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Autore: Hermione Weasley    06/08/2014    10 recensioni
Mi hanno sparato, pensò incredula, portandosi una mano alla spalla. Il dolore la investì nel momento esatto in cui si accorgeva di avere una freccia conficcata nella carne. Dischiuse le labbra in un'espressione di muto orrore, facendo saettare lo sguardo verso l'alto, ai tetti che incombevano sulla strada.
Un lampo improvviso disegnò nel cielo nero la sagoma di un uomo.
[Clint x Natasha] [Slow Building] [Completa]
Genere: Angst, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Agente Phil Coulson, Altri, Clint Barton/Occhio di Falco, Natasha Romanoff/Vedova Nera, Nick Fury
Note: Movieverse | Avvertimenti: Tematiche delicate, Violenza
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There's a room where the light won't find you
Holding hands while the walls come tumbling down
When they do, I'll be right behind you

(Tears for Fears – Everybody Wants to Rule the World)

 

Furono sufficienti tre giorni per capovolgere il mondo che aveva imparato a conoscere.

Tre giorni in cui tutto ciò che poteva andare storto, decise di farlo, prendendo un'inaspettata, inevitabile piega per il peggio.

Settantadue ore che l'avevano costretta a sbattere le palpebre, stropicciarsi gli occhi e assestarli su una nuova, inedita prospettiva.

Credeva fermamente che la verità non fosse mai allo stesso tempo la stessa cosa per tutti e, se sapeva che non era il modo migliore in cui vivere, era sicura fosse quello più efficace per non morire. L'errore fatale era stato dare per scontato che fosse lei la manipolatrice, lei la burattinaia che gestiva ogni sfaccettatura, che decideva quale aspetto mostrare a chi e quando, come e perché. L'inganno stava nella fiducia che, bene o male, aveva voluto riporre nello SHIELD: se era stata scettica quando Fury le aveva concesso quella seconda possibilità di redenzione, si era vista costretta a rendersi conto che aveva voluto crederci... troppo. Quasi ciecamente.

Nessuno avrebbe potuto assicurarle al cento per cento, al di là di ogni ragionevole dubbio, che lo SHIELD si sarebbe attenuto alle condizioni pattuite. Eppure, con il tempo e inconsapevolmente, si era fidata. L'organizzazione era diventata tutta la famiglia che aveva, una famiglia con la quale non aveva che sporadici contatti e relazioni degne di nota che avrebbe potuto contare sulle dita di una mano, ma pur sempre una famiglia.

Si era ripromessa che non avrebbe mai più mentito senza cognizione di causa, mai più bugie ad occhi chiusi, recepite dall'alto ed eseguite con incredibile maestria, senza neppure un briciolo di consapevolezza.

Ma l'aveva fatto. Quante delle missioni che aveva portato a termine con successo erano state pilotate dall'HYDRA? Quante persone aveva ucciso, catturato, rivelato, sulla scorta di onorevoli pretesti che non erano altro che illusioni travestite? (Non è colpa mia, continuava a ricordarsi fermamente, non è colpa mia. Ma scagionare se stessa era sempre tanto più difficile che farlo con gli altri.)

Aveva giurato che il passato non si sarebbe ripetuto, che avrebbe rifatto tutto daccapo, che l'avrebbe fatto bene, seguendo le regole. Tra tutti gli ostacoli che aveva incontrato sulla propria strada, quello era decisamente il peggiore, l'unico davvero insormontabile: correggere la traiettoria in corsa, stavolta, non sarebbe servito a niente.

Non era più soltanto un problema di chi le avrebbe offerto un lavoro quando le cose si sarebbero sistemate: quelle settantadue ore si erano portate dietro episodi che, un colpo ben assestato alla volta, avevano smantellato l'intero edificio delle sue più solide convinzioni.

