BE My ValenTINE
Si
rigirò tra le mani quel pezzo del manichino anatomico del
laboratorio in cui stavamo indagando.
Aveva il solito mezzo
sorrisetto sghembo sulle labbra, mentre, per un'ennesima volta,
lanciava verso l'alto quel cuore finto e poi lo riprendeva,
offrendomelo subito dopo con le sopracciglia sollevate verso l'alto
ed un'occhiata in tralice.
«Vuoi essere il mio Valentino?»
Io
sollevai gli occhi al cielo e scossi lievemente il capo, lanciandogli
uno sguardo di vago rimprovero.
Che domande... il suo Valentino?
Lo ero già da tempo.
* * *
La
televisione illuminava fiocamente e ad intermittenza la stanza.
Nessuno dei due ragazzi la guardava: serviva solamente a produrre un
confuso ronzio in sottofondo, utile solo per riempire un po'
l'ambiente.
Quella volta erano da qualche parte nel Nebraska,
perché John aveva seguito fin lì un branco di
vampiri di discrete
dimensioni che si erano lasciati dietro una scia di morti partita dal
Minnesota. E John Winchester aveva deciso per l'"adesso basta".
Dean sbuffò pesantemente per la milionesima volta, mentre,
sdraiato sul letto con le caviglie distrattamente incrociate, si
divertiva a smontare e rimontare la sua pistola. John gliel'aveva
regalata tre anni prima circa, quando il figlio maggiore aveva
quindici anni.
Fece scorrere il carrello della sua arma tirata a
lucido e pescò un cioccolatino dalla busta di cellofan al
suo
fianco, trangugiandolo in un paio di morsi.
«Ma perché non sei
con Heather?»
Sam ruppe il silenzio che aveva avvolto fino a
quel momento i due fratelli, acciambellato sul letto a fianco a
quello di Dean con un libro tra le mani, i capelli che gli cadevano
scompostamente sulla fronte e le spalle basse.
Erano almeno un
paio d'ore che i due fratelli si impegnavano a quel modo: Dean
mangiando cioccolatini e giocando con la sua pistola e Sam prestando
attenzione ad un libro che stava leggendo solo distrattamente.
Erano
in un motel – tanto per cambiare – ed i ragazzi
erano stati
esclusi dalla caccia: John aveva deciso di portare Bobby con
sé, per
quella volta, lasciando a riposo i due figli.
«E perché dovrei
essere con lei?»
Domandò a sua volta Dean con tono casuale,
osservando il fratellino solo di sfuggita, che intanto aveva spostato
gli occhi sul maggiore.
«E' San Valentino. Hai detto che avevi
lei come ragazza...»
Osservò Sam con ovvietà, aggrottando le
sopracciglia: era abituato ai continui cambi di donne del fratello,
anche perché non avrebbe mai potuto avere una ragazza fissa,
non con
la vita che facevano, ma, forse ingenuamente, pensava che sarebbe
potuta essere una cosa carina per Dean passare un quattordici
febbraio normale. Almeno per una volta.
Il ridacchiare del
fratello, però, gli fece storcere la bocca, mentre tornava
alle
pagine del suo libro il cui tema stavolta erano le divinità
minori
giapponesi. Meglio prevenire che curare, insomma.
«Sammy, San
Valentino è la festa degli innamorati. Ed io e Heather non
lo
siamo... piuttosto siamo... mh, ci siamo conosciuti in maniera
biblica, ecco. E poi comunque ci siamo incontrati quattro giorni fa,
come potremmo essere innamorati?»
Sam si strinse distrattamente
nelle spalle, prima di rispondergli senza neanche guardarlo:
«E che
ne so. Pensavo solamente che ti sarebbe potuto piacere uscire per una
serata normale a sbaciucchiarti con lei e a dirvi cose
carine.»
Buttò lì con disinteresse, umettandosi le labbra
e voltando la
pagina del suo libro. Lesse un paio di righe, ma poi dovette tornare
indietro: non aveva seguito il filo del discorso e non capiva cosa
diamine ci fosse scritto.
Non passarono che alcuni istanti prima
che le molle del letto cigolassero sotto al peso di Dean, che lo
raggiunse con uno sbuffo pesante per posargli poi il mento sulla
testa, tanto per punzecchiarlo un po'. Ed infatti, come previsto, Sam
lo scansò con un'occhiataccia, tornando alle sue
divinità.
