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Autore: Suilejade    07/08/2014    1 recensioni
Questa one shot è ispirata alla canzone dei The Police "Every Breath You Take"
Ogni respiro che prendi
Ogni mossa che fai
Ogni legame che rompi
Ogni passo che compi
Io ti starò guardando
Lui c'era sempre stato, e sempre ci sarà, ma se andasse via? Che ne sarebbe della sua vita?
Genere: Commedia, Dark, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate
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Questa one shot è basata sulla canzone Every Breath You Take dei The Police






 

Every Breath You Take



 

Stava correndo, da quanto ormai? Minuti, ore, giorni? Da quanto tempo stava scappando? E da quanto tempo lui continuava a raggiungerla? Da quanto ormai non riusciva a toglierselo di dosso? Da quanto non era più da sola di giorno, di notte, a pranzo, a cena, in doccia, nella sua mente?
Vedeva la nuvola di fumo che usciva dalla sua bocca farsi sempre più piccola,  i polmoni riuscivano ad assimilare sempre meno ossigeno, le mani ormai non se le sentiva più e le gambe erano intorpidite e pesanti.
Svoltò un angolo così in fretta che per poco non andò a sbattere contro una signora avvolta in una pelliccia di finto visone. Quella le urlò qualcosa contro, ma non ci prestò attenzione.
Attraversò una via, senza curarsi della macchina che inchiodò non appena lei si buttò in strada, corse e corse. Superò con una falcata gli scalini che conducevano alla porta del condominio in cui viveva, frugò in tasca e afferrò le chiavi. Le sue mani erano talmente congelate da non riuscire nemmeno a muovere le dita e le dovette usare entrambe per girare la chiave nella serratura. Si chiuse il portone alle spalle e con il poco fiato che le rimaneva salì fino al terzo piano, dove, con la stessa fatica di poco prima riuscì ad aprire la porta del suo appartamento. La schiuse il minimo indispensabile per entrarci dentro. Si schiacciò contro il legno scheggiato dello stipite, lo sentì graffiarle la guancia e per poco il cappuccio non le rimase incastrato in qualche anfratto.
Quando sentì il tepore della sua dimora si richiuse la porta alle spalle, infilò il catenaccio e chiuse a chiave.
Si accasciò contro il muro di fianco al termosifone, sentì le mani formicolare quando il calore cominciò a raggiungerle le ossa.
Rimase un’infinità di minuti raggomitolata lì, con ancora addosso il giubbotto invernale e gli scarponi da neve, mentre la sua mente tornava a quel vicolo, a quegli occhi glaciali, a quell’alito caldo sulla nuca, a quella voce bassa che ti entra dentro e ti stringe le budella fino a toglierti il respiro e a farti sputare sangue. Doloroso. Ma ormai familiare.
Scalciò via le scarpe, il giubbotto, e piano cominciò a spogliarsi completamente, non muovendosi dal suo angolino. Quando si ritrovò in biancheria chiuse gli occhi e inspirò, un flash, due occhi azzurri, glaciali e spietati che le scrutavano l’anima, un brivido le percorse la spina dorsale e nella sua testa rimbombarono le sue parole.
Ogni respiro che prendi
Ogni mossa che fai
Ogni legame che rompi
Ogni passo che compi
Io ti starò guardando
Riaprì gli occhi, aveva la pelle d’oca in tutto il corpo.
Si alzò in piedi, attraversò la camera da letto, raggiunse il bagno e aprì l’acqua calda nella doccia. Finché il vapore cominciava a espandersi nella stanza lei si guardò allo specchio: le guance arrossate, la pelle candida, gli occhi verdi da cerbiatto e i boccoli castani che le ricadevano disordinati sulle spalle le davano un’aria innocente, da bambina. Ma alle spalle di questa bambina, nell’ombra, c’era lui, sempre pronto a farsi vivo per impedire che lei lo dimenticasse.
Oh, non riesci a capire
Tu appartieni a me
Come soffre il mio povero cuore
Per ogni passo che fai
 
