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Autore: Lycia_    07/08/2014    4 recensioni
In fondo avevo accantonato la mia vecchia me da tempo ormai, e con essa anche gli amici e i parenti che ne conseguivano. Non ero più nessuno. Zero.
Genere: Avventura, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Giovanni, N, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Anime
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Giallo

Il Passato - Prima parte.
Dieci anni fa.

Afferrai una manciata di biscotti dalla confezione senza nemmeno degnarla di uno sguardo, quindi me li cacciai in gola con foga.
Colazione: fatta.
Mi fiondai fuori di casa urlando, nel disperato tentativo di buttar giù l'immenso boccone dolce senza strozzarmi, qualcosa di solo vagamente comprensibile nella lingua umana, probabilmente un: "Mamma, papà ci vediamo dopo!". Nessuna risposta se non si considera un mugolio sommesso e pure vagamente irritato: non che dovessi stupirmi. I miei genitori erano probabilmente sempre a letto insieme a Lily (la mia sorellina di cinque anni) e l'unica compagnia che avevo era il Delcatty di famiglia, certamente più interessato a dormire che a salutarmi.
Non appena il pesante portone di legno si fu chiuso alle mie spalle mi bloccai improvvisamente, guardandomi intorno.
Un cielo scuro e grigio, uniforme.
Chissà, forse avrebbe iniziato a nevicare.
Sorrisi e ispirai l'aria pulita e frizzante del mattino mentre il freddo mi pungeva le guancie e le dita delle mani. Nella fretta avevo dimenticato i guanti e chissà cos'altro ancora, ma non aveva importanza: oggi era il giorno, il mio giorno. Non avevo tempo per certe piccolezze. La piccola cittadina intorno a me non si era ancora svegliata del tutto, un'alba pallida si affacciava ad Oriente.
"Professor Birch, sto arrivando!"

Una delle tante fortune della mia vita era stata quella di nascere ad Albanova, la sottospecie di villaggio civilizzato in cui si trovava il Laboratorio più importante della Regione. Allenatori da ogni parte di Hoenn (e non solo) vi facevano tappa almeno una volta durante il loro viaggio di formazione e solo i Leggendari sanno a quanti di loro Birch aveva donato il primo Pokemon, lo Starter.
L'amico di una vita.
Solo pensarci mi faceva mettere le ali ai piedi, non stavo più nella pelle: erano anni che aspettavo questo momento. Ovviamente non sarei stata l'unica, non lo si è quasi mai quando si parla di situazioni simili, e anche questo contribuiva alla mia allegria. Come ogni piccolo posto che si rispetti, tutti conoscevano tutti e io non facevo eccezione. Ma non erano compagni di viaggio quelli che cercavo, ma degni rivali. A scuola ero stata spesso definita "simpatica come uno sputo in un occhio" e certamente non mi ero data da fare per trovarmi degli amici.
D'altra parte non mi servivano, stavo bene da sola.
Evitai il vecchio signor Ruby intento a buttare del sale sul vialetto con un agile balzo, e poi ripresi a correre.
Ormai c'ero quasi.