Il direttore Fury che, nelle sue brusche e impostate manifestazioni d'affetto, in quegli ultimi quindici anni, era stato come un padre per lei, aveva orchestrato la sua dipartita, mettendone al corrente solo pochi, selezionati individui. Che succede quando alla resa dei conti ti ritrovi inevitabilmente fuori dal cerchio in cui eri convinta di essere? Aveva pianto sul suo cadavere, aveva preso la sua morte come un affronto personale (Non farmi questo, Nick, non farmi questo) per poi scoprire che la realtà dei fatti, sebbene meno tragica, aveva un sapore molto più amaro. Fury aveva semplicemente deciso di non potersi fidare di lei: magari l'aveva creduta inaffidabile, o forse una dei primi agenti candidati alla diserzione in favore della neo-manifestata HYDRA. Sapeva che il direttore le voleva – a suo modo – bene, gliel'aveva letto nello sguardo che le aveva rivolto alla base di fortuna che riuniva tutti i suoi superstiti fedelissimi, e poi più tardi, quando l'aveva aiutata a riprendersi e fuggire dall'ufficio di Pierce... quella e altre cento volte prima di quei tre giorni infernali. Era perfettamente consapevole del fatto che era stata una semplice questione di priorità: ferire i sentimenti di uno per assicurare l'incolumità di molti. Il ragionamento risuonava lucido e razionale nella sua testa, ma pungeva gelido e carico di delusione da qualche parte all'altezza del suo petto. E non era forse vero che, al suo posto, avrebbe preso la stessa identica decisione?

Aveva dovuto scendere a patti con la consapevolezza che l'unica via d'uscita da tutto quel caos era rendere pubblici i segreti dell'HYDRA, quelli dello SHIELD e dunque i suoi. Era pronta perché il mondo la vedesse com'era realmente? Una bambina plagiata, cresciuta per diventare un'adolescente letale, una ragazzina che si era macchiata le mani di infiniti delitti. Un'assassina. Un mostro.

No, che non era pronta: quelli erano state informazioni condivise col contagocce, con persone selezionate, nel corso di anni... più di un decennio, ormai. Il rosso straripante del suo fascicolo era diventato affare pubblico, tutti i suoi peccati messi in bella mostra per dieci, cento, mille, milioni di paia d'occhi giudicanti. Sarebbe bastata una linea Internet funzionante per accedere al suo curriculum completo, per vederla com'era realmente... così come temeva di essere.

In una sorta di paradossale ironia, persino i fantasmi della sua infanzia avevano deciso di scendere in scena: dopo quattro anni dagli eventi di Odessa, si era ritrovata a dover fronteggiare di nuovo il Soldato d'Inverno. Stavolta non c'erano stati cavilli di sorta a metterla al sicuro dalla sua furia, ma nonostante fosse stata un suo obbiettivo a tutti gli effetti, era riuscita a sfuggirgli, a neutralizzare – se non a sconfiggere – la sua offensiva.

Con Steve fuoriuso, il direttore ufficialmente morto e la Hill impegnata, era stata costretta a spiegare davanti ad una commissione di dannati burocrati incompetenti perché e per come l'organizzazione che avrebbe dovuto garantire la sicurezza del mondo intero si era sfaldata su se stessa come neve al sole, quando la serpe che portava in seno era finalmente uscita allo scoperto.

In tutto quel caos, però, c'era una sensazione che aleggiava su tutte le altre, che si imponeva sulla paura per l'incertezza del futuro, sulla rabbia per il tradimento subito, sulla confusione che aveva improvvisamente stabilito il proprio il dominio nella sua vita.

Natasha si sentiva libera.

Per la prima volta da quando la Red Room prima, lo SHIELD poi, l'avevano accolta tra le proprie file, tutti i suoi alias, tutte le sue coperture, tutte quelle identità che aveva via via assunto per meglio recitare le commedie da loro impartitele, erano sparite. In quel preciso momento della sua vita, Natasha era solo Natasha.

In fin dei conti, non aveva senso preoccuparsi della reazione del mondo alla rivelazione del suo passato: positiva o negativa che fosse (e le avvisaglie le suggerivano che non ci sarebbero state molte parole buone spese sul suo conto o su quello di chi l'aveva arruolata), non poteva controllarla. In nessun modo.

Scoprire di avere la forza – la voglia – anche in faccia al tradimento, di sacrificarsi per quello in cui aveva nonostante tutto creduto giusto, le aveva dato una forza nuova. Aveva permesso che la sua storia venisse raccontata perché i piani di Pierce si arrestassero, si era messa consapevolmente in pericolo affinché Fury completasse l'opera. La sua identità, tanto dolorosamente conquistata, non aveva vacillato sotto le scosse di quel terremoto che ne aveva messo in pericolo la stabilità: mentre tutto il resto crollava, si era riscoperta immobile. C'erano tante cose di se stessa che non le piacevano, tante abitudini che continuavano a minacciare di tenerla lontana da una vita vera, significativa, che avevano rimesso in dubbio alcune delle sue più fondate convinzioni, lasciando che si sgretolassero alla luce del sole. Eppure, irrazionalmente, si sentiva forte come mai prima d'allora.

