Libri > Hunger Games
Ricorda la storia  |      
Autore: Alaska__    09/08/2014    4 recensioni
In revisione
{ OCs • Yasha and Anya Ivanov • Distretto 7 • Accenni Yasha/Phoebe • pre!settantunesimi HG/post!Mockingjay }
«Loro vanno a sbattere contro gli scogli, ma non lo fanno una sola volta. Continuano. Lo rifanno sempre, finché la tempesta non si placa. Lottano fino alla fine. Gli scogli sono un ostacolo e loro cercano di aggirarlo. E secondo me, è questo che le rende così belle», fece una pausa, e i suoi occhi dardeggiarono in direzione della sorella. Voleva controllare se stesse ridendo, ma Anya era seria e ascoltava con attenzione, guardando dritto davanti a sé. Yasha fece un sospiro, prima di proseguire. «In quel momento, ho pensato a te. Perché tu sei forte allo stesso modo. Non ti arrendi mai».
Genere: Introspettivo, Malinconico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Tributi edizioni passate, Vincitori Edizioni Passate
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Sparks • Picking up the pieces. '
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
 
Premessa: i personaggi di questa storia mi appartengono. Sono tutti miei OC, non ci sono riferimenti a personaggi della saga.
I due protagonisti - Anya e Yasha - sono due fratelli del Distretto 7. Anya è stata il tributo femmina durante i settantatreesimi Hunger Games, durante i quali è morta. ops, spoilah I due sono orfani di entrambi i genitori e lei, per tirare avanti, si prostituiva dall'età di quattordici anni.
Buona lettura. ~

Questa storia partecipa a "The itten challenge - dipingi le tue storie" con la tabella blu. Prompt n. 1: onde del mare.

 

 



Il mare ha questa capacità; restituisce tutto dopo un po’ di tempo, specialmente i ricordi.
-Carlos Ruiz Zafón



