Anime & Manga > Il grande sogno di Maya
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Autore: FiammaBlu    05/08/2014    2 recensioni
Questa one shot nasce da una piccola e fugace idea che misi subito per iscritto. Ve la propongo perché mi sta particolarmente a cuore. :)
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Genere: Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altro Personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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L’incontro



La casa dove abitava era veramente grande e c’erano tanti posti interessanti. Il ragazzino, che aveva forse dieci anni, si arrampicò agile sul ciliegio e iniziò a raccogliere e mangiare le ciliege mature. Solo per un attimo fugace gli venne in mente che non avrebbe dovuto macchiare la maglietta bianca che indossava per non incorrere nelle ire di sua madre, ma quei frutti erano troppo buoni.

Scese rapido, corse alla fontana vicino al capanno degli attrezzi e si lavò, controllando che non ci fossero macchie. Sorrise contento di averla fatta franca e la sua attenzione venne immediatamente attirata da una coppia di farfalle gialle che saltavano da un fiore all’altro nel giardino di cui sua mamma si prendeva cura. Aprì il capanno, prese il retino che usavano per le carpe e lasciando la porta aperta si fiondò dove aveva visto le farfalle. Volavano placide, vicine l’una all’altra, si posarono entrambe sulla stessa grande corolla e lui calò il retino, catturandole.

- Prese! - gridò contento mentre un moto orgoglioso gli riempiva il cuore.

- Dovresti lasciarle andare - la voce giunse alle sue spalle, lui sussultò, sollevò il retino e le farfalle volarono via con suo disappunto. La bambina aveva le mani dietro la schiena e lo fissava arrabbiata.

- Le avevo prese! - si lamentò con disappunto il ragazzino.

- Facile per te grande e grosso contro due esseri piccoli e indifesi! - lo redarguì la bambina con voce stridula.

- Che colpa ne ho se sono fatto così? - la riprese tornando al capanno per rimettere il retino.

- La nonna mi ha detto che proprio perché siamo uomini dobbiamo fare attenzione a ciò che ci circonda. Tutte le cose hanno diritto di vivere - la voce della bambina fu così seria che lui si girò a guardarla uscendo dal capanno e chiudendo la porta.

- Lo sanno tutti che tua nonna è strana - borbottò lui che non voleva certo capitolare di fronte a quella ragazzina impertinente. Lei inclinò leggermente la testa, i capelli biondi lisci si raccolsero da un lato.

- Sei tu quello strano e stai diventando cattivo - lo accusò senza troppe cerimonie, fissandolo coi suoi occhi cenere.

- Non ti ho chiesto io di venire a disturbarmi - la oltrepassò dirigendosi alla scala. Sapeva che era pericolosa, ma quel pomeriggio l’aveva vista appoggiata al muro e la voleva usare per provare ad arrivare al primo piano, dove c’era il terrazzo della sua camera. La bambina lo seguì in silenzio, tenendo sempre le mani dietro la schiena.

- Perché mi segui? - le chiese senza neanche voltarsi. Sentiva i suoi piedi sui sassolini che scricchiolavano.

- Voglio vedere se vuoi fare del male a qualcun altro - rispose serafica e pensierosa.

- Non farò del male a nessuno, vattene via! - gridò lui voltandosi di scatto, ma la bambina non si lasciò intimorire. Lui sbuffò e proseguì cercando di ignorare la sua presenza fastidiosa.

- Non mi fai mai giocare con te - si lamentò la bimba portandosi un dito alle labbra. Avevano raggiunto il grande acero che faceva ombra e vide il ragazzino avvicinarsi alla scala a pioli che era appoggiata al muro della casa. Lei si sedette alla base dell’ampio tronco e lo seguì spostare con fatica la scala trascinandola vicino al terrazzo.

- Ti farai male… - predisse ridacchiando. Lui non si voltò nemmeno e la ignorò, tutto concentrato.

Era pesante, ma non si dette per vinto e lentamente riuscì a raggiungere il suo obiettivo. Si assicurò che fosse appoggiata bene e iniziò a salire. I pioli erano a distanza e non era facile, ma riuscì ad arrivare al terrazzo e per lui fu come aver scalato un’alta montagna.

