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Autore: Non ti scordar di me    06/08/2014    4 recensioni
Rebekah Shiller è una timida ragazza, segregata in casa con una matrigna e una sorellastra insopportabili. Crede nel vero amore, spera che un giorno il 'perfetto principe azzurro' venga a salvarla da quella vita che detesta.
Harry Styles sarà il suo principe azzurro? Uno dei più grandi delinquenti di New York, fa parte di un brutto giro...E conoscerà Rebekah in una situazione particolare: durante un furto.
Lui non è il cavaliere dalla lucente armatura. NO! Lui è il cavaliere oscuro, il principe in nero...Il diavolo con la faccia da angelo.
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Dalla storia:
"Scesi le scale e sgranai gli occhi non appena vidi davanti a me puntata una pistola.
Il respirò si bloccò a mezz’aria e m’immobilizzai ai piedi delle scale.
Un giovane col passamontagna teneva puntata una pistola all’altezza della mia testa. Dal passamontagna s’intravedevano solamente i suoi occhi: verde bottiglia."
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Accarezzò il mio viso e spostò, nuovamente, la sua attenzione sulla mia bocca. Sfiorò le mie labbra.
Continuavo a tenero lo sguardo basso. Grugnì quando si rese conto che non lo stavo guardando.
“Guardami negli occhi.”
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Dedicata a Simona. Spero vi piaccia.
Cucciolapuffosa
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harry Styles
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
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Salve! Se qualcuno avrà aperto la fan fiction, troverà questo piccolo spazietto dove mi presento! E’ mia prima fan fiction sugli One Direction, abbiate pietà! XD
Se vi ho già spaventate e volete darvela a gambe, tranquille vi capirò. Ora vi auguro buona lettura.

 
Prologo
 
Era una giornata calma. Forse, fin troppo calma.
Era una giornata inusuale per me: la mia matrigna era stata più clemente – per qualche motivo – e la mia sorellastra non mi aveva calcolato di striscio.
Sembrava la mia giornata ideale, per una volta non avevo più preoccupazioni, niente ordini. Marie – la sua matrigna – era rimasta tutto il giorno chiusa nel suo ufficio a scartavetrare alcuni documenti
Quei documenti erano l’enorme eredità di mio padre, morto da circa un mese. Non era stato un padre presente, ma per quanto cercassi di odiarlo non ci riuscivo. Gli volevo ancora bene e la sua morte mi aveva lasciato un vuoto incolmabile.
John Shiller era un grande uomo di affari, troppo impegnato col suo lavoro per occuparsi della famiglia. La sua eredità era per tre quarti mia e la parte rimanente l’aveva lasciata alla mia adorabile ‘matrigna’.
Ero seduta sul letto di camera mia e studiavo per il compito di biologia. Non ero un asso in quella materia e il professore aveva un odio spassionato nei miei confronti.
Girai la pagina e continuai a ‘studiare’. Era abbastanza difficile concentrarsi con tutto il fracasso che proveniva dal piano di sotto.
Ana starà cercando di cucinarsi qualcosa? Pensai sconsolata. In quella famiglia nessuno alzava un dito per fare qualcosa. Persino Marie – che doveva essere la persona a cui dovevo far riferimento in caso d’aiuto – non faceva niente dalla mattina alla sera.
Così ero costretta a sottostare agli ordini della matrigna e di sua figlia. Ogni volta che facevo qualcosa di sbagliato, mi minacciava di buttarmi fuori da quella casa – che per giunta era di mia proprietà –.
Stufa di sentire tutto quel baccano chiusi il libro di biologia, infilai le ballerine e decisi di scendere per vedere cosa stava combinando Ana in quella che doveva essere ‘casa mia’.
Scesi le scale e sgranai gli occhi non appena vidi davanti a me puntata una pistola.
Il respirò si bloccò a mezz’aria e m’immobilizzai ai piedi delle scale.
Un giovane col passamontagna teneva puntata una pistola all’altezza della mia testa. Dal passamontagna s’intravedevano solamente i suoi occhi: verde bottiglia.
