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Autore: Mo_    09/08/2014    1 recensioni
«Che cazzo ridi, angioletto?»
«Andiamo Clifford, una band? Pensavo fossi uno sfigato, ma non così tanto»
Michael sembra divertito dal mio insultarlo continuamente. Mi guarda con un sorrisetto malizioso,
quasi di sfida.
«Spacchiamo il culo a chiunque. Provare per credere.» Dice con un tono saccente. «Il prossimo venerdì suoniamo al Pixie. Vienimi a sentire, poi potrai insultarmi quanto vuoi»
«Scommetto che fate pena»
«Scommetto che una fighetta come te non ci metterebbe neanche piede in un posto del genere».
One Shot Missing Moment di Double Trobuble su Angel e Michael.
Attimi della loro storia per farveli amare ancora di più.
Non è necessario aver prima letto la storia.
Double Trouble: http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=2274185
Genere: Erotico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Michael Clifford, Nuovo personaggio
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Messing Around'
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The Chronicles of the angel and the rockstar

Good girls are bad girls
 
 
We've got one thing in common, it's this tongue of mine
She said
If we're gonna do anything we might as well just fuck.
 
You're in your high tops any day
You're in your skinny jeans anyway
You and your fit friends anyway.
Sex - The 1975


 


Cammino per i corridoi di scuola ancheggiando e con la testa alta.
Sento i lunghi capelli biondi accarezzarmi le spalle ad ogni passo e un sorriso gentile spuntare ogni volta che qualcuno mi saluta.
«Posso portarti i libri?» domanda qualcuno affiancandomi, ma scuoto la testa e gli lascio una carezza in segno di ringraziamento, poi catturo il mio riflesso in una vetrata e non mi stupisco che le persone vogliano portarmi i libri. Io, Angel Di Leo, con due ore di sonno e il mal di testa causato dalla sbronza dell’altra sera, sembro comunque perfetta come sempre. I rosati zigomi alti, gli occhi truccati in modo fresco, le occhiaie coperte con strati e strati di quei trucchi fantastici che le aziende di cosmetici mi mandano dopo che poso per le loro campagne pubblicitarie.
Dio, la mia vita è fantastica, e ‘fanculo tutte quelle persone che dicono che l’aspetto fisico non conta. Stronzate. Se lo dicono vuol dire che sono basse e brufolose, di certo non come me.
Ad ogni modo, non sono una ragazza che ama i cliché.
Vi sorprenderà infatti sapere che la media scolastica più alta da tre anni appartiene a me, che sono la presidentessa del club del libro e che mi sono state affidate le chiavi della biblioteca scolastica considerando che lavoro lì dal primo giorno in cui ho messo piede in questa struttura.
Sono bella (bellissima) e intelligente e lo ammetto tranquillamente, senza fare come le altre ragazze che non ammettono di sentirsi belle e aspettano che un ragazzo glie lo dica. Che pena.
Non ho certo bisogno di un ragazzo per sentirmi apprezzata.
Entro in classe e sorpasso i soliti quattro sfigati dei primi banchi, lancio un occhiolino ai due giocatori di lacrosse più infondo e prendo posto al solito banco sotto la finestra, accanto a quell’alternativo di Michael Clifford.
Ieri aveva i capelli biondi, oggi sono fucsia.
Io e Michael Clifford non ci siamo mai scambiati una parola in vita nostra. Lo ritengo un essere inutile alla società e se me le trovassi davanti brucerei tutte quelle magliette con i loghi di band a me sconosciute che si ostina ad indossare con fierezza.
Non ci diciamo neanche ciao. Io non ci tengo e a lui non credo cambi qualcosa.
La lezione inizia e, mentre il professore di biologia parla, recupero i compiti per oggi che ieri non sono riuscita a fare. Una relazione su DNA e RNA. Merda, non ho idea di cosa scrivere. Non ci ho mai capito un cazzo di DNA e RNA.
«Chi vuole leggermi la propria relazione?» domanda il Prof. Chase studiandoci dietro i suoi occhialetti tondi. «Quanti volontari... Allora facciamo così, vengono Franco, Lopez, Fuentes e… Di Leo, il genio in mezzo a questi caproni»
Io lo so, che il prof. Chace è un veggente. Io lo so che lui sa chi di noi è impreparato, chi ha studiato tutto il giorno, chi ha ballato ubriaca per tutta la notte. Non posso permettermi un voto basso. Io non ho mai avuto un voto inferiore ad A - , e la F che sicuramente prenderei se andassi a leggere la mia inesistente relazione mi rovinerebbe la vita. Non posso permetterlo, non posso.
Gli altri ragazzi cominciano ad alzarsi e ad andare verso la cattedra, io sono ancora ancorata alla mia sedia, le dita stette sul legno del banco.
E credo sia finita per me, finchè qualcuno non si intromette.
«Prof. Posso venire volontario al posto di Di Leo? Tanto lo sa che è inutile interrogarla, lei sa sempre tutto»
«Clifford, quale onore! Naturalmente accetto questo scambio»
Guardo il ragazzo al mio fianco alzarsi e cercare di aggiustare un foglio scarabocchiato e tutto stropicciato. Il ciuffo fucsia gli copre gli occhi e non riesco ad incrociare il suo sguardo, ma non ci crederei neanche se lo vedessi che Michael Clifford è preparato per una volta nella sua vita.
Ma sono salva, non so per quale miracolo, sono salva.
 
