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Autore: Emily Darcy    06/08/2014    5 recensioni
- Studio del dottor Stevenson. Chi parla?
- Sono Jonathan Turner. Vorrei parlare con il dottore.
- Glielo passo subito.
Alcuni secondi di attesa.
- Pronto, signor Turner. Voleva un appuntamento?
- No. Volevo dirle che lei mi ha mentito.
- Riguardo a cosa, signor Turner?
- Noi non potremmo mai essere uguali, dottore. Lei ha la possibilità di spegnere la mente. Io no. Io di notte non posso dormire, perché il mio dolore non riposa mai.
- E allora, signor Turner che cosa fa, di notte, per curare il suo dolore?
Il paziente rimane un attimo in silenzio. - Solo l'oscura immensità della morte mi darebbe la pace.
Genere: Drammatico, Suspence, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Seduta n°1.

Ha acceso il registratore, dottor Stevenson? – Il paziente picchietta le dita nervosamente sul bracciolo della poltrona.
Sì.
Quindi ogni cosa che dirò sarà registrata.
Esatto.
Io... non voglio che quello che dico sia registrato.
Nessuno all'infuori di me ascolterà queste registrazioni.
Come faccio a sapere che non mi mente?
Perché sono vincolato dal segreto professionale.
Io non dirò una parola. – Il paziente afferra il registratore e lo lancia dall'altra parte della stanza.”

Seduta n°1 parte seconda

Io sono qui per aiutarla.
Non può fare niente per me. Nessuno può aiutarmi.
Perché dice questo?
Perché non ho voglia di essere aiutato.”

Seduta n°2

Mi dica la prima cosa che le viene in mente.
Sa che io ho un quoziente intellettivo superiore alla media?
No, non lo sapevo.
Eppure si trova davanti una delle persone più stupide del pianeta. E sa perché?
Perché?
Perché sono inutile come essere umano.”

Un suono fastidioso interruppe il sonno di Jonathan. Imprecò arrabbiandosi per l'orario assurdo. Erano le due del mattino. Chi diavolo era l'imbecille che chiamava a quell'ora? Sperò che fosse questione di vita o di morte, altrimenti avrebbe spezzato il collo a qualcuno. Il giorno dopo aveva un esame, aveva bisogno di dormire: per farlo aveva anche evitato di uscire con la sua ragazza.
Tastò senza accendere la luce sul comodino alla ricerca di quell'odioso cellulare che non smetteva di vibrare. L'avrebbe volentieri fracassato contro il muro. Appena la sua mano lo trovò e vide che il numero era sconosciuto, l'impulso di ignorare la chiamata e non rispondere fu forte. Sicuramente era uno dei suoi amici troppo ubriaco per rendersi conto di quello che stava facendo. Rispose solo per potergli urlare di andare a farsi fottere.

  • Pronto? – urlò con la voce impastata.

Solo respiri affannati, nessuna risposta. Era uno scherzo come aveva pensato.

  • Pronto? - disse scocciato.

Stava per riattaccare, quando sentì qualcuno piangere all'altro capo del telefono e una voce familiare.

  • Jonathan...

  • Amanda?

  • Mi puoi venire a prendere, per favore?

I singhiozzi si alternavano ai sospiri e a qualche altra parola farfugliata. Perché la sua ragazza gli stava facendo uno scherzo? Lo sapeva che per lui era importante quell'esame. La voce però era fin troppo terrorizzata, senza contare che Amanda non era il genere di ragazza che ti svegliava nel cuore della notte per una sciocchezza. Lei stessa gli aveva raccomandato di dormire. 'Per almeno dieci ore!', aveva aggiunto lei con un sorriso raggiante il giorno prima.

  • Amanda, dimmi dove sei?

  • Ehm... non lo so di preciso.

  • Stai bene?

Di nuovo respiri affannati.

  • Amanda?

  • Sì?

  • Amanda, che ti è successo?

  • Non me lo ricordo. Puoi venire per favore?

  • Certo, arrivo subito.

