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Autore: SimplyMe514    07/08/2014    2 recensioni
Teddy Lupin frequenta la famiglia Weasley praticamente da quando ha imparato a parlare e camminare, ma Bill, nei nuovi panni del padre della sua ragazza, gli appare più minaccioso di un mostro a sette teste...
Come farsi approvare da un papà iperprotettivo in tempo per la finale di Coppa del Mondo di Quidditch? Forse la risposta comincia, strano a dirsi, con la cena!
Genere: Commedia, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bill Weasley, Teddy Lupin | Coppie: Teddy/Victorie
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nuova generazione
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Dire che Teddy Lupin era nervoso sarebbe stato come dire che i folletti della Cornovaglia erano una specie appena un po' vivace. La prospettiva di cenare a Villa Conchiglia non gli aveva mai fatto tanta paura prima d'allora. Per quanto s'impegnasse a convincersi che i padroni di casa erano persone gentili e alla mano con cui aveva già passato un sacco di tempo e non perfetti sconosciuti pronti a giudicare ogni sua mossa, l'uomo che gli toccava affrontare quella sera non era quello con i capelli perennemente lunghi e un aneddoto interessante sempre sulla punta della lingua, ma il padre della sua ragazza. Anche se rispondevano entrambi allo stesso nome, questo cambiava molte cose.

Squadrò criticamente le proprie chiome azzurre nello specchio e gli parvero subito di una tinta troppo ribelle. Forse gli conveniva darsi un'aria più raffinata, anche se sotto sotto, col codino e l'orecchino zannuto, il signor Weasley era proprio l'ultimo a potersi esprimere sull'argomento.

Una breve smorfia concentrata e i suoi capelli si colorarono all'istante di rosa. No, neanche quello era adatto, anche se era un peccato: da quando gli avevano raccontato che a sua madre piaceva gli era capitato spesso di provare, giusto per vedere l'effetto, a patto di essere ben lontano dai compagni fin troppo pronti a sottolineare che era una scelta da ragazza.

Inclinò la testa e studiò ancora un po' il proprio riflesso. Forse castani? Fece un tentativo, ma il suo stomaco si esibì in un salto mortale davanti al risultato. Somigliava troppo a una foto di suo padre. Non stasera. Magari un'altra volta. Con la luna piena che si avvicinava – e gli faceva strani scherzi all'umore, come se ne avesse avuto bisogno – quell'aspetto avrebbe sollevato argomenti troppo delicati per essere affrontati alla leggera davanti alla cena.

Teddy emise un verso incoerente e gemette: «Sarà un disastro».

Di solito non si preoccupava tanto delle apparenze, ma quella sera era diversa dalle altre. Di lì a poco sarebbero stati tutti quanti in Argentina per la finale della Coppa del Mondo di Quidditch, e con tutto l'insistere che si era fatto sulle tende separate per maschi e femmine e sull'atroce destino che lo attendeva se fosse stato sorpreso a violare quella particolare regoletta, dimostrare alla famiglia di Vic che le sue intenzioni erano pure all'incirca quanto un puledro d'unicorno era d'importanza fondamentale.

Una seconda persona s'intromise nel riflesso, spuntando senza preavviso alle sue spalle. Ancora alta e fiera nonostante l'abbondante spruzzata di grigio che le striava i capelli scuri, con la figura che trasudava tutta la calma e sicurezza che Teddy avrebbe tanto desiderato avere e gli occhi penetranti che avrebbero potuto essere quelli della sorella se non fossero stati pieni di una luce buona che i suoi non avevano mai avuto, nonna Andromeda gli strappava sempre un sorriso, anche quando da sorridere c'era ben poco.

«Tranquillo» disse, e rise piano, senza un'ombra di scherno. «Nessuno ce l'ha con te. Vai per mangiare, non per essere mangiato. Sii educato e non avrai problemi».

«Sì, ma proprio stasera...» borbottò Teddy, lasciando correre lo sguardo verso la finestra, dove avvertiva la luna in arrivo. Era una sensazione strana; non l'aveva mai veramente spiegata a nessuno, non perché gli mancassero i confidenti, ma perché quando ci provava le parole puntualmente lo tradivano. Dormiva male durante le notti di luna piena, come adagiato su un letto di chiodi, non perché fosse realmente scomodo o doloroso, ma perché sentiva che avrebbe preferito essere da qualche altra parte. Qualcosa dentro di lui ribolliva ma non si decideva a traboccare, tirava come un cane restio al guinzaglio ma non riusciva mai a spezzarlo. Come unico risultato, aveva scatti d'ira ingiustificati, quasi la sua condizione fosse colpa di chiunque cercasse di rivolgergli la parola, oppure si chiudeva in un triste mutismo da cui ormai tutti sapevano che era inutile tentare di scuoterlo.

