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Autore: SpreadYourWings98    05/08/2014    2 recensioni
Sarebbe sembrato un serial killer con i fiocchi, se l'immagine non fosse stata contrastata dai giovanili e morbidi tratti di Nicholas. 
Quest'ultimo pensò che la ragazza si fosse bevuta il cervello. 
Perché le parlava? Nessuno dei suoi ostaggi gli aveva mai rivolto la parola, a meno che non fosse stato costretto da lui. 
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C'è una distesa futuristica, sotto terra, nel nostro presente. Siete pronti a scoprirla?
Genere: Fantasy, Sentimentale, Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nick Jonas, Nuovo personaggio
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Insane
 
 



Capitolo 1.






— Buongiorno papà.. 
— Andiamo di fretta, pasticcino?
La mora storse il naso sentendo quel ridicolo soprannome che suo padre si ostinava a darle. 
Con una mano si aiutò ad infilare il piede nella sua converse rossa fuoco e con l'altra afferrò lo zaino stellato portandoselo sulla spalla. 
– Come ogni mattina, zuccherino. 
Rispose con un pizzico di ironia la figlia del capo della polizia e, con un bacio sulla guancia e un saluto veloce, si volatilizzò da casa Bronx.
Passò qualche secondo prima che gli occhi color cioccolato di Jason Bronx guardassero la figura di sua figlia, 
oltre la finestra, camminare a passo spedito verso la macchina.
Sospirò bevendo un sorso di caffellatte contenuto nella tazza che teneva in mano.
Sarebbe stata una giornata molto lunga in centrale e, anche se già lo sospettava,
 in realtà il capo della polizia di Los Angeles non poteva immaginare quanto.
Sbadigliò per il sonno e afferrò distintivo, portafoglio, chiavi e cellulare prima di uscire anch'esso da casa Bronx. 



Sette minuti..
Di ritardo.
La ragazza sbuffò e chiuse con forza la portiera della sua auto, un'audi R8 modello bianco perla.
 Raggiunse a grandi falcate l'ingresso principale della "Mason Arts high school" di Los Angeles, una scuola artistica. 
Se non fosse stato per il fatto che il lunedì mattina avesse avuto la professoressa di spagnolo che odiava i suoi continui ritardi, 
e che quindi le avrebbe dato qualcosa da fare litigando, e per suo padre che aspettava ogni mattina prima di uscire di casa di essere superato dalla giovane Bronx, come minimo Sonny avrebbe saltato le prime due o anche tre ore della mattinata. 
Non erano più un segreto, infatti, i vari giorni di scuola persi di cui Jason non fosse a conoscenza fino a qualche tempo prima.
Sonny aveva sempre amato i corsi di arte come musica o teatro ma gli altri corsi normali della scuola non erano proprio nella lista delle sue proprietà.
 Così, suo padre le aveva intimato di continuare a frequentare regolarmente le lezioni, 
altrimenti l'avrebbe accompagnata sull'uscio dell'istituto ogni singolo giorno fino alla fine dell'anno...che per fortuna era l'ultimo.
Sonny però, terrorizzata più dall'idea di suo padre che l'accompagnava a scuola come se fosse stata una poppante, 
nonostante avesse 18 anni, che di finire l'ultimo anno con meno assenze possibili, 
aveva convinto il padre a lasciarla in pace in cambio di una sua normale partecipazioni alle lezioni scolastiche.
Lo sguardo terrorizzato e supplicante di Sonia aveva praticamente fatto sciogliere il padre subito.



— Stupida ignorante rifiuto di insegnante, io ti distruggo.
Sonny correva fuori dalla struttura scolastica verso la macchina perlata,
poggiato sull'orecchio destro il cellulare. 
— Sonny sicura di star bene? 
Dall'altra parte della cornetta, una ragazza stava cercando si contenere l'ilarità che le aveva causato la minaccia di Sonia, 
sussurrata con rabbia appena aveva risposto, al posto del solito "Buongiorno fiorellino in un campo di merda." 
— Non va un cazzo bene, Kim. Quella stronza di spagnolo ha convinto il preside a sospendermi.
Sbottò rossa di rabbia accendendo il motore.
— Per i ritardi? 
Chiese sconcertata la bionda.
— Per quelli.
Schiacciò velocemente il pedale del l'accelerazione e, con una manovra molto esperta, uscì dal parcheggio scolastico diretta a casa.