Guardò giù e intorno a sé, vide il grande acero e intravide la bambina seduta sull’erba alla base del tronco con il naso all’insù. La ignorò di nuovo e riprese a scendere. Era arrivato quasi in fondo quando mise un piede in fallo e cadde a terra con un grido. Sentì un forte dolore alla spalla e al ginocchio, ma la risata cristallina di quella bambina impertinente cancellò ogni dolore e gli fece montare la rabbia. Lei scappò e lui prese a rincorrerla, la testa bassa e lo sguardo furente.

Raggiunse il porticato interno correndo sul legno lucido e lui dietro, non se la sarebbe certo fatta scappare! Passarono rapidi di fronte ad un’ampia stanza le cui pareti erano socchiuse. Dentro c’era sua madre, ne era sicuro perché l’aveva vista andare lì con una signora. I loro piedi risuonarono sul legno e le due signore smisero di parlare. Mentre girava l’angolo inseguendo quella ragazzina che rideva ancora, sentì la porta scorrere, ma sua madre non fece in tempo a vederlo.

Era quasi riuscito a prenderla quando scivolò sul legno e lei rise ancora continuando a correre. Lui si rialzò ancora più furente e riprese l’inseguimento. La bambina fece di nuovo il giro del porticato, ma questa volta sua madre lo fermò.

- Smettete immediatamente di correre! - la sua voce pacata, ma inflessibile lo raggiunse costringendoli a fermarsi di scatto proprio davanti alla stanza ora aperta, entrambi i pannelli erano stati tirati. Lui borbottò qualcosa facendo un passo verso la bambina che continuava a ridacchiare.

- Vieni, voglio farti conoscere questa signora - disse sua madre allungando una mano.

Entrò titubante lanciando un’occhiataccia alla ragazzina che rimase immobile a guardare la scena dal porticato. La signora di fronte a sua madre indossava un kimono semplice, aveva i capelli appuntati, profondi occhi scuri e un bellissimo sorriso. Lui raggiunse sua madre abbassando gli occhi, si inginocchiò accanto a lei e in quell’istante si accorse che la signora aveva una pancia enorme.

Sua madre si accorse dell’occhiata e lo prese per le spalle sorridendo.

- Hai visto? Questa signora è incinta, c’è un bambino dentro la sua pancia - lui fissò sua madre, poi spostò lo sguardo sulla pancia curioso e la signora ci passò delicatamente una mano sopra. Sia il volto che la mano di quella signora erano pieni di gentilezza e amore.

- Vuoi sentirla? - gli chiese la signora con tono gentile. Lui spalancò gli occhi e guardò sua madre che annuì lentamente.

- Forse questa signora verrà a lavorare qui dopo che sarà nato il bambino - lo informò sua madre mentre lui si alzava, la mente e gli occhi completamente rapiti da quella enorme pancia. Si avvicinò con cautela, la signora si girò sul cuscino. La pancia era veramente tonda e in fuori e lui spalancò gli occhi per lo stupore. Si fermò davanti a lei e la guardò negli occhi. Erano scuri e profondi, pieni d’amore e il suo sorriso luminoso e gentile.

Lo invitò con una mano e lui allungò la sua posandola sulla pancia prominente. Era dura, come se sotto ci fosse un’anguria e la sua bocca si aprì per la meraviglia. Sotto la sua mano sentì un tocco forte e avvertì una scossa che gliela fece ritrarre di scatto.

- Si è mossa, hai sentito? - sussurrò stupefatta la signora posando amorevolmente le mani sulla pancia. Lui si guardò il palmo con gli occhi spalancati e il cuore che batteva all’impazzata. Annuì guardando anche sua madre.

- Come si chiamerà? - domandò sua madre sorridendo della reazione di suo figlio.

- È una bambina, si chiamerà Maya - rispose la signora fissando il pancione.

- Saluta la signora Haru - lo invitò sua madre.

- Io sono Masumi, lieto di conoscerla, signora - e fece un lieve inchino, fissò per un attimo ancora la pancia della signora, poi la sua mano e quando sua madre lo congedò schizzò fuori dalla stanza per rincorrere di nuovo la bambina con il cuore che ancora batteva veloce.


   
 
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