«Non è la data più fortunata del mondo» ammise. «Ma credimi, capiranno se non sei di gran compagnia. Conta fino a dieci prima di arrabbiarti, ricordati che ti ho cresciuto da gentiluomo e per il resto andrai benissimo, anche coi capelli verdi a pallini viola».

E per la prima volta da un bel pezzo, Teddy rise di cuore. Di fatto, si rese conto con stupore, erano anni che non rideva con la luna piena così vicina.

«Non dirmi che ci riesci».

«Se vuoi ci provo».

«No, no, non adesso. Datti una sistemata, è ora di andare. Tra l'altro, secondo me l'azzurro ti stava bene».

Non vedo perché no, si convinse finalmente Teddy, riportando i capelli allo stato precedente come se i minuti sprecati a decidersi non fossero mai esistiti. A me piace, a Vic pure e ormai non sorprende più nessuno. Ci sono altri modi di fare colpo.

«Così si fa» approvò la nonna. «Sii te stesso, ti porterà lontano».

 

Teddy era molto grato alla nonna per il discorso d'incoraggiamento, e forse una parte di lui, molto in fondo, avrebbe dovuto essere grata anche per le lezioni di buone maniere a cui l'aveva sottoposto fin da piccolo, ma ad essere sincero il risultato di tutta quell'etichetta era che sarebbe stato perfettamente a suo agio a cena con la regina d'Inghilterra, eppure non era in grado di affrontarne una a casa Weasley. Non sapeva bene se dare la colpa ai nervi, alla luna o alla presenza di Victoire, che non aveva mai percepito tanto acutamente al suo fianco, ma non ricordava più una sola, maledetta regola. Si scambiarono uno sguardo che era una mezza promessa (ma solo mezza, perché la sorveglianza a Villa Conchiglia era parecchio difficile da eludere) e le dita sottili di lei scivolarono discretamente nelle sue sotto il tavolo. Teddy supponeva che il Whisky Incendiario dovesse fare più o meno lo stesso effetto, ma nessuno gli aveva ancora dato il permesso di assaggiarlo.

Fleur disse qualcosa, ma Teddy era così... ehm, distratto, che fu come vederle muovere le labbra sotto l'effetto di un Incantesimo Silenziatore: non aveva afferrato una parola. Grandioso.

«Come, prego?» disse con un fil di voce, dolorosamente certo che il suo viso rosso dovesse fare un effetto memorabile insieme ai capelli turchesi.

«Allora, ragazzi, come vi piasce la carne?» ripeté lei senza fare una piega, ancora con quel suo ostinato accento che non accennava a sparire.

«Poco cotta, per favore». Le viscere di Teddy ebbero un buffo guizzo nel rendersi conto che una seconda voce, quella del padrone di casa, si era unita alla sua in quella stessa richiesta che di solito lo marchiava a fuoco come irrimediabilmente diverso, e per la prima volta da quand'era diventato il ragazzo di sua figlia, nell'aria attraversata dai loro sguardi vi fu quasi un crepitio d'intesa anziché il solito gelo.

E fu allora che le parole della nonna acquistarono un senso nuovo. Ma credimi, capiranno se non sei di gran compagnia. Conosceva la storia di Greyback, naturalmente. La sapeva quasi a memoria, e ad ogni episodio che vi si aggiungeva i motivi per odiare quel... qualunque cosa fosse, non aveva neanche il coraggio di chiamarlo uomo, sembravano moltiplicarsi, impilati alla rinfusa l'uno sull'altro in un cumulo incandescente di rabbia. Eppure, chissà come, chissà perché, non si era mai sentito tanto vicino al signor Weasley. Quel collegamento c'era sempre stato, ma non l'aveva mai davvero visto prima d'allora. Entrambi toccati dalla stessa maledizione, nessuno dei due trasformato appieno. Due condizioni strane, non uguali, ma simili, per le quali i migliori Guaritori si mettevano le mani nei capelli. E a ben vedere, tutte e due erano colpa dello stesso essere spregevole. Chissà se in quel momento anche lui scalpitava nello starsene seduto tranquillo a tavola con un gran sorriso sul volto sfigurato. Forse a lui avrebbe potuto, un giorno, dire quelle cose che nessun altro sembrava capire, per quanto genuini fossero i loro sforzi. Il signor Weasley – Bill, si corresse – sapeva. In quanto padre avrebbe di certo trovato mille altre obiezioni da fargli, ma sapeva, a modo suo, cosa volesse dire quell'istinto che non trovava mai sfogo, quell'altro se stesso sviluppato solo a metà che una notte al mese mordeva le sbarre della gabbia del suo corpo senza consumarle mai abbastanza da uscirne e poi si rintanava sul fondo, esausto, a recuperare le forze per ricominciare daccapo al ciclo successivo.