Erano di un verde particolare, con diverse smagliature ed erano magnetici. Lui era magnetico.
Un ladro! E’ un ladro! Ci sta puntando una pistola contro e tu a cosa pensi? Intervenne la mia coscienza. Chiuse gli occhi e aprii la bocca. Cosa potevo dire in un momento del genere?
Avevo solamente paura e per un momento mi chiesi se non valeva la pena provare a scappare da lì, ma le mie gambe erano ferme e paralizzate.
Doveva veramente rischiare e darmela a gambe? Per un istante quest’idea sfiorò la mia anticamera del cervello.
Non rimanere secca! Non ti azzardare! Ritornò all’attacco la mia coscienza. Lui ha una pistola! Riprese.
“Non muovere o ti sparo dritto al cuore!” Disse con voce roca, spostando la pistola dall’altezza della testa all’altezza del cuore che stava battendo sempre più velocemente. Chiusi gli occhi. Avevo la paura di scoppiare a piangere da un momento all’altro. Non volevo rimanerci secca.
Fin’ora non aveva pensato a un altro punto. Dov’erano Marie e Ana? Lui…le aveva uccise? Scartò subito quell’ipotesi. Avrei sentito lo sparo.
“Le altre due sono con i miei compagni.” Continuò come se volesse tranquillizzarmi. Il ché era strano…Un ladro che cercava di tranquillizzare la vittima?
Il mio petto si alzava e abbassava ritmicamente ai battiti sempre più veloci del mio cuore…Cosa cercavano in casa mia? Non avevamo niente di particolarmente importante in casa. L’eredità di mio padre era ancora in banca e non avevamo intenzione di spostarla qui proprio per evitare qualche visita indesiderata, come questa.
“Qui non c’è niente. Questa non fa altro che piagnucolare e quest’altra non sa neanche di cosa stiamo parlando!” Sbottò una voce. Per la prima volta fui felice di vedere la mia matrigna con quell’odiosa della figlia.
Altri due ragazzi – sempre con il passamontagna in testa – mi squadrarono incerti per pochi secondi. Probabilmente si chiedevano da dove fossi uscita, potei chiaramente vedere nei loro occhi lo sgomento.
Non sapevano che non avevo alcun legame di quelle due, anche se si notava che non eravamo legate da un filo di parentela.
Loro due erano entrambe molto slanciate, una terza abbondante di seno, un sedere ben messo, i capelli lisci biondi e le labbra sottili. L’unica cosa che le differenziava erano gli occhi: Marie li aveva chiari, Ana li aveva scuri.
Io stonavo tra le due. Non ero come loro e abbassai per un momento lo sguardo imbarazzata.
I miei capelli rossi erano mantenuti da una leggera crocchia con qualche ricciolo che sfuggiva a quel groviglio, un po’ di lentiggini sulle guance e due profondi occhi azzurri.
“E tu? Sei tu la figlia biologica di Shiller?” Tuonò uno di loro, avvicinandosi a me. Indurii la mascella e ogni singolo muscolo del mio corpo era immobilizzato.
“Rispondi!” Ordinò quello che teneva puntata su di me la pistola. Dei tre, lui sembrava quello che teneva in mano le redini. Presi coraggio e annuii spaventata.
Si avvicinò ancora di più a me, con due dita mi prese il mento e mi costrinse ad alzare lo sguardo verso di lui. I miei occhi color ghiaccio si scontrarono con quegli occhi smeraldo e ne fui quasi affascinata per pochi minuti.
“Voglio. Sentire. La. Tua. Voce.” Scandì bene ogni parola. Volevo parlare, ma la bocca era secca. Non riuscivo a parlare…La gola era secca e la testa girava vorticosamente.
“Ehm…S-sì…Sono io.” Mormorai a pochi centimetri da lui. Finalmente abbassò la pistola e la infilò nella tasca dei jeans a vita bassa. Mi afferrò per il braccio con una presa salda e mi costrinse a camminare davanti a lui.
