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Autore: Feles 85    06/08/2014    4 recensioni
Harmonios, figlio maggiore di Milziade, si era precipitato fra i soldati, senza nessun minimo riguardo per la propria incolumità. Eppure evitava meticolosamente di ingaggiare battaglia.
Era strano che un valente guerriero come lui, nonché strenuo patriota, stesse evitando in ogni modo ci combattere. Pareva piuttosto che cercasse qualcosa...o qualcuno.
Genere: Drammatico, Romantico, Storico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harmon 'Harm' Rabb, Sarah 'Mac' MacKenzie
Note: Otherverse, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Volevo ringraziare le persone che mi stanno seguendo con calore e partecipazione:

kk549210,
matty89
maceharm4ever
spandy4ever
Un abbraccio a tutti voi, ragazzi.

***

Le due spade si incrociarono molte volte, vibrando violentemente. Non risparmiavano colpi, non risparmiavano forze.
Lo scontro era mortale.
Lei, sapendo bene di non poter contrapporsi direttamente alla forza fisica di un uomo, puntava tutta la sua tattica nella lestezza e nella precisione dei colpi, evitando le cariche dove ne sarebbe uscita miseramente sconfitta. Lui invece, concentrava i suoi sforzi nell'evitare i veloci fendenti e affondi che lei tentava di portare a segno e si focalizzava in poche ma micidiali cariche, in cui provava a travolgerla.
La loro concentrazione era assoluta poiché nessuno dei due voleva cedere.

*****

Non c'erano alternative ormai, non c'era più speranza per un futuro diverso. Forse, non ci avevano mai veramente sperato sin dalla prima volta in cui si erano scontrati a Sardi, quando Harmonios era giunto assieme ad un piccolo battaglione ateniese.
  La città, per mano greca, era ormai divorata dalle fiamme, quando la generalessa Sara guidò un piccolo plotone di soldati persiani tra quelle macerie per cercare di salvare chi poteva salvarsi e catturare qualche nemico.
Lei sapeva che la città era persa ormai: gli Ateniesi, venuti col favore della notte, l'avevano condannata alla distruzione del ferro e del fuoco. Non avevano potuto fare altrimenti poiché il numero degli opliti greci era tanto esiguo da non potersi permettere uno scontro frontale con i Persiani. Questo significava che l'unica offensiva possibile per loro era il saccheggio e così avevano agito.
Sara stava rimuginando con rabbia queste cose, quando le comparirono davanti agli occhi un gruppuscolo di soldati ateniesi, intenti a raccattare ciò che di buono era rimasto tra gli averi della gente di Sardi.
Vedere il nemico ronzare come un avvoltoio sugli ultimi residui della città annichilita, le fece perdere la lucidità e subito si lanciò, assieme ai suoi soldati, su quel gruppuscolo di nemici.


*****

Harmonios si era visto planare addosso, quasi fosse un falco, un esile persiano, occultato dalla tipica leggera armatura. Quell'uomo sottile era a capo di un piccolo plotone di Persiani.
Cosa crede di fare quest'omino?
Aveva pensato lui.
Ma poi, quell'esile omino urlante l'aveva messo in difficoltà: difettava in potenza ma era lesto, agile, e sapeva dove colpire e dove puntare. Non gli lasciava respiro, incalzandolo come quando un gatto selvatico prende di mira gli occhi di un cane da caccia con i suoi esili ed affilati artigli. Il Persiano gli roteava attorno senza stancarsi e lui faceva molta fatica ad intercettarne le movenze rapide.
Fa' solo che ti acchiappi, piccola ombra...ti schiaccerò!
 Harmonios constatava, infastidito, che l' armatura di ferro greca l'appesantiva; gli impediva i movimenti, sentendosela pesare sulle ginocchia, contrariamente a quella leggerissima che indossavano i Persiani. In compenso, quel fardello di metallo gli consentiva di temere meno i colpi diretti, cosa che l'armatura di vimini persiana non poteva fare: era fin troppo penetrabile. Quell'esigua protezione era infatti più adatta a degli arcieri che si spostavano in lande aride, che non a degli opliti che puntavano t quasi tutta l'offensiva sulle cariche frontali.
Lo scontro dunque era piuttosto bilanciato, anche perché Harmonios risentiva della spossatezza accumulata in quei giorni di marcia in terra straniera e non poteva quindi contare sulla sua consueta prontezza. Ma era comunque un uomo ben allenato e resistente, così condusse il duello in modo da poter agguantare e surclassare quell'esile avversario con la sua potenza muscolare superiore. Si era accorto infatti che quel frenetico persiano era fuori di sé dalla furia e che attaccava e si muoveva con poco discernimento e cautela...L'Ateniese dunque, schivando i colpi più letali, e spostandosi con ponderazione, era riuscito a condurre quella danza mortale, dirigendo le mosse del nemico in modo tale da farsi inseguire. Quando si erano trovati poi a ridosso del muro di un rudere, Harmonios scattò in avanti all'improvviso e gli mise un piede tra i garretti del persiano che inciampò e barcollò verso il muro. Il greco allora, avendo guadagnato le spalle dell'avversario, poté ghermirlo con tutta la forza che aveva, bloccandogli gli arti superiori e facendogli cadere la spada dalla mano destra. Poi, con uno strattone lo spinse con violenza con la faccia contro il muro. 
Gli altri Persiani alla vista di quella scena, parvero turbarsi ed arretrarono un poco dallo scontro.
Devo aver acciuffato un pezzo grosso...Bene!
Così afferrò nuovamente l'avversario inerme, serrandogli brutalmente il collo tra la piega dell'avambraccio destro e bloccandogli le braccia con l'altra mano, lo trascinò poi per pochi metri, ostentandolo come un trofeo agli altri Persiani. Costoro parvero costernati e arretrarono ancora.
Ma quale non fu la sua sorpresa quando sentì provenire dal nemico, ormai completamente in balia della sua morsa, un grido di guerra rivolto verso i Persiani titubanti.