Non l'aveva fatto per lo SHIELD e neanche per Fury: l'aveva fatto per se stessa. L'aveva fatto per onorare la scelta di quella ragazzina dell'accademia SHIELD che aveva semplicemente deciso di aspettare... e vedere come sarebbe andata. Natasha non sarebbe scomparsa insieme all'organizzazione che l'aveva accolta: le sarebbe sopravvissuta, come faceva sempre e no, stavolta non si sarebbe annullata per ricominciare da zero.

Contro ogni pronostico e a dispetto delle frivole conversazioni che avevano intrattenuto, Natasha era persino riuscita a farsi un amico: in un certo senso, quel campione della Seconda Guerra Mondiale, ligio al dovere, onesto fino allo stremo, le ricordava se stessa in quei primi giorni negli Stati Uniti. Trapiantata in un nuovo mondo di cui aveva imparato le regole, ma non come metterle in pratica, staccata, in realtà, da tutto e da tutti, rifiutando strenuamente qualsiasi contatto che fosse andato al di là delle solite parole di circostanza. Magari era vero che Steve non era tagliato per quel lavoro. In fin dei conti, forse, neanche lei lo era.

Si era resa conto che ciò che aveva importanza, in quel preciso momento, non era di chi si fidasse, ma di chi fosse stato tanto folle – ma lucido – da fidarsi di lei. Ammesso e non concesso che Capitan America avesse mai avuto bisogno di essere salvato dalla Vedova Nera, Steve avrebbe rimesso la propria vita nelle sue mani. Qualcosa che neanche quel pilastro della sua esistenza che era stato Fury, alla fine, si era rivelato disposto a fare.

Non le importava più in quanti e quali cerchie ristrette si trovasse: l'unica cosa che le interessava, adesso, era costruirsene una propria.

Il primo passo era recuperarne una parte essenziale.

 

*

 

“Occupato!” Fece eco al ripetuto bussare alla porta del bagno del treno.

“Che cazzo stai facendo là dentro, amico? Cos'è questo rumore?”

Clint inorridì all'improvvisa ostilità, lanciando un'occhiata allo smartphone appoggiato sul porta-salviette, che continuava a trasmettere notiziari non-stop da tutto il mondo.

“Mi tengo aggiornato, amico,” gli restituì l'appellativo.

“Qui c'è gente che ha bisogno di usare il bagno!”

“Non esiste solo questo bagno.”

“Vaffanculo.”

“E' stato un piacere!”

Rimase in ascolto finché i passi in allontanamento non gli assicurarono che lo sconosciuto – chiunque fosse – se n'era andato. Tornò ad occuparsi dell'operazione in corso, radersi, tenendo sempre sott'occhio il telefono in caso di novità.

Le immagini, le clip, le interviste, le dichiarazioni dei diretti interessati e i pareri degli opinionisti si sprecavano: gli eventi di Washington avevano avuto ripercussioni a livello internazionale. Durante la sua rocambolesca fuga dalle grinfie degli agenti SHIELD – che poi tanto SHIELD non erano – durante la sua ultima missione, conclusasi piuttosto bruscamente, aveva visto il volto di Natasha ripetuto su tutti gli schermi dell'aeroporto di Shanghai. Dopo il primo momento di shock, aveva immediatamente intuito che c'era qualcosa che non andava, ma non era riuscito a dare un senso a ciò che era successo finché notizie più chiare non l'avevano raggiunto dagli Stati Uniti.

Era rimasto ad osservare, impotente e pallido, mentre l'annunciatrice del telegiornale lo informava che il direttore Nicholas J. Fury era morto. Che lo SHIELD era stato infiltrato da un'organizzazione che Clint avrebbe definito – nel migliore dei casi – vintage, che era successivamente caduta sotto il peso della rivelazione. Che tutti i segreti di quelli che erano stati i loro agenti, non importava a chi fossero stati fedeli, si erano fatti strada in rete... inclusi i suoi.