Yasha distolse lo sguardo dalle pagine del libro che stava leggendo, sbattendo più volte le palpebre, come dopo essersi svegliato da un lungo sonno. Aveva iniziato a leggere qualche ora prima, su uno dei rami più alti di un albero, nel bosco, e in men che non si dica l’aveva finito.
Sospirò, chiudendolo con un gesto secco. Era il primo libro che leggeva e dovette ammettere che gli era piaciuto moltissimo. Dopo poche pagine si era immerso totalmente nella storia, immedesimandosi nel protagonista. Non gli era mai successa una cosa del genere e capì che leggere era una cosa che amava fare, un po’ come quando la maestra dava i compiti di matematica e lui passava tutto il pomeriggio concentrato a farli.
Fece dondolare un piede nel vuoto, chiedendosi se fosse già ora di rientrare a casa. Ormai si stava facendo sera e la radura non era più illuminata come quando lui era salito sull’albero e aveva iniziato la lettura.
«Yasha!»
Una voce lo distrasse dai suoi pensieri. Non ci mise molto a individuare a chi apparteneva. Una ragazza dai lunghi capelli bianchi stava emergendo dal folto del bosco, guardandosi attorno.
Yasha sorrise, alzando una mano per salutarla.
«Anya! Sono qui!» esclamò, agitando le braccia. Sua sorella si accorse di lui e corse verso l’albero. Il bambino scese, stando ben attento a dove metteva i piedi.
«Mi hai fatta preoccupare tantissimo» disse la ragazza, una volta raggiunto il fratellino. Yasha balzò giù dal tronco, atterrando un po’ barcollante a terra. Si voltò verso Anya, esibendo il migliore dei suoi sorrisi. Sapeva che, se avesse sorriso a quel modo, sua sorella non lo avrebbe sgridato per essere stato in giro tutto il giorno.
«Nonna si sta chiedendo dove sei finito» proseguì la maggiore, con le mani sui fianchi. «Potevi almeno avvertirla che saresti venuto qui».
«Gliel’ho detto! Le ho spiegato che andavo nel bosco, ma lei magari non si è ricordata!» protestò il bambino. Anya sbuffò, prima che il suo sguardo si posasse sul libro che Yasha teneva in mano.
«Quello dove l’hai preso?» Si avvicinò, allungando il braccio in direzione del fratellino. Yasha ponderò per un istante l’idea di non darglielo – il libro era della maestra e lui non voleva che si rovinasse – ma sapeva che Anya era una persona affidabile. Glielo cedette timidamente, osservandola di sottecchi mentre lo apriva e lo sfogliava.
«Me l’ha prestato la maestra» spiegò, abbassandosi per cogliere un fiorellino. Era una margherita. Yasha le amava particolarmente. I petali erano bianchi e immacolati, proprio come i capelli suoi e di sua sorella. Un sorrisino si fece strada sul suo volto. Era per quello che gli piacevano le margherite. Al Distretto 7, nessuno aveva i capelli come quegli degli Ivanov. Anche se non lo ammetteva, Yasha non era contento di essere così. Spesso, gli altri bambini lo guardavano storto. Addirittura, molti gli chiedevano se fosse malato. Si sentiva solo, in quei momenti, ma quando guardava le margherite, capiva di non essere l’unico ad avere qualcosa di bianco. Era lo stesso motivo per cui amava tanto gli inverni e le nevicate, quando tutto il Distretto veniva coperto da un candido manto.
«E come mai?» domandò sua sorella, rendendogli il libro. Yasha fece spallucce, mentre girava il fiore tra le sue dita.
«Dice che ho del potenziale e che dovrei leggere di più perché le sembro molto intelligente» rispose. Anya iniziò a camminare, facendogli cenno di seguirla. Il bambino trotterellò dietro la sorella maggiore, stringendo il libro tra le mani.
«Puoi leggerlo anche tu, se vuoi» propose. «Tanto io l’ho già finito».
Anya si bloccò, lanciando uno strano sguardo al fratellino.
«Come sarebbe a dire che l’hai già finito?» Inarcò un sopracciglio. Yasha si grattò una guancia, imbarazzato. Era lo stesso modo con cui lo guardavano i suoi compagni di classe quando finiva per primo di fare i calcoli dati loro dalla maestra. Lo osservavano tutti di sottecchi, alcuni a bocca aperta, altri con aria invidiosa. Lo facevano sentire sempre strano, diverso. Ogni tanto, aveva notato che alcuni – raccolti a capannello in mezzo al cortile – lo osservavano, indicandolo, mentre parlottavano tra loro.
«Avevo tempo» fu la scarna giustificazione del bambino. In realtà, non voleva dire ad Anya quanto quel libro lo avesse preso, trascinandolo con forza nella storia fino a farlo sentire parte del volume. Aveva divorato ogni riga, ogni parola con foga. Quando giungeva al termine di una pagina, girava con premura, curioso di sapere come sarebbe andata avanti la storia. Ma non poteva dirlo a nessuno: sapeva che lo avrebbero guardato con aria stranita.
L’espressione di Anya si addolcì. «Ti è piaciuto?» chiese, scompigliando i folti capelli del fratellino. Yasha annuì con vigore, sorridendo.
«È stupendo! E poi parlava del mare». Anya ricominciò a camminare, seguita da Yasha.
