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Autore: ___Page    08/08/2014    2 recensioni
Anche la ciurma più pazza del mondo ha bisogno di intrattenersi, tra un nemico e l'altro, durante la traversata del Grande Blu.
Una raccolta mista (Drabble, Flashfic e One-shot) che attinge ai ricordi di infanzia. Naturalmente ZoNami e con qualche probabile capitolo RuRobin. E poi magari chissà, nel frattempo potrebbero aggiungersi altri pairing.
Genere: Fluff | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Mugiwara, RufyxRobin, Un po' tutti | Coppie: Nami/Zoro
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
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SOLITARIO

 

 

 

Nonostante fosse notte inoltrata, si aggirava per la nave cantando. Lo faceva da sempre quando si trovava da solo, e a maggior ragione dopo la forzata permanenza nel Triangolo Florian. Non aveva avuto altro che quello per tenersi compagnia.
Inizialmente i Mugiwara non avevano preso bene quella sua abitudine. Era inquietante sentire quella voce riecheggiare per tutta la nave a notte fonda e, in più di un’occasione, Chopper si era svegliato in preda al panico obbligando Nami a sdraiarsi nell’amaca con lui finché non si fosse addormentato mentre , al contempo, teneva a bada Sanji. Con il tempo però, si erano abituati a quella strana consuetudine del musicista e, anzi, le notti in cui Brook li intratteneva con la sua melodiosa voce erano ormai quelle in cui prendevano tutti sonno più facilmente.
Passò davanti alla sala comune a ritmo di musica, diretto verso la cabina che condivideva con i suoi Nakama, per poi bloccarsi e tornare indietro, in silenzio. La porta era aperta e all’interno del locale, seduta al tavolo, voltata per tre quarti verso il muro, la dolce Nico Robin giocava a solitario.
Lo scheletro la fissò, sconsolato. Nonostante sapesse che l’archeologa non soffriva la solitudine, vederla giocare da sola lo rattristava sempre.
Entrambi si erano visti costretti a vivere, per un periodo più o meno lungo, isolati dal mondo, lui fisicamente e lei spiritualmente, occultando la sua identità per molti anni. Per questo entrambi erano in grado di apprezzare la solitudine senza farsi spaventare da essa, come accadeva al loro capitano.
A Robin piaceva leggere e spesso condivideva quel piacere con il resto della ciurma, narrando ad alta voce per i suo Nakama. Ma si vedeva che il massimo del godimento, in quell’attività, lo traeva quando era sola. E anche questo Brook poteva comprenderlo bene. Era lo stesso per lui, quando componeva. Suonare per i suoi compagni era sempre una gioia ma il momento della creazione di una melodia raggiungeva il suo apice quando avveniva in solitudine. Un incontro tra se stessi e la propria anima. Per questo componeva di notte, stando alzato fino a tardi, come quella sera, pur di non lasciare un pentagramma incompleto.
Ma Robin non stava leggendo, stava giocando.
Giocare a carte era un passatempo a cui i Mugiwara si dedicavano più spesso di quanto si potesse immaginare da una ciurma di pirati. Giocare, in generale, era sempre stato qualcosa da fare in gruppo o almeno in coppia, secondo lo scheletro, una scusa per stare in compagnia e divertirsi. Per questo vedere la sua compagna impegnata in quel gioco lo rendeva così triste. Era fermamente convinto che il solitario fosse espressione di un certo disagio esistenziale, anche se, nel caso di Robin, temporaneo e saltuario.
Sapeva che con loro aveva trovato il suo posto nel mondo ma temeva che a volte la solitudine ancora l’attanagliasse provocandole quei momenti di depressione e tristezza.
Nonostante la scarsa illuminazione, ottenuta da una semplice candela posta sul tavolo di fronte a lei, riusciva a vedere le sue mani mischiare le carte e girare il mazzo, sistemandone poi alcune sul tavolo nella giusta sequenza. Si rese conto che doveva essere ben concentrata sul suo gioco per non essersi accorta del suo canterino passaggio e riportò l’attenzione sul suo viso alla ricerca di una conferma.
Effettivamente, l’archeologa aveva un’espressione presa ma ciò che lo colpì fu il fatto che non sembrava prestare molta attenzione al gioco. Anzi, ora che guardava meglio, il mazzo veniva mischiato da due braccia che spuntavano direttamente dalla superficie di legno e Robin lanciava solo di tanto in tanto occhiate distratte alle carte per poi riportare i suoi occhi trasognati su qualcosa che si trovava chiaramente alla sua destra.
Incuriosito di scoprire cosa stesse realmente facendo la Nakama, Brook scivolò silenziosamente nella stanza, portandosi subito alle sue spalle e fuori dal suo campo visivo e rimanendo a debita distanza.
