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Autore: Fenicella    05/08/2014    1 recensioni
Va bene, prendi due figure geometriche a caso. Per incastrarsi, non possono essere regolari. Devono avere dei vuoti, degli angoli convessi da riempire. E quando arriva qualcuno con gli angoli giusti, si incastrano. E alle volte é difficile staccarli. Era così con lui, per me. Era giusto per me, perché le sue mancanze erano colmate dalle mie qualità, come le mie dalle sue.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Giusto

Alle mie amiche, perché anche se non lo sanno, io credo sul serio a tutti quei sogni che facciamo assieme. E non credo ci sia nulla di male.

Entro nell'enorme stanza, addobbata a festa per l'occasione. Guardo i festoni, e i loro colori sgargianti che diventano fosforescenti sotto le luci dei riflettori. Penso a questo momento, e anche se mi sembra strano, cerco con tutte le mie forze di imprimerlo nella mia mente, perché non ne esisterà mai più uno di simile. Poi, mi giro a sinistra, e vedo loro. Le mie amiche. C'è quella con i capelli rossi e il piercing al labbro, che si atteggia a trasgressiva ma in realtà é la più dolce di tutte. Poi c'è quella bionda, che non lo sa ma é la più bella, ed é l'unica che mi accoglie sempre tra le sue braccia magre quando piango. Ancheggia piano vicino a lei quella più bassa, con i capelli corti e corvini, e gli occhi così azzurri che ci si specchia dentro. Anche il suo ragazzo li ama, e me l'ha confidato, un giorno, mentre parlavamo di lei. Siamo tutte e quattro vestite da festa, con i gioielli e il trucco che loro mi hanno costretta a mettere, perché altrimenti io sarei uscita di casa in pantaloni e maglietta, con una coda e niente di speciale che comunicasse la mia intenzione di andare ad una festa. Do una veloce occhiata allo specchio in fondo alla sala, e al nostro gruppo che entra. Sembriamo quasi quelle studentesse che si vedono nei film americani, piene di complessi adolescenziali, e numeri di ragazzi nel cellulare, e voglia di ubriacarsi, e vita digitale e così tante critiche da parte degli adulti. E tutto questo é proprio ciò che siamo. Sappiamo di lavanda, perché una di noi ha spruzzato un'intera boccetta di profumo nella sua camera, mentre ci vestivamo. E io ho riso, e poi abbiamo starnutito, perché quell'odore era davvero forte. In poco tempo ci separiamo, e c'è chi va al banco delle bevande allestito sul fondo della stanza, perché "ho la gola secca" dice, anche se prima di uscire abbiamo preso quattro succhi di frutta. C'è chi si ferma sulla pista e balla con dei ragazzi. Chi esce a fumare, perché è nervosa dato che il suo ex é nella stessa stanza, e preferisce calmarsi. E poi ci sono io, quella che potete sempre vedere ad una festa. Sono quella che fa da tappezzeria, perché non ci sono abituata, a stare in un unico luogo in mezzo a tanta gente, e amo il silenzio, non questa musica assordante. Però amo anche le band rock, e non so perché, dato che non andrei mai ad uno dei loro concerti. Ma la prima canzone che ho imparato a memoria é stata "I don't wanna miss a thing", e quegli uomini pieni di tatuaggi che la cantavano non so neanche come si facciano chiamare, ma ricordo che a cinque anni mi piaceva da morire quella musica. Quella ragazza che adesso é fuori a fumare, dice che non riesce a capire perché io non sviluppi certi amori, dato che per lei la musica di quel gruppo rock é in assoluto la migliore. Ne parla sempre, ma non riesco proprio a ricordarmi il loro nome. Prendo la felpa che mi sono portata per non mettere i miei oggetti in una borsa, perché l'avrei sicuramente persa e non avevo voglia di recitare la parte della brava ragazza che con la sua borsa perfetta se ne sta seduta nell'angolo della sala. Estraggo dalla tasca anteriore il cellulare, controllo gli ultimi messaggi e alcune foto. Poi, penso. E odio farlo, perché vengo accolta in questa enorme spirale dalla quale non si può uscire, e vedo tutto sfocato. Persino i rumori si attutiscono, e anche se stanno mettendo la musica di quella band che piace alla mia amica non ho la forza di andare fuori a chiamarla. Sono circondata da facce nere, da corpi che si muovono senza un motivo, perché sto rivivendo tutto quello che ricordo di lui. Ed é strano, perché é come quando non ascolti gli adulti, e fai qualcosa di stupido come ubriacarti o trasgredire qualche regola in generale. All'inizio, ci si sente incredibilmente bene. Ma poi, si diventa consapevoli che le conseguenze derivanti