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Autore: potteriani    07/08/2014    2 recensioni
“Papà, quando torna papà?” chiede Jeremy con voce sottile.
Sospiro, finendo di asciugargli i capelli col phon. [...]
“Stanotte tesoro” rispondo pettinando i suoi riccioli biondi.
“Possiamo aspettare che torni prima di andare a dormire?” chiede sempre con voce piccola.
Sospiro di nuovo, posando asciugamano e spazzola. Faccio voltare mio figlio, in modo da essere occhi negli occhi.
“Mi dispiace Jeremy, ma dobbiamo fare la nanna”
“Ma io voglio vedere papà … Mi manca” dice abbassando lo sguardo.
Genere: Introspettivo, Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Blaine Anderson, Kurt Hummel, Nuovo personaggio | Coppie: Blaine/Kurt
Note: Movieverse | Avvertimenti: nessuno
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Sono sveglio, ma non voglio aprire gli occhi. Aprire gli occhi significherebbe svegliarsi, e svegliarsi significherebbe dover affrontare la giornata.
Ma purtroppo –o forse no- quella dello svegliarmi non è una mia decisione. Sento dei soffici riccioli che mi sfiorano il mento, e qualcosa di caldo che si muove sul mio petto. Alla fine delle manine paffute mi afferrano il viso e sento che mi viene stampato un bellissimo bacio umido sulla guancia destra.
“Papà!” dice una vocina dolce e, sfortunatamente per i miei timpani, anche acuta e incredibilmente vicina al mio orecchio.
“Papà alzati!”
Mi costringo ad alzare le palpebre e a cominciare la giornata, prima che questo batuffolo rannicchiato sul mio petto cominci a colpirmi con il cuscino. Perché si, ne è capace.
“Buongiorno” biascico con voce arrochita, ancora intontito dal sonno.
“Devi prepararmi la colazione, dobbiamo andare a scuola!” due grandi occhi marroni mi fissano emozionati.
“Come mai tutta questa voglia di andarci oggi?” chiedo mettendomi a sedere e stiracchiandomi un pochino.
“La maestra Lily ci farà preparare le maschere per Halloween!” esclama mio figlio super eccitato, mettendosi a saltellare sul materasso. Lo afferro per la vita prima che possa agitarsi troppo –altrimenti dopo chi ce la fa a vestirlo?!- e sempre stringendolo tra le braccia mi alzo e mi dirigo verso la cucina, sopprimendo uno sbadiglio.
“E tu da cosa hai deciso di mascherarti?” gli chiedo mentre avvicino al tavolo la sua sedia, provvista di cuscini per farlo arrivare al ripiano di legno, e ce lo metto sopra.
“Voglio fare il leone!” e detto questo Jeremy emette un suono che dovrebbe essere il ruggito di un leone, ma somiglia più a un rantolio. Sorrido prendendo la tazza di Spiderman, la sua preferita.
“Sarai un bellissimo leoncino tesoro” gli dico posando la tazza difronte a lui e riempiendola di latte e cereali.
Jeremy mi sorride, facendo spuntare quelle adorabili fossette in mezzo alle guance che io amo, e poi afferrando il cucchiaio in modo impacciato comincia a mangiare.
Gli accarezzo piano i riccioli biondi, pensando a quanto sia meraviglioso. Lo abbiamo adottato due anni fa, quando aveva giusto tre anni. Era da un bel po’ che ne parlavamo, e alla fine sia io che Blaine avevamo deciso che la cosa migliore era adottare. Sapevamo che era la strada più lunga e difficile, ma a nessuno dei due sembrava giusto mettere al mondo un’altra vita quando ce ne sono già tante che hanno bisogno di affetto e di amore.
Jeremy era dalla nascita nell’orfanotrofio di Brooklyn al quale ci eravamo rivolti: sua madre non lo aveva voluto. Gli assistenti sociali non ci dessero molto altro riguardo alla sua famiglia biologica, dato che neanche loro ne sapevano molto. Semplicemente una mattina si erano trovati davanti alla soglia dell’istituto una cesta con dentro Jeremy e una sola lettera che spiegasse come mai era lì e come si chiamava.
Per noi era stato amore a prima vista. C’era voluto quasi un anno, ma alla fine questo piccolo angelo era venuto a casa con noi.
“Vuoi anche il succo?” gli chiedo mentre mi verso una tazza di caffè. Ne ho davvero bisogno! Dormire con mio figlio appollaiato sul petto può essere molto tenero, ma anche incredibilmente scomodo. Ma non ho potuto farci niente: quando ieri sera mi ha chiesto di dormire nel lettone con me non ho resistito. A mia difesa posso dire che ha usato lo sguardo da cucciolo, sguardo che ha assolutamente ereditato da Blaine. E che è la mia rovina.