Si levò la coperta di dosso e si vestì in fretta e furia con le prime cose che trovò. Parlava con Amanda in viva-voce.

  • Voglio solo tornare a casa. Fai presto, ti prego. Ho paura.

  • Arrivo subito, arrivo subito.

Per qualche secondo Jonathan si concentrò per allacciarsi le scarpe al buio.

  • Jonathan? Jonathan, Jonathan! Perché non rispondi?

  • Perché non mi hai dato il tempo! Tranquilla, verrò a prenderti. Devo solo trovare le chiavi della macchina... ecco, le ho trovate.

  • Ho paura di morire.

Questa volta fu Jonathan a rimanere senza parole. Anche lui respirava affannosamente, non avrebbe mai creduto di sentir quelle parole uscire dalla bocca di Amanda.

Seduta n°3

Fin da quando l'ho conosciuta, dottore, è sempre stata una ragazza allegra e solare, che trasmetteva la voglia di vivere a tutti coloro che la circondavano. A volte ho creduto che avrebbe potuto dare vigore e bellezza ai fiori appassiti, come aveva fatto con me. Lei mi ha reso una persona migliore, capace di apprezzare le cose che avevo senza sentire il bisogno di possederne altre. Lei poteva riempire il vuoto che le persone sentono quando non hanno uno scopo nella vita. Questo ha fatto a me, dottore.”

Seduta n°3 – parte seconda

Io sono nato per condividere l'amore, dottore, ma le circostanze impongono che io riempia d'odio il mio cuore per farmi forza. Lei dice che potrò amare di nuovo un giorno, ma quel giorno non arriva mai. Ha detto che col tempo il dolore passa, ma il mio aumenta sempre di più. – Il paziente si tocca il torace, nella zona in cui è collocato il cuore. – A volte vorrei strapparmelo dal petto!”

Sentirle pronunciare quelle parole lo fece preoccupare ancor di più. Lei era sola, chissà dove, e temeva per la sua vita. Jonathan si sentiva impotente.

  • Non ti succederà niente, piccola. Devi stare tranquilla. Ci sono io a proteggerti.

Frasi banali scritte in tutti i romanzetti rosa, frasi di cui si sarebbe pentito presto. Lei non le trovò consolanti. Forse, si chiese Jonathan, le aveva pronunciate con voce troppo tremante e non era risultato convincente. Doveva riuscire a calmarla. E doveva calmarsi anche lui. Se entrava nel panico, non avrebbe potuto aiutarla.

  • Avevi promesso che non mi sarebbe accaduto niente di brutto. – piagnucolò Amanda.

  • Non succederà, infatti. Ho messo in moto la macchina. Dimmi dove sei.

  • Jonathan, ho paura che si svegli. Fai presto.

  • Chi, hai paura che si svegli?

  • È per terra...

  • Amanda, ascolta, sto venendo a prenderti, ma devi dirmi dove sei. Non posso indovinare.

Silenzio completo, non si sentivano più neanche i respiri. Jonathan attese la risposta in preda all'ansia e al tormento.

  • Amanda?

  • Non capisco se si muove o è fermo! Jonathan, ti prego, fa qualcosa!

Jonathan sentì la ragazza scoppiare in lacrime. Capì che cercava di soffocare le urla.

  • Non devo urlare, o si sveglierà. Si sveglierà... oh mio Dio, lo so, si sveglierà.

  • Amanda, per favore. Mi stai spaventando. Dimmi dove sei.

  • Ho paura, ti prego... aiutami...

  • Devo chiamare la polizia? È questo che devo fare? Dimmelo tu come posso aiutarti!

  • Oh mio Dio, si sveglierà...

  • Amanda, per favore, Amanda ascoltami.

  • Jonathan, ho una brutta sensazione. Non lasciarmi sola. Lui si sta svegliando.

  • Amanda, ascolta, riesci a muoverti? Se riesci a muoverti, allontanati da lì.

  • Non posso. Lui blocca la porta. Lui blocca la porta!