«Il mare…» sussurrò la ragazza, con lo sguardo perso oltre i tronchi degli alberi davanti a loro. Il più piccolo della coppia la osservò di sottecchi, notando – con sua estrema tristezza – una punta di malinconia negli occhi della sorella. Non era la prima volta che la vedeva così. Qualche volta, i grandi occhi azzurri di Anya sembravano velarsi e lei rimaneva ferma per interi minuti a osservare il vuoto.
«Mi piacerebbe vederlo» disse Yasha. «Voglio correre sulla spiaggia, vedere le onde che si infrangono contro gli scogli e sentire il verso dei gabbiani».
«Lo sai che l’erba voglio non cresce neanche nel giardino del re?» C’era ironia, nella voce di Anya, ma i suoi occhi restavano ancora malinconici, mentre dava un buffetto sulla guancia del fratellino. Yasha le prese la mano, prima che le ricadesse lungo i fianchi, e iniziò a muovere il braccio avanti e indietro, facendolo ondeggiare. Anya seguì il suo ritmo, ridacchiando contenta.
«È così che fanno le onde!» esclamò il bambino, fermandosi. «Anche le persone sono come loro».
«Intendi dire che siamo blu, abbiamo una cresta bianca e andiamo a sbattere contro gli scogli?» Un sorrisino increspò le labbra della ragazza. «Direi che la cresta bianca ce l’hai». Toccò i capelli del fratellino, sollevandone una ciocca e osservandola. «Per quanto riguarda l’essere blu, devi accontentarti degli occhi azzurri. E per la cosa degli scogli…», si fermò, bloccando Yasha per un braccio e indicandogli un albero che stava a poca distanza da loro, «puoi andare a sbattere contro quello».
Yasha rise, colpendola con il libro all’altezza del gomito. «Ma no, sciocca! E semmai…», si posizionò dietro la sorella, poggiandole le mani sulla schiena, «…quella che deve andare a sbattere sei tu!» Le diede una spinta, cercando di mettere forza nelle sue braccia magre da bambino di otto anni. Anya andò leggermente in avanti con la schiena, ma riuscì a restare ferma con i piedi. Si girò, afferrando le manine del fratellino, per farlo voltare. Dopodiché, le sue mani scesero sui fianchi di Yasha. Iniziò a fargli il solletico e il bambino si dimenò.
«Sei cattiva!» esclamò, divincolandosi dalla presa della sorella. Anya rise e Yasha, osservandola, pensò che fosse la ragazza più bella del Distretto. Quando parlava di sua sorella, era sempre orgoglioso. Lei sì che era forte. Lavorava ogni giorno per portare i soldi a casa e riusciva anche a fare i mestieri e a studiare. E poi, anche se Yasha non lo ammetteva davanti a lei, era bellissima, proprio come i fiori che amava infilarsi tra i capelli.
«Avanti». Anya tese il braccio destro verso di lui e il piccolo la prese per mano. Si incamminarono in silenzio, con un sorriso ancora stampato in volto.
«Me la vuoi ancora dire quella cosa delle onde?» chiese la ragazza dopo un minuto, voltandosi verso Yasha.
«D’accordo. Ma non interrompermi!» Anya lasciò per un istante la mano del fratellino e incrociò gli indici, per poi portarli alle labbra. Era un gesto che faceva sempre quando doveva promettere qualcosa a Yasha.
«Dicevo», proseguì il bambino, «che leggendo, mi sono reso conto che noi uomini…»
«…e donne».
«Ti avevo detto di non interrompermi!» Anya ridacchiò, cingendo le spalle del fratellino con un braccio e attirandolo a sé. «Posso continuare? Dunque, le persone sono come il mare. Sono calme all’inizio, poi basta una folata di vento per farle agitare. Così si formano le onde. Loro vanno a sbattere contro gli scogli, ma non lo fanno una sola volta. Continuano. Lo rifanno sempre, finché la tempesta non si placa. Lottano fino alla fine. Gli scogli sono un ostacolo e loro cercano di aggirarlo. E secondo me, è questo che le rende così belle», fece una pausa, e i suoi occhi dardeggiarono in direzione della sorella. Voleva controllare se stesse ridendo, ma Anya era seria e ascoltava con attenzione, guardando dritto davanti a sé. Yasha fece un sospiro, prima di proseguire. «In quel momento, ho pensato a te. Perché tu sei forte allo stesso modo. Non ti arrendi mai».
Anya sorrise. «Lo sai vero, che sei un bambino strano?»
Quelle parole parvero picchiare Yasha con violenza. Era lo stesso modo in cui lo apostrofavano i suoi compagni di classe quando diceva qualcosa a scuola. «Me lo dicono tutti».
«E devi andarne fiero, Ya. Sei diverso dagli altri bambini. Diverso in senso buono. E sono contenta che tu sia il mio fratellino».
Il piccolo sorrise, questa volta contento. «E io sono felice che tu sia mia sorella. Promettimi che andremo a vedere il mare prima o poi».
Anya alzò il mignolo della mano destra e allungò il braccio verso Yasha. Il bambino sorrise, imitando il gesto della sorella. Fecero unire i loro mignoli, fissandosi intensamente negli occhi.
Era un giuramento.
E Yasha sperò che potesse tener fede ad esso.

