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Autore: Encha    05/08/2014    7 recensioni
[Frazel angst: è il momento di soffrire (?)]
Hazel continuava ad osservare le palme delle proprie mani, là dove la vita del suo unico amore non aveva lasciato nient’altro che ustioni.
Non era riuscita a proteggerlo.
Poteva ancora a sentire il dolore feroce delle fiamme che si avviluppavano alle sue mani mentre stringeva con disperazione il ciocco di legno che le era stato affidato, che avrebbe dovuto custodire.

Terza classificata al contest “Bitch, please: Percy Jackson is the way!” indetto sul Forum di Efp da King_Peter e valutato dal giudice sostitutivo Maiko_chan
Genere: Angst, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Hazel Levesque, Nico di Angelo
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Titolo: Memories and Burns
Autore:  Encha
Genere: Angst; Malinconico; Sentimentale
Rating: Giallo
                                                                  
Categoria scelta: In the name of the King - Blood of Olympus.
Tema utilizzato: Ustioni
Personaggi: Hazel Levesque
 
Avvertimenti/Note: Questa è la prima fic completamente angst che scrivo, essendo io solitamente una nuvoletta rosa di fluff ambulante. Il bando del contest però mi ha fatto venire questa idea e, audacia per audacia, dopo averla scritta, ho voluto sottoporla ad un’ulteriore prova iscrivendola a questo concorso. Quindi... Basse aspettative e ortaggi da lancio già pronti! (?)
Come sempre ho altre piccole cosine da precisare che non voglio svelare adesso per non rovinare la lettura, quindi ci rivedremo nelle note. Ci tengo a ricordare che se se non mi fossi auto-convinto che la Fortuna premia gli audaci, questa storia non avrebbe mai visto la luce. Mai.
Be’... Buona lettura!
 
 
 
 


 

Memories and Burns

 




 
 

 
 
 
Hazel continuava ad osservare le palme delle proprie mani, là dove la vita del suo unico amore non aveva lasciato nient’altro che ustioni.
 
Non era riuscita a proteggerlo.
 
Poteva ancora a sentire il dolore feroce delle fiamme che si avviluppavano alle sue mani mentre stringeva con disperazione il ciocco di legno che le era stato affidato, che avrebbe dovuto custodire.
 
Sul monte Olimpo, quando ormai credevano di essere a pochi passi dalla fine dell’impresa, erano caduti in un’imboscata: un esercito di mostri era emerso all’improvviso dal ventre della terra. Il Bronzo Celeste e l’Oro Imperiale sembravano essere già lordi del sangue che avrebbero versato sotto il sole cremisi del tramonto dell’ultimo giorno.
 
“Andate avanti voi, non c’è più tempo!”  aveva urlato il figlio di Marte e si era lanciato contro i nemici.
 
Anche Hazel era rimasta indietro assieme a lui per cercare di bloccare l’avanzata dei mostri, ma erano troppi: ogni volta che uno si tramutava in polvere veniva subito sostituito da mille altri.
 
Ben presto si erano ritrovati sfiancati, feriti ed accerchiati; era stato allora che Frank aveva cominciato ad attingere energia  dalla propria vita.”Fuggi, Hazel, io... Ti amo, va’, ti prego!”
 
La semidea, sentendone il calore, aveva estratto il pezzo di legno che aveva tanto gelosamente custodito dal momento in cui il figlio di Marte gliel’aveva affidato, riponendo nelle sue mani tutto se stesso. Ma come avrebbe potuto fermare il fuoco famelico, instancabile, crudele?
 
Frank era stato un orso e aveva caricato e infranto la formazione nemica, poi un lupo che mordeva, azzannava e lacerava, ora di nuovo un umano e aveva falciava con il gladio file su file di dracene, empuse, lestrigoni e troppi altri mostri che Hazel non era riuscita a distinguere, poi ancora aveva schivato un assalto con le agili zampe di una lince ed un attimo dopo era stato un leone che ruggiva la sua furia, uno sciame di vespe micidiali, un elefante da guerra e ancora aveva spiccato il volo con le ali di un falco per trasmutarsi in uno stallone bianco appena prima di toccare il suolo.
 
L’aria attorno al semidio aveva scintillato del fuoco della vita e le ferite sul suo corpo erano avvampate e scomparse, intanto il legno, l’infame fardello impostogli dalle Parche per il suo potere, s’era assottigliato inesorabilmente.
 
Hazel aveva urlato, l’aveva implorato di fermarsi, di risparmiare la sua stessa vita, mentre l’esistenza del ragazzo che amava ardeva tra le sue mani, il suo futuro si incendiava, i sorrisi, i baci, gli attimi che non avrebbero più potuto condividere andavano in fumo. Le lacrime che le erano scivolate sul viso avevano sfrigolato all’impatto con le lingue di fuoco e per un folle momento aveva persino creduto che sarebbero bastate ad estinguerle.
 
Aveva stretto quel legno ardente e vi ci si era aggrappata come un naufrago ad un relitto nella tempesta finché tra le dita martoriate dalle fiamme non era rimasta che cenere, finché i suoi amici non erano tornati indietro a portarla via singhiozzante dalla vuota desolazione del campo di battaglia.
 
Poi il dolore era stato troppo da sopportare ed un velo di incoscienza si era steso su di lei donandole un po’ di apatica quiete.
 
