Fanfic su artisti musicali > Justin Bieber
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Autore: jussmyeux    10/08/2014    2 recensioni
Skylar Gray, viziata, figlia di papa', è sempre stata abituata ad avere tutto a portata di mano. Ma un giorno sara' costretta proprio da suo padre, che tanto adora, di lavorare in un prestigioso ristorante della grande mela, New York. Lavare piatti sembrera' a Sky una vera e propria umiliazione ma col tempo, tra le mura del "Balthazar", lei conoscera' persone meravigliose che cercheranno di aiutarla. Ad essere sempre pronto a darle una mano sara' il cameriere Justin Bieber, sul quale la ragazza avra' molti pregiudizi inizialmente. Con il suo aiuto Sky imparera' a conoscere un mondo diverso. Un mondo fatto non di look, unghie o capelli ma un mondo fatto di cose semplici, profonde e vere. Un esperienza unica, dalla quale la piccola Sky otterra' una vera amicizia e un grande amore.
**
'Non c'è niente di male nel chiedere aiuto, Skylar'
**
'Justin, ti ho detto di prenderli. Non c'è niente di male nel chiedere aiuto, ricordi? Me l'hai insegnato tu'
Genere: Fluff, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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<< Venga signorina Gray >> seguii silenziosamente la signora McNally mentre ripensavo alla conversazione con i miei genitori.

<< Di qua >> di nuovo la voce di Keith mi fece ritornare alla realta'. Una realta' che non avrei mai voluto vivere. Avevo fatto di tutto per impedire che tutto cio' accadesse ma, come sapevo bene che mio padre mi amava piu' di ogni altra cosa, sapevo anche che non avrebbe cambiato idea nonostante le lacrime finte che avevo versato per convinverlo. Mi chiedevo il perche' di questa scelta così improvvisa quanto ridicola. Potrei escludere immediatamente l'unico motivo razionale che si potrebbe trovare, i soldi. Non ne avevamo bisogno e di questo ero più che sicura. Mio padre faceva l'avvocato, mia madre possedeva una famosa fabbrica di scarpe e anche un bambino di 5 anni avrebbe potuto intuire che la misera paghetta che io avrei preso lavorando, non avrebbe cambiato la nostra situazione economica. Ero arrabbiata si. Oltre a dover lavorare, avrei dovuto abitare da sola in un modesto appartamento di New York e di certo non mi restava che ringraziare mio padre per questo. 
Attraversammo la cucina del ristorante , mentre diversi cuochi, ci lanciavano occhiate curiose. Tra di loro notai una ragazza della mia età che era alle prese con la decorazione di una torta così invitante che potr..
<< Mi segua signorina > Keith teneva aperta la porta dalla quale potevo scorgere una piccola stanza. 
Una volta dentro, vidi una montagna di piatti sporchi che sembrava potesse cadere da un momento all'altro per quanti ne erano.
< Ma che diavolo? >> le parole mi uscirono spontanee mentre fissavo con la bocca aperta tutto quel casino che avrei dovuto sistemare con le mie proprie mani.
<< Come scusi? >> la signora McNally fece finta di aver capito male mentre mi lanciava uno sguardo di rimprovero.
<< Oh niente >> finsi un sorriso. Non potevo farmi lincenziare il primo giorno. Ovviamente mi sarebbe piaciuto ma, dovevo dimostrare a mio padre che ne ero capace. Nonostante tutto non volevo deluderlo oppure fargli capire che la sua scelta fosse stata quella giusta: 'Dovresti imparare a crescere tesoro mio' 
Questa era stata l'unica spiegazione che era riuscito a darmi. Imparare a crescere? Andiamo... nessuno cresce lavando piatti.
<< Bene, lasciami che ti spieghi cosa dovresti fare esattamente >> cominciò a parlare e nonostante mi sforzassi ad ascoltare, tutto quello che diceva faceva da sottosfondo ai miei pensieri. Quando realizai che forse avrei dovuto ascoltare, ormai era troppo tardi poiche' Keith aveva gia' finito di spiegare. E invece di chiederle di spiegarmelo di nuovo , feci finta di aver capito per non fare una brutta figura. 
<< Per qualsiasi cosa potrebbe chiedere aiuto ai cuochi. La cucina sta proprio qua accanto >> annuii deglutendo << Buon lavoro signorina Gray >> annuii ancora una volta non essendo capace di spiciare parola. Rimasi per un bel po' a fissare quel mucchio che sembrava crescesse ogni volta che spostavo lo sguardo per dare un occhiata allo stanzino. 
 