“Si, ma non quello tutto grumoso, quello buono” dice sollevando lo sguardo concentrato dalla tazza di cereali su di me, per controllare che prenda il succo giusto. A nessuno in questa casa, tranne che a me, piace il succo di mela biologico. Entrambi i miei due “bambini” preferiscono quello del supermercato.
Gli riempio un bicchiere, poi mi siedo a tavola con lui per fare colazione insieme.
Una volta che abbiamo finito di mangiare lo mando in bagno col compito di lavarsi i denti, mentre io lavo velocemente le tazze e i piatti. Quando entro in bagno cinque minuti dopo lo trovo in piedi sul suo sgabellino –ancora non arriva all’altezza dello specchio da solo- intento a osservare il riflesso dei suoi denti.
“Lavati?” chiedo prendendolo per mano e portandolo in camera sua, dove tiro fuori dei vestiti da mettergli.
“Si” risponde annuendo tutto serio. Quell’espressione è troppo adorabile.
Vesto Jeremy abbastanza velocemente, e dopo avergli fatto il nodo alle scarpe vado in fretta a cambiarmi e a lavarmi i denti. Dopo aver finito di acconciarmi i capelli torno in camera sua, e lo trovo seduto sul bordo del suo letto con un’espressione corrucciata sul volto. Tra le mani stringe il pupazzo di Hulk e quello di Batman.
“Che succede tesoro?” gli chiedo sedendomi in ginocchio difronte a lui, prendendo intanto il suo zainetto per andare più tardi in cucina e metterci la merenda.
“Non so chi portare con me” spiega Jeremy osservando i due pupazzetti che stringe tra le mani. Posso leggergli la confusione negli occhi.
“Che ne dici se oggi porti Batman? Ieri hai portato Hulk, no?” gli dico infilandogli intanto il giacchetto.
“Ma non posso” dice con voce sconsolata.
“Perché no?”
“Perché Michael oggi porta Thor, e io non posso portare Batman: non fa parte degli Avengers!” mi dice come se fosse una questione di stato.
Cerco di far funzionare un attimo le rotelle: allora, Michael è l’amichetto con cui di solito gioca Jeremy al nido, e fin qui ci sono. E’ il resto della frase che mi lascia perplesso.
Dopo un altro po’ riesco a ricordarmi una parte della trama del film che Blaine mi aveva costretto a vedere una sera, quel film con tutti i supereroi di cui l’unica cosa positiva era stata poter vedere Chris Hemsworth per due ore e mezza. Mi arrendo, mio figlio è un nerd convinto già a cinque anni, esattamente come suo padre.
“Allora porta Hulk, Jeremy, però mettilo in fretta nello zaino, che stiamo facendo un po’ tardi”
Jeremy alla fine mette il pupazzo di Hulk dentro lo zainetto, e io posso schizzare in cucina a mettervi dentro la merenda e il succo. Quando ritorno in camera sua gli metto lo zaino sulle spalle e afferrando la mia tracolla usciamo di casa.


Dopo aver lasciato Jeremy al nido corro a teatro, fiondandomi subito sul palco dopo essermi messo velocemente la tuta delle prove. Stiamo mettendo in scena Jesus Christ Superstar, e la mia parte è quella di Gesù. Comico, no? Mi ritrovo a interpretare un personaggio di cui dubito fortemente l’esistenza. E inoltre in scena devo indossare una parrucca, anche se quello è il meno. Ma si sa, è lavoro, ed è la parte del protagonista –ottenuta dopo parecchi sacrifici- quindi non mi lamento affatto.
George, il regista, ha deciso di farci provare solo le canzoni per oggi, senza coreografie, così mentre gli altri protagonisti si esibiscono sul palco con i loro pezzi io resto dietro le quinte a riscaldare la voce e a fare esercizi di rilassamento.
Passo la pausa pranzo con i ragazzi del cast, specialmente con Kevin e Julie, rispettivamente Giuda e Maria Maddalena, scambiandoci consigli su come interpretare al meglio ‘Everything’s Alright’.
Esco da lavoro verso le cinque, dato che ho già finito di provare le mie canzoni, e saluto gli altri protagonisti che devono restare a finire di provare.