Fu una faccia stanca quella che mi venne incontro dal Laboratorio, profondi occhi porcini e sguardo bonario sebbene non più di tanto sveglio. Nel vero e proprio senso della parola. Sotto lo sgualcito, ampio camice bianco da scienziato si poteva intravedere lo spesso pigiama azzurro con la quale aveva probabilmente dormito. L'uomo si appoggiò con un lungo sospiro allo stipite della porta, fissandomi come se fossi una causa persa.
"Sono le sei del mattino, ed è Domenica..." Mi accorsi solamente allora che ai piedi aveva delle ridicole pantofole pelose.
"Chi dorme non piglia pesci." Si passò lentamente una mano sulla faccia, stropicciandosi la pelle del naso e quella tra le sopracciglia.
"Entra..." Un suono strascicato, assonnato che si muoveva verso l'interno, ancora completamente buio. Lo seguii praticamente saltellando, troppo agitata per fare altro che cercare di distinguere i contorni dei vari oggetti nell'oscurità più totale. La massiccia e larga figura del professore era scomparsa chissà dove. Per diversi minuti (o furono secondi?) rimasi in perfetto silenzio, solamente ascoltando il suono del mio respiro, poi improvvisamente uno scalpiccio pesante e le luci si accesero. L'intensità mi costrinse a sbattere le palpebre diverse volte, quando mi fui abituata alla nuova situazione notai Birch abbandonato su una sedia girevole imbottita dall'aspetto piuttosto comodo. Accanto a lui c'era una disordinatissima scrivania piena di fogli, appunti, libri, aggeggi elettronici e diverse pile di tazze di caffè ormai vuote e piatti sporchi. A dire il vero tutto il laboratorio era nel caos più assoluto tra scatole di cartone traboccanti oggetti e pokèball di vario genere. L'uomo si limitò a scrollare le spalle di fronte alle mie occhiate curiose.
"Se fossi venuta a mezzogiorno come avevo suggerito ti saresti trovata di fronte una scena ben diversa." Suonava quasi come un rimprovero. Non che fossi il tipo da farmi fermare da un tono severo.
"Non potevo più aspettare... dove sono?" Con un cenno della testa indicò un grosso marchingegno dalla forma cilindrica, sovrastato nel lato superiore da una spessa cupola in vetro. Come mi avvicinai quella si aprì in due, sparendo all'interno dell'apparecchio e rivelando il suo prezioso contenuto: tre pokéball rosso fiammante con incise sopra il simbolo dell'elemento cui il Pokémon contenuto apparteneva.
"Prenditi pure tutto il tempo che ti serve, considera che a quest'ora anche loro hanno sonno e non saranno molto attivi. Non subito almeno. Io ... vado a preparare la colazione." Borbottò, sparendo nuovamente da qualche parte. Delle sue parole non poteva proprio fregarmene di meno, non mentre soppesavo le sfere chiedendomi in base a quale criterio avrei scelto il mio primo Pokémon.

"Treecko, il Pokémon Legnogeco. Ti piace lui?" Sobbalzai quando mi fece questa domanda, era rimasto in silenzio tutto il tempo, fissandomi placidamente mentre beveva un beverone di caffè annacquato o mangiava un toast. Scrollai le spalle, senza aggiungere altro.
A dire il vero, no. Non mi piaceva.
Il problema era che nessuno dei tre aveva veramente suscitato il mio interesse.
Non appena usciti dalla propria sfera, dopo qualche attimo di intontimento, Mudkip e Torchic si erano messi a giocare e bisticciare, rincorrendosi per tutto il laboratorio, sputando deboli fiammelle o sottili getti d'acqua, schiamazzando.
Treecko invece si era arrampicato fin sopra una libreria, posizionandosi nel primo spazio vuoto abbastanza grande per lui, e poi era rimasto lì... osservando il mondo sotto di lui con diffidenza e rassegnazione. Di tanto in tanto, quando incrociavo il suo sguardo, mi sembrava quasi di capirlo. Per rivolgermi la parola doveva essere un bel po' di tempo che guardavo la creaturina verde dal basso della mia posizione. Ma in realtà i miei occhi erano puntati ben oltre lei, su un'avventura e dei momenti che credevo avrebbero avuto un inizio eroico o perlomeno magico, dall'atmosfera sfumata e pallida, come quando si proietta una vecchia pellicola sbiadita.
Pensavo che avrei riconosciuto il mio futuro compagno solo con un'occhiata, un'intesa vincente iniziata già dal primo momento.
E invece...
Cercai di contenere la delusione, magari avrei davvero dovuto scegliere il tipo Erba, perlomeno non sembrava un totale imbecille come gli altri due.
Ma non riuscivo a far altro che esitare, erano occhiate così cupe quelle che il piccoletto mi rivolgeva!
Sembravano dire: "Perché a me? Perché non posso essere libero, scappare, andare via. Io non voglio lei. Io non voglio nessuno tranne che la Natura. Eppure, per quanto lo desideri non posso farci niente. Posso solo sperare nel meno peggio."
No, non potevo proprio.
Sopportare quello sguardo, giorno per giorno...
Non era così che doveva andare.
Dato che non mi ero degnata di rispondere decentemente, il professore si alzò sbuffando sonoramente.
"Tu continua pure a fissarlo come se non ci fosse un domani, io servo da mangiare ai ragazzi."

