Libri > Divergent
Segui la storia  |      
Autore: 4nn4x    09/08/2014    1 recensioni
Elizabeth era una ragazza sola, non aveva amici e ogni giorno aspettava il suono della campanella per tornarsene a casa tra i suoi amati libri; non sapeva però che da quel giorno di pioggia la sua vita sarebbe cambiata, che sarebbe stata catapultata in luoghi sconosciuti dove avrebbe conosciuto persone che cercheranno di ucciderla o che troveranno in lei una parte di ciò che hanno perduto da tempo.
Dovrà affrontare cose che non pensava possibili per ritrovare l'oggetto che le salverà la vita.
Tutto ebbe inizio da quell'anello.
Genere: Avventura, Azione, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti
Note: Cross-over | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Fuori dalla finestra il cielo era completamente grigio, qualche raggio di sole filtrava debolmente, illuminando il parchetto davanti a scuola; un giornale svolazzava, nelle mani del vento. Vedevo tutto dalla finestra sulla mia sinistra mentre sorreggevo la testa con la mano e con un dito dell’altra picchiettavo il ritmo delle lancette sul banco. Il professor Forst stava blaterando qualcosa a proposito di Newton, facendo roteare per aria una mela. Quanto volevo trovarmi là fuori, in balia del vento come quei fogli di carta e volare lontano, lontano dove non ci sono strani professori e insipidi compagni. La ragazza nel riflesso del vetro mi guardava; aveva grandi occhi neri dall’espressione stanca, la pelle molto pallida da farla sembrar quasi un cadavere e i capelli che le incorniciavano il viso ricadendo sulle esili spalle.
“Signorina Warlen, che c’è di così interessante là fuori da ipnotizzarla? E’ una mezz’ora buona che fissa quei fogli di carta”

Tutti si girarono verso l’ultimo banco nell’angolo, verso di me e desiderai con tutta me stessa di scomparire all’istante. Qualcuno sghignazzava, qualcuno si soffiò il naso, qualcuno pensava agli affari suoi, mentre gli altri continuavano a guardarmi aspettando una mia risposta.
“ M-mi scusi…” dissi abbassando lo sguardo

"Accetto le sue scuse, ma che non ricapiti ancora” disse il professore tornando poi al suo discorso sulla gravità; -è incredibile come sia facile raggirarlo, ci casca sempre nelle mie false scuse- pensai mentre mi appoggiavo al muro aspettando che suonasse la campana. La mia attesa non fu lunga, appena sentii il suono raccolsi la mia roba, presi la giacca e mi precipitai fuori da quella classe. Mentre percorrevo il corridoio qualcuno mi arrivò addosso facendomi sbattere contro gli armadietti; dal mio zaino uscì il libro che stavo leggendo in quel periodo, che cadde con un tonfo sul pavimento. “ Oh, scusa; ti ho rovinato il libro delle favole?” disse con tono di scherno il tipo che mi aveva urtato; era alto con due spalle enormi, molto probabilmente faceva parte della squadra di rugby, aveva il naso schiacciato con un cerotto logoro attaccato sul dorso. I suoi amici fecero qualche battutina mentre lui mi continuava a fissare con quei suoi occhietti piccoli, che spuntavano da sotto le sopracciglia ispide, in attesa di una mia reazione; ma io mi limitai a fissarlo inespressiva finche si stufò di aspettare e se ne andò, tirando un calcio al mio libro. Lo raccolsi senza scompormi e me ne andai mentre chi aveva assistito alla scena bisbigliava.
Uscii dal portone principale e fui investita da un’aria fredda che mi fece rabbrividire, chiusi bene il cappotto, misi il cappuccio e m’incamminai verso casa. Quando dovetti attraversare la piazza centrale velocizzai il mio passo; ero diventata il centro d’attenzione delle persone presenti, sentii i loro sguardi di disgusto e disapprovazione scandagliarmi da capo a piedi, soprattutto il capo: il vento scompigliò e scoprì i capelli blu oceano che tenevo nascosti sotto il cappuccio della felpa. Non si sono mai abituati alla scelta che feci, per le persone di questo paese sono un’insulsa ragazzina che va in giro con i capelli da fata e senza un briciolo di cervello.
“Fiducia nelle nuove generazioni dicono, puah , se sono tutti come lei siamo rovinati” disse qualche donna all’amica, “ Ma cosa crede? Che siamo nel mondo della sirenetta? Ha bisogno di crescere!” Rispose l’altra.