Dopo aver preso la metro mi ritrovo davanti alla scuola di Jeremy, giusto qualche minuto prima che suoni la campanella di fine giornata. Mentre aspetto che esca mio figlio sento vibrare il cellulare in tasca, segno dell’arrivo di un messaggio, così lo tiro fuori per vedere di che si tratta.

Da: Blaine   17.29
“Sono salito ora sull’aereo, tornerò a casa piuttosto tardi, non aspettatemi svegli. Ti amo”


Sorrido e allo stesso tempo mi rattristisco leggendo il messaggio. Quanto tardi arriverà a casa?
In questo momento suona la campanella, così metto via il telefono e osservo i bambini che escono da scuola, fino a che non vedo un casco di riccioli biondi che corre nella mia direzione.
“Ciao scricciolo!” dico sollevandolo e prendendolo in braccio.
“Ciao papà!” mi risponde Jeremy lasciandomi un altro bacio sulla guancia. Lo rimetto giù, perché alla fine anche mio figlio comincia a diventare pesantino, e prendendolo per mano cominciamo a camminare verso casa.
“Ti sei divertito oggi?” gli chiedo stringendogli la manina.
“Si!”
“E hai fatto la maschera del leone?”
“Si!”
“Perfetto, allora quando siamo a casa me la fai vedere”
Jeremy annuisce, e nel restante tragitto verso casa mi racconta tutta la sua giornata. Oggi lui e Michael, o meglio, Hulk e Thor, hanno salvato la Vedova Nera. E ora chi è questa?!


“Papà, quando torna papà?” chiede Jeremy con voce sottile.
Sospiro, finendo di asciugargli i capelli col phon. Abbiamo già cenato, e ho appena finito di fargli il bagno e di mettergli il pigiama. Ormai sono quasi le dieci, e di Blaine non ho più saputo niente dopo il messaggio di oggi pomeriggio.
“Stanotte tesoro” rispondo pettinando i suoi riccioli biondi.
“Possiamo aspettare che torni prima di andare a dormire?” chiede sempre con voce piccola.
Sospiro di nuovo, posando asciugamano e spazzola. Faccio voltare mio figlio, in modo da essere occhi negli occhi.
“Mi dispiace Jeremy, ma dobbiamo fare la nanna”
“Ma io voglio vedere papà … Mi manca” dice abbassando lo sguardo. Questo visino triste mi stringe il cuore. Lo stringo tra le braccia e lo cullo un po’ avanti e indietro.
“So che ti manca amore, manca anche a me” Dio, se mi manca! “Ma il tuo papà ha deciso di essere una rockstar internazionale, e quindi ogni tanto deve andare via”
E’ vero. Blaine è un cantautore, ed è riuscito a sfondare nel campo che ama, la musica, e non potrei essere più felice per lui. Ma ovviamente essendo un cantante è spesso via: a volte deve andare a Los Angeles, soprattutto quando sta per uscire un nuovo disco, per parlare con la casa discografica. Ma il più delle volte se è via è perché è in tournée. Quella di questo mese era una a giro per gli Stati Uniti per promuovere il suo nuovo album uscito a novembre, ed è davvero troppo tempo che non vediamo Blaine.
Ci sentiamo ogni giorno per telefono, ed ogni volta che è possibile su Skype in modo da poterci sentire tutti e tre più vicini. Ma è dura, molto dura.
Mi manca vederlo girovagare per casa alle tre di notte quando è in preda all’ispirazione e non può riaddormentarsi, mi manca sentirlo canticchiare quando cucina, mi mancano le sue braccia intorno a me la notte e mi mancano i suo gemiti sussurrati sulle mie labbra. Ma soprattutto manca a Jeremy.
“Ti prometto che domattina verrà lui a svegliarti, con un enorme bacio e con l’abbraccio più forte del mondo” gli dico accarezzandogli i riccioli e la schiena.
Quando riesco a metterlo a letto, nel suo letto stanotte, comincio a leggergli la storia della Principessa e il Ranocchio, ma non faccio neanche in tempo ad arrivare a metà che Jeremy è già crollato sul cuscino, perso nel mondo dei sogni.
Gli scosto un boccolo dalla fronte e mi chino per dargli un leggero bacio. Poi poso il libro sul comodino e spengo la luce, lasciando però accesa quella piccola a forma di barca, in modo che non stia completamente al buio. Infine esco dalla stanza e chiudo la porta.
Tutto questo pensare alla lontananza di Blaine mi ha messo troppo tristezza addosso, e non basta pensare al fatto che tra poche ore sarà a casa. Lo voglio qui, e lo voglio ora.