 
*


Un’onda si infranse contro lo scoglio e gli schizzi d’acqua lambirono la faccia di Yasha. L’uomo chiuse per un istante gli occhi, ascoltando il suono prodotto dalle onde.
Il Distretto 4 era molto diverso dal Sette. Nonostante quel giorno fosse nuvoloso, faceva comunque molto caldo. A casa sua, invece, la temperatura si abbassava molto, sebbene fosse estate. Inoltre, nel Distretto dei pescatori non c’erano alberi. Solo il mare e una lunghissima spiaggia.
Yasha si voltò verso la sua destra. In lontananza, si scorgevano tre figure che erano intente a guardare per terra. Il trentaseienne fece un sorrisino, ammirando la sua famiglia. Non avrebbe mai pensato di averne una, eppure aveva incontrato Phoebe e avevano avuto due splendidi bambini.
Anya – la maggiore, di dieci anni – era chinata a terra e aveva le mani immerse nell’acqua, probabilmente per raccogliere qualche conchiglia. Nikolaj – il piccolo, di appena cinque anni – era tra le braccia della madre e osservava il rincorrersi delle onde, indicandole a Phoebe con le sue manine paffute.
Yasha distolse lo sguardo, tornando a rivolgere la sua attenzione al mare. Era la prima volta che si recava al Distretto 4. Phoebe ci teneva ad andarci, per portare i bambini in vacanza. Dopo anni, finalmente, i passaggi da un Distretto all’altro erano consentiti, quindi i cittadini di Panem potevano muoversi da una parte all’altra della nazione senza problemi.
L’uomo fece un sorriso triste, al pensiero che anche sua sorella avrebbe voluto vedere il mare, prima di morire. E, in un certo senso, Anya ce l’aveva fatta, considerato che l’Arena era stata un enorme arcipelago.
Un gruppo di voci catturò la sua attenzione. Si voltò, vedendo tre ragazzine dai capelli rossi che continuavano ad urlare un nome: Alex. Le osservò per un istante. Due di loro erano alte uguali e – anche a quella distanza – si vedeva benissimo che anche i loro volti erano identici. L’ultima, invece, era aggrappata alla mano di una delle gemelle ed era decisamente più piccola. Doveva avere l’età di Niko, più o meno.
Una delle tre – vestita con degli abiti maschili – notò l’uomo seduto sugli scogli e fece cenno alle altre due di andare verso di lui. Yasha si alzò in piedi, vedendole avvicinarsi.
«Scusi?» esordì una delle gemelle – che, al contrario della sorella, era vestita in modo decisamente più femminile. «Ha per caso visto un ragazzo?»
La più piccola del gruppetto, nel frattempo, si era nascosta dietro la gamba della sorella e osservava Yasha con i suoi grandi occhi scuri dall’aria spaventata.
«Kai, non credi che forse dovresti descriverlo?» sbuffò l’altra gemella, alzando gli occhi al cielo, prima di fissare Yasha intensamente. L’uomo osservò per un istante il volto della ragazzina, avendo l’impressione di averla già vista. Assomigliava particolarmente a qualcuno, ma non ricordava chi, di preciso.
«Stiamo cercando un ragazzo dai capelli rossi tanto spettinati che sembra ci sia un nido di uccelli sulla sua testa» continuò. «Ha tipo mille lentiggini sulla faccia, gli occhi verdi ed è un idiota. L’ha visto?»
Yasha scosse la testa. «Mi dispiace, ma qui non è passato nessuno che corrisponda alla tua descrizione». La ragazzina sbuffò, calciando con forza un sassolino che finì in acqua.
«È alto più o meno così» si intromise la più piccola delle tre, uscendo dal suo nascondiglio. La bambina alzò il braccio, sforandosi di riassumere, con quel semplice gesto, l’altezza del ragazzo che cercavano. Yasha sorrise, dinnanzi allo sforzo di quella piccola.
«È molto alto». La gemella che si chiamava Kai accarezzò i capelli della sorellina, sorridendole. «È proprio sicuro di non aver visto niente?»
«Le uniche persone che ho visto sono dei pescatori, mia moglie e i miei figli» rispose, indicando la sua famiglia con un cenno del capo.
«Mamma e papà lo uccideranno» disse la ragazza con gli abiti da maschio. «Nostro fratello è un idiota» borbottò a mo’ di scuse, guardando Yasha di sottecchi. Improvvisamente, l’uomo si ricordò dove aveva già visto una persona così. Ricordava a malapena la sua faccia, dopo tanti anni, ma quelle due gemelle assomigliavano molto alla ragazza che aveva vinto l’edizione degli Hunger Games in cui aveva partecipato Anya.
E, in effetti, non appena si ricordò, vide una donna che veniva verso di loro di gran carriera.
«Darya, Kai e Drizzle!» chiamò, e dalla sua voce si percepiva tutta la sua rabbia. Anche a distanza di anni, Yasha notò che non era cambiata moltissimo.
«Merda» si lasciò sfuggire la gemella maschiaccio. Serena arrivò verso di loro quasi a passo di marcia, prima di fermarsi con le mani sui fianchi.
«Una, due e tre. Dove cavolo eravate, si può sapere?» I suoi occhi verdi sembravano mandare scintille. Le tre sorelle parvero farsi piccole, sotto lo sguardo inquisitore della madre. La donna scosse il capo. «Ne parleremo dopo». Alzò lo sguardo in direzione di Yasha, con aria mortificata.
«Mi dispiace se le mie figlie l’hanno imp-», si bloccò, studiando meglio il volto dell’uomo. Yasha si grattò dietro la nuca, imbarazzato. Non c’erano molti della sua età dai capelli così bianchi, in giro. Inoltre, il suo viso non era cambiato tanto negli anni. Era rimasto sempre un po’ fanciullesco.
