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Autore: Jelia    09/08/2014    3 recensioni
Adoro Jonathan, il fratello che Clary non ha mai avuto. Così ho deciso di creare un piccolo racconto su di lui. Di come si sente prigioniero nel suo stesso corpo, ma nel frattempo il corpo di Sebastian. Di cosa succederebbe se per una notte potesse uscire allo scoperto, vedere i suoi familiari e contemplare una vita che non potrà avere mai.
Genere: Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Clarissa, Jocelyn Fray, Jonathan, Sebastian / Jonathan Christopher Morgenstern
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Una notte all’anno, quando la luna si allinea alla “Stella del mattino”, accade qualcosa. Qualcosa di particolare, di strabiliante, che solo agli occhi di Sebastian è qualcosa di oscuro, che cerca di reprimere ogni volta senza successo.
Jonathan è forte.                                  
 Riesce sempre a prendere il soppravvento in quella notte magica…
 
Sebastian era pronto. Sapeva cosa sarebbe successo quando il sole avrebbe lasciato il posto alla luna. Sapeva, ed era pronto. Per tutto il giorno si era chiuso nella villa e verso l’imbrunirsi aveva chiuso e bloccato con ogni sorta di incantesimo ogni singola porta e finestra della casa. Questa volta l’avrebbe bloccato, pensò, lui era l’imperatore del mondo e non avrebbe mai permesso ad un’insulsa anima di dirigere il suo corpo e i suoi pensieri come se fosse un burattino. Non quella volta.
Il sole ormai era sparito tra le montagne e colorava il cielo di tonalità rosse, rosa e arancioni. Era uno spettacolo meraviglioso.
-io non avrei mai pensato questa roba. Il tramonto è orrendo. Riesce a rendere felici le persone solo per qualche goccia di colore... sono disgustato alla sola idea.. eppure.. è lui. –
Stava per tornare in superficie. Lo sentiva. I suoi pensieri si stavano cominciando a mescolare a quelli di lui.
-quel moccioso…-
Ormai il chiarore della luna illuminava il paesaggio devastato intorno la villa. Anche se Sebastian non lo poteva vedere, sapeva che c’era. Lo sentiva. lo sentiva riaffiorare lentamente.
-esci dalla mia testa!- urlò Sebastian. – non ti permetterò di controllare il mio corpo un’altra volta! Esci o…- si bloccò. Non poteva ricattarlo. l’unica cosa che gli stava a cuore era la sua insulsa madre e la sorella, ma non poteva toccarle, per Clarissa.
Sentii una fitta alle tempie e si piegò in due dal dolore, urlando.
-VATTENE! VATTENE!- continuò a urlare mentre il martellare alla testa continuava ad aumentare, finchè, dopo alcuni minuti, finì. Pensò che forse se n’era andato, che si era arreso, ma dopo pochi secondi cadde nel buio.
 