Il vento le spostava in continuazione i capelli neri come la notte. 
Gli occhi espressivi, rigorosamente a mandorla e di una lucente tonalità di cioccolato cercavano le chiavi di casa che suo padre era solito lasciarle sotto lo zerbino. Erano dieci minuti buoni che le cercava, senza successo. 
Pensò che Jason fosse arrivato già a casa e, anche se era un fatto più unico che raro, un sorriso involontario imbellì i suoi tratti. 
— Papà!
Provò a bussare più volte ma non rispose nessuno.
La sua mano si poggiò istintivamente sulla maniglia e provò ad aprire, sicura che fosse un gesto inutile. 
La sua mano si spostò in avanti assieme alla porta che si era aperta. 
Alzò un sopracciglio scettica, da quando suo padre lasciava la porta aperta?
Entrò a sangue freddo, aspettandosi il peggio. Fece qualche passo incerto, si affacciò alla cucina e al soggiorno che erano vuoti e silenziosi come gli aveva lasciati. L'espressione dura non tradiva nessuna emozione.
Mentre il cuore le martellava nel petto e la testa le pulsava salì a due a due la scalinata che portava al piano superiore. 
Sembrava tutto silenzioso e tranquillo. Perlustrò alla buona la sua camera, quella di suo padre, il bagno e la camera degli ospiti. 
Quando si assicurò che non ci fosse alcuna presenza oltre la sua, scese in cucina a cucinarsi qualcosa.
Dopo aver mangiato afferrò il telefono e compose il numero di suo padre.
— Pronto? 
— Papá..
— Sonny stai bene? È successo qualcosa? 
La voce allarmata del padre la bloccò per qualche secondo.
— Io sto bene, ma tu papà? 
La mano libera si era appoggiata sul fianco, Sonny rimase in attesa della sua risposta.
— Ho sentito la tua voce ovattata, tutto qui...perché mi hai chiamato?
— La porta era aperta, hai dimenticato di chiuderla stamani? Non c'erano neanche le chiavi di casa sotto lo zerbino.
La ragazza era stata schietta ed era andata dritto al punto, calma come sempre. 
Passò qualche secondo immerso nel più completo silenzio, poi la giovane Bronx sentì un brusio metallico dall'altra parte della cornetta.
— Cavolo Sonny! Per la fretta...si, ho anche le chiavi.
— Okay.
Sospirò di sollievo, per lo meno non era entrato nessuno.
— Tesoro, io devo tornare al lavoro, torno per l'ora di cena se non più tardi, aspettami perché ti devo parlare.
— Va bene papà, ciao.
La voce l'aveva tradita, era tremata leggermente. Chiuse la chiamata e fissò per qualche secondo le piastrelle bianche del pavimento. 
C'era una sola ragione per cui Jason Bronx tardava da lavoro e le doveva parlare. 
Sorrise amara e cominciò a preparare qualcosa per la cena del padre, che poi avrebbe riscaldato la sera.