Il salotto era completamente sotto sopra. L’aveva smantellato e se fossi rimasta viva dovevo rimettere a posto tutto quel casino.
“I documenti. Dove sono i documenti di Shiller? Quelli del lavoro. Quelli importanti.” Grugnì a voce bassa, lasciando finalmente la presa sul mio braccio. La voce che usavano era irreale, distorta…Cercavano di renderla irreale per questi furti?
Papà teneva qui documenti in cassaforte…Perché volevano quei documenti? Cosa c’era di così importante in quei documenti?
Sapevo così poco del lavoro di mio padre…Era un investigatore privato, un lavoro piuttosto redditizio a New York dove criminali e delinquenza vagavano a piede libero.
“Se…se…v-ve lo dirò…Ci u-ucciderete?” Chiesi impaurita, rivolgendomi al ragazzo dagli occhi verde foglia.
Sbuffò infastidito.
“Se non parli, ti ucciderò ora.” Rispose freddo, estraendo la pistola. Annuii spaventata…Avevo provato a contrattare con un ladro? Non erano dei ladri qualsiasi. Era dei ladri ben organizzati.
“Dietro quel quadro.” Indicai una riproduzione di un quadro di Andy Warhol. Il ragazzo indicò con la testa di avvicinarsi a quel quadro. I due compagni annuirono.
Non avevo mentito. In qualche modo riuscirono a scassare la cassaforte e iniziarono a frugare alla ricerca di qualche documento.
Uno dei due, prese una carta in particolare e sorrise al ‘capo’. Avevano trovato quello che cercavano e ora cosa ci avrebbero fatto?
Marie abbracciava la figlia ed era completamente shoccata. Io invece era immobile sul divano.
“Possiamo ucciderle, ora.” Decretò quello con la voce più profonda e distorta. Il mio cuore iniziò a battere sempre più veloce e i miei occhi si stavano riempiendo di lacrime.
Incrociai lo sguardo del ragazzo dagli occhi verdi. Sembrò impassibile alla mia espressione supplichevole, puntò la pistola e mise le dita sul grilletto.
Sta per sparare, pensai spaventata. Cosa potevo fare? Alzai lo sguardo e non sapevo come ero riuscita a catturare la sua attenzione.
L’azzurro dei miei occhi sembrò quasi fondersi con il verde foglia di lui. Cercavo di mantenere uno sguardo fiero, come a voler dire ‘Se hai il coraggio, sparami. Sparami, su’. Era uno sguardo provocatorio…Anche se in quel momento, tutto volevo ma non provocare lui con i due compagni che lo fissavano.
Per un secondo, sembrò vacillare. Solo per mezzo secondo, le sue sicurezze vacillarono. Abbassò la pistola.
“Oggi siete fortunate.” Ringhiò, fissandomi negli occhi. Tirai un sospiro di sollievo. Ci avrebbero risparmiate. I suo due compagni parvero più sorpresi di me…Possibile che avesse ucciso sempre le sue vittime?
Il ragazzo stava per ribattere, ma la loro – e la mia – attenzione fu catturata dalla sirena della polizia.
“Merda…” Sussurrò uno di loro. Chi aveva avvertito la polizia? Uno dei due, prese una carta in particolare e sorrise al ‘capo’.
“Porca puttana, la polizia!” Esclamò uno di loro, portandosi la mano in fronte. Nessuna di noi aveva un cellulare in mano.
“La cassaforte era collegata alla polizia! Tu, stronza, lo sapevi!” Ringhiò quello che mi aveva risparmiato. Non lo sapevo…Non avrei mai rischiato.
Mi prese il polso e mi strattonò, facendomi alzare. Le mie gambe erano completamente molli, non riuscivo a stare in piedi…Le gambe non riuscirono a reggere il mio peso, caddi in avanti.
Chiusi gli occhi, aspettando l’impatto col pavimento che stranamente non arrivò. Aprii gli occhi, il ragazzo aveva le braccia forzute attorno alla mia vita e mi fissava in cagnesco.