Più guardavo l'unghia che avevo rotto mentre cercavo di aprire la lavastoviglie, più mi passava per la mente l'idea di rompere ogni singolo piatto. In venti minuti non ero riuscita a lavare nemmeno un piatto. Questo era uno di quei momenti che avrei voluto ritornare indietro nel tempo e ascoltare la signora McNally, magari adesso sarei stata ad un buon punto.
Quando stavo al punto di crollare , rassegnata al fatto che non ce l'avrei fatta e che avrei dovuto dare ragione a mio padre, sulla porta apparve un ragazzo biondo vestito come uno dei camerieri che avevo visto all'entrata: camicia bianca, pantaloni neri, gilet rosso e papillon nero. Mi guardavo divertito, magari dalla espressione furiosa che inconsapevolmente avevo sulla faccia.
<< Hey, ti serve aiuto? >> mi chiese sorridendo. Mi era già venuta in mente di chiedere aiuto ad uno dei cuochi, come aveva detto Keith, ma non potevo abbassarmi a quel livello e poi.. ero troppo orgogliosa.
<< No >> risposi decissa ma credo che mia espressione di immediato bisogno di aiuto mi tradì. 
<< La tua faccia dice il contrario >>
<< Ho detto che è tutto a posto >> 
<< Questo non l'hai mai detto. Hai solo detto 'No' >> roteai gli occhi.
<< No, non ho bisogno di aiuto, è tutto a posto! Va bene adesso? >> non mi diede retta. Prese i guanti di riserva, stranamente sapeva dov'erano, e tirò su le maniche della camicia lasciandomi intravedere dei tatuaggi su entrambe le braccia. Prima che potessi osservare in cosa consistevano, si mise i guanti di fretta guardando il mio vano tantativo di mettere i piatti al posto giusto sulla lavastoviglie e ridacchiò. Cominciò poi a spiegarmi come metterli e soprttutto quali. 
<< Questo per esempio >> prese un piatto, forse il più sporco << lo dovresti lavare tu perche' c'è troppo grasso >> annuii stando attenta ad ogni sua parola, chiedendogli quale dubbio. 
<< E questo? >>
<< Beh, >> lo guardò piu' attentamente <<  è abbastanza sporco quindi va lavato a mano >> sbuffai sapendo che piu' piatti sporchi, piu' fatica avrei fatto dopo. Il biondo scosse la testa e sorrise al fatto che la mia voglia di lavorare fosse sotto lo zero. 
Le zeppe cominciavano a darmi fastidio, i pantaloncini a vita alta a stringermi e con la maglietta a vita alta cominciavo a sentire caldo. Forse il mio tentativo di seguire la moda in quel ristorante non avrebbe funzionato e sembro' che il cameriere mi lesse nel pensiero. 
<< Non pensi che avresti dovuto mettere qualcosa di più comodo... Skylar? >> prima che gli potessi rispondere mi soffermai sul fatto che sapesse il mio nome. 
<< Come fai a sapere il mio nome? >>
<< Magia >> alzò le spalle. 
La mia collana..oh.
<< Non pensi che quello che metto non dovrebbe essere affar tuo..Justin? >> abbassò lo sguardo sul cartellino attaccato al gilet con scritto il suo nome e sorrise. Il suo sorriso era così carino..
<< Assolutamente, non mi permetterei mai di giudicare il tuo modo di vestire ma sarai costretta a metterti la maglia del ristorante da domani >> questo significava che non avrei più potuto scegliere maglie da indossare. Il look era molto importante per me e ad..
<< Justin, devi andare. Hanno bisogno di te >> la ragazza della torta, che avevo visto prima con Keith, fece capolino. 
<< Arrivo subito >> Justin tolse i guanti e mise a posto la camicia. 

Erano le dieci e mezza e non avevo ancora mangiato. Keith aveva specificato che il ristorante chiudeva a mezzanotte fino a quell'ora ce l'avrei fatta di sicuro. 
Un ora dopo, alle undici, quando pensavo di essere ad un buon punto arrivo' Justin e mi spiego' che le stoviglie, lavate a mano, andavano poi asciugate in modo che non rimanesse il segno delle gocce d'acqua e messe al loro posto in cucina. Il cameriere si offrì ad aiutarmi dicendomi che in due ce l'avremmo fatta fino a mezzanotte e mentre lo guardavo non potei fare a meno di chiedermi come facesse a sapere così bene cosa fare. 
<< Come fai a sapere come fare queste cose? >> gli chesi e subito dopo me ne pentii. Magari pensava che mi interessasse la sua vita e cosi' non era. 
<< Prima facevo il tuo stesso lavoro su questo ritorante, poi mi hanno assunto come cameriere >> 

 


12.15 

<< Grazie di tutto eh >> Justin mi ricordò che non l'avevo ancora ringraziato.
<< Beh ti sei offerto tu di aiutarmi, non te l'ho chiesto io >> le mie parole suonarono acide, dette da un ingrata stronza. 

 
  
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