  • Non c'è un'altra via d'uscita?

  • No!

  • Ma dove diavolo sei?

  • Non lo so! – La disperazione trasparì dalla sua voce.

I pianti si fecero più acuti.

  • Amanda, non piangere. Non devi avere paura, hai capito? Non devi avere paura. Chi c'è lì con te?

  • Lui mi vuole uccidere. Aspetta il momento giusto per farlo. Appena si sveglia, lo farà, se non arrivi subito!

  • Ti prego, cerca di fare attenzione solo alla mia voce. Io ti amo con tutto il mio cuore e non permetterei mai a qualcuno di farti del male... Dimmi solo deve sei e arrivo in un lampo.

Un urlo straziante e disumano fece tremare Jonathan, che per lo spavento lasciò cadere il telefono. La chiamata era chiusa.

Seduta n°4

Lei con me non aveva mai fatto l'amore, dottore, ma mi aveva detto che aveva già avuto esperienze. Non la credevo capace di mentire, ma l'avrà fatto per colpa mia, perché prima di metterci insieme io l'avevo spesso presa in giro su questo argomento.
Perché l'ha fatto?
Non lo so... – Il paziente fa una piccola pausa, tossisce. – Così, per scherzo. Era tutto uno scherzo all'epoca. Mi ricordo che una sera, eravamo soli nella mia stanza, lei mi disse che voleva fare l'amore con me. Le dissi che non doveva farlo per forza quella sera. Potevo aspettare. Le chiesi se non fosse stato meglio aspettare, dato che per lei era la prima volta. Lei sembrò offendersi. Giuro che non volevo prenderla in giro quella sera. 'Che ne sai che è la mia prima volta?', mi disse. Alla fine quella sera non successe niente.”

Jonathan era sicuro che l'urlo non fosse quello di una donna. Che l'uomo addormentato si fosse svegliato? Dopo aver ripreso il controllo, allungò la mano per raccogliere il telefono e ricompose il numero.
Aspettò invano che la ragazza rispondesse. Chiamò il numero sconosciuto, e poi quello di Amanda. Li chiamava alternativamente.

  • Maledizione! No. No. No. Non è possibile! Accidenti!

Richiamò ancora. E ancora. E ancora.
Cercò di non piangere. Di certo era uno scherzo. Lo avrebbe chiamato lei. Il numero era occupato, perché lui la stava chiamando e lei non poteva rispondere perché contemporaneamente tentava di chiamare lui. Non poteva essere altrimenti. Ci era cascato. Era uno scherzo. Perché si preoccupava tanto? Perché Amanda non richiamava. E perché diavolo non stava richiamando?
Chiamò la migliore amica di Amanda, Jenny.

  • Ciao, Jonathan. Non dovresti essere a dormire?

  • Dov'è Amanda?

  • Non è da te?

Il mondo gli crollò addosso. – No. Doveva andare alla festa con te.

  • Ha detto che voleva venire da te. Voleva farti una sorpresa. Le dispiaceva che fossi a casa solo...

  • Quindi non è alla festa.

  • No.

  • Ti giuro che se è un dannato scherzo...

  • Non è uno scherzo.

  • E allora dov'è Amanda?

  • Non lo so! – gridò Jenny. – Sarà a casa! Che ti prende?

Jonathan attaccò. Chiamò casa di Amanda. Prima che qualcuno rispondesse, ascoltò gli squilli del telefono più volte. La voce di una donna rispose piano, doveva essere la madre di Amanda.

  • Signora Adams, scusi se la chiamo a quest'ora.

  • Ma chi è?

  • Jonathan Turner.

  • Jonathan? Sono le due del mattino! Anzi le due e mezza!

  • Dov'è Amada?

  • Amanda? Che c'entra Amanda?

  • Mi dica dov'è!

  • Prima cosa, non urlare!

  • Me lo dica!

  • Non urlare!

  • Okay, mi scusi.

  • E poi, che domande fai? Amanda non è venuta da te?

  • No, non è venuta.

  • E dov'è?