Si risvegliò dopo qualche minuto, ma non era più se stesso.
Era lui.
 Jonathan.
Si alzò lentamente, si guardò attorno e si accorse dov’era. Ci era riuscito. Ogni anno diventata sempre più complicato. Sebastian diventava sempre più forte e non era sicuro che la prossima volta ce l’avrebbe fatta. Fece un giro della villa: sapeva dov’erano disposti ogni singolo oggetto. Era prigioniero del suo stesso corpo, non poteva parlare ne muoversi, ma poteva vedere e sentire tutto quello che succedeva intorno a lui. Sapeva cosa aveva fatto Sebastian. Sapeva che aveva commesso cose orribili, al mondo, agli shadowhunters e alla sua famiglia…
-Clarissa… madre… mi dispiace per tutto, per tutto- e una lacrima scivolò lentamente sulla guancia, sul mento, fino a cadere sul tappeto per terra. Sebastian non poteva provare amore, dolore e qualsiasi sentimento, ma Jonathan si. E tutto il dolore e la sofferenza causata da lui gli si riversò contro e cedette. Si lasciò andare contro la porta fino a sedersi  per terra, con la testa tra le ginocchia e le mani nei capelli. Pianse.  Tutte le lacrime trattenute dalla natura di Sebastian finalmente uscirono e si liberò. In quel momento desiderava una famiglia, una madre che venisse a consolarlo, a dirgli che andava tutto bene,una sorella  da proteggere e condividere con lei giornate a chiacchierare della scuola e degli amici. Invece non aveva nulla. La vera madre e sorella lo odiavano e non aveva nessuno con cui parlare. Era solo. E tutto questo grazie a suo padre e i suoi esperimenti. Aveva creato un mostro. Ed era lui.
Dopo un tempo indefinito, smise di commiserarsi e si diede la forza di alzarsi e uscire da quella casa maledetta. Ci mise un po’ ad aprire la porta, aveva gli stessi suoi poteri, ma non sapeva bene come maneggiarli.
Arrivato fuori ,girò l’anello, ed eccolo lì, nella piccola casa dove abitava sua madre e sua sorella. Il cuore gli batteva forte. Immaginò una vita dove, tornato da scuola, apriva quella porta per tornare a casa. Casa. Lui non ce l’avrebbe mai avuta una dimora da poter chiamare casa.
Salì i gradini e immaginò di bussare, sua madre che apriva, che rimaneva sorpresa, che lo abbracciava mentre gli diceva “ben tornato, figlio mio” e piangeva di gioia. Si riscosse dalle sue fantasie e andò verso la finestra che dava il salotto. Vide sua madre sul divano, appoggiata contro la spalla di Luke che parlavano tranquillamente. Jocelyn sorrideva e Luke gli prese la mano e appoggiò delicatamente le labbra su di essa. A Jonathan gli venne una piccola fitta al petto.
Guardò sua madre. Dall’ultima volta che l’aveva vista con i suoi occhi, sembrava… felice. Era contento che dopo tanto tempo, finalmente, aveva trovato qualcuno che l’amasse veramente, e non come suo padre. Luke gli piaceva, era protettivo,ma non troppo, e ci teneva davvero molto a clarissa e a Jocelyn. Sarebbe stato bello averlo come padre.  Sorrise attraverso il vetro, un sorriso di tenerezza e di sollievo. Sua madre era in buone mani.  
-grazie di tutto, madre- e così dicendo si allontanò dalla finestra.
Andò alla finestra della camera di Clarissa. Era aperta e lei stava dormendo sopra le coperte, ancora con le scarpe. Entrò cercando di non fare rumore e si avvicinò a lei. Guardò quel viso così familiare, ma così lontano…
Le tolse dolcemente le scarpe e la coprì con la coperta. Si mosse leggermente e Jonathan trattenne il fiato, ma non si svegliò. Si accorse che tra le braccia aveva un blocco: Il suo blocco di disegni, aperto. Il letto era ricoperto dai rimasugli della gomma. Guardò il disegno mai concluso. Era Jace. Si ricordava di quel tipo. Sebastian l’odiava, ma Jonathan no, anzi, lo ammirava. Poteva stare vicino a Clary, poteva ridere e chiacchierare con lei. Le accarezzò il viso e le spostò una ciocca di capelli dietro l’orecchio.
-vorrei andare a scuola con te, proteggerti ed essere geloso dei ragazzi che ti si avvicinano, vorrei litigare con te per il bagno alla mattina e poi fare pace, vorrei..- gli scese una lacrima solitaria lungo lo zigomo. – essere il tuo fratellone – rimase qualche minuto a guardarla dormire, persa nei suoi sogni.
-ciao Clary, ti voglio bene- e così dicendo uscì dalla finestra e andò verso l’oscurità.
 
Sul comodino di Clary aveva lasciato un biglietto:

PERDONAMI
 
Clary e Jocelyn, quella stessa notte, fecero lo stesso sogno. Sognarono un fratello e un figlio che non avrebbero mai potuto avere.


°°my space°°

eccomi con una nuova one-shot ( sempre sul mondo shadowhunters) !
a-m-o Jonathan, anche se nel libro è esistito solo per qualche secondo, mi è bastato per amarlo.
così ho deciso di creargli una "possibilità" , un modo per vedere con i suoi occhi il mondo e io suoi familiari.
lo so che è un po' malinconico...ma spero che vi possa piacere lo stesso :)
recensite!
-baci, ely
  
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