«Dovevo immaginarlo» disse Fleur con appena una punta di furberia a colorarle la voce, e sparì in cucina.

«Almeno su questo siamo d'accordo» sorrise Bill. «Per il resto vedremo». E prese a fissare ostinatamente la porzione di tavolo sotto la quale la mano di Victoire era ancora allacciata alla sua, riprendendo improvvisamente l'aria minacciosa che aveva appena miracolosamente perso. Teddy deglutì e si districò prontamente, scoccando a Vic un'occhiata un po' di malizia e un po' di scusa. Meglio rimandare a una sede più privata.

 

Per chiunque altro, la spiaggia sarebbe stata bellissima a quell'ora, con le onde che s'infrangevano sulla sabbia fresca e le prime timide stelle che cominciavano a far capolino, quasi dovessero chiedere il permesso alla signora luna per timore di offenderla, ma per Teddy era diverso. Con l'occhio di falco di Bill che gli impediva di fare le sue scuse al resto della famiglia e appartarsi con Victoire e il beffardo satellite che lo tirava a sé quasi avesse avuto una marea dentro, strappandogli qualunque voglia di fare allegramente conversazione, era ridotto a tenersi le mani e la mente occupate disegnando scarabocchi insensati sulla battigia e aspettando che l'acqua salata, dispettosa, li cancellasse.

«Tutto bene?» Lo spavento gli fece chiudere il cerchio che gli stava riuscendo quasi perfetto con una brutta sbavatura, poi Bill si lasciò cadere sulla sabbia accanto alla sua “opera d'arte”.

Gli occhi di Teddy indugiarono per un istante sul faccione tondo della luna, infinitamente più preciso della sua misera imitazione, ma tanto bastò a sbugiardare il suo «Benissimo».

«A me non la dai a bere» disse, ma non c'era traccia d'accusa nella sua voce. «Sei stato zitto tutta la sera, non è da te». Lui alzò le spalle e guardò di nuovo in su, come se lo spettacolo del cielo notturno spiegasse tutto, anche se in realtà giustificava solo una frazione del suo ostinato silenzio.

«Ho fatto qualcosa per offenderti? Sei un bravo ragazzo, Teddy, è solo che... non voglio che Vic soffra».

Promesse e giustificazioni gli si accavallarono in testa tutte insieme, ma non ne uscì nessuna. Eccola che arrivava, la frase più temuta di tutte. Probabilmente stava per dirgli che ci aveva pensato bene e aveva deciso che dopotutto permettere alla sua primogenita di uscire con un mezzo licantropo, con tutti gli annessi e connessi di cui molti ancora sconosciuti, era un rischio troppo grosso. Era stato proprio uno sciocco a pensare che per superare il problema bastasse una bistecca.

«Certo, capisco». Fece per alzarsi, ma una possente mano sulla spalla lo fece ricadere sulla sabbia.

«Dove scappi?»

«Vado a salutare tutti quanti. Ho... ho capito l'antifona. Mi conviene tornare a casa».

L'altro lo fissò con aria interrogativa, come se la sua risposta non c'entrasse nulla con quanto aveva detto. «E perché mai?»

Teddy si bloccò per un istante, incerto se far prevalere i lunghi anni di confidenza con la famiglia Weasley o il desiderio di risultare più educato possibile, e infine si decise per il tu, incrociando mentalmente le dita. «Tua figlia mi piace molto. In effetti, credo di amarla, e credimi, dire queste parole a sedici anni fa una gran paura. Ma forse... forse non è molto sicuro, quello che stiamo facendo. Dopotutto, non si è mai visto uno come me».

Bill inspirò bruscamente, e per un attimo non seguì altro che silenzio. «Aspetta un minuto, non avrai mica pensato che...?» Scosse la testa e preferì non finire la frase. Quando riprese a parlare, aveva già cambiato rotta: «Voglio farti alcune domande, Teddy».

«Di che genere?»

«Del genere imbarazzante che può fare un padre, ma ho bisogno di risposte oneste da parte tua».

«Va bene». Il suo stomaco si contorse, ma quel momento doveva pur arrivare, prima o poi.

«C'è qualcosa nel vostro rapporto che dovrei sapere e non mi avete detto?»

Il signor Weasley gli scoccò un'occhiata così penetrante da fargli sospettare per un momento l'uso della Legilimanzia, ma lo sostenne e rispose con quella che riteneva essere la pura verità: «Non credo». L'onestà era la scommessa migliore, ma d'altronde dire di no e basta avrebbe solo dato l'impressione che nascondesse qualcosa che non c'era.