-"Che fate lì impalati? Continuate a combattere!"

Era una voce di donna.
Quella voce sottilmente aspra gli era entrata violentemente nella testa in un istante, come un chiodo conficcato nel cervello. Senza riflettere, voltò verso di sé la sua vittima e con un brusco gesto gli cavò via l'elmo, denudandole il volto.
La treccia bruna, liberata dalla morsa dell'elmo, scivolò sul petto della generalessa che respirava a fatica, mentre lo guardava furente. 
Ad Harmonios il respiro parve morirgli in gola.

Questi occhi...

Era diafana e questo chiarore si sposava meravigliosamente con quei lucidi capelli foschi, annodati in una lunga treccia. E i suoi occhi...grandi, grigi e trasparenti come acqua, leggermente ombrosi...Erano così vicini ai suoi che ne distingueva le pagliuzze ambrate nelle iridi, cosa che dava un ché di felino a quello sguardo magnetico.
Si sentì un violento tonfo.
 Harmonios si era liberato del suo elmo con una mano sola.
Dopo che lui aveva rivelato a sua volta il suo viso, gli occhi della donna parvero addolcirsi...
I pensieri dell'ateniese erano evaporati; la sua mente si era ammutolita, ammaliata da quegli occhi incantevoli che non si staccavano dai suoi. 
Non sapeva più cosa fare, non sapeva dove fosse, non ricordava più chi era o di chi era figlio...o almeno, per un brevissimo istante così era stato...l'oblio si era impadronito di lui.
La strinse ancora più a sé...
Lei parve sussultare.



***********


Sara era furibonda. 
Chiusa nella sua tenda, dentro l'accampamento persiano, non riusciva a darsi pace.
Quel maledetto greco...
L'aveva voluta umiliare, ne era certa!
L'aveva prima sottomessa in combattimento, poi l'aveva privata dell'elmo, scoprendone le sue grazie di fanciulla...Le aveva poi risparmiato la vita, trattandola con bonaria condiscendenza.
Come si trattano i ragazzini...


-"Io sono un generale! Non sono una ragazzina che gioca alla guerra! Ho perso la faccia di fronte ai soldati, maledizione!"urlò lanciando per terra la coppa d'acqua che stava bevendo, mandandola in frantumi.

Come ha osato...

Già, come aveva osato poi fissarla con quegli occhi...
Prima ancora che si togliesse l'elmo crestato, lei aveva intravisto gli occhi del greco scintillare luminosi e ne era stata come ipnotizzata.
Erano occhi azzurrissimi, aveva poi avuto modo di constatare...così radianti...

Perché diamine si é scoperto la faccia, poi?

Non si dava pace. Sapeva bene che, quando si era scoperto il viso, la sua stretta su di lei si era affatto disciolta, trasformandosi in qualcosa che assomigliava ad un abbraccio.Lei ora si rendeva conto che in quel momento avrebbe potuto benissimo approfittarne. Poteva dargli uno spintone, mollargli un calcio col ginocchio sullo stomaco e sarebbe stata libera...
Invece era rimasta lì, a fissare quel volto bronzeo e liscio che la guardava come se non ci fosse altro attorno a loro.

-"MALEDIZIONE!" Imprecò battendo i pugni sul tavolo

E poi, si chiedeva, per quale ragione, quando lui l'aveva lasciata andare all'improvviso, lei aveva dato l'ordine ai suoi di ritirarsi? Era impazzita? Erano in superiorità numerica! 
Quando erano tornati all 'accampamento lei aveva spiato ossessivamente i volti dei suoi sottoposti, credendo di vederci degli sguardi di commiserazione o di disprezzo.
Si era sentita malissimo, defraudata della sua dignità. Si era sentita come una ragazzina capricciosa che viene portata a giocare alla guerra da un gruppo di uomini benevolenti.
POK!
Aveva tirato un calcio alla gamba del tavolo.
Sì, non c'erano dubbi. 
La verità, l'imbarazzante verità, era che lei aveva perso la testa quando quell'uomo si era rivelato...

Quegli occhi...

Sì, lei si era di colpo trasformata in una ragazzina tremante: il cuore aveva cominciato a batterle come un tamburo, le gambe le aveva sentite farsi deboli e malferme, le mani le sudavano.
Ma perché la guardava così? Diabolico greco!

Doveva fare qualcosa. Doveva porre rimedio a quella stupidaggine! A tutti i costi!
Si rivoltò tutta la notte sul suo giaciglio come un serpente in pena, tormentata da desideri contrastanti.
Quando il chiarore del Sole fece capolino da Oriente, inondando di luce la sua tenda, Sara aveva preso la sua decisione:
L'avrebbe ucciso.
Avrebbe portato la sua testa come pegno; avrebbe dimostrato ai suoi che lei non era una ragazzetta sprovveduta.


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