La tensione svanì sotto il getto d’acqua bollente.
Si massaggiò il corpo con un bagnoschiuma ai semi di lino, il dolce profumo le inebriò i sensi, quando raggiunse i polsi digrignò i denti, i segni violacei erano lì, pulsanti, per ricordarle che lui c’era c’è e ci sarà sempre. Per ricordarle che è inutile scappare, salda come la presa sui suoi polsi era la presa sulla sua vita. Mille volte aveva provato a dimenticarlo e mille volte era tornato a farsi vivo.
Uscì dalla doccia, si asciugò e si infilò una tuta.
Passò la serata davanti alla tv, mangiucchiando un paio di foglie dell’insalata che si era preparata per cena.
Continuava a pensare a lui. Proprio come lui voleva. Diventare parte integrante della sua vita, rendersi essenziale nella sua quotidianità, fino al punto in cui lei non sarebbe più riuscita a immaginare un futuro o a ricordare un passato senza la sua presenza.
E lei ci era arrivata a quel punto, lui lo sapeva, stava solo aspettando che lei se ne rendesse conto.
Lei ci ripensò, come le accadeva centinaia di volte al giorno.
Ripensò al momento in cui tutto era cominciato.
Quattro anni prima, in una gelida e piovosa serata invernale.
Era arrivata in quella città già da un anno, e tutto ciò che aveva fatto era frequentare le compagnie sbagliate.
Si ricordava ancora la sensazione della pioggia gelida sulle guance, delle braccia strette attorno al corpo per riuscire a mantenere quel poco di calore che il sottile giubbotto le dava. Il naso le colava, ma non aveva un fazzoletto. Le uniche cose che aveva in tasca erano i soldi per la sua dose e un vecchio cellulare che le serviva soltanto per mettersi in contatto con gli spacciatori. Si accostò al muro di quel vicolo desolato e lercio, sperando di riuscire a ripararsi un po’, e attese. Vide un uomo avanzare, facendosi largo tra la spazzatura per terra, i cartoni su cui dormivano i barboni e i topi. Era troppo alto per essere lo spacciatore. Si prese tutto il tempo del mondo per osservarlo, tanto chi avrebbe fatto caso a una drogata accasciata contro un muro, con delle occhiaie violacee, i capelli arruffati e la pelle quasi trasparente. L’uomo avanzava calmo, senza degnare di uno sguardo tutto ciò che lo circondava, come se per una persona vestita in modo così elegante fosse normale trovarsi in un luogo come quello. Stava per passare davanti alla ragazza, quando all’improvviso si fermò e si girò nella sua direzione. I loro sguardi si incrociarono e lei venne percorsa da un brivido sulla spina dorsale, mentre le budella le si contorcevano. Quell’uomo aveva degli occhi così gelidi e penetranti che le sembrava le stessero facendo un’autopsia. Se gli occhi sono lo specchio dell’anima, quegli occhi non riflettevano niente. I capelli erano biondi, quasi bianchi, i lineamenti erano spigolosi e la stazza imponente. Era molto alto, dalle spalle larghe.
Se il diavolo avesse avuto sembianze umane, di sicuro sarebbe stato così: tremendamente affascinante ma senza un’anima.
Il gioco di sguardi continuò per un’eternità, occhi verdi grandi ed espressivi di lei, occhi azzurri e gelidi di lui.
La ragazza venne distratta da degli altri passi, si girò in quella direzione, un uomo tarchiato dalla barba ispida e dalle profonde occhiaie si stava avvicinando a lei. Lanciò uno sguardo allo sconosciuto, lo notò appoggiato ad il muro di fronte a quello dove si trovava lei, mentre si accendeva una sigarette e continuava a fissarla.
La giovane scosse la testa e riportò l’attenzione verso lo spacciatore, ci fu uno scambio, nemmeno una parola venne sprecata, lei gli infilò i soldi in una tasca, mentre lui le mise in mano una bustina con dentro delle pasticche, poi prima di andarsene non le risparmiò una pacca sul sedere, come extra per essere uscito in una giornata così schifosa.
Lei non ci fece caso e sentì l’umore migliorarle quando si infilò il suo tesoro in tasca. Stava per andarsene quando venne afferrata per un polso, tentò di divincolarsi ma la presa era soffocante. Si girò verso colui che la stava trattenendo e incontrò gli occhi glaciali dell’uomo in abiti eleganti.
- Lasciami stronzo – le intimò lei, mentre tentava di liberarsi dalla morsa di quell’uomo.
Un sorriso cattivo gli si disegnò sul volto, le tirò il polso facendola avvicinare a sé e con l’altro braccio le circondò la vita in una presa soffocante, facendo aderire completamente i loro corpi. Con la mano libera lei cominciò a tirargli pugni sul petto, ma sembrava che non gli facessero nemmeno il solletico. Lui non smise di fissarla un secondo, con uno sguardo avido, che cercava ogni particolare insolito sul suo viso, e, con una voce potente, ma allo stesso tempo bassa e sensuale parlò – Quanti anni hai? – lei sentì l’eco di quelle parole nella sua testa, mentre tentava disperatamente di trovare una via di fuga – Abbastanza da sapere che non bisogna dare confidenza agli sconosciuti, stronzo – gli rispose, con quel briciolo di coraggio che ancora le rimaneva in corpo. Sentì le costole e le ossa del polso scricchiolare mentre la presa del suo aggressore si faceva più opprimente – Rispondi – le intimò lui quasi in un sussurro. Probabilmente se avesse urlato le avrebbe fatto meno paura. Lei digrignò i denti per non gemere dal dolore – 19 – sibilò trattenendo un ansito.
Un altro sorriso si dipinse sul suo volto, era soddisfatto – Bene piccola, ora sei mia, tutto ciò che farai, dirai o penserai io lo verrò a sapere, e non credere di poter scappare, perché io ti guarderò tutto il tempo, ti raggiungerò persino nei tuoi sogni – non appena finì la frase la scaraventò a terra e se ne andò.
Da quel giorno cominciò ad incontrarlo ovunque, persino quando decise di cambiare zona per i suoi “acquisti” lo trovava, aveva cominciato a sognarlo la notte stessa dopo il loro primo incontro, e da quel momento non l’aveva più abbandonata. Tutte le volte che si incontravano lui faceva in modo di lasciarle dei lividi, per ricordarle la sua presenza, e, nel frattempo, le faceva qualche domanda. Ormai lui conosceva tutta la sua vita.
Quando si recò dalla polizia per denunciare uno stalking l’unica cosa che gli agenti dissero fu - Guardatela in faccia, è solo una drogata, con quella robaccia che si prende avrà le allucinazioni – il suo compagno scoppiò a ridere – Sarà anche una drogata, ma io una passatina gliela darei – e la liquidarono tra una risata e un’altra.
Divenne paranoica, lo vedeva ovunque, e molto spesso c’era davvero, l’unico posto in cui si sentiva al sicuro era casa sua, e non perché lui non sapesse dove abitava, glielo aveva detto lei stessa, quanto perché fino a quel momento lì aveva avuto la sua privacy.
Dopo i primi sei mesi decise di smettere di drogarsi, magari così, non frequentando più zone malfamate, non lo avrebbe più incontrato. Si trovò un lavoro come segretaria, e, dopo aver guadagnato abbastanza, lasciò il suo monolocale puzzolente e malridotto per trasferirsi in un appartamento più grande e in una zona più tranquilla.
Per qualche giorno, dopo il trasferimento, lui non si fece più vedere, tranne che nei suoi ricordi e nei suoi sogni.
Credette di essere riuscita a liberarsi di lui.
Tirò un respiro di sollievo.
Ma, dopo una settimana di pace, quando stava tornando dal supermercato, lo rincontrò. Quella sera tornò a casa con un livido molto evidente sul collo, che il giorno dopo fu costretta a coprire con una sciarpa.
 