“Ti giuro che non sapevo dell’allarme…” Mormorai col cuore in gola. Notai che per prendermi aveva lasciato a terra la pistola.
“Piano B.” Disse lui. I due capirono all’istante, prendendo con sé Marie e Ana. Lui – di cui non sapevo e non volevo sapere il nome – mi fissava ancora.
“Credi che tu riesca a mantenerti in piedi? O dovrò ucciderti veramente questa volta?” Sibilò minaccioso. Annuii spaventata e lui finalmente lasciò la sua presa su di me. Mi afferrò, però, la mano e mi trascinò – letteralmente – al piano di sopra.
Entrammo nella prima stanza che gli capitò a tiro. Era camera mia. Lasciò la presa su di me e chiuse la porta della stanza, affacciandosi alla finestra.
“Stanno circondando la casa…” Sussurrò più a sé stesso che a me. Marie e Ana erano con gli altri due suoi compagni?
Perché ti preoccupi per loro? Ti odiano! Sussurrò la mia coscienza. Già…Perché non riuscivo ad essere antipatica con loro?
“Loro stanno bene…” Disse a voce più alta, ritornando a scrutarmi seriamente. Era come se mi avesse letto nel pensiero. Presi un respiro più profondo.
“P-perché hai…de-deciso…di non…” Non riuscivo neanche a pronunciare quel verbo. Uccidere…Loro uccidevano e per qualche strana ragione aveva deciso di lasciarmi ancora in vita.
“Ucciderti?” Chiese con voce ironica. Annuì intimidita. “Questo tuo modo di fare mi sta facendo perdere la testa!” Ringhiò, prendendomi per le spalle. Persi il respiro…Gli stavo facendo perdere la testa? Come?
“Sei così maledettamente timida!” Sussurrò a pochi centimetri di distanza da me. Il cuore rischiava di esplodermi per quanto stesse martellando.
“Ho…pa-paura…” Annaspai insicura. Non volevo dargli un pretesto per farmi fuori. Si notava che era un fascio di nervi in quel momento e non voleva provocarlo in nessun modo.
“Non morirai ora.” Grugnì quasi esasperato, continuando a lanciare occhiate fuori. Sentivo la polizia parlare…Chiedeva di liberare gli ostaggi. Ostaggio, ero solo un ostaggio…E gli ostaggi di solito avevano una brutta fine…Non avevano intenzioni di ucciderci tutte?
“Non morirai qui, piccola.” Continuò con voce suadente, una voce meno distorta...La sua vera voce. Arricciai il naso, non appena sentii quello stupido sopranome. Piccola?
“Non chiamarmi piccola.” Dissi senza pensarci su. Si girò verso di me…Solo ora notai che il passamontagna lasciava intravedere non solo gli occhi, ma anche la bocca.
Era una bocca carnosa e per un momento pensai come fosse bello provare a sfiorare quella bocca.
Aggrottai la fronte, quando mi resi conto del pensiero che avevo appena formulato.
La sua bocca si contrasse in un ghigno.
“Non so il tuo nome…” Disse con tono canzonatorio. Ah…Ottima osservazione. Non ci avevo pensato. Eppure sapevano tutto di mio padre, possibile che non sapessero come mi chiamavo? Scossi la testa…Mi stava prendendo in giro!
Il ragazzo serrò la mascella, prese la sedia della mia scrivania e si sedette su di essa a cavalcioni, guardandomi meglio.
Perché rimaneva qui? Non avevano un ‘Piano B’? Quando lo applicavano?
“Il tuo nome.” Disse improvvisamente. Gli occhi verdi si assottigliarono in due piccole fessure. “Voglio sapere come ti chiami.” Chiarì più duro.
Non accennai una sola sillaba. Era paralizzata. Con la sedia – era a rotelle – si avvicinò ancora di più.
Il dorso della sua mano sfiorò, dapprima, l’attaccatura dei miei capelli rossi…Spostò la sua attenzione su un riccio, giocherellandoci pochi istanti.