«Ti conosco…» mormorò Serena, avvicinandosi a lui.
«Anche io» ammise Yasha. «Sono quel bambino che ti venne a cercare durante il Tour della Vittoria».
«Sei il fratello di Anya». Sul volto di Serena comparve un gran sorriso, che Yasha ricambiò. Lo sorprese che la Vincitrice si ricordasse ancora del nome di sua sorella, dopo tanti anni. Solitamente, si tendevano a dimenticare dei dettagli così insignificanti – in fondo, Anya e Serena non erano neanche state amiche.
«Cos’è il Tour della Vittoria?» si intromise la più piccola delle bambine, tirando la sua mamma per la maglietta.
«Una cosa di cui non devi sapere adesso, tesoro». La donna carezzò la guancia della bambina e pareva quasi più tranquilla di pochi minuti prima.
«Ti assomigliano. Tutte e tre» disse Yasha, sorridendo alla piccola, la quale si nascose dietro le gambe della madre, arrossendo.
«Assomigliano molto anche a Dave. Il maschietto è quello che gli assomiglia di più. Cosa ti hanno chiesto, prima?»
Yasha si ficcò le mani nelle tasche dei jeans. «Solo se avevo visto un ragazzino. È il tuo maschio?»
«Esatto. Alex. Ha sedici anni e il brutto di vizio di scappare via e gironzolare per il Distretto tutto il giorno». Si passò una mano tra i capelli castani, voltandosi appena in tempo per vedere un ragazzino che stava per scappare via. Yasha ridacchiò, dandosi da solo del fortunato per avere solo due figli abbastanza tranquilli.
«Fermo lì!» urlò Serena. Alex si girò e ricominciò a camminare verso di loro. I suoi occhi verdi erano fissi sulle sue scarpe e aveva un’espressione spaventata in volto. La più piccola delle sue sorelle gli corse incontro, con le braccia spalancate, urlando il suo nome. Una volta giunta lì davanti a lui, Alex la sollevò da terra, prendendola in braccio. Le sue labbra si incresparono in un sorrisino, mentre lei gli gettava le braccia al collo.
«Con te facciamo i conti dopo, Alexander. Ora andate a casa, tutti e quattro. Drizzle», la più piccola alzò la testa, «sta’ sempre incollata ad Alex, prima che ti perdano».
I quattro mormorarono dei saluti, prima di andarsene con passo strascicato. Quando giunsero sulla spiaggia, però, si udirono delle risate, indice che non erano tristi.
«Allora, che te ne pare?» chiese Serena. «È un bel posto, il Distretto 4?»
Yasha sorrise. «Meglio di come mi aspettassi. I miei bambini sono entusiasti» rispose, indicando le tre figure sulla spiaggia.
«Hai avuto anche dei figli, dunque. Spero siano più tranquilli dei miei».
L’uomo rise, pensando a quanto – effettivamente – fossero più calmi dei figli di Serena. «Niko è molto tranquillo, mentre Anya è più esuberante».
Negli occhi di Serena si poteva notare un lampo di tristezza, nell’udire il nome della ragazza che aveva partecipato alla sua edizione degli Hunger Games. Solo in quel momento, Yasha si rese conto di quanto dovesse essere stato difficile anche per lei dimenticarsi di quella brutta avventura. Da piccolo, credeva che i Vincitori non soffrissero, ma la realtà era un’altra. Soffrivano tutti, chi più chi meno.
«Comunque» proseguì, passandosi una mano tra i capelli per sollevare alcuni ciuffi che gli ricadevano sulla fronte, «ho sempre desiderato venire qui. Trovo che le onde abbiano un certo fascino».
Serena fece una risata. «Dillo ai pescatori. Ti urlerebbero dietro». Il sorriso svanì dal suo volto, quando levò il capo in direzione del mare. «A parte gli scherzi, qui amiamo molto le onde. Girano tante leggende, sul mare. Si dice che dopo la morte, noi del Distretto 4 diventiamo parte delle acque, in particolare schiuma marina. Ecco perché ci piacciono le onde: si forma tanta spuma, quindi è come se i nostri cari stessero tornando dall’Aldilà». Fece una pausa, osservando l’ennesima onda che si infrangeva contro lo scoglio con aria malinconica. «Magari anche tua sorella è là. Non è detto che siamo solo noi del Quattro, ad andare lì». Sorrise, prima di girarsi verso la spiaggia.
«È una bella leggenda» commentò Yasha.
«Lo so. Mi piace pensare che tutti i tributi morti durante i Giochi siano lì. Meglio andare. È stato bello rivederti. Se ti va, puoi passare all’ex Villaggio dei Vincitori. I tuoi figli potrebbero fare amicizia con i miei e con i miei nipotini».
Yasha annuì. Si disse che un po’ di compagnia non avrebbe fatto male ai suoi figli. In fondo, vivevano ne bosco e lì c’erano ben pochi contatti umani. Facendo incontrare loro qualcuno del Distretto 4, avrebbero anche avuto la scusa per tornare.
«Ne sarebbero felici. Grazie». Serena sorrise, prima di salutarlo e incamminarsi verso la spiaggia. In lontananza, si scorgevano quattro figure che camminavano una accanto all’altra.
Yasha si voltò di nuovo verso il mare, osservando le onde che si rincorrevano e andavano ad infrangersi contro gli scogli. Formavano tutte una bella spuma bianca, come i capelli suoi e di Anya.
Sorridere gli venne istintivo.
Forse, sua sorella era veramente lì, con i suoi genitori e la nonna. Magari, proprio l’onda che stava arrivando contro gli scogli in quel momento era lei.
«Ciao, Anya» mormorò Yasha, proprio quand’essa arrivò a ridosso dei massi. E in quel frangente, gli parve di sentire la voce di sua sorella che gli cantava la sua canzone preferita, quando erano piccoli.