Alla fine della lezione, Clifford torna a posto con una bella D rossa sul foglio. Almeno non è una F.
«Perché l’hai fatto?» è la domanda che ho avuto in testa per tutto il tempo, cosi glie la pongo, schietta come sempre. Michael mi guarda per la prima volta in quella mattina.
«Mi devi una birra» risponde, scazzato. Mi sento piccola, sotto il peso del suo sguardo. Accartoccia il foglio tra le mani senza smettere di guardarmi e lo getta nella cartella di pelle nera, poi va via, dandomi le spalle.
Mi chiedo cosa voglia oggi Michael    Clifford dalla mia vita, ma gli sono anche riconoscente per avermi aiutata. Per quanto chiunque in questa scuola mi voglia, sono sicura che nessuno si sarebbe offerto volontario per me. Ad ogni modo, non credo neanche che Clifford abbia un amore idillico nei miei confronti, anzi.
Senza pensare davvero a ciò che sto facendo, strappo un foglio rosa dal mio raccoglitore e ci scrivo sopra il mio indirizzo. Esco dall’aula e lo cerco con lo sguardo nel corridoio. Sta per entrare nell’aula di Matematica 2 quando lo tiro dal braccio.
«Passa per le 9. Se vieni in macchina parcheggia ad un isolato da casa»
Gli lascio il bigliettino in mano e lui mi risponde con un movimento delle labbra che non è un sorriso, ma neanche un qualcosa di cattivo.
È un’espressione alla Michael Clifford, criptica e insensata.
La prendo come un si.
 
