Libri > Hunger Games
Ricorda la storia  |      
Autore: Belle98    06/08/2014    3 recensioni
Questa Fanfiction è ambientata qualche anno dopo l'epilogo di "Mockingjay" (Il Canto Della Rivolta), in particolare durante un momento importante e significativo per la neo famiglia Mellark/Everdeen narrato dallo stesso Peeta. E' nata di getto dopo aver terminato la saga della Collins, il che significa che contiene una buona dose di feels...
Dal testo: "Ed è questo che auguro ai miei figli (...). Di imparare dagli errori passati, per non compiere più gli stessi sbagli, di vivere una vita splendente, evitando che la sua luce venga offuscata dalla malvagità degli uomini che non comprendono che dono grande possa essere la vita che ci viene offerta. Di continuare a credere nei propri ideali, di lottare per difenderli. Di amare e proteggere le persone che ci circondano e di vivere ogni minuto come se fosse l’ ultimo, perché magari la fine non è poi tanto lontana come crediamo."
Genere: Fluff, Malinconico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Katniss Everdeen
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Buon Pomeriggio a tutti, Tributes! *sventola la manina*
Per chi non mi conoscesse ancora, sono Belle, matricola nel mondo degli scrittori di Efp :) Ma bando alle ciance...
Ammettiamolo, tutti noi, dopo l'epilogo strappalacrime di Mockingjay, abbiamo dato inizio alle riprese dei nostri personalissimi film mentali riguardo le vicende della famiglia Everlark appena sbocciata, talmente fantasiosi da far arrivare direttamente nel giardino delle nostre case i più potenti colossi Hollywoodiani alla ricerca di un contratto cinematografico con i nostri geniali cervelli di fangirls e fanboys. E tu! Sì tu, so che ci sei! Tu che stai squotendo spaventato la testa cercando di autoconvincerti che quello che ho appena scritto non ti sia successo, sappi che non mi convinceresti neppure se mi regalassi chili e chili di muffins agli Oreo con tanto di crema alla vaniglia, nossignore.
Stavo dicendo... I nostri film mentali, già! La fantasia che vaga, che vaga, che vaga, e che, nel mio caso, si allea con la tastiera del PC (incontrollabile e imprevedibile duo...) e che, di sua spontanea volontà, scrive questo post Epilogo che state per leggere. E come se non bastasse, decide anche di cambiare narratore, dalla nostra abituale Katniss (o Catnip, fate voi) al dolce e buono come il pane (battutina sad, passatemela) Peeta.
Ultima cosa prima di lasciarvi: come avrete modo di notare durante la lettura, sono presenti alcune frasi in corsivo. Ci tengo a precisare che non sono io l'autrice di quelle, bensì consideratele 'citazioni' in quanto prese direttamente dal libro "Il Canto Della Rivolta", quindi appartengono all'autrice dell'opera letteraria, Suzanne Collins.
Detto questo, 
mettetevi comodi, 
chiudete gli occhi, 
fate un bel respiro e...
Beh, io vado a mangiarmi i famosi muffins agli Oreo che mi sono appena arrivati (nahh, non sono una persona facilmente corruttibile, in fin dei conti, cosa credete... :P), prometto di lasciarvene qualcuno in fondo, quindi... BUONA LETTURA! ;)
 
Saremo solo un immenso oceano di ricordi... Ma sono proprio i ricordi che fanno di noi le persone che siamo e che saremo...
Katie Holmes, "Downson's Creek"


 


 

SEMPLICEMENTE UN OCEANO DI RICORDI
 

Prim ha quattordici anni. Darius undici. La prima rovista tra gli scaffali colmi di libri che ricoprono la parete del salotto. Il secondo è andato nei boschi… ‘Come sua madre’, penso quando lo vedo indossare la giacca da caccia che una volta apparteneva a suo nonno e dirigersi, appena il sole ha fatto capolino sull’orizzonte, in punta dei piedi, avvolto in quel silenzio caratteristico dell’alba, verso l’uscita della nostra nuova casa. Katniss ed io avevamo infatti deciso di comune accordo di far demolire le nostre due abitazioni al Villaggio dei Vincitori ed andare a vivere in uno dei nuovi casolari costruiti appena il 12 si era finalmente risollevato dai danni della guerra. La Guerra… Darius ama andare nei boschi, nonostante sia ancora un bambino… No, devo smetterla di chiamarlo così… No, non è più un bambino… non è più il piccolino con i riccioli biondi e gli occhi grigi che si sforzava di star dietro alla sorella maggiore sulle gambe paffute che muovevano i primi passi quando ballavano al Prato, è cresciuto… Tutti e due sono cresciuti e quindi è giunta l’ora di far sapere loro ciò che è avvenuto davvero.