Accarezzò il mio viso e spostò, nuovamente, la sua attenzione sulla mia bocca. Sfiorò le mie labbra.
Continuavo a tenero lo sguardo basso. Grugnì quando si rese conto che non lo stavo guardando.
“Guardami negli occhi.” Ordinò, scrutandomi con occhi lampeggianti. Mi alzò con la mano il viso e sorrise non appena incrociò il mio sguardo terrorizzato.
“Dimmi. Il. Tuo. Nome.” Usò un tono minaccioso…Deglutii e annuì, cercando di distogliere da lui lo sguardo.
“Re…Re-bekah…” Sussurrai con gli occhi alle lacrime. Avevo paura, forse fin troppa da come mi stava trattando…Anche per lui – secondo me – era strano comportarsi in questo modo. Era la prima volta che si comportava così con una ragazza?
“Rebekah…Rebekah…Mm…” Sussurrò divertito. Cosa c’era di divertente nel mio nome? “Continuerò a chiamarti piccola.” Continuò con un sorrisetto. Il ‘sorrisetto’ – in questione – era un ghigno con il labbro superiore sollevato che gli lasciava scoperti i denti bianchi.
Alla sua affermazione arricciai il naso, ma decisi di non ribattere. Aprii bocca, ma la richiusi automaticamente non appena vidi l’occhiataccia che mi rivolse.
Uno sparo. Si era sentito uno sparo. Il ragazzo sorrise compiaciuto e il panico prese possesso del mio corpo. A chi avevano sparato? Era questo il ‘Piano B’?
“Cos’avete fatto?” Chiesi spaventata. Mi resi conto che era, anche, la prima frase che dicevo senza balbettare. Lui mi scrocchiò un’altra occhiataccia, ma non potevo rimanere lì con le mani in mano ad aspettare di morire.
“Voglio saperlo…” Continuai con tono supplicante. Non avevo idea di cosa l’avesse convinto a non spararmi, però speravo almeno di convincerlo a spiegarmi cosa stava succedendo…Ne avevo almeno il diritto?
Si girò verso di me e mi fece alzare dal letto in malo modo fissandomi torvo. Si mozzò il fiato. Aveva uno sguardo minaccioso.
“Ti prego…” Insistetti con una lacrima che mi solcò il volto. Solo alla visione della mia lacrima, i suoi occhi sembrarono – per meno di mezzo secondo – addolcirsi, per poi ritornare più duri di prima.
“Zitta. Il piano funziona.” M’intimò. Dopo pochi minuti mi prese la mano e mi fece segno di chiudere la bocca. Lo seguii con il petto che martellava. I suoi amici cosa stavano facendo?
“Portami all’uscita di servizio” Mi chiese. Annuii e lo guidai fuori. Come faceva a sapere che avevamo un’uscita di servizio? Erano forse entrati da là?
Camminavo poco più avanti di lui e per un momento pensai di darmela a gambe e raggiungere la polizia che mi avrebbe aiutato.
“Non ti azzardare a scappare.” Disse una voce che mi fece raggelare sul posto. Era lui. Era molto più avanti di lui, ma mi puntava contro la pistola. Anche se provavo a darmela a gambe, mi avrebbe potuto colpire.
Si posizionò dietro di me, mi cinse con una mano i fianchi e nell’altra aveva la pistola che puntava ora alla gola.
Camminava in avanti a piccoli passi. La nostra villetta era circondata da alti alberi e l’unico accesso era il cancello, escludendo che quei tre fossero entrati dal cancello principale…Da dov’erano entrati?
La polizia era situata all’entrata principale e nessuno – possibile che siano tanto idiote le forza dell’ordine! – si era accorto della nostra presenza.
“Muoviti.” Sussurrò al mio orecchio. Il suo tono di voce era suadente e sensuale. Avevo le gambe molli…Tra poco sarei caduta a terra.
“Tra gli alberi!” Ordinò, spingendomi poco in avanti per poi stringermi a sé nuovamente. Mi buttò – letteralmente – tra la vegetazione. C’era una specie di passaggio segreto...Non avevo la più pallida idea che quegli alberi fossero valicabili. Pensavo fossero molto fitti.
