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Autore: diaforis    05/08/2014    5 recensioni
Allegiant ha stravolto tutti. La morte di Tris ha stravolto tutti.
E se esistesse un finale alternativo? E se Tris restasse viva anche in quest'ultima battaglia?
Genere: Drammatico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Four/Quattro (Tobias), Tris, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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La morte di Tris ha segnato una ferita profonda nella "me lettrice". Ho letto e riletto il post sul blog di Veronica, nel quale spiega le sue motivazioni; le ho apprezzate, le ho comprese, ma non le ho condivise e mentirei se dicessi che era questo il finale che mi aspettavo. Ho letto e riletto il capitolo in cui Tris esala l'ultimo respiro, ho cominciato a lasciare che le lacrime andassero quando ha chiesto il consenso della madre, come a dire "Sono stata brava?" e ho finito singhiozzando nell'immaginare Tobias spargere le sue ceneri.

Sono le 4:15 del mattino e ho scritto questo "primo capitolo" con il bagliore di una lampada accesa e le lacrime ancora agli occhi, cocciuta come una bambina nel dire: "no, io non ci sto. Voglio un finale diverso, un finale da Tris!".

Ho voluto cominciare dall'ultimo capitolo dal punto di vista di Tris. Dalle ultime righe prima di incontrare la madre. No, io non le faccio incontrare. Vorrebbe dire lasciare andare Tris, e nel mio "finale alternativo" questa non è una cosa possibile.

Spero lo apprezziate. Saranno pochi capitoli, quelli che bastano per scrivere e condividere con voi il "mio" finale.

* = sono parole copiate dal libro Allegiant, non sono mie, non mi appartengono e le ho solo ricopiate per poter riprendere la storia da questo punto.





(Tris.)



Sono a terra. Sento caldo sul collo e sotto la guancia. Rosso. Il sangue ha un colore strano. Scuro. Con la coda dell'occhio vedo David accasciato sulla sua sedia.*

E poi il buio.
* * *

Mi ritrovo improvvisamente dentro una stanza di forma rettangolare, abbastanza grande da contenere tre persone immobili, chine su qualcosa. Un lettino, forse.

Osservo da lontano e, solo dando un'altra occhiata intorno, mi rendo conto di essere nella stanza di un obitorio. Non riconosco le persone, nè tantomeno la ragazza dai lunghi capelli dorati stesa sulla lastra di acciaio, e non mi sembra giusto stare qui ad osservare il dolore silenzioso di queste persone, ma qualcosa dentro di me mi spinge ad avvicinarmi. I miei passi sono silenziosi, ai piedi ho i miei stivaletti neri da Intrepida.

Loro non mi sentono. Nella sala riecheggia uno straziante silenzio. Qui dentro si gela, sembra tutto surreale.

Mi avvicino quel tanto che basta per mettere a fuoco le spalle larghe del ragazzo, i capelli neri e corti sulle spalle della ragazza al suo fianco. Lo sguardo vitreo della terza persona, posta di fronte a loro, al di là della lastra. Scuoto la testa, come a cacciare via un brutto pensiero.

No, no. Non può essere, non può.

Loro non mi vedono. Non si accorgono della mia bocca spalancata, dei miei occhi incollati sul viso della ragazza morta. Sul mio viso.

Urlo. Urlo più forte che posso, ma dalla mia bocca non esce un singolo suono.

Con le gambe che mi tremano mi piazzo vicino Cara, proprio di fronte Tobias. Non accenna ad alzare lo sguardo dal viso della me stesa sulla lastra, mentre con una mano le sfiora la guancia bianca e fredda, intatta.

Deglutisco e cerco di capire, cerco di capire se mi trovo in una simulazione.

Tutto questo non può essere reale.

Christina si lascia sfuggire un singhiozzo e si accascia sul ventre della mia copia inerme, vestita di tutto punto con vestiti da Abnegante. Grigio su grigio.

La sua schiena sobbalza, la mano di Tobias non accenna a spostarsi; Cara fa un sospiro e, guardandoli, annuncia che è ora di andare.

Annuiscono entrambi e, senza dire una parola, fanno dietro-front e camminano sfiorandosi le spalle verso la porta di vetro, con Cara dietro di loro.

Sono sola, adesso. Sola con un'altra me. Un'altra me morta.

Urlo di nuovo, con quanto più fiato ho nei polmoni, e questa volta la sento la mia voce. Questa volta l'aria mi passa nella gola e mi sembra di riemergere, finalmente, da un'immersione durata troppo a lungo.







   
 
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