Sonny Bronx era indipendente, per certi versi pericolosa, aggressiva e cinica. 
Se però avevi la fortuna di conoscerla davvero potevi confermare di avere al tuo fianco una persona leale e fidata. 
Dai sani e forti principi, dal caratterino burrascoso e dolce, la ragazza dai capelli neri come la pece e dagli occhi ammalianti e luccicanti, 
aveva abitato da sempre a Los Angeles con il padre, per quanto ricordava.
La scuola era importante per alcuni versi e un vero disastro per altri. 
Non frequentava quasi nessuno, aveva una compagnia con cui usciva raramente e che la conosceva ben poco, 
gli unici punti sicuri della sua vita erano Jason Bronx, suo padre, e Kimberly Green.
Kim abitava a qualche isolato di distanza da lei, era una ragazza timida e bionda, con grandi occhi verdi smeraldo in grado di stendere chiunque. 
Si erano conosciute una sera in una biblioteca di due anni prima quando Sonny, 
che doveva riportare un libro da tempo immemore, si era recata verso l'orario di chiusura. 
La bibliotecaria le aveva detto che non avrebbe potuto prendere in prestito libri per due settimane e lei era andata in escandescenza.
La biondina, che era vicino a lei a passare a rassegna qualche romanzo in rosa, aveva sentito la mora urlare e, armandosi di coraggio e di buoni propositi, le si era avvicinata chiedendole se voleva prendere in prestito qualche libro con la sua carta. 
Sonny si era stupita della sua dolcezza e spontaneità e, dopo aver accettato ed essersi scambiate il numero di telefono, 
le due si erano cominciate a frequentare diventando in poco tempo più che inseparabili.
Lei non credeva nel concetto di migliore amica, ma di certo Sonny considerava la timida Kim molto di più.


— Bene, allora è deciso.
Jason Bronx aveva preso la decisione finale accordata con l'intero personale docente presente in quella stanza.
Lui, il capo, aveva molte responsabilità tra le quali quelle più importanti messe al primo posto.
Tra quelle quattro mura scure e pulite si trovavano il capo, il tenente e Jackson, 
specializzato in casi terroristici e uno degli investigatori migliori presenti in centrale, e amico del capo Bronx.
— Non c'è bisogno che venga anche lei capo.
Gli aveva intimato in tono rispettoso quest'ultimo riferendosi a Jason.
— Potrebbe essere un tranello per portarvi lontano dalla centrale principale, sono esperti capo. Ricordiamoci con chi abbiamo a che fare.
Un'occhiata rabbiosa rabbuiò il poliziotto e i suoi buoni propositi di far restare il capo alla base. 
— Capisco che ti preoccupi Jackson, ma ormai è deciso. Sono due anni che gli siamo alle costole e dobbiamo agire subito. Negli ultimi due giorni hanno rapinato tre banche a Boston*, il caso è mio e non mi importa che siano li, io e una squadra specializzata partiremo domani alle 5.00 con il primo volo per la città. Tu devi promettermi una cosa Jack.
Il tenente che si sentiva di troppo e che era pronto già a comunicare i nomi della scorta di Bronx si congedò con un gesto dai due e si dileguò.
— Va bene, dimmi.
Jackson aveva sospirato.
— Tieni d'occhio Sonny.
— Sicuro, lo farò.



— Ben arrivato, Capo.
Sonia aveva salutato suo padre con un cenno appena e in modo molto sarcastico.
— Ciao anche a te piccola. Vieni con me a mangiare?
— Non ho fame.
Il tono duro di Sonny fece intendere al padre che qualcosa non andasse.
— Ei piccola, qualcosa non va?
La mora si alzò dal divano di scatto, furente.
— Non chiamarmi piccola, non sono idiota papà.
— Non ho mai detto che lo sei.
Rispose perplesso lui.
— Mmm, Hollywood*, Santa Monica*, San Pedro*? In quale città ti vai a fare un bel giro questa volta? 
Chiese sarcastica la ragazza.
L'uomo lasciò trasparire un po' di insicurezza difronte all'improvvisa aggressività della figlia, probabilmente in parte giustificata.
Non poté non sentirsi un minimo in colpa, 
se c'era qualcosa che odiava di quel lavoro era sicuramente il dover lasciare la figlia da sola per giorni, se non settimane, molto spesso.
— Sonny...
Cominciò con un briciolo di autorità il castano, era pur sempre suo padre.
— Devo andare qualche giorno a Boston per delle indagini sul caso..
— Di quella banda che seguite da due anni immagino, ne parli in continuazione.
Lo aveva interrotto sarcastica la figlia.
— Parto domani mattina molto presto, ti lascio il..
Non fece in tempo a finire di parlare che Sonny, con gli occhi che le pizzicavano, corse sulla rampa di scale, 
entrò nella sua stanza sbattendone la porta e si chiuse a chiave.
— Perfetto.
Il capo della polizia sospirò massaggiandosi una tempia e andando a mangiare pensò che sua figlia si ostinava a non capire che lo faceva per la sicurezza sua e di tutte le persone vittime di quella banda spericolata. 
Rapinavano banche e persone, chiedevano ricatti, 
erano esperti tecnologici a tal punto di poter cambiare la rotta di un'aereo senza far sospettare niente a nessuno e adesso avevano puntato Boston. 
Lui, che ci stava dietro da 2 anni, si sentiva in dovere di fare qualcosa pur di uscire dagli schemi.