E poi aveva visto Natasha... viva, impegnata ad affrontare una folla di giornalisti, fotografi e – quel che era peggio – rappresentanti del governo e dell'esercito. Se doveva essere sincero, la prima volta non aveva capito granché di quello che le venne chiesto, o di cosa la donna avesse risposto. Si era limitato ad osservarla, alla ricerca del benché minimo segno che gli potesse rivelare come stava. Come stava davvero. La vista della sottilissima collana che portava ancora al collo, poi, che probabilmente lui solo aveva notato, non aveva fatto altro che deviare i suoi pensieri altrove.

I servizi e gli speciali si erano moltiplicati nel tempo durante tutto l'accidentato tragitto che l'aveva portato fuori dalla Cina prima, in Arabia Saudita poi. Ne aveva sentito parlare talmente tanto assiduamente e insistentemente, in così tante lingue diverse, che era stato infine costretto a farsene una ragione. Quando, sul punto di imbarcarsi su un aereo che l'avrebbe portato in Marocco, era incappato in un programma di moda che si riprometteva di giudicare il look di Natasha all'udienza, aveva deciso di averne veramente avuto abbastanza.

A migliorare la situazione, e ad impedirgli di prendere quel volo, era stato un messaggio criptato che aveva ricevuto sul suo secondo cellulare e che aveva cambiato radicalmente la sua destinazione.

Aveva trascorso l'intera giornata a cercare un modo per uscire dal paese, ad evitare le telecamere di sicurezza sparse agli angoli di ogni singola strada, e a rendersi un po' meno riconoscibile, nel caso qualcun altro si fosse deciso a volerlo togliere di mezzo. Infine, era riuscito a prenotare sotto falso nome un posto su un piccolo jet diretto in Turchia quel pomeriggio.

Giunto a destinazione la sera stessa, esausto, aveva tentato di prendere sonno – almeno per un paio d'ore – in una fatiscente camera d'albergo di Istanbul, quando il telefono aveva squillato. Una rapida occhiata al display ad informarlo che non era Natasha... e che d'altro canto lei era l'unica, insieme al direttore Fury, ad avere quel numero. Gli ci era voluto un minuto buono per decidersi a rispondere, e poi si pentì d'averlo fatto.

 

Nat?”

Tony.”

Tony?”

Tony Stark. Hai battuto la testa, Legolas?”

Stark... c-che... come -”

Dovresti dire alla tua ragazza di utilizzare un sistema di decriptazione più sofisticato. Ci ho messo mezz'ora a trovarti.”

Mezz'ora?” Il termine operativo era: stordito.

Va bene, se insisti... ci ho messo quattro ore e mezzo, ma non dirlo alla Romanoff o si monterà la testa.”

Stark, ti giuro che non -” Interrotto. Di nuovo.

Ascoltami bene, Barton. Vi ho prenotato una camera d'albergo sulla graziosa isoletta in cui avverrà il vostro rendez-vous.”

Mi spieghi di che cazzo stai parlando?”

Non importa che mi ringrazi.”

A quel punto Clint aveva cominciato a prendere in seria considerazione la possibilità di gettare il telefono nel cesso e tirare lo sciacquone senza troppi complimenti.

Non c'è pericolo,” puntualizzò.

Okay, dicevo... dopo la vostra fuga d'amore, vi aspetto qui da me a New York.”

Da te?”

Alla torre.”

La Stark Tower?”

L'Avengers Tower, Barton. Dio mio, ma dove sei stato fino ad ora?”

A tentare di non farmi uccidere. E tu?”

Ero in vacanza a Bali. Non puoi andartene un secondo che qui ti fanno saltare la casa da sotto i piedi.” Clint suppose che, in materia, gli conveniva affidarsi al miliardario a cui facevano esplodere una villa all'anno.

Suppongo di... sì?” Dire che era confuso, sarebbe stato riduttivo.

Vi ho appena mandato un invito sul vostro nuovo server sicuro.”

Stark, non credo di star capen -” Un rumore, un segnale sonoro di qualche tipo a raggiungerlo dall'altro capo della cornetta.

Oh, oh, devo andare.”

Grazie al cielo.”

Saluta Fury se lo vedi.”

Fury è morto.”

Ci piacerebbe, Barton, ci piacerebbe,” fece per riattaccare. “Ah no, aspetta! Hai per caso il numero di Thor?”

Sì, certo, aspetta che chiedo alla segretaria del mio ufficio interplanetario.”