«Ma
per favore... le serate normali per me sono queste: me e te a fare
cose noiose con papà impegnato a fare il supereroe con lo
zio Bobby.
Tu che leggi i tuoi dei dal muso giallo e io che smonto e rimonto la
mia pistola.»
Quella per Dean era la verità, per quanto sul
semplice l'avesse buttata. Rendere tutto quanto normale –
anche se
di normale non c'era un bel niente – era il suo modo per
starci
dentro. Poche domande. Ecco il metodo perfetto per la
sopravvivenza.
«E che mangi cioccolatini?»
Domandò Sam, che
aveva voltato il viso verso Dean e lo guardava con le sopracciglia
sollevate.
Il maggiore tra i due sorrise prima di annuire al
fratello: «E che mangio cioccolatini, anche quello,
sì.» Gli
confermò con tono divertito, sollevando una mano per
scompigliargli
affettuosamente i capelli. Subito dopo si alzò, lasciando
sul letto
un Sam che sorrideva, per dirigersi al minifrigo della stanza e
recuperare due birre dal suo interno, stappandole subito dopo. Ne
consegnò una a Sam per poi brindare facendo tintinnare
insieme i due
colli delle bottiglie.
Il minore non batté ciglio e si portò
immediatamente la birra alla bocca. Prima che potesse bere,
però,
Dean gli scoccò un'occhiata ammonitrice: «Sammy,
mi raccomando:
solo metà.»
Sam aggrottò le sopracciglia, stringendo le labbra
e cominciando all'istante a protestare: «Ma
papà--!»
«Non mi
interessa cosa ti permette papà. Ora non c'è, per
cui comando io e
ti dico che non ne berrai più di metà. Insomma,
hai quattordici
anni! Vedi di aspettare ancora un po' prima di farti venire il vizio
dell'alcool.»
Concluse con un grugnito prima di prendere un
sorso dalla bottiglia e di ricevere uno sguardo torvo dal fratellino,
ritiratosi nel mutismo per quell'impedimento: John lo aveva abituato
agli alcolici, ormai, ma quando era solo con Dean quest'ultimo si
faceva sempre un sacco di problemi. Diceva che, a dispetto di come il
loro padre li avesse abituati, non era giusto che un ragazzino
potesse bere a quel modo. Sosteneva che fosse una cosa
sbagliata.
Dean si rimise a sedere sul proprio letto, di nuovo gli
occhi smeraldini assunsero un'espressione infinitamente annoiata.
Certo: gli faceva piacere passare le serate con Sammy, stavano bene
insieme... Dean solamente in quei momenti si sentiva sereno. Ed era
uno stato che lo visitava così raramente che teneva quei
momenti
chiusi gelosamente nel cuore. Solo che l'inattività lo
rammolliva,
troppo abituato a dover dormire con un occhio aperto ed una pistola
sotto al cuscino per evitare di morire agli appena compiuti diciotto
anni.
Aveva provato a protestare quando aveva saputo che John
avrebbe coinvolto Bobby e non i due fratelli per quel caso,
perché,
a suo dire, troppo pericoloso e poi era San Valentino e si sarebbero
riposati, a quel modo. Aveva provato a protestare col finire zittito
dal rinnovato fare da generale del padre, al quale era stato
costretto a rispondere con un sottomesso "sissignore".
E quindi eccoli lì, a bere birra nel motel, la sera di San
Valentino del millenovecentonovantasei. Dean crescendo si rendeva
sempre più conto come per un cacciatore tutto si dovesse
necessariamente annullare, riducendosi ad una simil-felicità
che per
ogni praticante di quel mestiere mutava: per Dean erano le serate di
noia passate con Sam. Era strano come lui percepisse la noia come una
manna dal cielo, mentre si lasciava andare all'oziare in silenzio
ascoltando il respiro tranquillo del ragazzino suo fratello costretto
a crescere troppo in fretta.
Lanciò uno sguardo a Sam, a quel
punto, che guardava con espressione assente davanti a sé, le
mani –
la cui destra stringeva la bottiglia – posate in grembo. Dean
aggrottò le sopracciglia prima di chiamarlo:
«Sammy?»
Sam si
riscosse pigramente, tornando presente a se stesso e voltandosi verso
il proprio fratello.
«Mh?»
Dean gli rivolse un sorriso
sghembo, cambiando posizione e tornando di nuovo a sedersi al suo
fianco, il capo piegato verso di lui.
