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Autore: Fantastical Queen Ebony Black    10/09/2008    4 recensioni
Il bello di una porta chiusa è che può essere aperta, e Light lo sapeva. [what if per il finale, spoiler sparsi]
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Light/Raito
Note: Traduzione, What if? (E se ...) | Avvertimenti: Spoiler!
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Skeleton Key

scritta da Ebony, tradotta da Youffie e beta-letta da StAkuro


I

Quando Light aveva cinque anni il mondo gli sembrava enorme: aveva come l’impressione che si allungasse all’infinito. Forse era persino troppo enorme, perché nonostante i suoi molti e durissimi sforzi trovava sempre nuove cose da fare, e benché fosse fieramente determinato a finirle tutte, ogni tanto sentiva la speranza sfuggirgli dalle dita. C’erano troppo insetti da catturare nel parco, innumerevoli libri da leggere a scuola e un numero sconfinato di giochi con cui divertirsi, e tanti di quei sassi e tante di quelle foglie – tanto di ogni cosa! Come poteva adempiere a tutto?

“Vai piano,” gli intimava occasionalmente sua madre, seguendolo con una piccola Sayu tra le braccia. “Stai attento, potresti inciampare!”

Ma lui correva, fingendo di essersi allontanato troppo perché le proprie orecchie potessero udire la sua voce.

II

Light compì nove anni, e il mondo si era già rimpicciolito un po’ – o forse non era mai stato poi così grande ed era stata la sua percezione delle cose ad essere alterata. Non ne era certo ma non gl’importava nemmeno, perché per quanto ne sapesse, il passato non contava. Solo il presente aveva importanza, e il presente non si trovava nel vicinato suo o di qualche suo amico. Aveva letto quasi tutti i libri della biblioteca, conosceva i nomi di tutti gli insetti del parco, aveva vinto moltissimi giochi e poi se n’era stancato.

Per un certo periodo, fu come se non ci fosse più nulla di nuovo o intrigante nel suo universo rattrappito.

Poi un giorno, mentre faceva zapping (per la noia, per una soffocante, dolorosa noia) finì per caso su un telegiornale che stava mandando in onda la scena di un omicidio avvenuto nel cuore cittadino. Le luci delle auto della polizia lo abbagliarono, e l’immagine di un nastro giallo che ammoniva alla cautela si impresse nella sua mente molto di più di quanto poté fare l’uomo insanguinato che veniva caricato nell’ambulanza. Che cos’era? Era tutto così… così orribile…

“Questa sera,” gli narrò la giornalista nella sua voce terribilmente calma, “due uomini sono stati accoltellati di fronte al minimarket che potete vedere alle mie spalle. All’arrivo della polizia uno dei due era già morto, mentre l’altro è stato portato di corsa all’ospedale più vicino. Attualmente non ci sono ancora dei sospettati ma–”

La sagoma di suo padre si parò tra lui e lo schermo, e la sua mano spense rapidamente la televisione.

“Non dovresti guardare questo genere di cose, Light,” lo rimproverò, “sei ancora troppo piccolo.”

Light annuì, come sapeva avrebbe dovuto fare un buon figlio, ma pianificò tra sé di approfittare della cena di quella sera per fargli qualche domanda sul suo lavoro di poliziotto. Sentiva che sarebbe stato sbagliato negare questo nuovo mondo che sentiva gli si stesse aprendo dinnanzi.

III

All’incerta età di tredici anni, Light scoprì come il mondo potesse essere infinitamente grande eppure tremendamente piccolo allo stesso tempo.

Quell’anno suo padre aveva concluso un caso molto difficile e aveva deciso di portare la sua famiglia in vacanza in Inghilterra per l’estate, così da allontanarsene completamente. Uno dei più cari ricordi di Light di quel viaggio riguardava l’aereo, in realtà. Sayu si era addormentata con il capo chino sul suo braccio e lui non aveva fatto altro che fissare lo sguardo oltre la finestra, una mano premuta sul vetro, osservando la distesa dell’oceano che si spiegava sotto di loro.