Dove nessun uomo è mai stato prima...”

 

Sul treno che l'avrebbe portato in Grecia, mentre si liberava della barba incolta che si era fatto crescere in quei giorni, utilizzando una rasoio usa e getta che gli irritava fastidiosamente la pelle, realizzò che, dopotutto, la notizia della caduta dello SHIELD non l'aveva colpito come si sarebbe aspettato.

In quegli ultimi due anni il lavoro era andato avanti come sempre, senza intoppi e a buon ritmo: era stato lui a concentrarsi su altro, a ritagliarsi uno spazio personale ben più consistente. Il tramite tra lui e l'organizzazione era stato Phil: alla sua morte si era ripromesso di farcela da solo, senza appoggiarsi a niente e nessuno, nemmeno a Natasha. Il ruolo che lo SHIELD giocava nella sua esistenza si era ridimensionato di colpo quel giorno di pioggia in cui aveva salutato il suo agente supervisore per l'ultima volta.

 

*

 

Sommessi passi nella sabbia.

Natasha tenne gli occhi chiusi, godendosi il leggero soffiare del vento, lo spicchio ombroso dell'ombrellone sotto cui era appostata, l'odore del mare che andava e veniva in onde tiepide sulla spiaggia.

Si calcò il cappello di paglia a tesa larga sulla fronte, mentre con l'altra mano tastava alla cieca nella borsa che aveva portato con sé, alla ricerca della crema solare.

I passi si fermarono proprio quando le sue dita si strinsero sul flacone. Non rialzò lo sguardo, limitandosi ad offrirlo a chi le si era avvicinato.

“Giusto in tempo per aiutarmi a spalmare la crema,” si calcò gli occhiali da sole sul naso, decidendosi finalmente a guardare il nuovo venuto da sotto in su.

Clint, gli occhi a sua volta schermati da un paio di lenti scure, si era appena frapposto tra lei e il sole. Era in tenuta balneare, mimetizzato – come lei – alla perfezione sulla spiaggetta di un'isola greca qualunque. Gli scoccò un'occhiata interrogativa mentre prendeva il flacone che gli stava porgendo, rigirandoselo tra le mani con aria titubante.

“Protezione cinquanta? Dovevi prendere quella per bambini.”

“Non sono pallida come sembro.”

“Sei esattamente pallida come sembri,” ribatté, sfilandosi gli occhiali prima di costringerla a spostare le gambe distese sulla sdraio per fargli posto.

“Avrei dovuto mandarti le coordinate per la Groenlandia e accontentarmi di poterti pensare solo e triste tra i ghiacciai,” lo apostrofò, ostentando un'irritazione che non le apparteneva, non realmente.

Non erano passate neanche due settimane dall'ultima volta che l'aveva visto, eppure le sembravano mesi. Anni, persino. Quasi fosse stata una conoscenza appartenente ad un mondo diverso. Uno in cui esisteva lo SHIELD, in cui le loro vite erano inestricabilmente legate all'organizzazione, in cui non erano stati altro che spie al servizio del miglior offerente, di chi – o così avevano creduto – avrebbe permesso loro di riportare le loro esistenze sui giusti binari.

Il sollievo era stato immediato. Si tolse gli occhiali per poterlo guardare meglio: a parte qualche graffio sul collo e una fasciatura all'altezza dell'avambraccio sinistro, sembrava tutto intero.

“Bel cappello,” si complimentò con un mezzo sorriso, nascondendo a malapena la preoccupazione che nonostante tutto gli turbava lo sguardo.

“Sto bene,” lo rassicurò.

Clint allungò una mano per sfiorarle la medicazione all'altezza della spalla sinistra, un'espressione contrita sul volto.

“E' solo un graffio,” Natasha insisté senza abbandonare il tono leggero con cui l'aveva accolto, “proprio sulla cicatrice della tua freccia.” Adesso erano due i marchi incancellabili che il Soldato d'Inverno aveva impresso sulla sua pelle. Le ricordavano che era sopravvissuta altrettante volte a quello che era stato un incubo della sua infanzia; un incubo che non si era rivelato nient'altro che un esser umano, una vittima proprio come lei. Aveva deciso di esibirle entrambe, nemmeno un filo di trucco a mascherare l'irregolarità ormai cicatrizzata sul ventre... ma esposta alla luce del sole, dove tutti avrebbero potuto vederla.

