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Autore: HeySoul    10/08/2014    0 recensioni
Si limitava a studiarla da lontano, qualche volta. In una moviola di capelli disordinati ed espressioni concentrate, di gambe accavallate deliziosamente e i suoi calzini al ginocchio a farla sembrare più giovane.
Genere: Commedia, Generale, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Alex Turner, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
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Salve a tutti! Questa è la prima volta che pubblico una storia, mi sono fatta un po' di coraggio e ora eccomi qua. Per qualsiasi commento, positivo o negativo che sia, vi prego di contattarmi perché è per me molto importante sapere se continuare a pubblicare.

I personaggi di Alex Turner e dei membri degli Arctic Monkeys non mi appartengono, né la storia vuole raccontare dei fatti veramente accaduti. Il personaggio femminile è frutto della mia immaginazione. Niente è a scopro di lucro.

Detto questo, buona lettura!

 
Chapter One
 
"And you were sitting in the corner with the coats all piled high.
And I thought you might be mine.
In a small world on an exceptionally rainy Tuesday night, in the right place and time."
 
Si sporgeva dal sedile posteriore, appoggiando l’avambraccio sulla spalliera dell’anteriore. Una canzone degli Smiths suonava alla radio, cullando i suoi pensieri e dando un ritmo a Matt, che era alla guida. Le sue dita tamburellavano a tempo sul volante, al ritmo della batteria di Mike Joyce. Il discorso era stato messo per un attimo da parte, così come le domande sulla destinazione. La musica riempiva l’abitacolo e il rumore dell’aria tagliata dall’alta velocità, delle gomme sulla superstrada, faceva da sottofondo. Al suo fianco Nick guardava oltre il finestrino, in silenzio, mentre Jamie muoveva nervosamente un ginocchio nel sedile anteriore. La melodia degli Smiths lasciò spazio ad una canzone sconosciuta, quasi priva di ritmo e con rumori distorti. Probabilmente era lo stesso sound che li avrebbe accompagnati per tutta la serata. E il solo pensiero di una musica del genere ad un volume assordante non poteva essere digerita senza qualche coppia di bicchieri.
«Dov’è, esattamente, che stiamo andando?» Chiese distrattamente Alex, riprendendo a mettersi comodo sul proprio sedile, appoggiando nuovamente la schiena ed allargando le gambe. Si capiva che la domanda era condivisa dai più, là dentro, visto il modo con cui gli altri due alzarono un sopracciglio e posarono la propria attenzione sul guidatore.
«A festeggiare!» Rispose prontamente Matt, dandogli una veloce occhiata dallo specchietto retrovisore, senza staccare le mani dal volante.
«E’ la prima volta che ci ritroviamo di nuovo tutti a LA, dopo le vacanze.» Aggiunse poi, non soddisfatto delle reazioni dei suoi compagni. Ed era vero, durante le festività natalizie si erano sì, incontrati a Sheffield, avevano passato il Natale con le loro rispettive famiglie, incontrandosi per la vigilia e ubriacandosi prontamente al primo dell’anno, ma Los Angeles era tutto un altro paio di maniche, con quelle luci e l’anonimato che potevano guadagnarsi fra i numerosi volti di altre persone, oltre che dall’alta concentrazione di celebrità californiane. La loro cittadina li accoglieva sempre con i soliti visi noti, con i luoghi caldi che frequentavano quando erano ancora degli adolescenti, con l’accento inglese e le voci dei propri famigliari. La neve di Sheffield mancava loro, non lo potevano negare. Il sole della città