Sonny Bronx si era svegliata di soprassalto quella mattina, spaventata da un incubo di cui non ricordava l'essenza. 
Si dedicò qualche minuti buono a controllare il respiro e il battito cardiaco poi, 
dopo aver sbadigliato e sbuffato in contemporanea, uscì dalla camera e scese gli scalini diretta in cucina.
Controllò il telefono con la speranza di trovarci qualche messaggio ma ci trovò solo una chiamata persa da parte di Kim. 
Erano le 8.02 di mattina. 
Aveva dormito male e poco, maledisse suo padre per la sua innata insensibilità quando so trattava del suo lavoro e della sua testardaggine adolescenziale. 
Avrebbe voluto almeno salutarlo.
Così assonnata, triste e sconsolata chiamò Kimberly.
— Pronto? 
— Buongiorno mattiniera, come stai?
— Sonny sicura di star bene? Perché mi chiami alle 8 di mattina?
— Scusa tu a che ora mi hai chiamato?
Chiese la bruna disorientata.
— Ti chiamo sempre appena mi sveglio!  Lo sai..
Dopo un attimo di silenzio Kimberly le disse semplicemente:
— Sono da te tra un quarto d'ora e resterò tutto il giorno con te.
— Grazie Kim, ti voglio bene.
Sorrise riconoscente la mora, anche se la biondina non la poteva vedere si immaginò il sorriso di Sonny.
La ragazza chiuse la chiamata, poggiò il cellulare sul tavolo e si accorse che sopra un biglietto bianco una scrittura ordinata e corsiva lo marchiava.


 
Sto per uscire di casa, Sonny.
Questo è il numero di un mio amico,  
nonché poliziotto, se succede qualsiasi cosa contatta prima lui di me che si trova in città. 
Ci vediamo tra qualche giorno tesoro. Ti voglio bene.



Si rigirò il biglietto tra le mani e trovò il numero del collega, poi lo posò sul piano della cucina.
Gli occhi color cioccolato i Sonny fissarono un punto indefinito del cielo, oltre la finestra. Pioveva. Normale essendo quasi a novembre. 
Si strofinò le braccia rendendosi conto che faceva  piuttosto freddo.
Si voltò verso il salotto pensando di aver visto qualcosa e, senza accorgersene, i suoi piedi la portarono nella stanza. 
Il vento gelido arrivava dalla porta vetro lasciata aperta per metà. 
Si affrettò a chiuderla, si convinse del fatto che l'avesse lasciata aperta il padre quella mattina, 
troppo di corsa per ricordarsi di richiuderla dopo aver fatto cambiare l'aria. 
Non ebbe il tempo di pensare ad altro che il campanello suonò.
Si precipitò alla porta aprendola. Kim la stritolò in uno dei suoi abbracci mozzafiato.
— Ciao Kim. 
Rise l'amica scostandosi dalla biondina.
— Buongiorno a te, Sonia!
La fece entrare e cominciarono a parlarne di tutto. Erano un paio di giorni che non si vedevano e sembravano passati anni.
Quando Kimberly capì che Jason era partito un'altra volta sorrise all'amica e la strinse a sè.