  • È quello che le stavo chiedendo.

  • L'hai chiamata?

  • Non risponde! Mi ha chiamato lei! Chiedeva aiuto! E poi...

  • E poi? – La signora Adams si stava spaventando.

Jonathan sentì un'altra voce, maschile, che protestava per il chiasso.

  • Che succede?

  • Amanda non è da Jonathan.

  • Come sarebbe a dire? E dov'è?

  • Lui non lo sa.

  • Passamelo. – Strano rumore che doveva indicare il passaggio della cornetta da una mano a un'altra. – Jonathan – era il padre di Amanda. – Se è uno scherzo di cattivo gusto, sappi che non è divertente.

  • Non è uno scherzo.

  • Passami Amanda.

  • Amanda non è qui.

  • Non ho voglia di giocare.

  • Nemmeno io! Amanda non è qui!

  • E dov'è allora?

  • È questo che sto cercando di dire da due ore: non so dov'è! Mi ha chiamato. Credo sia in pericolo.

  • In pericolo?

Jonathan spazientito riattaccò. Perdeva tempo a parlare con quei due deficienti. Chiamò la polizia, sbagliando numerose volte a comporre il numero, nonostante fosse solo di tre cifre.

  • Pronto? Mi chiamo Jonathan Turner! Ho bisogno d'aiuto!

  • Ci dica qual'è il problema, signore?

  • Non riesco a contattare la mai ragazza! Mi ha telefonato, chiedeva aiuto. Poi ha cominciato a piangere, a urlare... diceva che un tizio voleva ucciderla, che bloccava la porta... – Jonathan scoppiò a piangere. – Non riesco a contattarla. Vi prego, aiutatemi.

  • È possibile che non fosse uno scherzo?

  • No!

  • Si calmi, signor Turner. Come si chiama la ragazza?

  • Amanda.

  • E il cognome?

  • Adams. Si chiama Amanda Adams.

  • Amanda Adams.

Il poliziotto che parlava con Jonathan venne avvertito che i genitori di una ragazza di nome Amanda Adams avevano chiamato, preoccupati per la figlia.

  • Dove si trova lei adesso?

  • Mi trovo... praticamente sono ai confini della città.

  • E la ragazza da dove l'ha chiamata?

  • Non lo so! È questo il punto! Diceva che non lo sapeva! Mi dovete aiutare, è in pericolo! Vi prego! – Implorava sempre più disperato. Le lacrime che ingoiava lo rendevano ancora più nervoso, senza contare che gli appannavano la vista. – Dovete rintracciare la sua chiamata! La dovete salvare!

  • Stia tranquillo. Raggiunga la centrale, e noi partiremo con le ricerche.

Jonathan attaccò. Per un minuto rimase fermo e immobile, cristallizzato nel suo dolore. Avrebbe voluto essere una statua di pietra, dura e insensibile, senza cuore, incapace di provare emozioni.
Compose un'ultima volta il numero di Amanda. Attese. Attese. Attese ancora. Fino allo strazio. Richiamò e richiamò, sperando sempre che rispondesse. Richiamò alternativamente i due numeri di telefono, di Amanda e dello sconosciuto, pensando che l'ultima cosa che avrebbe fatto nella sua vita sarebbe stata quella. Richiamò finché il suo telefono non lo avverti che la batteria era scarica e si spense.
Cominciò a colpire il volante con le mani e a piangere. Il suo inutile corpo umano non serviva più a nulla. Cominciò a provare dolore dappertutto, non solo perché stava cercando di farsi del male. Il dolore interno che provava era intensificato dal dolore fisico. Quasi non riusciva a respirare.
Voleva cercare di convincersi che non era morta, si diceva che c'era ancora una speranza, doveva lottare. Doveva lottare per lei, perché lei avrebbe lottato per lui. Non si sarebbe fermata di fronte ad un telefono scarico. Mise in moto la macchina e si diresse alla centrale di polizia infrangendo tutte le regole della strada scritte e non scritte. Si ripeteva che tutto si sarebbe sistemato. Lei era viva e avrebbe vissuto per sempre con lui. Poi lo sconforto lo prendeva. Quel dubbio, quell'impercettibile dubbio si insinuava in lui: e se si stesse sbagliando? E se lei... fosse morta? Forse proprio in quel momento, in cui lui la credeva viva e morta al tempo stesso, in cui non sapeva se continuare a sperare, lei stava morendo. Cominciò a sussurrare: “Fa che sia viva, Signore, ti prego, fa che sia viva e farò tutto ciò che vuoi. Fa che sia viva, fa che sia viva”. Sapeva che non funzionavano così le cose con Dio. Non era nemmeno tanto sicuro che Dio esistesse. E forse neanche Amanda esisteva più.

