Non era caustica come Leroy, ma non faceva egualmente sconti a nessuno.
- Temo che sia vero - ammise Jaime.
- Anche quelle pappamolle delle mie compagne di classe fanno stupidi versetti, ogni volta che la maestra lo legge - riprese Sybil, dopo una pausa. Contrasse il visino in un atteggiamento schizzinoso:
- IIIH, UHHH - imitò. Roteò gli occhi e aggiunse:
- Cosa pensano, che gli animali veri si comportino come peluche? -
- Credo proprio di no - convenne Jaime, conciliante, ma lei gli inflisse un nuovo sguardo, tremendamente adulto:
- La vita è difficile - dichiarò, con la voce di qualcuno con dieci volte la sua età.
Jerome rimase a guardarla, senza sapere bene cosa replicare.
Fu di nuovo la bambina a rompere il silenzio:
- Ci sono cose che non capisco sempre - esordì - Non so perché le persone fanno una cosa invece di un'altra, e perché a volte se ne vanno, come il papà, o perché restano. Io so solo che certe volte uno è contento, altre è triste, e Roy era sempre triste- Lo fissò, ancora - Prima di diventare tuo amico -
Si alzò dallo sgabellino su cui era seduta e gli si parò davanti, con solennità:
- Lui mi ha detto che tu sei più di un suo amico, e per me questo basta. Sei qui e ci sarai anche domani. Se vuoi restare, a me va bene - annunciò.
Si strinsero la mano, il ragazzo e la bambina, legati da un patto che nessuno dei due capiva, ma di cui conoscevano i termini.


L'orario stampigliato sul biglietto diceva a chiare lettere che avevano solo dieci minuti per prendere il treno. Lei era già al binario, lui chissà dove.
Shannon scosse via dal viso un ciuffo di capelli sfuggito alla treccia, masticando ansia e timore, non incerta, ma gravata dal peso della sua decisione. Tenne lontano dalla mente l'ultima conversazione con la madre per chissà quanti mesi, sicura che avrebbe capito, col tempo.
Se però Robert non fosse stato ai patti, tutto sarebbe andato a monte, e lei avrebbe fatto la figura della scema, con in più i sentimenti in fondo al cesso. Ebbe uno spasimo involontario, rendendosi conto che cominciava a pensare come Stonehall. Tentando di ricostruire il susseguirsi degli eventi, non ci riusciva: sapeva solamente che, a un certo punto, aiutare quello stupido ragazzo era diventato un fatto cruciale.
E lui aveva chiesto il suo aiuto, alla fine, disperato e strozzato come sempre. Lei gli aveva fatto quella promessa, sciogliendosi i capelli e le chiusure del vestito.
Non l'avrebbe fatto per nessun altro, e per lui meno che per tutti gli altri, ma sentì che poteva fargli quell'estremo dono, che quello era l'attimo giusto. Poteva essere pietà, sollievo e un atto d'amore.
Si erano fidati e trovati. Ma se lui fosse mancato alla parola data, allora sarebbe stato tutto vano.
Sette minuti. La ragazza sospirò, ricacciando indietro le punture di lacrime che non potevano sfuggirle. Almeno loro potevano stare ancora ai suoi comandi, se tutto il resto non lo era più.
Cinque. Invece di cedere alla disperazione, Shannon creò attorno a sé l'abituale muro di concretezza. Un errore di valutazione. Certo, ne avrebbe sofferto, per un po', ma non avrebbe permesso a nessuno di condizionarle l'esistenza. Tutti sono utili, ma nessuno è indispensabile.
Tre. Shannon Desmond voltò le spalle al convoglio, con un solo movimento deciso, e mosse i primi passi verso casa.
Un grasso gruppo di turisti le oscurava la visuale, mentre la voce elettronica incitava i passeggeri a imboccare la loro strada.
- SHANE! -
Il grido fu come un primo, prepotente respiro. La ragazza si immobilizzò, con solo una punta d'incredulità.
Robert corse a rotta di collo verso di lei, poi l'abbracciò, come chi abbranca lo scoglio dopo il naufragio.
- Sc-scu- scusami - farfugliò, le parole rotte dal fiatone. Si sentì afferrare saldamente per la mano e condurre con fermezza verso i portelloni, lì lì per chiudersi.
- Potevi farci perdere il treno, Stonehall - lo rimproverò lei, seccamente, quando furono entrambi a bordo.
Robert non poté sostenere il suo broncio, più bello di qualsiasi sorriso. La baciò, poi si sostituì a lei nel condurla lungo i corridoi in movimento.
- Abituati, perché sarà sempre così, d'ora in poi - l'avvertì.
Shannon Desmond, nonostante tutto, rise.