Prim è ancora impegnata nella sua personale lotta contro i numerosi volumi accolti dalla nostra libreria alla ricerca di qualcosa. - Devo fare una ricerca per la scuola papà. Devo fare da sola! -  mi ha detto quando le ho chiesto se potevo esserle d’ aiuto, né ha accennato l’argomento del compito. Ha i miei occhi celesti, ma la personalità è tutta di Katniss. Testarda. Rido mentalmente. Ricordo un episodio quando eravamo nella prima Arena e lei voleva andare a tutti i costi al Banchetto per procurarsi la pomata indispensabile per guarire la mia gamba infettata… Non c’era modo di fermarla, allora come adesso. Ora quell’Arena, come tutte le altre, non esiste più, sostituita da monumenti commemorativi sparsi per tutta Panem. Quel periodo è stato cancellato. Ma non del tutto.

Darius deve ancora tornare dai boschi. Strano, essendo quasi il crepuscolo. Devo preoccuparmi? No, c’è Katniss con lui. Oggi lo ha voluto accompagnare. Aveva voglia di rivedere il suo bosco, i suoi amati alberi, il luogo che custodisce, probabilmente, i migliori momenti della sua giovinezza. Aveva voglia di ricordare. Semplicemente. Lo avrà portato al lago? Al rifugio che condivideva con Gale? Già Gale… Ora Lei non frequenta più il bosco come un tempo… Dopo la nascita dei bambini, infatti, quel luogo è diventato solo un ricordo. Cerca di evitarlo, in effetti. Anche se, a volte, nel bel mezzo della notte, la sento alzarsi dal letto e uscire di casa, non importa se è buio, non importa se fuori si gela. Quando si sente oppressa dalle strette mura domestiche, deve correre via, andarsene, rifugiarsi altrove, nel luogo in cui si sente realmente sé stessa, la vera Ghiandaia Imitatrice. A volte cerca di trascinare anche me, nel suo “tempio”, ma io rifiuto sempre, perché so che lei ha bisogno di stare da sola, in alcuni momenti, anche se chiede la mia compagnia, glielo si legge in faccia. Katniss Everdeen vive di libertà. Ha già sofferto troppo per essere stata usata da Capitol City, come tutti noi, dopotutto. E non merita di rimanere ancora intrappolata, la Ghiandaia deve spiccare il volo, ora che tutto è finito. O quasi.

E così io sono rimasto a casa. E ho preparato il pane. Come faccio sempre. Tutti in famiglia adorano il mio pane. E ogni volta che lo preparo, seguendo la stessa ricetta che mi insegnò mio padre, riaffiora sempre lo stesso ricordo. Il ricordo di un giorno di pioggia, in cui Lei stava morendo di fame e Qualcuno le diede una mano, salvandole la vita. Quel ricordo che neppure Lei ha dimenticato, e lo si capisce quando assapora la pagnotta appena sfornata. Quando nel suo volto si dipinge quell’espressione di piacere che non cambierei per nulla al mondo. Farei qualsiasi cosa per renderla felice. E Lei lo sa. No, non ha dimenticato quel giorno. Quel giorno in cui la riconobbi sotto la pioggia, riconobbi la bambina di cinque anni con due trecce che cadevano sulle spalle che indossava un vestito rosso scozzese il primo giorno di scuola, quella che alzò veloce la mano appena l’insegnate di musica ci chiese chi sapesse la canzone della Valle e che cantò di fronte a noi, seduta su uno sgabello, mentre gli uccelli fuori si zittivano incantati dalla sua voce. Quella che continuai ad osservare ogni giorno di ogni anno mentre percorreva il tragitto verso casa perché mi piaceva troppo, la ragazza con la quale mio padre barattava gli scoiattoli che cacciava e che colpiva centrando sempre l’ occhio grazie alla sua immensa precisione, quella che andava a caccia con il “Bello del Distretto” per il quale provavo la mia più profonda invidia. Lei, che non si era mai accorta di me prima, ma che, in seguito all’episodio del pane, mi scrutò attentamente a scuola e subito dopo raccolse un dente di leone dal giallo brillante. La splendida giovane donna alla quale mi legò il destino durante la Mietitura… E tutti conosciamo la continuazione della storia. Sì, Lei non dimentica. Lo dimostra quando mi chiama “Ragazzo del Pane” mentre siamo soli. Quel ricordo così importante… il primo che la riguardava a riaffiorare dopo il periodo di pazzia che seguì la tortura di Capitol nei miei confronti. Non ricordo molto di allora… Forse perché non voglio ricordare quei momenti in cui non ero il Peeta di sempre. Ma Lei li ricorda, e li racconterà ai ragazzi. Racconteremo tutto ai nostri figli. Assieme. Perché è giusto che sappiano. Semplicemente.