 
Michael Clifford ha un boccale da litro di birra tra le mani, i capelli fucsia che come sempre gli ricadono sugli occhi e un’ennesima maglia nera con il logo di una band che non conosco.
Non è una persona socievole, ci siamo insultati sottilmente per quasi tutta la serata e non siamo mai riusciti ad avere una vera e propria conversazione.
Almeno finchè non gli pongo la fatidica domanda. «Cosa fa Michael Clifford nella vita per non avere mai tempo di studiare?»
«Potrei chiederti la stessa cosa» mi stuzzica, alzando un sopracciglio. Sbuffo.
«Clifford, potrei avere una borsa di studio per Harvard, oggi è stata una delle poche volte in cui ero impreparata»
«Comunque è colpa della mia band che, tra parentesi, è anche la mia vita» mi risponde giocando con una patatina fritta nel piatto, poi mi guarda e la sua sincerità è irritante. Qualsiasi cosa di Michael Clifford è irritante.
Così alla notizia rido a crepapelle.
Già me lo vedo, a fare quella sua musica alternativa con i suoi amichetti alternativi. Una delle tante band che nascono e si illudono che saranno grandi, il cui primo EP finirà nel cassetto delle band abbandonare e dimenticate dal mondo.
Chiunque, in questo mondo, vuole la fama. Pochi ci riescono. Io sarò tra questi, naturalmente. Michael Clifford e la sua band di sfigatelli no.
«Che cazzo ridi, angioletto?»
«Andiamo Clifford, una band? Pensavo fossi uno sfigato, ma non così tanto»
Michael sembra divertito dal mio insultarlo continuamente. Mi guarda con un sorrisetto malizioso,
quasi di sfida.
«Spacchiamo il culo a chiunque. Provare per credere.» Dice con un tono saccente. «Il prossimo venerdì suoniamo al Pixie. Vienimi a sentire, poi potrai insultarmi quanto vuoi»
«Scommetto che fate pena»
«Scommetto che una fighetta come te non ci metterebbe neanche piede in un posto del genere»
Ci guardiamo un po', poi lui alza un sopracciglio e finisce il resto della birra nel boccale in un solo sorso. 
«Non dovresti essere a casa da un pezzo?»
Non mi lascia il tempo di rispondere che si alza per andare a pagare. Almeno fa finta di essere un gentleman e non mi lascia pagare, nonostante fosse questa la scommessa. Racimolo le mie cose e afferro i due caschi pesantissimi di Michael, aspettandolo all'uscita del locale. Si, Michael Clifford è un tipo da moto.
Penso che non è stata così brutta come serata, che quasi mi sono divertita, così mi accendo una sigaretta dal suo pacchetto sperando che il fumo possa annebbiarmi il cervello. Di certo mi rilassa, ma niente mi preparerà psicologicamente a salire di nuovo su quella moto con lui. A stargli così vicino. A respirare i suoi germi da rockstar da quattro soldi.
Siamo così diversi che vederci anche solo vicini sembra una barzelletta, uno scherzo, un errore. Come due persone che si trovano per caso, le cui vite si incrociano solo per pochi attimi perché, andiamo, non potrebbero mai neanche tenere una conversazione. Un ragazzo tutto in nero tranne per i capelli colorati che chiede l'orario ad una bellissima modella australiana, si guardano, lei risponde, poi via ognuno per la sua strada.
Così dovrebbe essere tra me è Michael Cliffrord, eppure abbiamo appena passato una serata insieme.
E non lo rimpiango.
Michael mi raggiunge e gli passo il casco. Torniamo a casa in silenzio, il rombo della moto che riempie lo spazio vuoto tra noi. Una voragine incolmabile, un fossato invalicabile.
Quando metto i piedi per terra e siamo l'una di fronte all'altro, però, inizio a costruire qualcosa.
«Perché ti sei offerto volontario?» Domando osservando i lineamenti del suo viso per quanto possibile attraverso la visiera alzata. Lui mi sfida con il solito sguardo malizioso.
«tu perché non hai studiato ? Non ci credo che una come te aveva qualcosa di più importante da fare ieri di scrivere una relazione di biologia»
Ci penso un po' alla risposta.
Potrei dirgli che ero con le ragazze del servizio fotografico conosciute l'altro giorno, in un locale con una bottiglia di vodka in mano e un documento falso, ma a Michael Clifford non importa della mia vita, così resto sul vago.
«Le brave ragazze sono cattive ragazze che non sono ancora state beccate» enigmatica, gli faccio un occhiolino e gli do le spalle, allontanandomi sculettando. Sento il suo sguardo bruciare sul mio corpo.
«Mi sa che ti hanno sbagliato il nome, tu un angelo non lo sei per niente. Lo so.»
«Ma lo sembro, Clifford. Tanto quanto tu sembri uno stronzetto Sesso, droga e rock'n'roll»
«C'è solo una differenza, io sono esattamente così come vedi»
Non ho nulla da controbattere, anche perché questo stuzzicarci durato tutta la sera mi ha eccitato e non poco e ho bisogno di tornare alla mia realtà. Di chattare con le mie amiche modelle mentre rileggo il mio tema di dieci pagine sul “Buio oltre la siepe” e di ascoltare musica del tutto commerciale e di scegliere tra uno dei miei pigiami tutti rigorosamente colorati. 
«spero di non incontrati scuola o in biblioteca domani» lo saluto mandandogli un bacio al volo, cosa che nessuna delle sue amiche alternative farebbe mai.
«Oh no, ci vediamo lì, tu cerca di non sbronzarti sta notte così non mi fai prendere un'altra D»
Ci scambiamo un ultimo sguardo, poi lui gira l'acceleratore e la sua moto si confonde tra le ombre delle stradine poco luminose del mio quartiere.
Entro silenziosa in camera dalla portafinestra che da sul giardino del retro. È così facile sgattaiolare da casa mia. I miei genitori pensavano fossi chiusa qui a studiare.
Lancio un'occhiata al tema che dovrei ricontrollare per domani e ai messaggi non letti sul mio cellulare. Non l'ho usato per niente sta sera.
Prima di fare qualsiasi cosa, però, ho bisogno di un bagno caldo.
Sento quest'eccitazione nelle vene e devo placarla.
Quando mi immergo nelle bollicine profumate della schiuma chiudo gli occhi e un pensiero subito mi balena in mente.
Merda.
Non posso aver voglia di scoparmi Michael Clifford.
 