«Tutto bene?»
Sam annuì
distrattamente, mentre tornava a guardare di fronte a sé e
si
stringeva nelle spalle: «Pensavo solamente che oggi dovremmo
essere
a Lawrence. È la festa degli innamorati, giusto? Ed allora
dovremmo
essere lì.»
Dean si ritrovò a deglutire sonoramente. Se una
qualunque altra persona gli avesse parlato di Lawrence probabilmente
gli avrebbe spaccato la faccia. Ma non Sammy. Sammy non si meritava
tutto quel male, ed avrebbe dovuto passare San Valentino dove
più
avrebbe preferito. Anche a Lawrence, davanti ad una tomba vuota.
D'altro canto era la festa degli innamorati, poco importava di che
amore si parlasse, no? John avrebbe avuto Mary e Dean avrebbe avuto
Sam. Ottimo.
Se Dean non fosse stato così codardo ed attaccato
all'unica spalla che gli era stata concessa dalla vita, probabilmente
avrebbe odiato il suo stesso padre per tutto ciò a cui aveva
costretto Sam, troppo maturo e serio per la sua età.
Posò
la sua birra sul comodino e subito fece sì che anche quella
del
minore la seguisse, sfilandogliela di mano.
«Non cambierebbe
niente, Sammy. Non avremmo potuto festeggiarlo neanche lì...
sai,
servirebbe una ragazza per queste cose. E poi San Valentino
è una
festa che non viene considerata da nessuno, in pratica, quindi non
prenderla così seriamente.»
Tentò Dean in modo ben poco
convincente scrollando le spalle mentre storceva le labbra verso il
basso e Sam faceva salire gli occhi grigi sul suo viso.
«No,
Dean. Viene considerata, siamo noi che non diamo peso a nessuna festa
perché abbiamo sempre qualcos'altro da fare. È
già tanto se ci
ricordiamo quand'è il nostro compleanno.»
Era vero. Era tutto,
schifosamente vero. E l'elemento più brutto era il tono con
cui Sam
aveva detto quelle parole, con così tanta naturalezza, per
niente
amareggiato come invece un ragazzino di quindici anni qualunque
sarebbe dovuto essere. Perché vivevano così,
quella era la
normalità per loro e tanti saluti. Non c'era spazio per
nessun ma,
nessun perché e nessun desidero
che. Nessun regalo sotto l'albero, nessun
coniglio di
cioccolato a Pasqua o grandi feste per i ventun'anni.
Dean si
ricordava ancora di quando il ventiquattro gennaio del
novantatré si
era svegliato con tranquillità, come se niente fosse, pronto
ad un
nuovo giorno che l'avrebbe visto uccidere un qualche altro aborto
della natura. Ed un Sam undicenne gli era zompato addosso, un gran
sorriso sulle labbra, gridandogli i suoi auguri. Si ricordava ancora
di come aveva aggrottato le sopracciglia, rendendosi conto solamente
dopo qualche istante di quale ricorrenza cadesse il ventiquattro
gennaio.
Sam era rimasto taciturno e triste per tutta la
giornata.
«Hai ragione.»
Ammise Dean, e la voce gli era
calata di un paio di toni quando parlò. Sollevò
una mano e posò il
palmo sulla guancia del minore, sorridendogli mestamente. A lui non
interessavano poi tanto quelle cose – o nessuno gli aveva mai
insegnato ad interessarsi, più probabilmente, e gli doleva
il centro
dello sterno quando pensava a quanto fosse vacuo Sam quando
sottolineava certe mancanze.
Il minore tra i due rimase
tentennante qualche momento, pensando bene di non muoversi e di
lasciarsi andare a crogiolarsi dalla mano grande e ruvida di Dean.
Si strinse nelle spalle, prima di parlare: «Be'... ma magari
quest'anno riusciremo a festeggiare il Natale. Facciamo un patto: io
ti prometto che ti comprerò un regalo e tu lo comprerai a
me. E poi
ce li scambieremo sotto l'albero che decoreremo.»
Propose Sam
con semplicità, mentre sulle labbra gli si disegnava un
piccolo
sorriso compiaciuto per la trovata che gli era saltata in mente. Era
fiero di se stesso: pensava fosse un ottimo patto che avrebbe potuto
far felici entrambi. Una sera come quella che stavano passando...
molto bella e tranquilla, da soli loro due.