Sono seduto sulla sedia a dondolo nel mezzo del giardino della nostra casa. Erba verde smeraldo. Morbidissima. I ragazzi adoravano, quando erano più piccoli, poggiare i piedi scalzi sulla tenera erbetta e da lì correre, correre e correre. Liberi. E pensare che anche quel periodo sta passando. Così, come acqua cristallina che ti scorre tra le mani e che tu cerchi di prendere, afferrare, provi a trattenere con te tutta quella purezza, invano. Tutto ciò che rimane sono solo goccioline limpide sulle dita. Ricordi. Tante goccioline formano un oceano. Tanti ricordi formano una storia. I ricordi. Come quelli del libro dei nostri amici. Dei compagni che hanno combattuto con noi, che si sono sacrificati con noi, per Lei. I martiri, come li chiama Capitol ora. Persone uccise dalla brama di potere. La voglia di potere che ha annientato anche la felicità di coloro che sono sopravvissuti. Quelli che hanno dovuto e che combattono ancora con gli incubi che occupano le nostre notti insonni, con inutili sensi di colpa che rimangono aggrappati alle viscere dell’ essere di ognuno di noi. Inutili perché ormai non si può più fare nulla. Forse era meglio morire. Forse.

Ho cominciato a dondolarmi lentamente sulla sedia, immerso nei ricordi. Isolato da tutto e da tutti. Il pane è già in tavola, la cena aspetta solo di essere servita nei quattro piatti disposti con ordine sulla tavola di mogano (un regalo di Effie, per le nozze) e assaporata. A volte i piatti diventano cinque o addirittura sei. Soprattutto la Domenica. Haymitch ci viene a trovare accompagnato occasionalmente da Sae la Zozza, ma non porta mai la sua inseparabile bottiglia, la sua compagna di vita. No, quella la lascia a casa, come buona decenza almeno nei confronti di Prim e Darius. Anche sul nostro vecchio mentore i segni dell’ età cominciano a farsi evidenti. Ma la sua simpatia rimane. E’ quella che fa sbellicare dalle risate i ragazzi durante il pranzo… E non solo i ragazzi… Specialmente quando chiama Katniss “Dolcezza” per farla imbestialire come una volta… E i ragazzi ridono, lo adorano. Lo considerano un po’ come lo zio burlone anche perché è la cosa più vicina ad un parente che possano avere. Già perché i parenti veri se li è portati via la Guerra, assieme a tutto il resto. La madre di Katniss è mancata un paio di anni dopo la fine dei combattimenti. Lacerata dal dolore per la perdita della figlia minore, peso ulteriore da sostenere oltre alla morte del marito, che neppure il maggior carico di lavoro possibile avrebbe mai potuto colmare. Non ha mai visto i suoi nipoti. A Lei manca. Le manca ma riesce a celare bene il suo dolore. A tutti mancano i propri familiari. A tutti. Ammiro Haymitch. E’ l’unico che riesce a portare un’ ondata di allegria, a vedere il bicchiere, anzi, la bottiglia, mezza piena… a meno che non trascorra quel periodo in cui neppure il liquore più pregiato è in grado di sistemare tutto… quando se ne riamane rintanato in casa sua, quella che abbiamo fatto costruire vicino alla nostra, per rimanere uniti, forti come lo eravamo al tempo dei Giochi… Quando cade in depressione non permette neppure a Sae la Zozza, che cerca di mantenere la casa e l’ aspetto del proprietario presentabili, di compiere le sue normali mansioni giornaliere… Ma la vita continua a procedere, come ha sempre fatto. Semplicemente.