californiana li costringeva a portare occhiali da sole la maggior parte del tempo, non che ad Alex dispiacesse, ma per chi è abituato al cielo grigio dell’Inghilterra è un grande cambiamento. Per non parlare delle spiagge, delle onde del mare e dell’aria salmastra di Santa Monica, che avevano piacevolmente accettato come novità. I piccoli pub inglesi lasciavano ora spazio a delle discoteche più frequentate, con tanto di luci dai mille colori e delle casse capaci di suonare la musica all’interno della tua stessa cassa toracica, quasi. Ed era proprio lì, che erano diretti. Anche senza fare altre domande, si ricordavano l’ultimo locale che aveva catturato l’attenzione di Matt tanto da storcere loro la promessa di tornare là dentro. Le ragazze non sembrano più belle qua dentro? E la scelta della musica è fantastica, cazzo. Aveva detto quella sera, prima di venire trascinato nell’auto e posizionato in modo che non vomitasse i vari litri di birra che si era scolato durante tutta la serata. Gli altri tre dovettero ammettere che il luogo in sé non era poi così male, sebbene i vaneggi del loro amico non rispecchiavano totalmente la realtà. Ma quel locale aveva un nome orribile. Ricordava vagamente quello di un ristorante sul porto, di quelli scritti a mano su un’insegna di legno con tanto di un piccolo squalo disegnato al lato. Ora era la stessa impressione che dava ad Alex, una volta avvistate le luci sul nome della discoteca. Verde e rosa, ad intermittenza. Anche questa gli pareva una scelta sbagliata ma decise di non lamentarsi, dopotutto erano là per festeggiare, non per fare un sopralluogo del mobilio. Il ragazzo estrasse un piccolo pettine dalla tasca interna della giacca, prendendo a riportare all’ordine varie ciocche di capelli che credeva fossero scappate alla fermezza del gel. Poi lo ripose con la stessa aria automatica, di chi si è abituato a muoversi in quel modo e non ci fa più nemmeno caso.
«Chi è il guidatore prescelto della serata, ragazzi?» Lasciò cadere lì il bassista, voltandosi a guardare Alex. Sentiva che gli altri avevano avuto la stessa brillante idea, sentendo Jamie compiere un movimento simile a quello del compagno e Matt ridere, divertito dal modo silenzioso e unanime di scegliere.
«Il popolo si è espresso, amico.» Aggiunse, poi. Alexander semplicemente alzò le mani in alto, in segno di resa, borbottando un qualcosa simile a “come volete voi”. Non si sentiva in grado di iniziare una discussione, troppo placidamente rilassato al proprio posto e distratto dal suo stesso gioco di rigirarsi fra le dita la sigaretta che, una volta sceso da lì, sarebbe andato a fumare. Gesto che non avrebbe dovuto aspettare troppo a lungo, visto che l’auto era già stata accostata e la decisione di designarlo come l’astemio della serata era stata l’ultima conversazione all’interno dell’abitacolo. Il gruppo scese dall’auto, quasi sincronizzando il momento in cui chiudere gli sportelli. Il cantante non perse tempo, si portò la sigaretta alla bocca e una mano vicino, accendendo con l’altra con un abile movimento del pollice sull’accendino.
Matt aveva evidentemente prenotato un luogo appartato all’interno del locale perché li stava guidando nel retro, evitando volutamente l’entrata principale dove due ragazzine poco vestite avevano appena fatto il loro ingresso. La musica si poteva sentire chiaramente anche dall’esterno ma sembrava sovrastare i pensieri di Alex in un modo piacevole, come se fosse qualcosa che aveva ricercato per tutto il viaggio in auto e forse anche nel pomeriggio.