“ Se è così lei chissà come sono i genitori, irresponsabili, che l’hanno cresciuta!”
Quelle parole arrivarono come coltelli affilati che mi lacerarono dentro, provai a trattenere le lacrime ma la mia resistenza durò poco; calde gocce salate iniziarono a rigarmi il viso e mi misi a correre per non dare la soddisfazione a quelle persone di vedermi piangere. Arrivai finalmente al bosco che mi separava da casa, di solito prendevo la strada asfaltata che gira intorno ma oggi volevo stare da sola per un po’ e nascondermi dalla società, quindi scelsi di attraversare il bosco. Non era la prima volta che lo facevo; spesso andavo in mezzo a quegli alberi per stare sola, per staccare la spina da tutti i miei problemi e lì nessuno mi giudica per il colore dei capelli o perché amo leggere o perché parlo poco, lì non c’era proprio nessuno e mi piaceva.
Sentii delle gocce cadere su di me, prima piano poi forte. “Meraviglioso” dissi “ ora mi tocca tornare a casa fradicia. Questa giornata sta andando di male in peggio”. Cercai di accelerare il passo quando sentii i tuoni farsi più forti e qualche fulmine illuminare il cielo; “ No non è possibile, anche questo!?”, mi dovetti fermare a metà strada perché un pezzo del sentiero era praticamente allagato e, non avendo voglia di infangarmi fino alle ginocchia, decisi di deviare attraversando una zona del bosco in qui non ero mai stata. 
Ormai non c’era più possibilità che arrivassi a casa asciutta, ero completamente fradicia dalla testa ai piedi; i capelli mi si erano attaccati alla faccia, il trucco colato sulle guance, i vestiti erano zuppi e parecchio pesanti, per non parlare delle scarpe che avevano acquistato uno strato di fango così spesso sotto la suola che avrebbero fatto concorrenza a quelle di moda in questo periodo. Mi misi a correre, ma non si dimostrò una grande idea; a ogni passo gli schizzi di fango mi arrivavano addosso peggiorando la mia già pessima condizione. Stabilii che poteva bastare quando un po’ di fango mi finì in bocca, mentre respiravo affannosamente; per mia grande gioia scorsi una casa dietro a dei cespugli.
Nonostante non fossi una persona molto socievole e che non mi piacesse chiedere aiuto, dovetti mettere quel lato della mia personalità in disparte e suonare a quella porta, se non volevo trasformarmi in un anfibio. Mi avvicinai alla casa e mi ritrovai davanti a un cancello arrugginito, era socchiuso perciò mi basto spingere un poco per passare; la casa era antica, l’edera aveva ricoperto tutta una facciata laterale e qua e là vi erano delle grandi crepe ai margini delle finestre o del grande balcone centrale. Salii qualche gradino e mi ritrovai, finalmente, al coperto sotto un portico di legno; notai che era traballante e vi era qualche asse sconnessa ma non ci diedi molta importanza, d'altronde anche casa mia non era esattamente curata. Cercai il campanello di fianco alla grande porta di legno e lo trovai nascosto da un rampicante, che era cresciuto infiltrandosi dal pavimento. Era anch’esso antico, fatto in bronzo con una testa di leone nella parte in alto e una targhetta con il nome della famiglia sotto, non c’era molta luce ma mi sembrò di leggere Tesep.

“boh, che nome strano“ pensai ma suonai comunque, mentre la pioggia scrosciava sopra il tetto in legno.

NOTE DELL'AUTORE: Salve a tutti, spero che con questo primo capitolo vi abbia un po' incuriosito! E' la mia prima storia quindi mi farebbe piacere sapere l vostre opinioni :) Ciao e al prossimo aggiornamento

  
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Divergent / Vai alla pagina dell'autore: 4nn4x