La dimora Bronx era una graziosa villetta bianca, con due portoni –di cui una porta vetro– e 5 stanze principali, senza contare la soffitta.
L'unica presenza in casa apparteneva a Sonia, l'unica figlia di Jason Bronx. 
Una ragazza carina, di 18 anni con un caratterino indomabile. 
Ciò che colpiva di lei però erano la freddezza, l'ironia, i capelli così lisci e lucidi da sembrare finti e gli occhi color cioccolato liquido.
Erano le undici di sera, Kim aveva lasciato la casa una mezz'ora prima e la mora stava pulendo a mano le stoviglie che le due avevano usato durante la cena.
Mentre canticchiava frasi sconnesse di una canzone che le vaggiava in testa sentì un rumore sordo provenire dal piano di sopra.
Si fermò di scatto. Tolse le mani in automatico dal lavandino, le asciugò e afferrò un coltello da cucina.
Si girò molto lentamente verso la rampa di scale.
La fissò per qualche secondo titubante.
Andare o no?
Rischiare o no?
Era reale o no?
Cipolla o no?
Storse il naso per l'ultima domanda. Perchè si chiedeva certe cose nei momenti di paura?
— Bene Sonny, o la va o la spacca.
Si era detta da sola respirando profondamente. Corse sulle scale in stile rambo ed entrò nella prima camera vicina, la sua.
La finestra era aperta e il libro che era sul comodino giaceva al suolo. Si paralizzò all'istante.
Ricordava perfettamente di averla chiusa la sera precedente e di non averla aperta più.
Si sentì mancare, probabilmente stava trattenendo il fiato, e, con uno scatto meccanico e del tutto innaturale, afferrò il cellulare che aveva in tasca.
Benedetti jeans, pensò.
Fece partire l'ultima chiamata, suo padre. 
Più il cellulare squillava, più il battito della ragazza aumentava.
— Pronto?
La mora non riusciva a parlare, era paralizzata dalla testa ai piedi.
— Sonny? Ci sei? Stai bene?
Si sforzò di sciogliere il nodo che le se era formato in gola tossendo, e aveva pronunciato un verso strozzato spaventandosi del suo stesso suono.
— Sonny perchè non parli? Respira e..
— Papà io.....la finestra, il libro, la porta vetro...
— Sonny non ho capito, parla meglio..!
Le aveva intimato il capo Bronx, stando attenta a non spaventarla e a sentire cosa doveva dirgli.
— Hai lasciato la porta vetro aperta stamattina?
— No Sonny, l'ho chiusa.
— Prima, io..
La ragazza prese un profondo respiro.
— Ho sentito un rumore provenire dalla mia camera prima, dove sono adesso. 
Appena sono entrata ho visto il libro che era sul comodino per terra e la finestra che era chiusa aperta.
— Sonny sei sicura?
Adesso Jason stava cominciando a preouccuparsi.
— Si.
— Porca miseria, cazzo. Sonny mi devi ascoltare.
Il tono serio del padre fece rabbrividire la figlia che si fece piccola difronte a ciò che le avrebbe detto.
— Sonia...quello che mi stai dicendo è importante, capisci?
— Papà non mi sto inventando niente.
Per un attimo lo scetticismo del padre aveva fatto innervosire la mora facendole dimenticare la paura, che per sua sfortuna tornò più forte di prima.
— Okay, per essere sicuri che non sia stata una tua svista o dimenticanza devi prendere i tuoi documenti, li hai a portata di mano?
Lo sguardo di Sonny scivolò velocemente sul primo cassetto del comodino. 
Il silenzio regnava in quella casa mentre la mano libera di Sonia Bronx frugava nel cassetto alla ricerca dei documenti.