***

Seduta n°1 parte seconda

Signor Turner, perché pensa che i suoi genitori abbiano deciso di mandarla da me?
Il paziente alza le spalle. – Perché proprio non saprei.
Lei non sta bene, signor Turner. Lei è depresso perché la sua ragazza...
Non la nomini neanche, la mia ragazza! – Il paziente diventa aggressivo.
Pensa che lei sarebbe felice del suo comportamento? Pensa che ne sarebbe orgogliosa?
Che importanza ha, ormai? Lei è morta! È morta, lo capisce questo? È morta!
Cominci a guardarsi con gli occhi di lei. Pensa che lei vorrebbe davvero vederla in questo stato?”

Il cadavere era dentro un deposito di prodotti chimici in disuso.
La testa inclinata da una parte, poggiata su una spalla. Il suo corpo inerme, nudo e sporco di terra e foglie, coperto solo da alcuni stracci. I capelli bagnati sul viso, gli occhi aperti e immobili, ancora visibile il puro terrore. La sua pelle bianca piana di lividi e graffi, le unghie rotte e alcune dita spezzate.

Seduta n°5

Credono che lei abbia corso per più di due chilometri indossando solo la sottoveste ma quando la polizia l'ha trovata, lei... lei non aveva quasi più nulla addosso. – Debole singhiozzo del paziente. – Dicono che era coperta di sangue tra le cosce, poi mi hanno detto che era vergine prima di aver subito la violenza. Non so come hanno fatto a capirlo.”

Seduta n°5 – parte seconda

Amanda ha lottato con tutte le sue forze: questo dice la polizia. Perché dicono queste cose? Per farmi stare meglio? Non fanno che sottolineare come lei volesse salvarsi e come io abbia fallito. Perché non si è salvata? Questo dovrebbero dirmi. Perché le hanno fatto questo? Questo voglio sapere.“

Seduta n°6

La signora Adams spera che Amanda abbia pensato a lei prima di morire. Tutti quelli che le volevano bene lo sperano dopotutto. Anche io lo speravo all'inizio, ora non più.
Perché ha cambiato idea?
Probabilmente lei non ha pensato a niente. Forse lei ha chiuso gli occhi e ha aspettato la fine. Anch'io aspetto la fine, dottore.”

Seduta n°7

Lei crede in Dio, signor Turner?
Le confesso che non sono mai stato molto religioso, ho sempre avuto dubbi sull'esistenza di Dio e dopo la morte di Amanda, ne ho avuti ancora di più. Mi chiedevo come era possibile che lui avesse permesso una cosa del genere. Odiavo le persone che mi dicevano che lei ora è in un posto migliore, dove non soffre più, che lei resterà sempre nel cuore e altre cose simili. Io non la voglio nel mio cuore, la voglio qui accanto a me. Eppure voglio credere anche in Dio sono convinto che lei sia ancora viva da qualche parte in cielo. Prego Dio di essere stato abbastanza buono per poter stare con lei almeno in Paradiso. Forse solo Lui sa quanto la amo, forse è per questo che mi permetterà di sedere accanto a uno degli angeli più luminosi che abbiamo mai abitato questa terra.
La nostra seduta è finita, signor Turner. Ci vediamo la prossima settimana.”

 

   
 
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