I "ragazzi" si rivelarono essere, oltre a quelli che avevo già avuto modo di conoscere, tre Poochyena.
O almeno io pensavo che fossero solamente tre.
"Per tutti i Kyogre, Aurum... vuoi venire a mangiare, si o no?! Ti assicuro che nessuno ti torcerà un capello, per favore...". Un guaito.
Straziante.
Sembrava che più che cercare di convincerlo a mangiare il professor Birch stesse cercando di scuoiarlo vivo.
Improvvisamente ecco apparire sia lui, che l'uomo.
Il primo sembrava in fuga dalla propria morte, lo sguardo era proprio quello di un cucciolo spaurito e spaventato. Il secondo invece appariva trafelato e sfinito.
Il Pokemon corse attraverso la stanza fino a che non si rese conto di non essere solo. Gli starter e quelli che a prima vista parevano i suoi compagni lo ignoravano vistosamente, ma io non riuscivo a staccargli gli occhi di dosso. Evidentemente la mia vista dovette turbarlo molto perché emise un verso ancora più acuto del primo e invertì la rotta, scappando alle goffe e grassocce braccia umane che tentavano di afferrarlo e rintanandosi al sicuro, sotto la scrivania.
"Dannazione, Aurum!"
"Ma... ma quel Poochyena è... giallo!" Giallo dove sarebbe dovuto essere grigio e marrone al posto del nero. Ma quello che più colpiva di lei erano il naso e gli occhi, non di un cupo e morbido rosso sangue, ma di un gelido e intenso azzurro acceso.
"Si, è un esemplare molto raro." Lo scienziato tentò nuovamente di avvicinarsi, si mise gattoni e poi allungò una mano verso il piccoletto che però sembrò rimpicciolirsi ancora di più, indietreggiando e sfuggendo ancora.
Sembrava molto più che spaventato: il suo era terrore puro.
"Perché si comporta così?"
"E' sfuggita al Team Idro, o meglio... a sentire l'allenatore che me l'ha portata... l'hanno buttata fuori a calci." Scrollò le spalle, come se questa fosse una risposta " Destinata ad essere niente popò di meno che una dei cuccioli preferiti di Ivan, le sue abilità di combattimento non si sono rivelate all'altezza del suo pelo dorato. E' una codarda, ecco tutto."
Con un grugnito, vidi Birch sparire sotto la scrivania.
"E così adesso se ne occupa lei."
"E chi altro? Questa piccolina non ha nessuno: Agli allenatori non interessa un Pokemon debole che non vuole combattere e da queste parti non ci sono Pensioni o persone dal cuore d'oro pronte ad accoglierla. Certe cose accadono solo nei film." Non sapevo cos'altro dire, così mi chiusi in un silenzio carico di pensieri mentre l'uomo tornava finalmente ad alzarsi con in braccio un'immobile, tremante Poochyena. I suoi occhi vagavano da una parte all'altra della stanza, irrequieti, come se stessero già pensando a dove rifugiarsi non appena avesse avuto l'opportunità di scappare. Mi era ricapitato a volte di trovarmi di fronte Pokémon impauriti, spesso ti sentivi appiccicare addosso il loro sguardo in cerca di aiuto, disperato.
Ma non Aurum.
Lei non si soffermava mai su nessuno, non guardava mai nessuno, non stava mai ferma.
Dava l'impressione che avesse paura perfino della vita stessa, dello scorrere del tempo, di quello che avrebbe potuto vedere se si fosse fermata un attimo.
Aurum non temeva solamente il mondo, ma perfino i sentimenti.
Quelli buoni più dei cattivi.