«Costringeresti mai Victoire a fare qualcosa per cui non si sente ancora pronta?»

«No».

«Le faresti mai del male di proposito?»

«Stai scherzando, spero!» Non sapeva bene quanta della sua indignazione fosse dovuta alla luna e quanta alla domanda, ma non c'era nemmeno da chiederlo. Non se lo sarebbe mai sognato.

«Ehi, frena, mi basta. E adesso la domanda finale da un milione di Galeoni. Perché ti piace?»

Teddy aprì la bocca per rispondere, ma all'improvviso le parole gli parvero tutte inadeguate. «Questa è difficile» ammise pensieroso. «Vorrei che fosse sufficiente dire che mi piace e basta».

«Ma ti piace perché è bella

«Be', anche» replicò, sforzandosi di tenere a bada i pensieri birichini che già correvano a briglia sciolta. «Ma Vic è una ragazza, non una bambola. Gran bell'affare, se mi piacesse solo per quello. Tua figlia è una forza della natura. Non è il genere di persona che fa un dramma se si rompe un'unghia, ecco. Sa difendersi da sola, anzi, le è già toccato farlo in passato, credo per via del sangue Veela, e conviene davvero non averla come nemica. L'ultimo che ci ha provato con lei è finito in infermeria, ed è stato... wow».

Bill lo squadrò come un esperimento scientifico di estremo interesse. «Lo dici come se non importasse».

«Cosa?»

«Il fatto che Vic sia in parte Veela. Non ti fa nessun effetto?»

«Un po'. Per questo ci ho messo tanto a chiederle di uscire, avevo paura che non mi piacesse sul serio. Be', per quello e anche perché temevo di beccarmi qualche fattura. Ci sono andato piano, ma una volta capito che riuscivo a passare del tempo con lei così, come amico, senza... insomma...» Teddy dovette benedire la parziale oscurità che nascondeva il suo rossore. L'effetto dei poteri di una Veela, anche solo per un ottavo, non erano il genere di cosa che si potesse descrivere tranquillamente a suo padre.

«Ci siamo capiti, va' avanti» lo salvò finalmente il signor Weasley dopo un lungo istante d'imbarazzo.

«Sì, be', quando mi sono reso conto che mi piaceva ancora dopo averci fatto l'abitudine, allora mi sono deciso, lei ha detto di sì e... e il resto è storia».

«Se le cose stanno così, allora sappi che non m'importa minimamente di come ti piaccia la bistecca né di nient'altro. È esattamente quello che volevo sentire. E a proposito di bistecche, se qualche volta ti va di parlare, il camino è sempre collegato, va bene?»

Il sollievo gli esplose dentro così forte che, per la seconda volta quel giorno, gli venne una gran voglia di ridere. Che serata strana. Si trattenne e preferì invece dire, così piano che temette che il rumore delle onde l'avesse coperto: «Grazie... di tutto».

«Di nulla. Sicuramente mi fido più di te che di certi bambocci. Però sappi che se ti pesco nella sua tenda non riuscirai più a goderti la partita da seduto, chiaro il concetto?»

«Chiarissimo». Teddy fece un abbozzo di saluto militare per sottolineare le sue parole.

«Dici? Voglio essere sicuro che tu prenda sul serio le regole, Teddy. Non me le invento perché mi diverto a fare il tiranno. Devi capire che la finale non sarà una scampagnata, avremo il Profeta alle calcagna tutto il tempo. Con certa gente che ci scrive», il suo tono colava disprezzo, «una mano fuori posto potrebbe voler dire un ciclo di romanzi d'amore e tradimenti basato sul nulla, e nessuno di noi ne ha una gran voglia».

«Non preoccuparti. Alla fin fine, nonostante tutto, siamo ragazzi normali... più o meno».

«È proprio questo che mi spaventa, a dirla tutta». Ma anche lui sogghignava sotto i baffi.

Era fatta. Stava per fare armi e bagagli e andare alla partita di Quidditch più attesa dell'anno e per giunta avrebbe avuto Victoire al suo fianco, con tanto d'immaginario timbro d'approvazione paterna. Nemmeno la luna sembrava più così minacciosa.

 

Note dell'Autrice: come sempre quando c'entra qualche lupo mannaro, intero o mezzo, io mi butto su un calcolatore di fasi e puntualmente scopro che le stelle, anzi il nostro satellite, sono contro di me: l'ultima luna piena è stata esattamente nella notte successiva alla partita commentata in tandem da Ginny e dalla Skeeter e durante la precedente Teddy e Victoire sarebbero stati ancora a scuola, anche se in vista delle vacanze. Chiamatela licenza poetica.

  
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