Nella mente aveva solo scorci di ricordi troppo gioiosi e colorati per essere veramente suoi: lei e i suoi amici su un carro di Trionfo al Campo Giove, qualcuno che le poneva una corona d’alloro sulla testa, congratulazioni e parole di conforto che suonavano oltremodo vuote, splendide ma inconsistenti come le fiamme danzanti.
 
Aveva ripreso conoscenza solo quando si era resa conto che le avevano medicato le mani e aveva preso a strappare con i denti le fasciature così fresche con folle furia: non poteva permettere che le ustioni guarissero, non poteva permettere che svanissero gli ultimi segni della vita che le si era consumata tra le dita.
 
Leo, che in quel momento stava vegliando nella sua stanza dell’infermeria, aveva provato a fermarla, ma lei lo aveva respinto, aveva urlato e inveito contro di lui e contro il fuoco suo padre fino a mandarlo via, ferito e umiliato.
 
Un’altra lacrima scivolò sul suo volto e fu come una scheggia di ghiaccio sulla carne provata dal fuoco, ma ormai Hazel non sentiva più il dolore.
 
Aveva implorato sua fratello e suo padre di riportarlo in vita, ma tutto ciò che aveva ottenuto era stati solo sguardi di compassione - infondo, sapeva che era impossibile, ma doveva provare.
 
Allora aveva chiesto loro di mostrarle il suo spirito, certa che sarebbe stato là, ad aspettarla tra le anime degli eroi, pronto a sorriderle amabilmente come faceva sempre.
 
“Bruciato”  la voce di Plutone le rimbombava ancora nelle orecchie.
 
“Non può essere!”
 
“Cercalo tu stessa, allora”
 
L’aveva fatto, l’aveva cercato per mesi in ogni angolo dell’Averno, fino quasi ad entrare a far parte anche lei di quella schiera di anime senza meta. Allora Nico l’aveva trovata e l’aveva riportata indietro un’altra volta.
 
“Il suo spirito si è consumato assieme al suo corpo, l’ha fatto per salvare te. Vivi, glielo devi, fallo anche per conservare il suo ricordo”
 
Percorse con gli occhi le cicatrici livide e sottili che si erano formate, a distanza di mesi, sulle palme delle mani, seguendone gli intrecci elaborati. Alcune volte credeva addirittura di potervi scorgere il volto gentile di Frank, il tipico taglio degli occhi, l’increspatura lieve delle sopracciglia, la curva timida del suo sorriso.
 
Rimase a fissare le proprie mani finché anche l’ultimo raggio di sole non l’abbandonò, lasciandola sola nella vecchia miniera in disuso dove si era rifugiata da quando era stata abbastanza in forze da fuggire dal Campo Giove. Con il lutto e le ustioni che sembravano arderle anche il cuore, non sopportava la presenza di nessuno, fatta eccezione di Nico, che ogni giorno le faceva visita per portarle ciò che lui credeva necessario.
 
Provava anche a spronarla a reagire, a riprendere in mano le redini della sua vita, ma l’animo di suo fratello non era abbastanza in alto per tirare su il suo, così si limitava a supplicarla e a costringerla a mangiare un altro boccone, lavarsi di dosso un po’ di sporcizia, coprirsi meglio nelle notti più fredde.
 
Hazel non temeva il buio né la solitudine, il dolore, la fame, la sete o il freddo, non più. Le sue emozioni e le sue paure erano bruciate, alimentando un enorme incendio che la annientava, un inferno interiore che non risparmiava nulla di quello che era stata.
 
Non era riuscita a proteggere colui che amava e ora viveva in un limbo di rimpianto e cenere, in bilico tra una vita vuota e una morte dove non vi era nessuno ad aspettarla.
 
Adesso, tutto ciò che le rimaneva erano soltanto ricordi e bruciature.
 
 
 


 
 
 
 
 
Note dell’autore: Dove finiscono i Romani quando muoiono? No, non è una barzelletta, è un vero problema! Per quanto mi risulta, nei libri lo zio Rick non ha ancora specificato dove finiscono i nostri ahimè defunti semidei del Campo Giove, almeno fino al Marchio di Atena (Evitate qualunque tipo di spoiler su “La casa di Ade, vi sconprego ç_ç”). Per questo enorme dilemma, ho preferito indicare il luogo dove si sarebbe potuto trovare Frank come “Averno”, dandogli due possibili interpretazioni: il medesimo “posto” degli Inferi con un nome diverso oppure un luogo distinto e separato riservato ai Romani.
Allo stesso modo non ho idea di dove si svolgerà la battaglia finale contro le forze di Gea, ho però ipotizzato che potrebbe avere luogo sul monte Olimpo originale.
Nel caso in cui non fossi stato abbastanza chiaro (questo ricordatevi di aggiungerlo alle critiche c.c), ho pensato che, in un momento di estrema difficoltà, Frank potesse sfruttare al massimo i suoi poteri e usare “il fuoco della vita” come un’arma a doppio taglio, nel senso che, facendo bruciare il suo vitale pezzo di legno, diventa ultracazzuto molto, molto potente ^^”
Be’... Confidando nella vostra buona mira, comincio ad indossare gli indumenti adatti alla gogna.
 
Sono graditi falò sentimentali e ancor più recensioni (anche critiche >.>)!
   
 
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