 
 
 
 
Non ci vado.
No, ci vado.
Non posso mettere piede in un locale così schifosamente alternativo come il Pixie.
Non posso neanche dare a Michael Clifford la soddisfazione di averci visto giusto.
È venerdì sera e Marie Claire, Lucy e Chantal hanno comprato due bottiglione di Grey Goose e quattro pass Vip per la migliore discoteca di Sydney e sono pronte per andare in giro a mostrare le loro gambe lunghe e i capelli perfetti e il viso mozzafiato. Io dovrei andare con loro.
Dall’altra parte della città, però, Michael Clifford e la sua band di frocetti starà suonando canzoncine di merda ad un pubblico di ragazzine arrapate alternative e io dovrei andare a sentirlo per dimostrargli di non essere solo una fighetta.
Voglio abbordare qualche modello mezza ubriaca in compagnia delle mie amiche e al tempo stesso dimostrare a Clifford di essere diecimila volte meglio di quanto pensa presentandomi al pixie.
Che cazzo faccio?
 
Da: Chantal
Tesoro, siamo giù.
Fai presto.
 
Chantal ha risposto per me.
Mi guardo allo specchio prima di uscire, come sempre.
La ragazza che mi guarda è bellissima, anche troppo, e con quel vestitino dorato e i capelli biondi e gli occhi ghiaccio sembra uscita dalla copertina di Vogue. È una ragazza dell’alta società, una bambolina di porcellana che non centra assolutamente niente con il Pixie, i ragazzi alternativi e Michael Clifford.
Eppure…
Mi auto convinco a fare la cosa giusta, a uscire dalla porta finestra e raggiungere le mie amiche che mi aspettano nella decappottabile rossa a due isolati di distanza. Ma si, è ciò che voglio. Ciò che ho sempre voluto.
In macchina le ragazze mi salutano calorosamente, piazzandomi una delle bottiglie di Alcool in braccio.
«Chi di voi vuole andare al Pixie sta sera? Giusto per fare qualcosa di diverso?»
Domando, pentendomene subito.
Tre paia di occhi mi fissano come se avessi detto di aver rifiutato avance da Leonardo Di Caprio.
«Fatemi ubriacare» mi correggo, e subito le ragazze dimenticano la mia proposta precedente.
«Volentieri Angelo» rispondono in coro le altre.
Ma non sono soddisfatta.
 