Dean rimase fermo ad
osservare il più piccolo, l'espressione impassibile. Poi
però vide
l'accenno di sorriso che assunsero le labbra di Sammy, ed allora
all'improvviso divenne un'idea grandiosa, anche se era febbraio e
loro parlavano di dicembre.
«Un classico scambio di regali
natalizi, quindi?»
Domandò con interesse, volendogli dare un
altro po' di soddisfazione, mentre toglieva la mano dalla guancia di
Sam e tirava le gambe sul materasso, finendo per incrociarle seduto
davanti al minore.
Sam annuì con convinzione, sputandosi sulla
mano destra per porgerla poi a Dean.
«Ci stai?»
Il più
grande imitò i gesti dell'altro con un sorrisetto arrogante
stampato
in faccia, mentre le loro salive si univano in quella stretta e
sancivano così il loro patto.
«Affare fatto.»
Concesse Dean
dopo che le loro dita si disintrecciarono, arrampicandosi poi verso
il cuscino per sdraiarsi pigramente sul letto di Sam, la pancia
rivolta in su e facendosi da parte per far posto anche al
fratello.
«Sammy, mi passi i cioccolatini?»
Il maggiore
indicò la busta semivuota sul comodino a fianco a quello del
più
piccolo con un gesto del mento e il minore sbuffò scocciato,
anche
se, nel mentre, da bravo e gentile fratellino, si allungava verso
quei dolci e li passava a Dean. Solo allora fu libero di imitare la
posizione del fratello per accomodarsi al fianco del corpo del
più
grande, che lo accolse allungando il braccio di modo che Sam si
potesse accomodare contro al suo corpo ed il bicipite diventasse il
cuscino del più piccolo.
Non appena Sammy si fu sdraiato,
ritrovando quel posto che gli spettava di diritto, Dean se lo strinse
un po' più addosso, sorridendo tra sé con
rinnovata serenità. Poi
raccolse il telecomando della tv che era stato abbandonato in mezzo
ai corpi dei due fratelli, cambiando canale e trovandosi difronte ad
una morettina con le mani tutte sporche di argilla, lo sguardo
mieloso rivolto verso un fusto mezzo nudo che stava alle sue spalle e
gli teneva a sua volta i palmi sulla scultura di creta che pian
piano, ruotando, prendeva la forma di un vaso. Intanto c'era un
prolungato e schifoso "ooooh my love..." ed altre
parole zuccherose in sottofondo (che non avevano niente
a che
vedere con la musica a cui erano abituati i due fratelli) che
accompagnavo i due piccioncini nella modellazione del pezzo di
argilla.
Ecco, tutto ciò era una schifosa quanto improbabile
scena da film che mai sarebbe potuta avvenire nella realtà.
Dean
e Sam rimasero entrambi col naso arricciato a quello spettacolo ed il
primo a riprendersi fu il maggiore, che ridacchiò tra
sé e diede un
colpetto sulla pancia dell'altro: «Vedi cosa sarei andato a
fare se
fossi stato con Heather? Scommetto che non mi avresti più
rivolto
parola!»
Sam fu contagiato dall'ilarità del maggiore, e scosse
il capo con un risolino: «No, infatti... io pensavo alle rose
rosse
e ai dolci, non ai... vasi! Le fanno sul serio queste cose?»
Chiese
con sincera curiosità mista a sconcerto, mentre Dean si
compiaceva
dell'allegria del fratello.
Poi pescò uno dei cioccolatini dal
sacchetto a cui si era dedicato per buona parte della serata,
recuperandone uno e rigirandoselo tra le mani. Lo chiuse nel palmo,
prima di far scivolare lo sguardo su Sammy, che continuava a
mantenere l'espressione corrucciata sullo schermo della tv. Ora quei
due tizi si stavano baciando appassionatamente e – oh,
stavano per
scopare. Be', ben per loro.
«Non so se fanno sul serio i vasi, ma
sono sicuro che i dolcetti di cui parlavi ci sono davvero. Quindi,
sai, in attesa del Natale...»
Le parole del maggiore riuscirono a
catturare l'attenzione di Sam, che si volse verso di lui e
inarcò le
sopracciglia con vivace e palese curiosità, scrutandolo
attentamente. Dean gli porse la mano e schiuse le dita di modo da
mostrare un cioccolatino a forma di cuore rivestito di una carta
lucida e rosa. Se ne stava lì, in equilibrio sul palmo della
mano di
quello che, teoricamente, doveva essere il più adulto. Ma
anche gli
adulti potevano lasciarsi andare ogni tanto, no?