—  Ci sono solo quelli scaduti, il codice fiscale e la carta d'identità nuovi sono spariti. Papà, gli avevo messi qui, non posso dimenticarmelo perché l'ho fatto ieri.
Il silenzio in risposta del padre agitò la ragazza, in attesa di una qualsiasi parola.
— Tesoro stai tranquilla, adesso devi ascoltarmi e fare tutto ciò che ti dirò, okay?
La ragazza rispose con un flebile si. 
Jason Bronx era arrabbiato e agitato, la figlia lo poteva percepire.
— Ci sono ottime probabilità che io sia stato attratto a Boston per un motivo. Purtroppo sono troppo lontano e...non posso fare niente.
Capo Bronx digrignò i denti dalla frustrazione.
Sonia spalancò vistosamente gli occhi, consapevole che il capo della polizia si riferisse ad una specifica banda di terroristi. 
Cos'era lei se non un'ottimo ostaggio? Lei non era di certo stupida, e ci era arrivata ancor prima che il padre glielo dicesse.
Mi prenderanno.
— Devi ascoltarmi, Sonny! Il numero del signor Jackson ce l'hai?
La mente della ragazza volò sul davanzale della cucina, si maledì mentalmente di averlo lasciato li.
— L'ho lasciato in cucina, maledizione.
Ringhiò la mora.
— Papà comincio ad avere seriamente paura.
— Andrà tutto bene, piccola. Adesso ascoltami, devi arrivare in cucina, prendere il numero e scappare, okay?
— E se mi prendono? 
— Non ti prenderanno, nel caso mi dirai per telefono tutti i dettagli della persona o delle persone che ti circondano, okay? 
Resta il linea con me finché non arrivi dal signor Jackson, sul biglietto c'è anche l'indirizzo.
Sonny si sentì sollevata per un attimo, essere la figlia del capo della polizia di Los Angeles aveva i suoi pregi,
come saper fare una descrizione fisica approfondita e dettagliata, ma anche i suoi difetti, ovvero come apparire un ottimo ostaggio.

— Si.
Corri, Sonny.
La ragazza non se lo fece ripetere due volte e, affidandosi al suo istinto di sopravvivenza, corse fuori dalla stanza, imboccò le scale e si catapultò in cucina.
Allungò il braccio verso il bigliettino e lo mise in tasca.
— Si ce l'ho!
Si voltò per correre fuori verso la macchina ma un presenza, 
vestita di nero fino al collo e con un passamontagna nero le bloccò la strada afferrandola per i polsi.
Il telefono volò per terra e Sonny urlò dallo spavento. 
— Sonny? Che succede?!
Le urla del padre riempirono il silenzio.



La mora gli tirò una ginocchiata sulle parti basse in tempo, prima che il ladro se ne accorse. 
Quest'ultimo si accasciò a terra. La giovane di casa Bronx afferrò il passamontagna e lo strappò via. 
Si mise dietro al tavolo consapevole che avrebbe acquistato tempo e che se avrebbe urlato, il padre l'avrebbe sentita. 
Capelli rasati ai lati, lunghi sui 3-4 centimetri nella parte superiore!
Urlò come un'ossessa scattando intorno al tavolo mentre il ragazzo la seguiva in tondo cercando di prenderla.
Occhi grandi e taglio a mandorla, colore castano cioccolato! Labbra a cuore e carnose, viso allungato! 
aso di lunghezza 5 e larghezza 3 su scala! Muscolatura di tipo 6,5 in scala! Altezza media, una trentina di centimetri alla porta! 
Età stimata: 20 anni circa! Cicatrice sull'attaccatura dei...

Sonny aveva cercato di schivarlo più che poteva, ma quello sconosciuto l'aveva afferrata dai fianchi e l'aveva stretta a se tanto forte da farle mancare il fiato dalla botta sul torace.
Si dimenò per qualche secondo ma un fazzoletto imbevuto di un liquido rivoltante le era stato forzato sulla bocca e sul naso, 
facendole perdere i sensi in uno schiocco di dita.







Ehy guys!
Allora che dire, il capitolo mi è venuto completamente di getto! Sono due giorni che ci pensavo e la stesura è venuta su in un paio d'ore. Mentirei se non dicessi che la storia è stata ispirata da Hawaii Five-o, dove Nick è presente nelle puntate 8 e 22...ma sinceramente mi piace! e spero vi piaccia anche a voi! Quasi dimenticavo..Boston è una città che dista 3 ore in aereo da Los Angeles e Hollywood, Santa Monica e San Pedro sono città vicine a Los Angeles :)
Detto questo, spero mi seguite in tanti io vi aspetto!!! Bacii!
- Rea.
  
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