Il sole è già andato a dormire. Il limpido cielo estivo si tinge di quel colore, il mio colore. Il colore che ho provato a riportare sulla mia tela tante, troppe volte, ma i miei tentativi non si avvicinano lontanamente all’ arancione nel quale si è immerso il cielo adesso. L’ arancione, il mio colore preferito. Il tramonto. Quello di Katniss è il verde. Sì, lo ricordo. Il bosco. Siamo molto diversi, Katniss ed io. Lei, così coraggiosa, abile arciera, temeraria, materiale, talvolta dura, severa, insaziabile. La fiamma. Io, romantico, come mi definisce lei, sensibile, comprensivo, altruista, paziente. Il dente di leone. Due opposti che però si completano a vicenda. Ci amiamo, è questo quello che conta. E’ questo quello che abbiamo capito vivendo la Guerra: non possiamo vivere l’uno senza l’altra.

Mi perdo a guardare l’ orizzonte e una timida brezza mi culla. Socchiudo gli occhi. Pace. Una melodia in lontananza, forse trasportata dal vento mi raggiunge. Entra nelle mie vene, si insinua nelle mie membra. Una voce candida che arriva dal bosco. Una breve pausa. Tutto tace. La melodia riprende e con essa anche la soave voce. Solo che adesso le voci sono due. Una donna e un ragazzo, non avrà ancora quindici anni. Ancora silenzio. Questa volta le voci sono tante, centinaia, migliaia, tutte che ripetono la stessa cantilena. Le ghiandaie. Non riesco a distinguere le parole del canto, forse non ci sono neppure, è tutto troppo indistinto, ma mi sembrano note malinconiche. La melodia si ripete, questa volta più vicina. Sento solo due voci. Quattro note. Le riconosco. Quattro semplici note. Riconosco le voci e mi risveglio dallo stato di dormiveglia in cui mi ero assopito. Mi alzo dal dondolo e noto un’ ombra sulla porta di casa. È Prim. Stringe un libro tra le braccia. Non do troppa importanza al libro. Anche lei ha riconosciuto la melodia. La prendo per mano ed insieme ci dirigiamo verso il bosco che non dista molto dalla nostra casa. Aspettiamo Darius e Katniss alla rete che ci separa dalla foresta per impedire l’ accesso alla zona abitata agli animali selvaggi. Gli altri due componenti della famiglia arrivano trascinando un cervo morto. Dev’essere il bottino della giornata. Due occhi grigi, tipici da Giacimento mi sorridono. La copia esatta degli occhi brillanti di Katniss. Ha anche la sua voce. Aiutiamo a trasportare il cervo fino al magazzino dove Sae la Zozza si affaccenderà per scuoiarlo e renderlo utilizzabile per essere cucinato, proprio come faceva al Forno. Fisso con espressione intenerita quel ragazzino che descrive la sua giornata di caccia, la bravura della madre con l’ arco. Poso lo sguardo su quei suoi capelli biondi, che ricordano tanto i miei. Katniss si è accorta delle mie occhiate e si gira verso di me con espressione intenerita. Per lei sembra più facile, vederli crescere. D’altronde si è dovuta adeguare quando la sua sorellina appena tredicenne si era trasformata in una donna, per via della Guerra che ci ha sconvolti tutti. I suoi occhi color Giacimento incontrano i miei, facendomi capire che è ora di accettare l’ idea che il tempo sta scorrendo e che i bambini in questa casa se ne sono andati via per sempre.