Quel vestito era nuovo, un regalo di compleanno che lei non aveva mai messo, fino a quel momento. Le sue pieghe rosse svolazzavano leggere nella brezza serale, incrociandosi con i lembi scuri della giacca di Nicholas. Era una magnifica serata, di quelle che, a condizioni normali, Melissa avrebbe passato a guardare fuori dalla finestra.
Ma le condizioni non erano più normali, ammise. E questo, se Nicholas non fosse stato Nicholas, l'avrebbe riempita di terrore. Pure, era incredibilmente calma e curiosa. Non immaginava cosa Roy dovesse dirle di tanto urgente. Di certo, lei non stava più nella pelle di parlare con lui.
Nick aveva imparato quasi da subito che se lei si voleva aprire, lo faceva da sola, quindi non cercò né di stimolarla a parlare, né di distrarla. Entrambi traevano giovamento semplicemente dalla presenza l'uno dell'altra. Forse per questo sembrava tutto così miracolosamente semplice. Anche troppo, in effetti.
La figura allampanata di Roy apparve in fondo alla strada, accompagnata da un'altra altrettanto familiare, Jaime. Mel non se ne stupì più: aveva smesso di chiedersi perché quell'antipatia avesse cambiato volto così radicalmente.
Quando i due amici furono uno di fronte al'altra, per la prima volta in anni, si trovarono in imbarazzo: loro che erano stati come fratello e sorella, e forse di più, non seppero cosa dirsi. Era il punto che avevano immaginato e segretamente paventato. Il momento in cui le loro sfere si fossero separate e avrebbero cominciato a fluttuare da sole.
Nessuno dei due si aspettava che quella sensazione sarebbe stata così angosciante: in un attimo, Leroy desiderò sbrigarsi, per non dover stare lì a lungo. Era come essere due perfetti sconosciuti, ed era orribile.
Melissa si chiese perché fosse tanto importante dirgli che se ne andava. Considerò di lasciarlo lì, seduta stante, ma poi decise che era meglio fare quello che era giusto, ma in fretta.
L'indecisione e quell'estraneo timore, li spinsero a parlare nello stesso momento, sputando fuori quel sasso di terrore:
- Vado via - - Io e Jaime stiamo insieme -
Il silenzio che cadde fu così denso, che i quattro sentirono distintamente la brezza attraversare le sbarre cave del cancello  cui stavano poggiati.
La ragazza era sbiancata. Leroy, di contro, era livido:
- Cosa vorrebbe dire? - mormorò, facendo un passo in avanti, ma lei fece un secco gesto d'impazienza:
- Non ci credo - sussurrò, guardandolo orripilata - Non mi hai detto una cosa così importante? -
Lui avvampò:
- Tu, piuttosto, prendi e vai via col primo che capita! Perché non me ne hai parlato? - esclamò, incoerente per la rabbia e la confusione.
- Non osare, non osare rinfacciarmi questo! - gridò Melissa, le labbra tremanti - Come hai potuto nascondermelo? Cos'è, non ti fidavi di me? -
- Come potevo fidarmi di te, tu non capisci altro al di fuori di  te stessa!- sbraitò Leroy.
Lei ammutolì completamente, gli occhi spenti come se lui l'avesse pugnalata al cuore. L'altro, terrorizzato dalla prospettiva di quell'abbandono inaspettato, sciolse i suoi più cupi sentimenti:
- Tu e la tua fissazione per quel fottuto piano, Dio, per mesi non ci hai rivolto parola! Potevamo essere morti, per quanto ne sapevi! Stavi con me solo finché non hai trovato questo qui, troppo debole per farti una vita tua! Devi cominciare ad alzare la testa, Cristo, io sono qui, mi hai mai visto per un solo, fottutissimo istante?!-
In troppi vedevano Melissa come una creatura fragile. L'oscurità che aveva ostentato sugli abiti, si celava annidata profondamente nel suo cuore:
- Non hai mai capito un cazzo, Leroy. Non hai mai capito che avrei vissuto chilometri lontano da te, se fosse stato l'unico modo per farti essere felice. Una vita mia? è stata la tua, per anni! Cosa pensi che abbia guardato, se non te? Per cosa pensi che avrei voluto essere la migliore, se non per te? COSA CREDI CHE M'IMPORTI, A PARTE TE?- gridò, infine.
- E non mi hai detto niente, niente, anche se avevi visto che era arrivato il momento in cui non avevamo più bisogno l'uno dell'altro - aggiunse, ma lui la interruppe, crudelmente:
- Lo stesso hai fatto tu! Saresti scappata via, la sola a non sapere niente! -
Melissa s'immobilizzò ancora, incredula:
- Becca....lo sapeva? - mormorò.
- Certo che lo sapeva, idiota! - la rimbeccò lui, ma lei parve non sentirlo: dimentica di tutti, girò sui tacchi e cominciò a correre.