Non sapevo come, inciampai io nei miei stessi piedi e lui fu sempre pronto a sostenermi. Sentimmo entrambi un fruscio. Lui era a pochi centimetri da me e le mie labbra quasi sfioravano le sue.
“Non muoverti.” Ordinò per poi imprecare a bassa voce. Spiò tra gli alberi e notai, anch’io, che i suoi amici erano già in auto. Un auto ben nascosta dietro l’angolo.
Non poteva fuggire…L’avrebbero visto.
“Non posso fuggire…” Sussurrò, proprio come se mi avesse letto nel pensiero. Lui mi aveva in un certo senso ‘salvata’ e ‘risparmiata’.
“Vai…Ti copro io…” Mormorai, colorandomi di un rosso tenue. Lui mi scrutò con i suoi occhi verdi foglia.
“Chi mi dice che non mi consegnerai alla polizia?” Sibilò scocciato. In effetti…Che razza di proposta gli avevo fatto? Non era normale! Io che cercavo di aiutare un ladro che aveva rubato dei documenti in casa mia!
Non ero normale.
Lo penso anch’io. Suggerì la mia coscienza, che tornava all’attacco nei momenti meno indicati.
Il ragazzo stava cercando di riflettere…Non ebbe neanche il tempo di pensarci, poiché sentimmo degli schiamazzi provenire dall’entrata principale.
Marie e Ana erano dalla polizia. Era questo il momento per fuggire…Ora che i poliziotti erano troppo occupati con quelle due.
“A presto, piccola.” Mi ammiccò leggermente. Mi diede una leggera spinta e sgattaiolò via da lì, prima però mi lanciò un’occhiata come per assicurarsi che io stia bene.
Era lì, a terra e con il battito a mille.
A piccoli passi mi avvicinai all’entrata principale della villetta, dove un poliziotto si accorse subito di me.
“Signorina Shiller…Tutto bene?” Chiese uno di loro, avvicinandosi. Annuì incerta, per poi appoggiarmi al cancello di casa. Mi sentivo debole ed ero ancora terrorizzata.
“S-sì…Grazie…” Sussurrai sconvolta. Altri poliziotti uscirono da casa e corsero verso di noi, seguiti a ruota da Marie.
“Oh…Rebekah! Mi sono presa uno spavento! Tesoro, stai bene?” Chiese, facendo la matrigna gentile e premurosa. La detestavo quando faceva buon viso a cattivo gioco, tanto sapevo che appena mettevo piedi in casa ero costretta a pulire il casino combinato dai tre ladri.
“Sì...” Sussurrai allontanandomi. “Signorine…Giusto, un paio di domande. Anche se credo ci sarà poco da fare, quello che volevano l’hanno preso!” Commentò tristemente il poliziotto.
Io ormai era in un altro pianeta. La mia mente vagava dalla strana avventura appena vissuta ai suoi occhi verde foglia.
Oh sì, quegli occhi mi avevano completamente stregato.
 

 
 
 
Ci risentiamo qui! Se state leggendo il mio secondo spazio note, vuol dire che avete deciso di leggere questa…come la posso chiamare? Obbrobrio? Esperimento? Storia? Mah, non lo so.
Ho delineato fin da subito i caratteri dei personaggi: Rebekah, una specie di moderna Cenerentola, timida e gentile e poi ci sono loro tre: i bei ladri. Credo che abbiate fin da subito capito chi è il bel ‘principe’ della nostra protagonista: Harry Styles e gli altri due ladri chi erano? Vediamo se indovinate ù.ù
Ringrazio chiunque abbia letto il Prologo, vi invito a lasciarmi una vostra opinione anche solo per dire di ritirarmi dal mondo della scrittura XD
Secondo me, molti lettori sono rimasti spaventati da me… Ahahahahahah Tranquilli, sembro pazza ma in realtà sono normale come ragazza.
A presto. Cucciolapuffosa
  
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