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Autore: go_ila_go    11/09/2008    2 recensioni
"Ha un bel viso, liscio, anche se contornato da qualche ruga qua è là, dovute quasi sicuramente alla vecchiaia. Due occhi vispi, scuri, di un nocciola intenso, e labbra sottili, circondate da folti baffi bianchi. Che strano. Eppure mi sembra di averlo già visto, da qualche parte." - E se un arzillo vecchietto si rivelasse il vostro pass personale?! - La Nina, la Pinta e la Santa Maria in trasferta a Berlino! Enjoy! xD [è la prima ff che pubblico, quindi siate clementi e... recensite, mi raccomando!]
Genere: Romantico, Commedia, Comico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Tokio Hotel
Note: What if? (E se ...) | Avvertimenti: nessuno
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Ehy! Salve a tutti! Sono Ila e questa è la mia prima ff!

Spero vi piaccia.. lasciate dei commenti, se vi va! Gli leggerò molto volentieri!

Disclaimer: i Tokio Hotel non mi appartengono, quindi spero di non offendere nessuno con questo mio scritto.

Le tre dell’Ave Maria (ovvero le protagoniste! n.d.r.), invece, mi appartengono eccome, e di conseguenza, di loro ne faccio quello che voglio! Muahahaha! *me sadica!*

 

Ora bando alle ciance!

Vi lascio alla lettura del primo capitolo!

Commentate, eh?!

Ciao!

Ila

 

 

Dove vi porto, signorine?

 

 

Capitolo 1.

 

“Ma è il nostro?!”.

“E lo chiedi a me, Bitta?! Ce li hai tu i biglietti!!! Controlla il numero del volo.” dico, in preda all’isterismo, sbattendo il caffè sul tavolino.

Bitta afferra i biglietti dalla borsa e se li picchia sotto il naso.

Che intelligenza: ha lasciato gli occhiali da vista dentro la valigia. Andiamo bene.

Deglutisce, il che non è affatto un buon segno.

“Merda”. Ha gli occhi fissi sul biglietto che ha in mano.

“ALLORA?!” sbraita Veru, che fino a questo momento è stata zitta, impegnata a gustarsi il suo ‘squisito’ cappuccino.

 “Muoversi!!!” urla l’altra, prendendo la borsa e alzandosi dalla sedia con la grazia che la contraddistingue: notare che il suo, di cappuccino, è volato per terra.

In un battito di ciglia ecco che mi ritrovo a correre in mezzo alla gente che ci squadra come se fossimo delle matte.

Non hanno tutti i torti.

Però, cavolo! Non è giusto!

Qua ce l’hanno con me, sicuro.

Abbiamo passato due ore – e dico due ore – su quelle ‘comodissime’ poltroncine sgualcite davanti al gate 3 che hanno trasformato il mio sedere in una sedia a sua volta, e proprio quando ci allontaniamo cinque miseri minuti per mandare giù qualcosa di apparentemente commestibile (ergo: caffè colore vomito e due cappuccini gelati) una voce gracchiante di una signora avanti con gli anni annuncia in un italiano alquanto incomprensibile che il volo 6598 diretto a Berlino sta per partire.

Cazzo!

Non è possibile.

Cominciamo bene la vacanza!

In meno di due minuti percorriamo il tragitto a una velocità supersonica e ci ritroviamo davanti al gate 3.

Fortunatamente c’è ancora qualcuno che si deve imbarcare, così ci mettiamo in fila anche noi.

Nessuno delle tre fiata.

Per forza! Abbiamo fatto due rampe di scale a trecento all’ora!

Non mi sento più le gambe. Ho il fiatone.

Avrei voglia di quelle bombolette che usano gli asmatici, per riprendermi un po’.

Anche se io non soffro d’asma.

Va bè, dettagli.

La fila prosegue, facciamo vedere il nostro biglietto alla hostess e attraversiamo il portone, insieme agli altri passeggeri.

“Bè, dai, almeno ce l’abbiamo fatta, no?!” dice poi Bitta, abbozzando un sorriso.

La fulmino con lo sguardo.

Ci mancava solo che non riuscivamo a partire, guarda!

Scendiamo delle scale e ci troviamo all’aperto.

Fa caldo. Un caldo afoso. Un caldo da Luglio in una città come Milano. 40 gradi all’ombra.

Guardo le mie due compagne di viaggio: Bitta sta spegnendo il suo cellulare, un ricciolo le cade sulla spalla scoperta; Veru, invece, ha in mano un piccolo libricino e intanto parla da sola, a bassa voce.

Un piccolo libretto, con la copertina colorata.

Mi avvicino, curiosa.

E te pareva!

Il dizionario di Tedesco.

“Veru!!! E basta con quel coso, dai!!!” le dico, sbuffando, mentre Bitta si mette a ridere.