Mi trascino stancamente in bagno e spogliandomi mi butto sotto il getto caldo della doccia, cercando di togliermi un po’ di stanchezza di dosso.
Non so per quanto tempo resto nella doccia, forse mezz’ora o quarantacinque minuti, so solo che quando esco riesco solo a sentire il piacevole calore del vapore che accarezza il mio corpo, e quando mi metto i pantaloni grigi della tuta e la maglia arancione a maniche lunghe del pigiama sento che la stanchezza se n’è andata. Contro ogni previsione, la doccia mi ha un po’ rinvigorito.
Esco dal bagno e afferrando il libro che sto leggendo mi dirigo in salotto, dove mi butto sul divano mettendomi gli occhiali e continuando a leggere dal punto in cui mi ero interrotto la sera prima. Passo una buona ora a continuare il libro, e arriva mezzanotte e mezza prima che io riesca a sentire qualcosa in casa che non sia il silenzio.
All’improvviso poso il libro e gli occhiali sul tavolino davanti al divano, alzandomi a sedere. Il rumore della chiave che viene girata nella serratura mi fa battere il cuore a mille, e sento il tipico “bum-bum” che mi rimbomba nella cassa toracica.
Le chiavi vengono tolte dalla serratura e la porta viene sbattuta. Dopo pochi secondi una figura entra in salotto dal corridoio.
Blaine è decisamente stanco: ha i capelli ricci arruffati e i vestiti che indossa –dei jeans, una t-shirt scolorita e una giacca- sono tutti stropicciati. Ai suoi piedi ci sono tre valige scure, ma niente di questo mi interessa al momento.
Mi alzo in piedi e sento di stare per piangere. Inghiottisco a fatica, e vedo le mie stesse emozioni riflesse negli occhi ambrati di Blaine mentre mi fissa, senza dire una parola. Senza più aspettare ci muoviamo entrambi contemporaneamente.
Mi butto su di lui e gli stringo le braccia al collo, incredulo di averlo finalmente a casa dopo settimane. Sento finalmente il suo profumo, il suo accenno di sua barba ispida contro il mio collo, il suo respiro caldo sulla pelle, i suoi ricci perfetti stretti tra le mie dita, le sue braccia intorno a me e le sue mani arpionate alla mia schiena.
Stringo più forte, come a volerlo avvicinare più di quanto non sia già possibile. Sento un singhiozzo uscire dalle mie labbra e una lacrima che mi riga il volto, ma non ci faccio troppo caso.
Blaine si allontana leggermente per vedermi in faccia, e io a stento glielo consento con le braccia strette in questo modo intorno al suo collo.
Passa delicatamente una mano sulla mia guancia, seguendo il percorso fatto da quella lacrima solitaria, e una volta raggiunta la asciuga. Poi mi guarda negli occhi, e sento un altro singhiozzo che mi esce dalle labbra. Mi è mancato troppo. Riesco a vedere di nuovo i suoi meravigliosi occhi cangianti da questa minima distanza, e mi sembra di poter finalmente tornare a respirare dopo settimane passate alla disperata ricerca di ossigeno.
Ci muoviamo insieme per far incontrare le nostre labbra, fameliche dopo giorni di astinenza. Blaine sposta le sue mani sulla mia vita, stringendo forte e probabilmente lasciandomi dei segni sui fianchi, mentre io gli stringo il volto tra le mani, giocando con le dita con i riccioli dietro la sua nuca. Le nostre labbra premono le une sulle altre, mentre cerchiamo di dirci con i fatti e non con le parole “Mi sei mancato” e “No, mi sei mancato di più tu”. La sua lingua preme disperatamente sul mio labbro inferiore, chiedendo l’accesso che viene immediatamente concesso. Le nostre lingue si trovano subito, cominciando a rincorrersi e continuando il discorso con fatti, non con le parole.
Quando alla fine ci separiamo per carenza di ossigeno, poso la mia fronte sulla sua, stringendolo di più contro di me, se possibile.
“Ti prego” sussurro piano contro le sue labbra, sentendo il suo respiro che si infrange sulle mie “Ti prego, non stare mai più via così a lungo”
Dopo di che vengo sollevato di peso e, tra un bacio bisognoso e l’altro, Blaine mi porta in camera da letto.



Note Autrice: Ed ecco un'altra shot ... che ne pensate? Avevo paura di averla fatta troppo superficiale o troppo "depressa" ... non so ... mi farebbe piacere sapere la vostra opinione, quindi, se vi va, potreste lasciare una recensione? :D
Alla prossima!
  
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