Il secondo ingresso della discoteca si trovava al primo piano e, dopo aver salito una scala di servizio e aver dato il proprio nominativo all’uomo che aveva tutta l’aria di essere un buttafuori stanco del proprio lavoro, si ritrovarono in un elegante privé. Non lo ricordava così, Alex. O forse l’ultima volta avevano semplicemente corso il rischio di incontrare qualche fan fra la folla danzante. Aveva tutta l’aria di essere un luogo abituato ad ospitare gente di un certo calibro. Le tende avevano una dolce trasparenza e tutto era di un colore tenue poco più scuro di un azzurro, che insieme alle luci soffuse contribuiva a rendere tutto più raffinato. Prese posto in uno dei candidi divani, buttandovisi sopra con aria svogliata e spegnendo nel posacenere quella che era stata la sua sigaretta. Gli altri avevano un’espressione divertita e probabilmente entusiasta per il luogo in cui avrebbero passato la serata, oltre che essere deliziati dal fondoschiena di quella che sarebbe stata la loro cameriera per tutto il tempo. La ragazza aveva un rossetto di un rosa fosforescente che rapiva l’attenzione di chiunque ogni volta che incominciava a parlare, anche se era solo per chiedere loro i drink che avrebbe dovuto portare. Aveva una voce squillante e se ne andò con l’ordinazione muovendo le proprie curve come chi ha una buona percezione del proprio corpo. Perfino Alex ne rimase affascinato, guardandola e leccandosi le labbra con distrazione. Accavallò poi le gambe con il suo fare maschile ed elegante, concentrandosi sulle proprie scarpe senza ascoltare il discorso che si era andato a creare fra gli altri. Era da più di un mese, anche prima delle vacanze invernali, che aveva questo tarlo fisso nella mente, ma non come un’idea – non un ossessione – solo vuoto. Niente ispirazione, silenzio. Ed era un qualcosa di così fastidioso, per lui. Ritrovarsi con una penna in mano e dimenticarsi quasi come si scrive, strimpellare alla chitarra senza essere attratto da nessun suono in particolare. Persino sua madre lo aveva rassicurato, riportandogli alla mente un periodo simile di tanti anni prima, dicendogli che sarebbe passata. Eppure la svogliatezza nei suoi movimenti rimaneva la stessa, così come il modo di guardarsi intorno, quasi avendo l’impressione che un velo invisibile lo separi da tutto il resto. E’ una maledizione. Si chiese persino se non fosse il caso di bere, quella sera, di ricominciare tutto daccapo. Staccare la spina, spegnere il cervello e quella sua autocommiserazione asfissiante, con l’obbiettivo di risvegliarsi la mattina dopo in un letto sbagliato ma con l’ispirazione che è di nuovo aria.
«Alex?» Lo richiamò il suo amico, e lui fu costretto a sbattere le palpebre un paio di volte, voltarsi dalla sua parte e alzare un sopracciglio.
«Mh?» Si limitò a questo, un verso che probabilmente, a causa della musica, non era neanche arrivato alle orecchie degli altri. Ma era ovvio che la sua attenzione era stata catturata da loro, ed era nuovamente sul pianeta Terra, proprio in quella discoteca.
«Stavamo apprezzando quella Wendy, la cameriera.» Intervenne Matt, scrutandolo più a fondo rispetto a quanto aveva fatto il chitarrista. Era ovvio che l’amico fosse preoccupato perché quei brevi istanti di distrazione, quasi di black out, diventavano sempre più frequenti e in momenti in cui non ci si aspetterebbe di trovarli. Ma Alex non aveva nessuna intenzione di iniziare una discussione proprio su quello, così cercò di mostrarsi come sempre, con un sorriso divertito.
«E cosa direbbe Breana di questa cameriera?» Nominare la sua ragazza aveva dato l’effetto sperato. Infatti, il ragazzo si portò una mano dietro la nuca, imbarazzato come chi è stato colto con le mani nel sacco.
«Oh, ma io non c’entro proprio nulla. Erano loro due che facevano apprezzamenti.» Snocciolò in fretta con un tono di voce talmente studiato da far risaltare maggiormente la bugia, e gesticolando con la mano allo stesso tempo. E neanche se gli altri due non si fossero girati nel medesimo momento verso di lui, gettandogli addosso delle occhiate eloquenti, non sarebbe risultato credibile nemmeno ad un bambino. Scoppiarono allora risate generali, sollevando Alex da quello che sarebbe potuto facilmente trasformarsi in un insieme di nauseanti rassicurazioni. In più la fantomatica Wendy era appena ritornata con il suo rossetto fosforescente e le ordinazioni. Qualcosa di più forte per i ragazzi, insieme a qualche birra fredda, e un drink analcolico per il guidatore scelto. Prese in proprio bicchiere di vetro, lottando contro il bisogno di nicotina. Si ripeteva ad ogni sigaretta che il fumo gli avrebbe rovinato la voce, oltre che i polmoni, e che doveva smettere. Così cercò di distrarsi con il suo drink speziato e le battute sulla ragazza di Matt, con tutti i possibili modi in cui lei avrebbe potuto fargli pagare simili comportamenti. Quella ragazza piaceva ad Alex, il modo in cui i due scherzavano complici, come se si conoscessero da anni e non solo da qualche mese. E sapeva che era perfetta per il suo migliore amico, che ci sarebbe potuto essere un lieto fine per loro. Lo rendeva felice, questo – sapere che una delle persone a cui teneva di più al mondo era in buone mani, mani che l’avrebbero persino fatto rigare dritto, per quanto surreale sembrasse guardando il ragazzo davanti a lui.