Alaska's corner.

Guardate chi c'è? *sghignazza*
Ultimamente ho ispirazione per gli spin off (?), ma diciamo che questo era una specie di "premio". Nel gruppo The Capitol - vi invito ad entrare se scrivete in questo fandom - facciamo dei giochini ad eliminazione su personaggi della saga e OC. Per stimolare la mia fantasia, ho deciso di scrivere delle storie sui miei OC che vincono. In questo caso, ne ho scritta una su Anya/Yasha - aveva vinto la coppia di fratelli - e devo scriverne una su Keith e Lael - altri due OC.
Comunque, la storia è divisa in due momenti e bla bla bla, l'ho detto nella premessa e per non farmi linciare non lo ripeto. Btw, Yasha ha poi avuto due figli - Anya e Nikolaj - da Phoebe, una misteriosa fanciulla. E devo scrivere anche una storia su di loro, ma la mia stupida testa non collabora.
So bene che nella prima parte le parole di Yasha possono sembrare strane, dette da un bimbo di otto anni. Ma lui... è diverso. Nel senso che il suo QI è pari a 200.
Serena è la protagonista di Hurricane of fire e dopo la rivolta si è sposata con il suo migliore amico Dave, dal quale ha avuto quattro figli: Alex - il maggiore - Darya e Kai - le gemelle - e Drizzle - la piccolina di casa. Ad un certo punto, loro sono in giro a cercare Alex perché ha il brutto vizio di stare in giro ore e ore ad esplorare/farsi una pulzella a random/giocare a calcio in spiaggia/stare solo a pensare.
Non ho molto altro da dire, spero solo che la storia sia stata di vostro gradimento!
Un abbraccio,
Alaska. ~
   
 
Leggi le 4 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Hunger Games / Vai alla pagina dell'autore: Alaska__