La serata prosegue allietata dal contagioso entusiasmo di Darius per la giornata appena trascorsa. Non l’avevo mai visto così… Neppure quando avevo cercato di insegnargli a fare il pane… Ricordo che era accaduto poco tempo prima. Ama trascorrere del tempo con me, certo, ma non aveva mostrato lo stesso interesse come quando Katniss gli aveva regalato la giacca da caccia del padre il giorno del suo nono compleanno. È sempre più simile a lei… Prim invece adora dipingere. Questo l’ha ereditato da me. Come gli occhi. Non potrei mai dimenticare il primo momento che la vidi con il pennello in mano e un’ espressione concentrata sul volto di fronte ad una tela bianca mentre cercava di imitare i miei abili gesti che riempivano il piano con mille sfumature di colori. Adesso è diventata quasi più brava di me. Katniss dice sempre che adora osservarci quando siamo all’ opera, silenziosi, mentre le nostre emozioni, i nostri pensieri si tramutano in colori e prendono forma sotto i nostri occhi. Ci sentiamo sereni, così. Semplicemente. Lei dice che io e Prim ci assomigliamo più di quanto pensi. Ma la testardaggine è di Katniss, su questo non si discute.

Questa sera Prim è turbata. Non ride, non si dimostra interessata alle conversazioni, lo sguardo fisso sul piatto per tutta la durata della cena. Quando ci alziamo, noto nei suoi occhi un velo di ansia. È combattuta, si vede, come se fosse sul procinto di chiedere qualcosa ma ha troppa paura della risposta. Non è da lei. Lei che è sempre così solare, con la gioia di vivere che le scoppia nelle vene. Anche Katniss si è accorta che qualcosa non quadra. Ma poi ho un’ illuminazione. Un’ ipotesi che spiega il comportamento di Prim. Come un fulmine colpisce il mio cervello e da lì capisco. Prim in piedi su una sedia, traballante che rovista nello scaffale più alto. Un libro che stringe tra le braccia sulla porta quando andiamo incontro a Darius e Katniss prima di cena. Quel libro al quale non ho dato molta importanza. Quel libro che non ha voluto lasciare neppure quando siamo arrivati al Prato. L’oceano. Le gocce. I ricordi. Una storia. Quella storia. Prim deve aver aperto il libro quando ero in giardino ed essendo stata travolta da tutti quei ricordi, tutte quelle vittime, tutti quegli amici, familiari perduti per sempre, inghiottiti dalla morte, deve aver capito da sola quanto è stata atroce quella Guerra. Deve aver capito, che la vita viene pagata a caro prezzo, che la Guerra raccontata sui libri è totalmente differente da come è stata vissuta dai veri protagonisti. Che è un’ atrocità inimmaginabile. La piccola bambina che danzava inseguita dal fratellino sul Prato, è maturata di colpo sfogliando quel libro. Ma noi ora siamo qui per maturare assieme.

I ragazzi sono in soggiorno. Un paio di occhi grigi mi fissano intensamente. Deve aver compreso che il passato ha ribussato alla nostra porta, questa volta con più veemenza. Lo ha capito. Lei capisce sempre tutto all’ istante. Katniss sa che è arrivato il momento di spiegare, senza che io le abbia raccontato nulla riguardo i pensieri che mi hanno riaffollato la mente oggi. Non che se ne siano mai andati via. Solo che oggi sono stati più insistenti. – E’ il momento che sappiano come sono andate realmente le cose. Vero o falso? – mi chiede. Facciamo ancora questo “gioco”. È qualcosa di nostro, un momento di intimità tra noi due. A volte i ragazzi ci guardano come si fissano due pazzi, ma sono divertiti. – Vero.

Un‘espressione di angoscia ma con una nota di rassegnazione nasce sul volto di Katniss. E io so il motivo. Ricordo quando un giorno Prim, che aveva appena sei anni, tornando a casa da scuola mano nella mano con Lei, le raccontò della lezione della mattina: gli Hunger Games. Allora era troppo piccola per capire… Ricordo la faccia terrorizzata di Katniss quando mi raccontò l’ accaduto. Sapeva che prima o poi sarebbe successo. Lo sapevamo tutti e due. Dopo la fine della Guerra, il neonato governo aveva infatti deciso di abolire i Giochi ma volle che la loro storia venisse raccontata nelle scuole, che anche i più piccoli venissero a conoscenza dell’ ingiusto divertimento di Capitol City quali erano. Prim e Darius sanno che i loro genitori vi hanno partecipato direttamente. Ma è tutto qui. Cerchiamo sempre di evitare l’argomento… Troppo dolore. Fa troppo male spiegare ai nostri figli il motivo degli incubi che perseguitano le nostre notti, il motivo per qui continuano ad arrivare. Ma noi diremo loro come li superiamo: ricordando ogni atto di bontà che abbiamo visto fare. E trovando il conforto l’ uno nell’ altra.