Risultava tutto così piacevole, quella sera. Le chiacchierate, gli scherzi e il luogo stesso. La musica riempiva il locale sottostante, così come il loro posticino riservato. Alla fine non risultava così male come Alex aveva predetto, anzi, sentiva il ritmo pompare nelle casse, insieme alla voce sensuale di una cantante sconosciuta.
Sorrise all’ennesima battuta della serata, sentendo il tempo scorrere anche senza guardare l’orologio, mentre notava quanto i suoi amici fossero già brilli. Lo divertiva vederli in quello stato, sebbene lui stesso desiderasse farne parte. Si sentì in dovere di distrarsi, di allontanarsi per un attimo, con l’intenzione di fumare una sigaretta perché il desiderio era diventato bisogno e i pensieri incominciavano a riemergere senza nessun permesso. Si appoggiò alla ringhiera che divideva il privè dalla discoteca ma che soprattutto impediva di fare un salto di qualche metro. La musica si fece più assordante e le luci coloravano il suo giubbotto di pelle, riflettendosi in mille sfumature. Il fumo lo avvolgeva in un invidiabile torpore, cullandolo insieme all’immagine di decine di corpi danzanti. Ma non si accorse del momento esatto in cui i suoi occhi spaziarono sulla sala, andando a scovare gli angolini meno popolati, quasi vergini dalle luci stroboscopiche. Ed era proprio quello lì, poco distante dalla sua posizione, a catturare la sua attenzione. Vi erano cappotti impilati in una catasta per niente facile da districare, alcuni a terra e altri appesi. Era caos, ma niente importava, adesso, perché poco più in là una chioma di capelli color grano diventava azzurra e poi verde, rossa. L’illuminazione e le sue magie, su un viso dalla pelle pallida e due occhi scuri. Lei gli dava le scariche elettriche anche da lontano. Guardarla era come un segreto sussurrato all’orecchio, un bacio proibito sotto la porta di casa. Era come bussare alla porta di un amico a notte fonda, senza permesso.
Prese un’altra boccata dalla sigaretta, senza staccare gli occhi dalla figura, temendo quasi di vederla svanire nell’esatto istante in cui avrebbe abbassato l’attenzione. Lei era ancora lì, con i piedi avvolti da due stivali e dei calzini che sbucavano sfiorando il ginocchio. Era alcool e musica, era la sua chitarra nel silenzio. Poi lei semplicemente si voltò, probabilmente punta da una sensazione innaturale, ricercando il motivo di tale fastidio. Alzò lo sguardò su Alex, un poco stupita dal modo con cui lui la continuava a fissare. Contro ogni aspettativa, gli sorrise. Un sorriso complice, più ricco di dolcezza che di malizia stessa. Sembrava piacevolmente lusingata, soprattutto quando lui ricambiò, piegando all’insù le labbra sottili. E lei continuava a cambiare colore sotto le luci, sembrava essere fatta di oscurità e luce in una convivenza pacifica, con quei cappotti vicini e i suoi stivali e i calzini. Pura ispirazione, aria e vita. Lui sapeva, sapeva che sarebbe potuta essere sua, quella sera o fra dieci giorni. Sentiva quasi il filo del destino avvolgere lui e il fumo della sua sigaretta, sussurrandogli all’orecchio che quelli erano la notte giusta e il momento perfetto. 
  
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