"Vedi questo lato, sul collo?" Guardai dove il professore m'indicò: c'era una chiazza priva di pelo che prima non avevo notato: rosa pallido, pulita, dall'aspetto frastagliato e scosceso come carta stropicciata. A concentrarsi bene si poteva riconoscere lo strano simbolo che la cicatrice rappresentava: un ovale che pareva attraversato da due ossa destinate a congiungersi in un triangolo poco sopra la figura principale.
"Non serve solo a indicare che un tempo questa piccolina faceva parte del Team ma è anche una copertura."
"A-a cosa?"
"A un'altra cicatrice, più profonda probabilmente. Quella che è stata causa della sua espulsione: gli errori non sono ammessi... forse non è riuscita a schivare in tempo una mossa, o ancor più grave... si è rifiutata di attaccare."
Vedendo la mia espressione inorridita il professore fece un'espressione dura, severa.
"Non avrai seriamente pensato che tutti al mondo trattino i Pokemon come se fossero loro amici, vero?"
Non capivo, e come potevo?
"Ma... perché? E come fa a sapere tutte queste cose?" Lui scosse la testa grave.
"Sono stato allenatore anch'io prima di te, e... ho molti anni sulle spalle di cui rispondere." Non aggiunse altro per diverso tempo, meditabondo. Io attendevo una risposta alla mia prima domanda e non avevo nessuna intenzione di cedere. La Poochyena sembrava essersi calmata almeno un po', sebbene fosse sempre sul "chi va là". "Alcune persone fanno semplicemente quello che gli viene detto di fare."
Quanto erano vere quelle parole! Ma allora avevo veramente troppo poco cervello per farmele semplicemente quadrare: gonfiai il petto e sono pressoché convinta che perfino i miei occhi iniziarono a brillare di fuoco vivo, luce propria. Senza pensarci due volte mi sciolsi i capelli, trattenuti in una coda alta da un nastro argento cupo, quindi a passo sicuro mi avvicinai alla Poochyena saldamente trattenuta e delicatamente le legai il filo intorno al collo, concludendo con un fiocco scenografico ma non ingombrante.
"Questo dovrebbe coprire quel brutto segno." le sussurrai, prima di pronunciare le infervorate, stupide parole che mi rimbombavano in testa.
"No. Ci sono valori alla quale non si trascende, che si lavori per i cattivi o non. Se si è buoni allora...allora..."
"Non sono discorsi adatti a una ragazzina di dieci anni, limitati a scegliere il tuo futuro Pokémon e poi lasciami sistemare in pace." Indispettita dal suo tono saccente e dal fatto che non mi avesse lasciato finire la frase, chiusi la bocca fulminandolo con lo sguardo.
La stanza cadde in un silenzio assordante e anche le parole che avremmo pronunciato in futuro sarebbero suonate finte, distaccate, sbagliate.
Quel discorso lasciato a metà però qualche risvolto positivo l'aveva avuto: Aurum.
Avevo scelto il mio nuovo compagno.

Mi sentii due occhi puntati addosso.
In quello stesso momento seppi che anche lei aveva scelto me.
Sorrisi.

"Io e te, piccola, diventeremo forti insieme. Diventeremo forti per sconfiggere il Team Idro. Vendicheremo te e tutti gli altri Pokémon che hanno fatto soffrire. Io lo so, non possiamo perdere."

Nota: Suppongo che si sia già capito che questo capitolo è completamente ambientato nel passato di Zero. Mi è sembrato fondamentale scriverlo visto che nella storia in sé non ci sarebbe proprio modo di intuire quasi niente di lei. Ovviamente questo è solamente il primo. L'atmosfera non è "pesante" (situazione che spero di aver saputo rendere meglio di questa >.<) come negli altri capitoli e invece è decisamente più scontata.
   
 
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