Non era la prima volta che lo vedeva, ovviamente, ma guardare dall’alto quella perfetta coperta di azzurro glielo aveva fatto sentire molto più grande di quanto non fosse stato in grado di comprendere prima. Aveva pensato a cosa sarebbe successo se fossero precipitati giù e lui fosse annegato, e a cosa avrebbe sentito se il suo fragile corpo fosse stato sbattuto da quelle onde implacabili. L’idea lo impressionò, ma in senso positivo – in un modo che gli elettrizzò la pelle e che arricchì di un nuovo sapore ogni respiro che faceva, anche se si trattava della solita aria stantia. Provava questa sensazione solo quando leggeva dei casi di suoi padre, e incastonava lentamente eventi e fatti per ricreare il mosaico maggiore, per renderlo perfetto.

D’altro canto, era convinto di vivere in un mondo piccolo perché la conoscenza che aveva acquisito lo aveva limitato. Lui, come tutti gli esseri umani, era fatto di quello che sapeva – ricordi e pensieri e sogni e idee. Ma nel resto del mondo c’era una moltitudine di cose che non sapeva, o che non aveva ancora sperimentato! E se da un lato questo poteva essere spesso frustrante, dall’altro il suo mondo rimaneva più grande di quello delle persone che lo circondavano, e aveva già imparato che il bello di una porta chiusa è che può essere aperta.

Tuttavia, non importava quante porte aprisse – una volta sull’uscio si ritrovava sempre pronto e invogliato ad inseguirne un’altra. Trovava un po’ ingiusto, però, che non avrebbe avuto il tempo di aprirle tutte, dato che l’unico essere con quel privilegio era Dio.

IV

Aveva appena diciassette anni quando gli fu offerta una chiave per il mondo. In un primo momento Light aveva pensato di rifiutarla, ma poi ricordò severamente a se stesso che un’opportunità non va mai sprecata e così tutto ebbe inizio. Con il quaderno di un Dio della Morte tra le mani, gli si profilarono possibilità interamente nuove. Il mondo mastodontico che aveva cercato di afferrare per tutta la sua breve vita si era fatto improvvisamente piccolo, quasi da diventare alla sua portata. Era incredibile e lo spaventava quanto il materiale dei suoi sogni si stesse tramutando in realtà tangibile di fronte ai suoi occhi.

“Sono impazzito,” gli veniva da credere qualche volta, osservando con la coda dell’occhio Ryuk che sgranocchiava una mela. “Non può essere vero, devo essere impazzito!”

E invece no, era tutto vero, ed era tutto suo. Aveva la possibilità di impossessarsi del mondo. Di renderlo perfetto.

Come poteva anche solo pensare di gettarla via?

V

Light aveva vissuto ormai per più di un quarto di secolo, ed era il Dio di un mondo luminoso perfettamente equilibrato sul palmo della sua mano. Misa faceva finta di non vedere come stessero le cose, certo. Per cena comprò un vino di alta qualità (non avevano il tempo di uscire a mangiare qualcosa nemmeno il giorno del compleanno di Light), e gli regalò qualche camicia nuova e la cioccolata che amava di più. Anche se aveva preparato con cura l’incarto, fu comunque lei ad aprirli tutti per lui, e gli spense addirittura le candele che aveva insistito per sistemare sulla torta. Light provò ad essere un po’ emozionato almeno per lei, ma stavolta non riusciva proprio a concentrarsi su nulla.

Era qui, proprio di fronte a lui. Il tasso del crimine era talmente basso da essere praticamente nullo, e i governi di molti paesi si erano piegati al suo dominio. Nessuno poteva negare la sua esistenza o quello di cui era capace – aveva sconfitto L e l’aveva persino fatta franca! Per quel che ne sapeva, aveva vinto, e aveva agguantato il mondo perfetto per cui si era dannato per anni.

Per questo non poteva non vergognarsi del fatto che se ne stesse già annoiando.
   
 
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