Rebecca, a distanza di anni, non ricordava nulla di cosa fosse successo prima: la porta della sala prove si aprì con violenza, e Mel entrò, stravolta.
- Lui mi ha detto tutto - balbettò. Lei capì al volo, ed ebbe paura, una cosa rara nella sua vita:
- Te l'avrei detto...- cominciò, ma l'altra la interruppe:
- Quando? Quanto foste stati tutti sicuri che io fossi lontana? Di che diamine avevate paura? -
Becca esitò:
- Ecco...senti, tu sei sempre così presa da te stessa, e così legata a lui. Io credevo non avresti capito - spiegò, allarmata dall'abbassarsi e alzarsi frenetico del petto dell'amica.
- Capito? Capito?! Dio, mi credete tutti così stupida, così debole? - protestò Melissa, la voce più fioca a ogni parola.
- No, no! - si affrettò a rimediare Becca - Ti devi calmare, ti prego. Pensavo...solo che non l'avresti sopportato. Volevo proteggerti -
- Tene...ndo...me...lo nas...nas...costo? Nessu...no di voi...magar...i....ha...pe...'sato...avess...i...dirit..to...di...sa...'erlo?-
Tirava il respiro sempre più stentatamente. Contrasse le dita sul petto, ma quando l'altra si avvicinò per aiutarla, la respinse:
- No...m'hai...men...ti...'o-
- Mel...- tentò ancora Rebecca, ma Melissa si alzò, raccogliendo le forze:
- Lu...qui...fuo...ri. Che...ripe...ta....davan'...a te - esalò, uscendo.
- Dove hai l'inalatore, ti ammazzerai così! - la supplicò Becca, ma non poté fare altro che seguirla in strada.
Roy l'aveva raggiunta, ma non si era accorto della gravità della situazione. Nella lite, si erano spinti in mezzo alla carreggiata, lei quasi piegata, lui furente, di spalle e quasi lontano.
Un raggio e una fiamma rossissima, nella sera calda.
Come aveva fatto a non rompersi, nell'impatto?

 
  
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