Haymitch arriva a casa nostra. E ha la bottiglia. Abbiamo pensato fosse importante la sua presenza quando riapriremo le nostre ferite. Dovrà esserci anche lui quando ricorderemo quei momenti. Ci aiuterà anche lui. Quanto vorrei che fosse qui anche Finnick. O Johanna. Vorrei anche loro qui con noi. Ma non è possibile. Quando lo vedono entrare in salotto esultano, soprattutto Darius. Prim rimane seduta e si limita ad un timido gesto con la mano. Haymitch ci guarda. Anche lui è sorpreso dal suo comportamento, ma credo sia ancora abbastanza lucido da aver capito il motivo. Prendiamo posto sui comodi divani, tutti tranne Katniss che invece rimane in piedi e recupera il libro dallo scaffale più alto. Sì, è quello che aveva visto Prim… Lo avrà messo a posto appena prima di cena. Katniss trema, le sue mani tremano. È solo il suo immenso autocontrollo che le impedisce di lasciar andare le lacrime… Solo non so quanto possa durare… Tutti quei ricordi… Tutte quelle perdite… Ma alla fine anche lei si accomoda sul divano vicino a me, mentre Haymitvh e i ragazzi sono seduti di fronte a noi. Stringo le sue mani tra le mie. La mia presa salda sembra confortarla. Si sente sempre al sicuro tra le mie braccia. Poi poggia il libro sul tavolino di mogano (sempre gentilmente offerto da Effie) che divide i due divani e lo apre. Semplicemente.
Nessuna introduzione. La prima pagina del libro è occupata da un grande disegno che ritrae il simbolo della rivolta: la Ghiandaia. Ho fatto io quel dipinto. Quel giorno in cui Katniss aveva poggiato vicino a me la spilla con la ghiandaia regalatale da Madge prima dei nostri primi Giochi e io l’avevo riprodotta sulla carta, solo leggermente più grande. Giriamo pagina nel più assoluto silenzio. Una ragazzina dai lunghi capelli biondi raccolti con due trecce è ritratta mentre tiene in mano un gattino, smunto, mal nutrito. Anche la bambina è molto magra. – Prim – sussurra Katniss. Piange in silenzio. Le fa troppo male. Le manca da morire. Primrose Everdeen. La sua sorellina. Primrose Rue Mellark. Sua figlia. Le lascio un bacio sulla fronte. Sembra calmarsi. Alla fine della pagina c’è una foto di Lady, la capretta che aiutava il sostentamento della famiglia con il suo latte che lecca una guancia della sua padroncina. Lady, un’ altra vittima del bombardamento del 12.

Continuiamo a sfogliare. Haymitch si limita a bere, probabilmente per annegare quella marea di pensieri ed emozioni che gli occupano la mente nell’alcol. Ventitrè anni di tributi morti sotto la sua guida di mentore non sono facili da dimenticare. I ragazzi osservano tutto in silenzio, non vogliono chiedere, almeno per ora. Anche se… cos’ altro c’è da sapere? Tutto quello che è la Guerra è racchiuso nel nostro libro. I ricordi, i nostri ricordi, tutto quello che la Guerra ci ha portato via, tutto quello che attesta la sua brutalità, è qui. Tutti i nostri pensieri sono scritti sulla carta con la migliore grafia di Katniss, tutti quei particolari che sarebbe un delitto dimenticare… la risata del signor Everdden e la sua voce che era in grado di far zittire le ghiandaie nel bosco, proprio come quella di Katniss e di Darius hanno fatto oggi; mio padre con i suoi squisiti biscotti, quei biscotti alla quale preparazione contribuivo anche io… Quanto mi mancano quei momenti, quanto mi manca lui, la mia famiglia; il colore degli occhi di Finnick, il blu dell’ oceano che si disperdeva nelle sue iridi; quello che Cinna, il caro buon vecchio Cinna, era in grado di fare con uno scampolo di seta; il carattere scorbutico di Johanna; Boggs che programma l’ Olo poco prima di morire; Rue in equilibrio sulle punte dei piedi, le braccia un po’ allargate, come un uccello sul punto di prendere il volo… La piccola Rue. Si notano ancora i segni delle lacrime cadute sulla carta che hanno sbiadito l’ inchiostro. Ora altri punti vengono rovinati da altre lacrime che cadono, inesorabili, dai nostri occhi.
Prim e Darius leggono con attenzione le note del libro e fissano attentamente ogni singolo volto per poter ricordare gli eroi di quei momenti. Alla fine troviamo una foto risalente a qualche anno prima del figlio di Annie e di Finnick, che non conoscerà mai il padre, e una primula tardiva, una di quelle che avevamo piantato appena finita la Guerra, quando ero stato congedato da Capitol e avevo finalmente raggiunto Lei nel 12, salvandola da quel gorgo cupo di dolore senza fondo* in cui era precipitata, ridonandole la vita. Perché quello di cui ha bisogno non è il fuoco, che le scorre insaziabile nelle vene, ma il dente di leone che fiorisce a primavera. Il giallo brillante che significa rinascita anziché distruzione. La promessa di una vita che continua, per quanto gravi siano le perdite che abbiamo subito. Di una vita che può essere ancora bella.