“Ila, stiamo andando a Berlino, noi, e si dà il caso che non sappiamo manco mezza parola di tedesco! Come credi che ci faremo capire?!” mi risponde, seria, con fare da saputella.

“Ma sì!!! In qualche modo ci facciamo capire… un po’ in Inglese, un po’ a gesti, dai… ce la caviamo!” dico, a voce più alta, “E poi qualche parola la sappiamo di Tedesco!” aggiungo, mettendomi le mani sui fianchi.

“A sì?!” interviene Bitta, guardandomi perplessa.

“Certo!” esclamo. “Ja, nein, hallo, tchuss e…la mia preferita! Kartoffen!” esclamo, scoppiando a ridere e facendo ridere anche le altre due e dei signori che sono vicino a noi.

“Sìsì…hai ragione, Ila! Va bè, andiamo và.” Veru prende sottobraccio me e Bitta e ci dirigiamo verso il pulmino che ci porterà all’aereo.

 

“Mi annoio!” dico, e mi lascio andare sulla mia poltroncina.

E’ da circa mezz’ora che siamo in volo, e io non so più cosa fare: ho ascoltato la consueta tiritera delle hostess sulle uscite di sicurezza e palle varie, ho fatto la radiografia a uno degli steward che non è   nient’affatto male – si chiama Marc, deve essere tedesco – ho guardato le nuvole fuori dal finestrino…

Ho fatto tutto quello che si può fare su un aereo e ora mi annoio.

Mi giro alla mia destra. Nella poltroncina accanto alla mia, Bitta sta serenamente dormendo, con una espressione beata sul viso.

Chissà chi starà sognando?!

Mi volto allora a sinistra. Veru sta nuovamente spulciando il suo dizionarietto e ogni tanto annuisce.

“Che fai?” le chiedo.

“Sto cercando di imparare qualche parola che può esserci utile.” mi risponde, senza distogliere lo sguardo dal libro.

“Uffa! Che palle!” sbuffo, dando un calcio alla poltroncina davanti.

Due pensionate. Forse due pensionate sarebbero state più di compagnia!

“Facciamo qualcosa? Mi annoio!!!” le dico, guardandola con gli occhioni da cerbiatto.

“In effetti… anch’io m’annoio…” afferma, e apre la sua borsa iniziando a rovistarci dentro.

La borsa di Mary Poppins, eccola!

Continua per un po’ e poi alla fine sorride, tirando fuori il suo Ipod verde mela.

“Ascoltiamo la musica!” esclama, sorridendo anche con gli occhi.

Ho capito tutto.

Ti prego, no. Non qui, non ora. Aiuto!!!

Mi ficca un auricolare nell’orecchio e inizia a far muovere la rotellina qua e là, con decisione.

“No!” le urlo, quasi implorandola, ma lei non mi sente.

O fa finta di non sentirmi!

E’ sadica.

Finalmente sembra aver trovato quello che cercava. Sorride soddisfatta.

No! Pietà!

Dalle cuffiette inizia a diffondersi una melodia.

Ecco. Appunto.

Un giro di chitarra che ormai riconosco subito.

Una batteria decisa, carica, si aggiunge.

Ed eccola, la voce. La sua voce.

Nooooooooooo!!!

-We were runnin’ through the town our senses had been drowned no place we hadn’t been before...-

“Veru, no! Anche qua no, ti prego!” quasi le urlo addosso ma lei non mi considera proprio.

Anzi, alza addirittura il volume.

Eccola, è andata. Siamo a posto.

La sua testa si muove seguendo il ritmo della canzone, con la mano tiene il tempo battendola contro la coscia.

Oltre alla musica che mi sta perforando il cervello, sento qualcos’altro che mi colpisce alla stessa maniera.

Mi rigiro verso di lei.

Oh no!

Questo è un incubo!

S’è messa a cantare!

“Ready, set, go, it’s time to run, the sky is changing, we are one, together we can make it while the world is crashin’ down, don’t you turn around!!!” canta a pieni polmoni, non curante che ci sono altre duecento persone su questo aereo: notare che lo fa così soavemente che addirittura Bitta s’è svegliata, saltando letteralmente sul suo sedile.

Tutti i passeggeri si girano verso di noi. Le hostess ci guardano male.

Io e Bitta diventiamo bordeaux per la vergogna. Veru, invece, continua la sua esibizione canora come se niente fosse.

Voglio una pala, subito.

Mi scavo una fossa e mi ci sotterro.

Le do uno spintone e lei, finalmente, si degna di darmi attenzione, togliendosi l’auricolare.

“Che c’è?” mi chiede, con aria indifesa.

“Abbassa la voce!” ringhio a denti stretti, scandendo le parole e cercando di assumere un tono autoritario.

Lei, di tutta risposta, mi ride in faccia.

Ma si può, a 18 anni, essere così sceme?!

I misteri dell’umanità.

  
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