Spense la tv, lavò la ciotola che prima conteneva la sua cena, e si infilò nel letto. Lei non lo odiava, no, non lo detestava nemmeno. Dopo tutto quel tempo avrebbe potuto dire di conoscerlo, e, anche se di poco, riusciva a prevedere quando sarebbe venuto a trovarla, cosa le avrebbe fatto e cosa le avrebbe chiesto. Ormai per lei era una routine. Sapeva che il giorno dopo e quelli dopo ancora lo avrebbe visto, ci avrebbe parlato, anzi, lui avrebbe domandato e lei avrebbe risposto.
Nonostante tutto il tempo passato da quando si erano “conosciuti” di lui sapeva poco: si chiamava Keeran, ossia scuro, nero, proprio come la sua anima, era ricco, non glielo aveva detto esplicitamente, ma dai suoi vestiti si riusciva a capire che i soldi non gli mancassero, e basta. Non sapeva nient’altro.
Quando si addormentò lo sognò, sognò il suo futuro con lui, la sua voce bassa e penetrante, il suo sguardo glaciale e avido, le sue mani suoi polsi, sul collo, sui fianchi, le sembrava tutto così giusto, ma poi all’improvviso svanirono tutte quelle sensazioni di familiarità, si ritrovò vuota, sola, se n’era andato, l’aveva lasciata, ora non c’era più nessuno dietro di lei, un senso di panico e mancanza la investì. Si risvegliò di soprassalto la mattina presto, era sudata, i capelli appiccicati alla nuca e alla fronte, le pupille dilatate e il respiro affannoso. Era tornata alla realtà, lui c’era ancora, o forse no? Se fosse stato un avvertimento quello? Se lui se ne andasse sul serio? Che cosa avrebbe fatto in quel caso? Che ne sarebbe stato di lei? Un brivido di puro terrore le percorse la schiena e si trovò ad ansimare, si catapultò in bagno e si sciacquò la faccia con dell’acqua fredda, sentì il respiro rallentare. Alzò lo sguardo verso il suo riflesso sopra il lavandino, scrutò i propri occhi e una lacrima solitaria le solcò la guancia.
Il primo pensiero razionale della giornata si fece largo nella sua mente
Dal momento che te ne sei andato
mi sono sentita persa, ho smarrito la strada
Io sogno la notte
E riesco solo vedere il tuo viso
Mi guardo intorno e capisco che non riesco a rimpiazzarti
Mi sento infreddolita e desidero il tuo abbraccio
Continuo a piangere, per favore