Sono le 22:42 ed io sono già ubriaca e davanti all’ingresso di questo locale di merda chiamato Pixie da circa 40 minuti.
Le ragazze mi hanno vista pensierosa e mi hanno chiesto cosa avevo, io le ho chiesto di lasciarmi qui.
Maledetto Michael Clifford.
Non riesco a decidermi di entrare, mentre i ragazzi hanno già suonato quattro o cinque canzoni.
La musica è così alta che da qui fuori è come ascoltarli dal vivo.
Si chiamano 5 seconds of summer e il cantante principale ha davvero una bella voce e vorrei davvero pensare qualcosa di più intelligente su di loro, ma l’alcol non me lo permette.
Le canzoni sono carine, ma il solo pensiero che possa averle scritte Clifford mi da al volta stomaco.
Non so neanche cosa ci faccio qui fuori, questa brutta gente che frequenta il pub più lercio d’Australia potrebbe violentarmi da un momento all’altro. E dovrei entrare. Dovrei davvero entrare.
«Rallentiamo un po’ per l’ultima canzone. Grazie per essere stati con noi questa sera, speriamo di avervi intrattenuto a dovrere»
Se non entro ora rischierò di aver fatto tutta questa strada per niente. Darò a Michael Clifford la conferma per dire che sono una fighetta.
Ma io non sono un fighetta. Sono la persona migliore che potesse conoscere.
E infatti, eccomi all’entrata.
Il buio del locale mi inghiotte, le uniche zone illuminate sono il bancone e il palco. La base della canzone è così forte che, nonostante sia davvero lenta e romantica, mi perfora i timpani. Mi manda ancora più fuori di testa.
Michael è lì, sul palco.
Suona la chitarra, non lo sapevo.
Canta anche, ma per la maggior parte del tempo ha una relazione con la sua chitarra.
Dio, ne sembra dannatamente innamorato.
Anche io vorrei un ragazzo che guardasse me come Michael Clifford guarda la sua chitarra.
Resto a fissarlo, incantata.
Quando mi chiederà cosa ne penso della band gli dirò che fanno schifo, che suonano con i piedi e i testi sono osceni. In realtà, in questo momento, sono appena diventati la mia band preferita.
O forse è tutta colpa di Clifford.
Maledetto Clifford.
Io dovrei odiare questa musica.
Restare in mezzo al pubblico, però, non mi farà risolvere niente. Io ho bisogno che Michael mi veda. Che si senta di fottere per avermi dato della fighetta.
Cerco di scacciare l’idea che mi balza in mente, ma è più forte di me. La vodka ha abbassato di molto le mie inibizioni.
Barcollando un po’, raggiungo il bancone illuminato.
Salgo sul bancone illuminato.
Metà della band mi ha già notato, ma Clifford no. Clifford è troppo impegnato a fare l’amore con la sua musica.
Nell’istante in cui finisce la canzone, grido un «Clifford sei un coglione» che si disperde nell’aria silenziosa prima dell’applauso generale.
Lui lo cattura.
Lui alza lo sguardo.
Sorride.
Sorrido.
Gli alzo il medio.
È una grandissima soddisfazione.
Per qualche secondo è come se ci fossimo solo noi due nel locale, eppure ci dividono un palco e una folla di un centinaio di persone. Quando Michael si gira verso gli altri, sono pronta a scendere dalla mia posizione e andare a prendermi la rivincita dal ragazzo iosonoalternativoperchèsuonoinunabandhoicapellifucsiaeilmioguardarobaèsolonero, ma quando il suddetto riprende a parlare mi blocco.
«Io e i ragazzi abbiamo deciso di farvi sentire un nuovo pezzo. È stato scritto in questi giorni quindi è la prima volta che lo suoniamo» dice parlando nel microfono. Il biondino al centro della formazione sbuffa. Forse non gli va di cantare qualcosa non sulla scaletta. «Si chiama Good girls are bad girls»
Il titolo mi dice qualcosa, ma è quando Michael stesso canta lei mi ha detto dimentica ciò che pensavi perché le brave ragazze sono cattive ragazze che non sono state ancora beccate che mi rendo davvero conto che ho ispirato questa canzone. Che Michael mi ha scritto una canzone.
Che cosa figa.
Quante altre persone possono dire lo stesso?
Anche se Michael Clifford mi sta praticamente dando della puttana davanti a tutto il locale, ha appena guadagnato un sacco di punti.
Ora quasi giustifico il fatto che mi ispiri sessualmente.
Anche se, vedendolo suonare, più che ispirazione è diventata pura attrazione sessuale.
Clifford che mi stuzzica è eccitante.
Clifford con una chitarra in mano è puro sesso.
Clifford che mi stuzzica mentre canta una canzone scritta su di me con una chitarra in mano e un litro di alcol che mi circola nel corpo è qualcosa che non può andare a finire bene. Decisamente no.
Sarei dovuta restare con le ragazze.
La canzone finisce ed è un successone.
Il cinese nero con il basso ringrazia tutti, finchè Michael non gli ruba la scena.
«Grazie a quella fighetta di Angel Di Leo per essere venuta a sentirci in questo pub di merda» grida nel microfono, indicandomi. Le luci si accendono nello stesso momento e tutte le persone di scuola che sono in questo locale (e ce ne sono tante) si girano a guardarmi.
Quello stronzo di Michael. Glie la farò pagare.
Tutti loro conoscono solo l’Angel Di Leo presidentessa del Club del libro, delle organizzazioni a scuola e della borse di studio per la media più alta. Ora sono ubriaca sul bancone del Pixie (Ubriaca, bancone, Pixie) con il vestitino dorato sicuramente troppo in alto e di certo non con una pila di libri in mano. Mi sto rovinando l’immagine.
Sorrido gentilmente mentre dentro progetto milleuno modi per torturare il furetto dal pelo fucsia.
Faccio per scendere dal balcone sembrando più sobria che posso e stranamente nessuno viene ad aiutarmi. Poi ricordo che questo non è il mio ambiente, che loro sono gli emarginati. Che loro sono tanti Michael Clifford. E io e Clifford ci odiamo.
«Vai 5 Seconds of summer!» grido, toccando terra.
Nel frattempo, però, l’attenzione si è spostata sui buttafuori del locale che stanno prendendo i membri della band di forza.
«Locale di merda lo vai a dire a qualcun altro» sbotta quello che credo sia il proprietario. I bestioni portano via quei quattro ragazzi e sono più che convinta che in questo momento anche gli altri tre della band stanno pensando che Clifford sia davvero un idiota. Sempre se non lo pensassero anche prima.
 