“E' soddisfazione quella che sento?”

“L'unica volta in cui hai avuto la meglio su di me, e adesso non ho più neanche una cicatrice che l'attesti,” ci tenne a sottolineare. “Ovvio che sono soddisfatta.”

“Sono sempre in tempo per prendere un diretto per la Groenlandia, lo sai?”

“Sta' zitto, non ti lamentare,” lo rimbrottò, abbandonando il cappello sulla borsa per decidersi finalmente a dargli le spalle. “Com'è andata a Shanghai?”

“A parte un paio di persone incredibilmente determinate ad uccidermi, è andata bene.”

“Mi dispiace per la fuga di informazioni,” mutò leggermente il tono. Non erano stati solo i suoi segreti ad essere stati riversati sul web, ma anche quelli di Clint, di qualsiasi altro agente dello SHIELD insieme a lui... lei era stata l'unica ad affrontare consapevolmente quella scelta.

“Lo so che non avresti potuto fare altrimenti.”

“Ci troveranno, prima o poi.” Rilasciò un mezzo sospiro quando le mani di Clint furono su di lei, la crema fredda sulle dita, i suoi polpastrelli ruvidi al contatto.

“Probabilmente.”

“Hai parlato con Stark?”

“Non ho avuto molta scelta.”

“Ci vuole di ritorno a New York a breve.”

“Credi che sia sicuro?”

“Temo non ci sia più niente di sicuro, Clint. Siamo allo scoperto.” Si voltò leggermente verso di lui per poterlo guardare in viso. “Ti dispiace?”

“Essere allo scoperto?” Si strinse nelle spalle, cancellando le tracce bianche che le erano rimaste sulla schiena e sui fianchi. “Sono pazzo se dico di no?”

Natasha scosse il capo, limitandosi ad osservarlo per qualche istante, sovrappensiero.

“Hai presente quello che dice sempre Fury? Che tutti possono fare qualcosa di importante se si rendono conto di essere -”

“- parte di qualcosa di più grande?”

“Già,” confermò, tornando a fronteggiarlo per sfilargli il flacone di mano e rendergli il favore. “Magari il tuo e il mio qualcosa in fin dei conti non era lo SHIELD.” Approfittò delle operazioni per non dover incontrare i suoi occhi, ma non poté fare a meno di sentirsi lo sguardo di Clint fisso addosso.

“Magari sì,” le concesse dopo un lunghissimo attimo di silenzio. Se poi quel qualcosa fosse stato i Vendicatori, il loro sodalizio o altro, quello non avrebbe saputo dirlo... magari era tutte quelle cose e nessuna.

Quando Natasha si decise a rialzare il capo, mentre ancora finiva di spalmargli la crema sulle braccia, si accorse che stava sorridendo.

“Ti ho vista in tv.”

“L'udienza davanti alla commissione del Ministero della Difesa?”

Clint annuì, riuscendo a malapena a nascondere il divertimento che gli animava il volto. “Sei stata pazzesca,” decretò, allungando una mano per sfiorarle il ciondolo a forma di freccia che ancora faceva bella mostra di sé – quasi invisibile – alla base del suo collo.

“Ruffiano.”

“Dico solo che sarebbe stato difficile non fare il tifo per te.”

“C'è un sacco di gente che non fa il tifo per me.”

“Non ti capiscono.”

“Perché dovrebbero? Probabilmente al loro posto non farei diversamente.”

“Non sei al loro posto.”

“Lo so. Non vorrei neanche... questo è il posto che conta.” Il mio. Cercò i suoi occhi, leggendo una speculare consapevolezza nel suo sguardo. Ricambiò il sorriso, mentre si accorgeva che meno aveva bisogno di lui – più capiva di essere veramente indipendente, di potersi reggere autonomamente sulle proprie gambe – e più lo voleva.

“Solo Natasha?”

“Solo Natasha,” confermò a mezza voce, richiudendo il flacone di crema prima di ributtarlo nella borsa, insieme ai pochi effetti personali che aveva portato con sé. “E tu?”

“Solo il migliore,” asserì, guadagnandosi un'occhiata fulminante. “Volevo dire: Clint.”

“Volevi dire: Clinton,” non riuscì a trattenersi.