 
Dei colpi alla porta la fecero uscire dal trans, si avviò verso l’ingresso, guardò dallo spioncino e si pietrificò.
Non avrebbe mai pensato che sarebbe arrivato fino a lì, il suo luogo sicuro era in pericolo, d’ora in poi anche li sarebbe stata alla sua mercé.
Avrebbe potuto non aprirgli, lasciarlo lì, fuori dalla porta, e, magari, così sarebbe uscito anche dalla sua vita.
Fuori dalla sua vita… se ne sarebbe davvero andato? L’avrebbe davvero lasciata in pace? Da sola? A vivere finalmente in pace?
Ma cos’era la vita senza di lui? Senza i suoi occhi, il suo tocco, la sua voce?
Niente.
Ecco la dura verità.
Senza di lui ormai non restava più niente di lei.
Senza di lui quella non sarebbe stata la sua vita.
Senza di lui non sarebbe più riuscita a vivere.
Liberò la porta dal catenaccio e dalla serratura, poi l’aprì.
La prima cosa che incontrò furono i suoi occhi spietati, con un filo di voce e l’ultimo barlume di coraggio chiese – Keeran… V-Vuoi… entrare? – era la prima volta che lo chiamava per nome.






Spero che vi sia piaciuta, fatemi sapere cosa ne pensate ^-^
-Hieme.

   
 
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