Clifford mi trova una decina di minuti dopo fuori dal locale.
Proprio non ci riesco a respirare quell’aria lurida.
Sono nel momento brutto della sbronza, quello in cui inizia a fare male la testa oltre che a girare e ti rendi conto che lo stomaco è sotto sopra e inizi a pensare che bere fa schifo. Cosa assolutamente non vera.
Mi offre una sigaretta e la accetto senza pensarci.
Ci guardiamo per un tempo indeterminato a guardarci in silenzio.
«Resti comunque una fighetta» dice quando ormai le sigarette hanno finito di bruciarsi.
«E tu un coglione» rispondo con un tono che è anche troppo basso e sensuale per una conversazione così con Michael Clifford. Ma è più forte di me. Sono fisicamente attratta da uno sfigato.
«Fighetta» continua, poggiando la mano sul muro alle mie spalle. Si avvicina di poco, ma il mio corpo freme. Lo vuole. Lo voglio.
«Coglione» ripeto.
So che lui mi desidera allo stesso modo, è nei suoi occhi, nelle labbra dischiuse.
So anche che entrambi, domani mattina, ci pentiremo di ciò che stiamo pensando in questo momento, di ciò che vorremmo fare, ma credo non mi importi.
Domani potrò continuare a scansare Michael Clifford, a fingere di non conoscerlo, ma ora lo voglio più vicino.
«Fighetta» sussurra ad un passo dalle mie labbra.
Sono io a baciarlo. Lo ammetto, colpevole.
«Stai zitto Clifford» mormoro prima che la mia lingua vada a cercare la sua.
La sua mano mi afferra la vita, proprio sotto il seno, facendo anche alzare il vestitino forse troppo corto. Con l’altra mi tiene il mento verso l’alto, verso il suo viso, così forte che se volessi allontanarmi non potrei.
È un bacio rude e ci sa fare.
Non mi tratta da bambolina come farebbe chiunque altro e questo mi fa impazzire e quando voglio di più afferro la sua canotta rigorosamente nera dal petto e lo tiro più vicino che posso.
Lui ride.
«Angel, sei una brava ragazza che è appena stata scoperta»







 
   
 
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