dall'azione commessa verranno a galla, ed é come con l'anestesia. Arriva tutto d'un tratto, il dolore, e non puoi chiedergli di fermarsi, perché non ti sente. Lui non é uno che ascolta, o uno che ha pietà. L'unica cosa che puoi fare é aspettare che passi. Gliel'ho insegnato io, quando mi diceva che andavo a sbattere la testa sul muro troppe volte. Non in senso letterale, ovviamente. Ha sempre detto che ero una ostinata, io, proprio come il dolore. Ma lui...lui era così giusto. Non era perfetto, e proprio per questo si adattava a me. Non é importante quanto sei gentile, o buono, o quanto sei bello, in una relazione. L'importante é quanto sei giusto per l'altro. Quanto i vostri corpi si possono adattare, come le tessere di un puzzle, quanto vi potete perdonare. Il nostro problema era proprio questo: non sapevamo essere indulgenti con l'altro, capire i suoi sbagli. Io gli ho sempre rinfacciato di non essersi presentato, quel giorno. Il giorno in cui tutto mi era crollato addosso, anche se sarebbe successo di nuovo più volte, e io l'avevo cercato. Avevo chiamato tutti, in realtà, quel giorno.  Ma neanche la mia amica che mi accoglie sempre tra le sue braccia magre mi aveva risposto. Avevo capito che era una questione da affrontare da sola, una di quelle battaglie in cui sei il comandante di te stesso. Però lui non ero mai riuscita a perdonarlo per non aver replicato alla mia chiamata. Forse, se l'avessi fatto, ora saremmo vicini. Ma no, non avrebbe impedito niente. Ci sarebbe stata lo stesso, quella litigata in macchina, dopo le discussioni al telefono. E poi il suo maledetto schiaffo. Lo aveva fatto piano, perché era esasperato. "Non puoi continuare così" mi diceva "te l'avrò ripetuto un milione di volte che devi essere più forte" e io avevo roteato gli occhi e "Non so neanche perché sto qui a sentirti" gli avevo gridato addosso. A quel punto, la sua mano era piovuta sulla mia guancia, e io avevo pianto. Aveva accostato, e ci eravamo guardati negli occhi per venti minuti esatti. Dopodiché, avevo aperto la portiera del passeggero ed ero uscita. Lui mi aveva guardata, e non aveva messo in moto la macchina finché non avevo svoltato l'angolo, e il rombo del motore mi era risultato così lontano. Pochi giorni dopo, mi aveva scritto un messaggio "E questo é tutto ciò che non ti ho detto" e mi aveva inviato un link di una canzone romantica di uno dei suoi gruppi rock preferiti. Avevo ascoltato quella musica, e avevo pensato al fatto che mi piace di più il silenzio, dei bassi assordanti di questa festa. Gli avevo risposto "Io non so nemmeno chi sono" e solo dopo poco aveva replicato "Siamo in due" ma io non lo so perché avevo troncato "Allora dovremmo prima trovare noi stessi". Da quel momento, non l'avevo più sentito. E quella conversazione stava ancora lì, nel fondo della mia lista dei messaggi, assieme agli scherzi che ci eravamo fatti, agli appuntamenti che ci eravamo dati. E io non so che fare, perché lui continua a non rispondere. Come ha fatto quando l'ho chiamato quel giorno, sembra non sentirmi. Io cerco di non pensarci, ma il dolore arriva. 
D'un tratto, la mia amica che era andata a fumare rientra, forse perché ha finito il pacchetto, e mi si siede vicino. "Tutta sola ancora?" Chiede "Pensavi di trovarmi in pista" lei sorride, e scuote la testa. 
"Pensi ancora a lui, vero?"
"Si" rispondo meccanica, mentre mi accoccolo vicina a lei, che continua "A cosa pensi, di preciso?"è sempre stata così indagatrice. Non le si può  nascondere niente "Penso a com'era maledettamente giusto per me" le dico, mentre replica"Giusto per te?" Con un'espressione un po' confusa. "Hai presente quando devi incastrare due tessere di un puzzle? Va bene, forse il puzzle é un po' romantico, pensa alle metà delle mele"
Lei sorride "Ma così é troppo filosofico. Ci mancano lo jin e lo jang" faccio roteare gli occhi, come ho fatto con lui in macchina, e rido "Va bene, prendi due figure geometriche a caso. Per incastrarsi, non possono essere regolari. Devono avere dei vuoti, degli angoli convessi da riempire. E quando arriva qualcuno con gli angoli giusti, si incastrano. E alle volte é difficile staccarli. Era così con lui, per me. Era giusto per me, perché le sue mancanze erano colmate dalle mie qualità, come le mie dalle sue". Lei mi guarda come si guarda un bambino bellissimo, che ha appena detto quanto bello é il cielo blu. Poi, mi da un bacio sulla guancia e mi porge delle patatine. Esce col cellulare in mano, senza aggiungere parola. 