Da quella nuova angolazione riusciva a vedere cosa stesse facendo l’archeologa con il suo vero braccio. Muovendolo solo dal gomito in giù, lo spostava avanti e indietro in un gesto meccanico, allargando le dita della mano per farle scivolare meglio tra i capelli del compagno a cui stava amorevolmente accarezzando la testa. Trovandosi fuori dall’alone di luce, era impossibile identificarlo. La sola certezza era che stava con il capo appoggiato sul tavolo, probabilmente addormentato, a giudicare dall’altezza a cui Robin teneva la mano. 
Stava già valutando se osare avvicinarsi per scoprire l’identità del fortunato pirata che un rumore improvviso, profondo e baritonale, lo levò dall’impiccio. Non aveva dubbi, conosceva bene quel russare roco e cavernoso e aveva un orecchio troppo allenato  a riconoscere e distinguere i suoni per sbagliarsi. Anche se lui le orecchie non le aveva più!
Non poteva crederci! Zoro! Pazzesco!
Aveva notato fin da subito quanto quei due si assomigliassero. Entrambi solitari e di poche parole, entrambi integerrimi, entrambi capaci di valutare chi avevano di fronte solo guardandolo. Probabilmente era così che era iniziato tutto, con uno sguardo, con cui si erano rivoltati l’anima a vicenda. In effetti, chiunque li avrebbe definiti una coppia perfetta.
Ma anche se lui aveva notato una certa intimità tra i due, il loro rapporto gli era sempre parso più simile a quello che intercorre tra un fratello minore e una sorella maggiore. Anzi, viste tutte quelle caratteristiche che li accomunavano, se non fossero provenuti da luoghi così distanti tra loro avrebbe sospettato che fra i due ci fosse realmente un legame di sangue.
Nonostante la recente scoperta gli avesse lasciato un po’ di amaro in bocca – anche se lui la lingua non l’aveva più, ben inteso –, perché lui era sempre stato convinto che lo spadaccino fosse perfetto per la navigatrice e viceversa, si ritrovò a sorridere.
Aveva sbagliato tutto. Robin stava giocando a solitario, sì, ma non era sola. Insieme al samurai aveva trasformato quel triste passatempo in un momento di grande intimità e profonda tenerezza, insegnando anche allo scheletro una nuova sfaccettatura del verbo “Giocare”.
Non aveva più ragioni per trattenersi nella stanza e non voleva certo rischiare di spezzare quel magico momento così si avviò per uscire ma, una volta sull’uscio si immobilizzò per poi voltarsi nuovamente verso l’interno del locale. Alle sue spalle un improvviso mugolio biascicato si era levato nell’aria, sovrapponendosi al russare incessante.
Possibile che, oltre a Robin e Zoro, ci fosse qualcun altro addormentato nella sala comune?!
Si concentrò meglio sui due rumori e solo allora si rese conto che si era fatto ingannare dalla strana acustica di quella stanza. Aveva già avuto modo di appurare che, lì dentro, se ci si trovava in una determinata posizione, i suoni proveniente dal corridoio sembravano avere la loro fonte all’interno della sala, più precisamente nella zona in cui si trovava il tavolo.
Focalizzandosi sui due suoni ebbe la conferma che il pirata accanto a Robin non era quello che russava, il quale si trovava nel corridoio, ma quello che biascicava. Strabuzzò gli occhi quando riuscì a cogliere le sue parole. Anche se lui gli occhi non li aveva più!
-mgpf… San-ji… io… fame…- mormorava il suo capitano, profondamente addormentato e rilassato dalle delicate mani dell’archeologa. Aguzzando meglio la vista –si fa per dire, ovviamente– notò il cappello di paglia appoggiato sul tavolo, anch’esso al di fuori del cerchio di luce della candela.
Si ritrovò a sorridere ancor più soddisfatto.
Hai capito Rufy?!
Tornò a voltarsi verso l’uscio per uscire, stavolta senza esitazioni e quasi saltellando.
Se c’era una cosa che lo metteva di buon umore era vedere un giovane amore che sbocciava.
Inutile perciò dire che la considerò una serata praticamente perfetta quando, a metà del corridoio, incappò nella fonte del cavernoso rumore che lo aveva ingannato. Zoro, sfinito dai suoi allenamenti notturni, si era addormentato con la schiena appoggiata alla paratia, senza riuscire a raggiungere la sua amaca e, proprio in quel momento, la bella cartografa gli stava posando una coperta addosso e un bacio sulla fronte, mentre lui biascicava il suo nome, facendola sorridere dolcemente.

 

 

 

 

Angolo dell’autrice:

Ecco un nuovo aggiornamento, un po’ più introspettivo e meno divertente.
Ma vi assicuro che arriveranno altri capitoli a doppi sensi e che, spero, vi faranno ridere!
Ci tenevo a sottolineare che a me il solitario piace! Ci gioco anche!
Però dal punto di vista di Brook, vista la sua esperienza nel Triangolo Florian, ho supposto non fosse esattamente il suo passatempo preferito!
A presto.

  
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