«...vuoi essere
il mio Valentino, Sammy?»
Gli rivolse un occhiolino scherzoso,
provocando così una risata allegra al più
piccolo. Sam, annuendo,
prese il cioccolatino che Dean gli offriva, lo scartò e se
lo fiondò
in bocca all'istante, masticandolo con gusto. Poi, contro ogni
previsione, il piccolo – non poi più
così tanto piccolo,
probabilmente – Sammy si sporse verso il viso di Dean,
stampandogli
un bacio sulle labbra con tanto di schiocco.
«Grazie. Vedi che io
sono meglio di Heather? Con me non devi costruire i vasi di
notte.»
Dean rimase immobile. Bloccato nell'istante in cui le loro bocche
si erano sfiorate ed il sapore di cioccolato gli aveva stuzzicato la
punta della lingua, dopo essersela passata sul labbro inferiore.
No,
non doveva modellare argilla, né doveva staccare il cervello
per
liberare la rabbia e la frustrazione nel sesso. Non con Sam. Con
Sammy andava bene restare a guardare un film melenso ed improbabile.
Con Sammy andava bene anche non fare un bel niente.
Dean lo
sentiva riaccomodarsi contro il proprio corpo, fianco contro fianco.
La testa del minore stavolta si spostò verso la spalla del
fratello,
posandogli lì la tempia, gli occhi di nuovo fissi sullo
schermo
della televisione, a guardare quello schifoso film melenso ed
improbabile, nella stanza di un motel, con un paio di fucili e tre
pistole cariche sparse per la camera e una linea di sale sulla soglia
della porta e sui davanzali delle finestre.
Dean posò la punta
del naso tra i capelli di Sammy, socchiudendo le palpebre e
lasciandogli un tenero bacio sulla testa.
«Meglio di tutti, non
solo di Heather. - mormorò, per poi aggiungere –
Buon San
Valentino, Sammy.»
Sam sorrise, il profumo di Dean che lo
avvolgeva, il braccio su cui era posato a proteggerlo da qualunque
cosa ci fosse fuori da quella nicchia.
Andava bene lasciarsi alle
spalle Lawrence, i vampiri e le divinità minori giapponesi.
Andava
bene lasciarsi indietro tutto se gli permetteva di guadagnare quel
cioccolatino a forma di cuore.
«Buon San Valentino anche a te,
Dean.»
Walking_Disaster's corner:
E
come promesso nell'altra mia FF, rieccomi! Non so, probabilmente sono
rimasta più soddisfatta dell'altra, nonostante quella fosse
la prima
e questa già la seconda... ma a mente fredda
potrò dare un giudizio
migliore, ora non riesco, dato che sono tre o quattro ore buone che
ci lavoro.
E be', che dire? Il classico "do you wanna be my
Valentine?" di Dean ha colpito anche me. Come si fa a shipparli
insieme, bah, io sono sempre più perplessa...
Btw, passiamo ai
dovuti crediti!
Ovviamente l'introduzione in corsivo è la scena
del manichino anatomico della 6x14 – Mannequin: la resa dei
conti.
Non ho usato il "do u wanna be my Valentine?" della 5x14
per un qualcosa di molto semplice: nella 5x14 ci trovavamo proprio a
S. Valentino, quindi, che so, sarebbe potuto benissimo essere uno
scherzo – a maggior ragione per il fatto che c'era Castiel
con
loro. Ma il cuore del manichino... non so, io personalmente li ho
adorati.
Per quanto riguarda invece la scena del film è
ovviamente
la scena del vaso del film Ghost,
così come la melensa canzone "oooh my love" è
Unchained
Melody (dei Righteous Brothers), colonna sonora della medesima scena.
Io me li immaginavo super traumatizzati dal fluff che trasuda quel
momento e penso che non l'avrebbero apprezzato poi tanto. Forse Dean
sì, ma dai, voglio poter conservare la mia nomea da persona
seria.
Qui
chiudo!
Grazie per chi leggerà, inserirà tra
seguite/ricordate/preferite e/o recensirà (lo farete?
Sì che lo
farete, so che mi amate <3)
Enjoy!
WD