E' passato molto tempo, e la festa é quasi finita. Canzoni del momento si sono alternate a classici della musica di tutti i generi, compresi i gruppi punk che lui aveva nella sua macchina. Le mie amiche non so più dove siano. Ho pianto tra le braccia magre di quella bionda, perché era inevitabile. E fa bene avere sempre qualcuno come lei. Ho parlato di cose che amo con quella mora, e ho riso, incredibilmente. Ma adesso, sono sola. E aspetto. D'un tratto un ultima persona entra dalle porte della sala grande addobbata a festa. Con i suoi capelli di quel castano chiaro, scompigliati, che ho sempre odiato. Con le sue mani callose e i suoi muscoli troppo perfetti. Ha gli skinny jeans neri, e le scarpe da ginnastica bucate. La linea delle labbra rosa diritta, mentre incontra i miei occhi. Non ho più lacrime per piangere, perché é come se le avessi già sprecate tutte. E sono troppo felice per farlo. Mi porge la mano "Ciao" mi dice, semplicemente. Io mi alzo, e lo abbraccio. Lui mi parla sull'orecchio "L'unico modo per capire chi siamo é stare insieme" é la risposta all'ultimo messaggio. Iniziamo a ballare, come fanno le coppie innamorate, stando attaccati e ondeggiando, e lui continua a parlare tra i miei capelli "Lo so che questa canzone ti piace". Mi accorgo che é appena iniziata "I don't wanna miss a thing" e non riesco ancora a ricordare il nome del gruppo che la canta. Ma me la ricordo a memoria tutta, e non posso fare a meno di annuire, sul suo petto. Probabilmente siamo l'unica coppia che balla, e le uniche persone che fanno il ballo della mattonella (si chiama così il lento) su questa musica. Lui continua sussurrandomi "Cantamela, all'orecchio" dice, e io mi alzo sulle punte, mentre lui si abbassa perché io lo possa raggiungere. La canto tutta, piano, ma stando attenta ad azzeccare più note possibili. E appena finisce, lui ride, e mi stringe di più. E stiamo attaccati, con gli stessi skinny jeans neri, e la stessa maglietta che lui ha comprato ad un concerto pensando a noi due, e al fatto che io non avevo voluto andarci. E mentre respiriamo, coi petti attaccati, ascolto l'anidride carbonica che viene trasformata in ossigeno dai suoi polmoni, così come il suo cuore che batte distribuendo sangue al suo corpo. Sento i suoi pensieri scorrere dal suo cervello verso la sua anima. E in questo momento, mentre scivoliamo l'uno vicino all'altra, realizzo che anche io sono giusta per lui. 


Ciao a tutte!!

Alloooora: io non so che dire. C'è una dedica all'inizio, e credo si commenti da sola. Non ho voluto scrivere nomi, in questa storia, e infatti non li ho messi neanche lì, perché mi andava di non rinchiudere la storia in qualcosa di preciso e definito, ma rimanendo "sulle nuvole". Infatti, ho inserito poche descrizioni, almeno per i miei standard! A chi conosce la canzone, dico che in realtà so il nome del gruppo, ma anche se sembra un po' morboso é sul serio la prima canzone che ho imparato. A chi non la conosce consiglio di andarla ad ascoltare, ovviamente! Spero tanto che vi sia piaciuta la storia perché...ne avevo bisogno. Veramente tanto. Se vi va lasciatemi una recensione, vi prego! Non voglio propinarvi i soliti cliché, perciò dirò solo...per favore! A prestissimo! Fenix
  
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