“Credo di poter affermare con assoluta certezza che il tuo essere stronza fa inevitabilmente parte di te.”

“Molto probabilmente.”

Senza la Red Room e lo SHIELD tra i piedi, forse era davvero quello il primo, unico momento della sua vita in cui avrebbe potuto decidere chi era veramente Natasha Romanoff. Una che non aveva bisogno di inventare fandonie o nuove identità per rapportarsi col mondo e con chi le stava a cuore...

“Che si fa adesso?”

Natasha si strinse nelle spalle, facendo vagare lo sguardo sulle poche persone che erano scese in spiaggia così presto. “Ho voglia di fare un bagno,” decise infine, solennemente.

Clint annuì, rimettendosi in piedi per sfilarsi la t-shirt e abbandonare le ciabatte da qualche parte sotto la sdraio.

“Chi arriva ultimo è Jasper Sitwell!” Esclamò di punto in bianco, scattando fuori dal cerchio scuro dell'ombrellone sollevando un gran polverone di sabbia rosata e finissima.

“Clint!” Natasha allargò le braccia, guardandolo mentre correva verso il mare, esasperata. Fece per aggiungere qualcosa di estremamente secco e pungente, ma decise altrimenti. “Aspettami!”

Uscì dall'ombra: la sabbia era calda e accogliente sotto le piante dei suoi piedi.

Lasciò che la luce del sole la investisse.

 

****************

... aaaand that's all, folks!
A parte gli scherzi, spero mi perdonerete il simbolismo spicciolo luce/ombra che è stato un po' l'invisibile filo conduttore della storia (a partire dal titolo).
Mi piace pensare che la "nuova copertura" di cui Natasha parla alla fine di CATWS non sia una copertura affatto (anche se a riguardare il film mi pare evidente che sia in crisi esistenziale XD qui me la sono immaginata più aperta all'avventura e curiosa di vedere cos'è che il futuro ha in serbo). (Noi che lo sappiamo ridiamo, ma... povera Natasha XD). Va da sé che secondo me è andata a cercare Clint non appena il film è finito, e do assolutamente per scontato che Barton fosse fuori dal paese (e non tre giorni addormentato sotto il letto mentre il mondo crollava XD).
Oltre a questo non aggiungerò quanto amo questi due o rischio di diventare prolissa et imbarazzante ù_ù
Ringraziamenti di rito conclusivi:
- ad Eli per aver letto e testato tutto in anteprima e avermi consigliato. Anche se dovrà pagarmi un salatissimo conto dallo psicologo per avermi convinto a guardare The Avengers tanto per cominciare e per avermi gettata nel baratro oscuro che è la Clintasha nel quale sguazzo da due anni (e il problema è che la psicosi si aggrava col tempo WTF). Quindi grazie, ma anche no grazie :PPP Ma non sarebbe divertente sclerare senza di te... anche perché mi toccherebbe sclerare col gatto, e non credo che il gatto apprezzi proprio per niente *cough* Quindi <3
- a tutti coloro che hanno letto & recensito, a missgenius, Dalamar F16, Lady Leggy, Ginge, Angel86, Eliuz85, Nali88 e in particolar modo a Frau Blucher & Blackmoody :3 (spero di non aver scordato nessuno).

Copio il momento pubblicità dalla socia: siccome questa storia è più spostata verso Natasha (*pettina Natasha*) che Clint, vi consiglio di leggere Cinque Centesimi che è tutta incentrata su Clint e ormai sul Clint che ho preso per buono (Eli, aggiungilo alla lista delle tue colpe) e se ancora non l'avete fatto vi state perdendo molto ù_ù (e poi Clintasha!).
Altri consigli per la lettura:
- Light Years sempre di Sheep01 e sempre Clintasha anni '90 perché non se ne può avere mai abbastanza;
- La Leggenda degli Straordinari Vendicatori di The Commas (Frau Blucher & Blackmoody) perché... "Avengers nell'epoca vittoriana" dovrebbe essere già un motivo sufficiente per cliccare sul titolo. Ma se avete davvero voglia di leggere una fanfiction che sembra più un romanzo d'altri tempi, vi consiglio di farci un salto ;)

Aaaand potrei essere di ritorno prossimamente con qualcosa di *un po'* diverso.
Anyway, grazie ancora a tutti per aver seguito questa 'clintashata' fino alla fine :')
A prossimamente!
S.

  
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