Ed è questo che auguro ai miei figli, e a tutti coloro che verranno dopo di loro. Di imparare dagli errori passati, per non compiere più gli stessi sbagli, di vivere una vita splendente, evitando che la sua luce venga offuscata dalla malvagità degli uomini che non comprendono che dono grande possa essere la vita che ci viene offerta. Di continuare a credere nei propri ideali, di lottare per difenderli. Di amare e proteggere le persone che ci circondano e di vivere ogni minuto come se fosse l’ ultimo, perché magari la fine non è poi tanto lontana come crediamo.

Così, quando richiudiamo il libro, Katniss lo porge ai ragazzi, ancora lacerata per le ferite riaperte, e chiede loro di continuare a riempirlo di memorie, ricordi, momenti, di nuove gocce per ingrandire l’immensità dell’oceano. Per rendere la storia, la nostra storia, che ormai è anche la loro, l’arma per sconfiggere l’abbagliante oscurità che potrebbe riemergere, per non dimenticare. Intanto Haymitch che è ancora seduto sul divano con lo sguardo annebbiato dalle lacrime e con la bottiglia vuota in mano, si alza e, senza parlare, ci stringe tutti in un abbraccio silenzioso. Un abbraccio che è capace di interpretare i nostri sentimenti molto più di mille parole, di placare le acque furiose del nostro oceano interiore. Un abbraccio che ha il potere di rinvigorire la fiamma e far rifiorire il dente di leone. Semplicemente.

 

*frase di Bianca Pitzorno dal libro "La Bambinaia Francese".


 

*Voce impastata dal muffin che sta masticando*
That's the end...
*Lettori: Non si mangia con la bocca piena, Belle, *usando la voce di Effie* è maleducazione!*
*Belle: Ehi ehi, ho io i muffins dalla parte della formina (?), quindi potrei sentirmi particolarmente antipatica e far fare ai rimanenti dolcetti un tour guidato del mio apparato digerente, mh?*
*Lettori:...*
*Belle:...*
*Lettori: Arg, okay, okay!*
*Belle: *distribuisce muffins alla folla (o a quei tre santi ragazzi che sono ancora interi dopo la fic :P)*

E dopo questo demenziale copione, that's all, guys!
Imploro gli dei che abbiate apprezzato questa mia creazione alla quale tengo davvero molto quindi, se vi va (ricordate che sono stata buona buona e vi ho dato il resto dei muffins *occhioni dolci stile Blaine Anderson quando guarda Kurt* :P), lasciate un vostro parere tra le recensioni, sarò contenta di leggervi! :)
As always, un ringraziamento speciale alla mia partner in crime/ beta/ best/ bla bla bla Ange aka Miss Villains aaand goodbye folks, ci si legge in giro! <3
Ah sì, beh, a proposito dei sopracitati Anderson & Hummel, un po' di tempo fa ho pubblicato qualcosina anche tra le vaste zone di Glee, quiiindi dateci un occhio if u want (link->
http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=2581015), thanks! :*
Un bacione, 

#Belle
  
Leggi le 3 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Hunger Games / Vai alla pagina dell'autore: Belle98